Guerra del gas: l’Italia potrebbe non condividere le scorte di metano. Ecco perché

La tensione causata dalla guerra in Ucraina è elevata, l’aumento dei costi dell’energia sta mettendo a dura prova anche i saldi nervi delle alte sfere politiche. La tensione è aumentata anche a causa del vistoso danneggiamento, pare non recuperabile, del gasdotto Nord Stream che potrebbe mettere la parola fine definitiva alle forniture verso l’Europa.  In questo frangente appare particolare la posizione dell’Italia che potrebbe scegliere di non condividere le scorte di metano, innescando così un ulteriore rafforzamento della guerra del gas.

Italia: se l’Europa continua in questa direzione non condividiamo nel scorte di metano

Durante i mesi estivi abbiamo visto il Presidente del Consiglio Mario Draghi, i suoi ministri e alti funzionari impegnati nel cercare nuove forniture di gas che potessero liberare l’Italia dal ricatto della Russia sul gas/metano. Le scorte dell’Italia sono, proprio grazie a questo impegno, superiori all’80% del fabbisogno. Questo vuol dire che con un certo impegno di tutti, viste le misure restrittive adottate, è possibile affrontare il prossimo inverno.

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Le normative europee però prevedono anche la redistribuzione tra i Paesi dell’Unione Europea, ciò che  sta succedendo nelle ultime ore sta portando Mario Draghi, che è ancora Presidente del Consiglio e sembra in questo momento in sintonia con Giorgia Meloni, potenziale successore, a una decisa presa di posizione che potrebbe indurre a decidere di non condividere il metano andando così ad inasprire la guerra del gas.

Perché l’Italia ha intrapreso la guerra del gas nell’Unione Europea?

Il primo punto dolente è rappresentato dalle remore dell’Unione Europea ad adottare il price cap, cioè il tetto al prezzo del gas, fortemente voluto dall’Italia e da altri 15 Paesi Membri, ma osteggiato dall’Olanda. Si parla anche di “bullismo olandese” appoggiato da Ursula von der Leyen.

Il secondo punto dolente è rappresentato dalla decisione della Germania, adottata senza considerare i partner, di varare un piano di 200 miliardi di euro per aiutare le famiglie tedesche ad affrontare la spesa energetica e ha fissato un “price cap interno” andando così a far leva sul fatto che l’economia tedesca è più solida di quella di altri Paesi dell’Unione Europea. Secondo Draghi il piano provocherebbe una rottura della solidarietà europea, potrebbe configurarsi come Aiuto di Stato e quindi violerebbe le normative e potrebbe rappresentare come una distorsione del mercato in materia energetica.

Proprio per questi motivi Draghi starebbe facendo la voce grossa, come dire “ se l’Unione Europea e la Germania fanno di testa loro e non ascoltano, noi non condividiamo le scorte di metano”. In parole povere, l’Italia rischia di dover condividere il metano con la Germania che poi lo venderebbe ai suoi cittadini ad un prezzo inferiore rispetto a quello che potrebbe essere praticato in Italia nel prossimo inverno.

Guerra del gas, chiusi i rubinetti per Polonia e Bulgaria

La guerra del gas continua e la minaccia Russa di chiudere i rubinetti del metano è diventata realtà. A breve altra reazione dell’Europa.

Guerra del gas, Polonia e Bulgaria all’asciutto

E’ ancora guerra del gas, oltre a quella armata che dura ormai da due mesi tra Russia ed Ucraina. E così la chiusura dei rubinetti del gas minacciata da tempo da Putin, oggi è diventata realtà. Infatti Gazprom ha sospeso le forniture per Polonia e Bulgaria con probabile aumento dei prezzi. Ma la decisione potrebbe allargarsi quindi ad altri paesi europei. I due paesi si sono rifiutati di pagare i contratti in rubli, così come imposto dal governo di Mosca. Tuttavia sembra che di due paesi colpiti dalla chiusura, possano ricevere la materia prima dai “Paesi vicini”.

La Bulgaria ha comunque specificato di avere le risorse necessarie per almeno un altro mese.  E a proposito dei pagamenti in rubli del gas russo, pretesi nuovamente dalla Russia sotto la minaccia di bloccare gli approvvigionamenti, il portavoce del governo tedesco ha detto che “gli importatori tedeschi pagano in euro“. Anche l’Austria dichiara di pagare in euro il gas. Mentre in Italia sono stati chiusi contratti con Algeria e Congo, per diminuire  la dipendenza del nostro paese dal Cremlino.

La risposta dell’Unione Europea alla guerra del gas

Dura la risposta dell’Unione Europea a questa scelta Russa di continuare la sua guerra non solo militare, ma anche economica. E mentre Putin dichiara di possibili altre “missioni speciali” e di avere armi che nessuno ha mai visto, i paesi dell’Unione Europea si dicono pronti a confezionare un altro pacchetto di sanzioni.

E così Ursula Von der Leyen ha promesso che l’Europa non resterà a guardare e non cederà ai “ricatti di Mosca” e la risposta sarà immediata unita e coordinata. Infatti oggi più che mai i paesi europei sembrano ancora più uniti contro la Russia. Soprattutto nel disporre una riduzione graduale delle importazioni del paese del Cremlino. E quindi a breve si parlerà di totale embargo sull’oro nero proveniente dal Paese russo.

Il 2 maggio è previsto il Consiglio straordinario dei ministri dell’Energia e subito dopo potrebbe essere convocato il Comitato dei rappresentanti permanenti (Coreper) per il si definitivo. Ma non c’è una data stabilita, ma l’Unione Europea punta a chiudere entro la settimana prossima, in coordinamento con le nuove sanzioni di Londra e Usa.

Guerra del grano rischio di crisi alimentare globale

Alla guerra del gas si affianca anche quella del grano. Prezzi elevati a causa del taglio dei racconti in Ucraina ed il blocco dell’export dalla Russia. Grano e mais hanno anche difficoltà ad essere trasportati. E a rischio non c’è il fabbisogno alimentare dell’Occidente, ma quello dei paesi più poveri. Paesi che hanno una dipendenza per le materie prime di paesi come Russia ed Ucraina.

E così gli effetti del conflitto in Europa sta avendo effetti a livello mondiale. La Russia è il maggior esportatore di grano a livello globale e con l’Ucraina gestiscono circa un quarto delle esportazioni complessive; per quanto riguarda in particolare il grano tenero, Mosca ne esporta più del 20% del totale. L’Ucraina rientra fra i primi cinque Paesi, dopo Stati Uniti, Canada e Francia e gestisce quasi il 10% delle esportazioni. E questi sono solo dei dati importanti per capire la portata della possibile crisi alimentare globale.