Partite Iva forfettarie, regime flat tax verso gli 85mila euro

Il meccanismo di flat tax delle partite Iva a regime forfettario potrebbe vedersi elevare il proprio limite di ricavi e di compensi annui da 65 mila euro a 85 mila euro. L’innalzamento della soglia, tuttavia, non è l’unica novità attesa nel disegno di legge delega fiscale. Infatti, nelle intenzioni del governo c’è la riforma della ritenuta d’acconto, da eliminare progressivamente insieme alla mensilizzazione degli acconti. Inoltre, si stanno facendo passi avanti nella direzione del cashback fiscale, la misura che consente di monetizzare subito la percentuale detraibile di determinate spese.

Aumento del regime di flat tax delle partite Iva forfettarie a 85 mila euro: si tratta di uno scivolo

L’aumento della soglia di ricavi e di compensi delle partite Iva a regime forfettario a 85 mila euro non è una estensione definitiva da subito. Si tratterebbe di uno scivolo di 20 mila euro, rispetto ai 65 mila euro attuali, che consente a chi sfori il tetto massimo di ricavi annuali, di non dover passare al regime ordinario di partita Iva. In altre parole, lo scivolo servirebbe a preparare il terreno verso un progressivo innalzamento della soglia di ricavi e compensi annuali di chi è in regime di flat tax. La soglia di 85 mila euro è l’obiettivo finale della riforma delle partite Iva a regime forfetario.

Novità dalla legge fiscale, interventi sull’eliminazione della ritenuta d’acconto

Ulteriori novità sono attese dalla legge fiscale per quanto concerne la ritenuta d’acconto e la mensilizzazione degli acconti. In entrambi i casi, si tratterebbe di un progressivo avvicinamento all’eliminazione dei due strumenti. Inoltre, molte delle attese sono anche per il cashback fiscale. La proposta del Movimento 5 stelle è una delle novità emerse in Commissione Anagrafe Tributaria a chiusura dell’indagine conoscitiva sulla digitalizzazione e interoperabilità delle banche dati fiscali.

Cashback fiscale in arrivo nella legge fiscale, che cos’è?

Il disegno di legge delega di riforma fiscale, dunque, contiene la nuova misura di cashback fiscale che consente ai contribuenti di vedersi accreditare e monetizzare nell’immediato il beneficio fiscale ottenuto da varie spese detraibili. Tali spese sono disciplinate dall’articolo 15 del Testo unico delle imposte sui redditi (Tuir). Per esempio, se si acquistano farmaci, con il nuovo meccanismo fiscale non si dovrà più attendere la dichiarazione dei redditi per la detrazione del 19% delle spese sostenute. Il beneficio fiscale potrà essere incassato nell’immediato, mediante l’accredito diretto sul conto corrente bancario fornito dal contribuente.

Cashback fiscale, quando è previsto il debutto?

Il disegno di legge delega della riforma fiscale dovrebbe trovare approvazione definitiva al Senato entro la fine di giugno di quest’anno. Nel caso in cui i relativi decreti attuativi venissero adottati in tempi rapidi, il cashback fiscale potrebbe debuttare già a partire dal 2023. Si tratterebbe di immettere nel sistema, e quindi nelle tasche dei contribuenti, liquidità, della quale ce n’è bisogno. Anche se si tratta di somme relativamente basse.

Cashback fiscale, come si utilizza?

Avvalersi del nuovo meccanismo di cashback fiscale non comporta particolari adempimenti da parte del contribuente. Infatti, quest’ultimo dovrà semplicemente comunicare al venditore di un prodotto o al prestatore di un servizio di volersi avvalere del cashback fiscale (al posto della detrazione fiscale nella dichiarazione dei redditi) nel momento in cui sostiene la spesa. Il venditore o chi presta il servizio dovrà comunicare all’anagrafe tributaria che il contribuente vuole usufruire del cashback fiscale per la spesa sostenuta.

Cashback fiscale, come avviene il rimborso?

Si tratta di un sistema che già ha avuto una sperimentazione molto simile nel momento in cui è rimasto in vigore il Cashback di Stato che permetteva il rimborso del 10% sulle spese effettuate con relativo pagamento con sistemi tracciabili. Le detrazioni sulle spese sostenute e ammesse arriveranno direttamente sul conto corrente del contribuente e notificate mediante l’applicazione Io. In questo modo, il contribuente non dovrà più attendere e certificare le spese sostenute nell’anno di imposta nella dichiarazione dei redditi.

Nuovo bonus Irpef 2022, quando spetta il trattamento integrativo per redditi da lavoro?

Quando spetta il trattamento integrativo nella nuova Irpef del 2022? Si tratta di un’integrazione di reddito, introdotto dal decreto legge numero 3 del 2020, meglio conosciuto come bonus 100 euro o bonus Irpef. La nuova soglia di reddito prevista per il 2020 riguarda i redditi prodotti fino a 15 mila euro. La misura deriva dal vecchio bonus 100 euro che era riconosciuto ai lavoratori in rapporto al numero dei giorni di lavoro. La condizione essenziale era rappresentata dall’ammontare complessivo del reddito che non poteva superare i 28 mila euro. Inoltre i lavoratori, per ottenere il bonus Irpef, dovevano avere una detrazione spettante per il lavoro alle dipendenze inferiore all’imposta lorda.

Trattamento integrativo Irpef, nel 2022 spetta per redditi entro i 15 mila euro

La situazione può essere rappresentata da un lavoratore dipendente a tempo indeterminato che, nel 2022, presume di ottenere un reddito complessivo non eccedente i 15 mila euro. Il contribuente lavora per tutto l’anno e non ha carichi di famiglia. In tal caso, essendo il reddito complessivo al di sotto dei 15 mila euro, il lavoratore avrà diritto al trattamento integrativo nella totalità. Infatti, la legge di Bilancio 2022 ha ridotto il tetto per ottenere il trattamento integrativo da 28 mila euro a 15 mila euro. Al di sopra di questa soglia, il trattamento può spettare ma solo in presenza di determinate condizioni. In ogni caso, il limite massimo è pari a 28 mila euro.

Quanto spetta di bonus Irpef per redditi fino a 15 mila euro all’anno?

Conti alla mano, la legge di Bilancio 2022 ammette, dunque, al trattamento integrativo i redditi annuali entro i 15 mila euro. Entro questo tetto di reddito spetta un bonus integrativo pari a 1.200 euro. È necessario che vi sia anche la capienza dell’imposta lorda derivante dal reddito da lavoro alle dipendenze in confronto alle detrazioni da lavoro alle dipendenze. Ciò deriva da quanto prevede il comma 1 dell’articolo 13 del Testo unico sulle imposte sui redditi (Tuir).

Come determinare l’imposta lorda ai fini del bonus Irpef?

Ammettendo che il lavoratore abbia un contratto a tempo indeterminato per 365 giorni all’anno e un reddito pari a 15 mila euro, l’imposta lorda si determina applicando il 23% al reddito lordo. Dunque, il risultato è pari a 3.450 euro. Ammettendo che il totale delle detrazioni sia pari a 1.900 euro, l’imposta netta sarà corrispondente alla differenza tra l’imposta lorda e il totale delle detrazioni. Dunque il risultato è pari a 1.550 euro. Affinché possa esserci il trattamento integrativo Irpef è necessario che la capienza risulti rispettata. Essendo l’imposta lorda superiore al totale detrazioni, al lavoratore spetterà il bonus Irpef per intero. Ovvero per 1.200 euro, costituiti da 100 euro per dodici mensilità all’anno.

Quale bonus Irpef spetta per redditi da lavoro da 15 mila euro a 28 mila euro?

Il bonus Irpef può spettare anche ai redditi da lavoro eccedenti la soglia dei 15 mila euro e non oltre i 28 mila euro. Ma devono verificarsi determinate condizioni:

  • innanzitutto che vi sia la capienza dell’imposta lorda derivante dal reddito da lavoro alle dipendenze in confronto alle detrazioni da lavoro alle dipendenze;
  • che la somma delle detrazioni per i carichi di famiglia; per il lavoro svolto alle dipendenze e assimilati; per gli interessi passivi sul mutuo contratto entro il 2021; sugli interessi passivi sui prestiti; sulle rate inerenti spese sanitarie effettuate entro il 31 dicembre 2021 o lavori di recupero del patrimonio edilizio o di riqualificazione energetica degli immobili e le detrazioni riguardanti altre norme siano di importo eccedente rispetto all’imposta lorda.

Redditi sopra i 28 mila euro, cosa succede?

Per poter beneficiare del bonus Irpef è necessario che si verifichino 3 condizioni:

  • la prima riguarda il reddito prodotto che deve essere da lavoro alle dipendenze o assimilato;
  • la seconda condizione riguarda la sussistenza dell’imposta a debito al netto delle detrazioni da lavoro;
  • l’ultima condizione è il reddito complessivo, che non deve eccedere i 28 mila euro.

Proprio in merito all’ultima condizione è necessario dunque che per il 2022 il contribuente abbia un reddito da lavoro non eccedente i 28 mila euro.

Cosa può fare il lavoratore che non prende il bonus 100 euro perché ha superato i 28 mila euro di reddito?

Se il lavoratore supera, come reddito da lavoro, il tetto dei 28 mila euro, può percepire, al posto del bonus 100 euro, l’ulteriore detrazione (Ud). Infatti, per redditi da lavoro tra i 28 mila euro e i 40 mila euro si applica l’ulteriore detrazione prevista dal comma 2, dell’articolo 1, del decreto legge numero 3 del 2020. Anche in questo caso, l’imposta lorda deve essere capiente. Tale detrazione ulteriore è stata prorogata al periodo di imposta del 2021.

Come viene versato al lavoratore il bonus Irpef in busta paga?

Nel caso in cui il lavoratore ne abbia diritto, il bonus Irpef deve essere versato dal sostituto di imposta. Il bonus Irpef è pertanto riconosciuto e pagato senza che il lavoratore ne faccia domanda. Il lavoratore, in ogni modo, può anche espressamente decidere (e dunque comunicare) al datore di lavoro di non volersi avvalere del bonus Irpef. L’ammontare del bonus Irpef deve essere ripartito sulle mensilità. La prima mensilità oggetto di versamento è stata quella a partire dal 1° gennaio 2022. In sede di conguaglio, spetta al datore di lavoro che agisce come sostituto d’imposta verificare che al lavoratore spettasse il bonus Irpef, e l’eventuale incapienza o capienza rispetto alle detrazioni spettanti. Il definitivo conguaglio va fatto quando si presenta la dichiarazione dei redditi.

Come va trattato il bonus Irpef in sede di dichiarazione dei redditi?

In sede di dichiarazione dei redditi, l’importo del bonus Irpef deve essere indicato nella certificazione unica dei redditi da lavoro dipendente ed assimilato. Nel caso in cui la remunerazione sia versata al lavoratore da un soggetto che non rappresenta il sostituto di imposta, il contribuente che ha diritto al bonus Irpef può chiedere che il totale del trattamento sia versato in sede di dichiarazione dei redditi inerente l’anno in corso.

 

Bonus ristrutturazioni, la guida sulle detrazioni fiscali

Dopo gli ultimi interventi normativi sui bonus edilizi, tra restrizioni e riaperture alle cessioni dei crediti di imposta e al quadro dei visti e delle asseverazioni necessarie, i bonus dell’edilizia sembrerebbero avere delle regole assestate. La presente guida, dunque, chiarisce quali siano i beneficiari e quali sono gli interventi previsti per il bonus ristrutturazioni. Infine, la guida spiega come procedere per la detrazione diretta del bonus nella dichiarazione dei redditi e quali adempimenti risultano necessari.

Bonus ristrutturazioni, chi sono i beneficiari?

I beneficiari del bonus ristrutturazioni, come degli altri bonus edilizi, sono:

  • i proprietari e i nudi proprietari;
  • i titolari di diritti reali come uso, usufrutto, superficie e abitazione;
  • gli inquilini, i comodatari e i loro familiari conviventi.

In genere, sono ammessi ai bonus edilizi le persone fisiche e, per certi lavori, anche gli enti e le imprese.  I costi relativi ai lavori fatti sulle parti comuni degli edifici e che riguardino tutte le unità abitative componenti il singolo condominio, devono essere ripartite sulla base delle quote millesimali delle proprietà.

Cosa si intende per parti comuni di un edificio ai fini del bonus ristrutturazioni?

Le parti comuni di un edificio comprendono il suolo sul quale sorge l’edificio, i lastrici solari e i tetti, le opere, i manufatti e le installazioni di qualunque genere utili all’utilizzo comune. Rientrano nella definizione di parti comuni di un edificio gli impianti per il gas o per l’acqua o per l’energia elettrica, quelli per il riscaldamento.

Bonus ristrutturazioni, fino a quando si può utilizzare la detrazione fiscale?

Il bonus ristrutturazioni si può utilizzare fino al 31 dicembre 2024. La detrazione Irpef spetta nella misura del 50% per dieci anni. La spesa massima ammissibile per la detrazione è pari a 96 mila euro per ciascuna unità immobiliare. Nel massimale di spesa sono comprese le pertinenze anche se accatastata in via separata.

Quali sono gli interventi ammessi nel bonus ristrutturazione?

Gli interventi che rientrano nel bonus ristrutturazione sono:

  • quelli di recupero edilizio, consistenti nella manutenzione straordinaria, nel restauro, nel risanamento conservativo e nella ristrutturazione edilizia. In certe situazioni si può procedere anche alla demolizione e alla ricostruzione con una differente sagoma e un incremento di volume;
  • quelli di ripristino o di ricostruzione degli immobili danneggiati dagli eventi calamitosi;
  • gli interventi di realizzazione e di acquisto di posti auto pertinenziali o di autorimesse;
  • i lavori finalizzati a misure antisismiche;
  • gli interventi per l’abbattimento delle barriere architettoniche. Sono compresi anche gli ascensori e i montacarichi, strumenti tecnologici avanzati per la comunicazione che possa favorire la mobilità esterna e interna all’unità abitativa delle persone portatrici di handicap grave.
  • per gli interventi di eliminazione delle barriere architettoniche si può procedere anche nell’ambito del superbonus 110% o della detrazione, per tutto il 2022, al 75%.

Quali altri interventi si possono fare con il bonus ristrutturazioni?

Inoltre, rientrano nel bonus ristrutturazioni anche i seguenti lavori:

  • quelli per prevenire gli atti illeciti e dunque vanno bene gli antifurti e le porte blindate;
  • i lavori di cablatura degli edifici;
  • gli interventi per contenere l’inquinamento acustico;
  • i lavori per conseguire risparmi energetici, ovvero l’installazione di impianti che utilizzano fonti di energia rinnovabile. Per questi interventi ci si può servire anche dell’ecobonus;
  • gli interventi per prevenire gli infortuni domestici;
  • i lavori di bonifica dell’amianto;
  • gli interventi per sostituire il gruppo elettrogeno di emergenza. In tal caso si può utilizzare un generatore di ultima generazione a gas;
  • l’acquisto delle unità in fabbricati internamente ristrutturati dalle imprese. La detrazione è pari al 25% del prezzo di acquisto e la vendita deve essere effettuata entro un anno e mezzo dalla conclusione degli interventi.

Bonus ristrutturazioni, si possono detrarre le spese di progettazione?

Si può beneficiare della detrazione fiscale del bonus ristrutturazione per le spese sostenute per la progettazione. Sono inclusi nel bonus anche i sopralluoghi e le perizie, il compenso sostenuto per la relazione di conformità, gli oneri per le autorizzazione, di urbanizzazione e le denunce di inizio degli interventi. Sono altresì inclusi anche i costi per l’acquisto dei materiali e le prestazioni dei professionisti.

Bonus ristrutturazione, come si può beneficiare della detrazione fiscale?

Per ottenere la detrazione fiscale sui lavori effettuati e rientranti nel bonus ristrutturazione è necessario compiere una serie di adempimenti. Innanzitutto, se prevista, dovrà essere inviata all’Azienda sanitaria locale (Asl) competente nel territorio la comunicazione degli interventi da compiere. L’adempimento si ottempera mediante invio di raccomandata A/R prima dell’inizio degli interventi.

Bonus ristrutturazioni, come effettuare le spese per ottenere la detraibilità?

Inoltre, è necessario considerare che le spese detraibili devono essere pagate mendiate bonifico parlante (bancario o postale). Nel documento devono risultare:

  • la causale del pagamento;
  • il codice fiscale di chi beneficia della detrazione fiscale;
  • il numero della partita Iva o il codice fiscale di chi riceve il pagamento.

Detrazione fiscale diretta nella dichiarazione dei redditi, come si fa per il bonus ristrutturazione?

Per la detrazione fiscale diretta nella dichiarazione dei redditi delle spese rientranti nel bonus ristrutturazioni, è necessario:

  • che nella dichiarazione dei redditi vengano indicati i dati catastali che identificano l’immobile;
  • se gli interventi vengono effettuati dal detentore, è occorrente inserire i dati della registrazione dell’atto che ne costituisce il titolo;
  • infine bisogna indicare i dati richiesti per il controllo della detrazione.

 

 

Ecobonus, elenco tipologia di lavori ammessi e documenti da presentare: la guida

Anche i lavori in ecobonus, come altri interventi edilizi, necessita del visto di conformità delle spese e dell’asseverazione della congruità delle stesse nel caso in cui ci si volesse avvalere, negli anni 2022, 2023 e 2024, di una delle due opzioni di vantaggi fiscali previsti. Ovvero lo sconto in fattura oppure la cessione del credito di imposta. L’ecobonus, come altri interventi edilizi rientranti nei bonus e nel superbonus 110%, è stato adeguato dalla legge di Bilancio 2022 ai vari visti, già introdotti dal decreto legge “Antifrodi” (dl numero 157 del 2021).

Ecobonus, visto di conformità e asseverazione di congruità delle spese sostenute

Tuttavia, risulta necessaria una guida per il rilascio del visto di conformità delle spese per gli interventi che danno diritto all’ecobonus ordinario. La guida risulta utile anche per l’elenco dei documenti necessari per poter arrivare all’apposizione del visto. Due sono le considerazioni da fare: la prima è che l’obbligo dei visti non riguarda gli interventi in edilizia libera e quelli che hanno un importo totale al di sotto dei 10 mila euro. La seconda è quella che l’obbligo del visto e dell’asseverazione per i bonus differenti dal superbonus 110% (dunque anche dell’ecobonus) sussiste anche per la cessione del rate residue non fruite delle detrazioni per le spese dell’anno 2020, con accordo i cessione del credito perfezionato dal 12 novembre 2021 in poi.

Ecobonus, la parte del beneficiario, delle spese sostenute, dell’ammontare del credito ceduto e del soggetto beneficiario

In una check list degli interventi rientranti nell’ecobonus, è necessario indicare i dati del beneficiario e le spese sostenute per i lavori. Inoltre, l’ammontare del credito di imposta ceduto può essere suddiviso nel primo stato di avanzamento dei lavori (o unico), secondo, terzo, quarto e quinto. Del soggetto beneficiario, è necessario indicare se si tratta di condominio o di persona fisica. In quest’ultimo caso, si deve indicare se si tratti di proprietario, detentore o di familiare convivente (o di fatto, o di componente unione civile o di coniuge separato) o di promissario acquirente. Inoltre, si può indicare anche se il soggetto beneficiario è un ente pubblico (o privato) che non svolge attività commerciale, di società di persone o di capitale o di associazione tra professionisti.

Ecobonus, i dati relativi all’immobile oggetto di intervento con detrazione fiscale

Per quanto riguarda i dati relativi all’immobile oggetto di intervento in ecobonus, è occorrente indicare la visura catastale, la domanda di accatastamento o, in alternativa a quest’ultima, le ricevute di pagamento dei tributi locali. Inoltre, è necessario riportare la dichiarazione sostitutiva che attesti la sussistenza nell’immobile degli interventi di impianti di riscaldamenti funzionanti o riattivabili con interventi anche di manutenzione straordinaria.

Ecobonus la documentazione della proprietà o della disponibilità dell’immobile

In merito alla documentazione che attesti la proprietà o la disponibilità dell’immobile, è necessario possedere:

  • gli atti di acquisto o la certificazione catastale;
  • il contratto di locazione o di comodato che risulti registrato;
  • il certificato dello stato di famiglia (va bene anche l’autocertificazione);
  • la successione, anche come autodichiarazione;
  • la sentenza di separazione per il coniuge assegnatario dell’immobile di proprietà dell’ex coniuge;
  • il preliminare di acquisto;
  • il consenso a eseguire i lavori da parte del proprietario;
  • la copia dell’atto di cessione dell’immobile.

Documentazione delle parti comuni di un condominio nel caso di ecobonus

In merito ai documenti nel caso di parti comuni di un condominio o alle altre dichiarazioni sostitutive del beneficiario della detrazione, è necessario avere a portata di mano la copia della delibera assembleare che riporti l’approvazione dell’esecuzione dei lavori di ecobonus e la tabella millesimale per la ripartizione delle spese. Nel caso di condominio minimo deve ottenersi la delibera dell’assemblea dei condomini di approvazione degli interventi in ecobonus e ripartizione delle spese e l’autodichiarazione dei lavori eseguiti e dei vari dati catastali delle unità abitative del condominio.

Ecobonus, le altre dichiarazioni sostitutive del beneficiario

Tra le altre dichiarazioni del beneficiario dell’ecobonus, è necessario ottenere la dichiarazione sostitutiva che attesti che siano stati rispettati i limiti massimi delle spese ammissibili; la dichiarazione sostitutiva che attesti se vi siano stati altri contributi riferibili alla stessa tipologia di lavori; la dichiarazione o i documenti che attestino la produzione in Italia del reddito imponibile.

Ecobonus, quali sono le autorizzazioni da produrre per l’inizio dei lavori e i documenti relativi alle spese dei lavori?

Per quanto concerne le autorizzazioni da produrre per l’inizio dei lavori in ecobonus, è necessario avere a portata di mano:

  • la Comunicazione di inizio dei lavori (Cil oppure Cila) con la ricevuta del deposito;
  • la Segnalazione certificata dell’inizio dell’attività (Scia) e relativa ricevuta del deposito;
  • la dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà resa dal contribuente in cui figuri la data di inizio degli interventi;
  • La relazione tecnica e la comunicazione preventiva all’Asl competente per territorio.

Per i lavori in ecobonus è necessario conservare le fatture, i bonifici parlanti, gli oneri di urbanizzazione, l’imposta di bollo e tutti gli altri documenti necessari.

Ecobonus, quali sono i tipi di lavoro e interventi ammessi?

Gli interventi ammessi per l’ecobonus riguardano:

  • i lavori di riqualificazione energetica sugli edifici esistenti;
  • gli interventi sugli involucri degli edifici esistenti (opachi);
  • i lavori di acquisto e di posa in opera delle finestre, comprendenti gli infissi;
  • gli interventi per sostituire gli impianti di climatizzazione invernale. Rientrano le caldaie a condensazione con classe minima A; oppure classe minima A+ con sistemi di termoregolazione oppure con generatori ibridi o con pompe di calore; fanno parte anche i lavori di sostituzione dello scaldacqua;
  • i lavori per installare i pannelli solari, i collettori solari, le schermature solari (anche per l’acquisto), gli impianti di climatizzazione invernale a biomasse combustibili;
  • gli interventi (acquisto e messa in opera) di sistemi di microgenerazione che sostituiscano i precedenti impianti; dei dispositivi multimediali per il controllo da remoto;
  • i lavori di efficienza energetica di isolamento (su superficie almeno del 25% dell’involucro dell’edificio) o di miglioramento delle prestazioni energetiche invernali.

Ecobonus, quali documenti servono per la cessione del credito di imposta o per lo sconto fiscale?

Per utilizzare le due opzioni, lo sconto in fattura o la cessione del credito di imposta, chi fa fare lavori in ecobonus deve produrre:

  • la dichiarazione dell’amministratore di condominio che stabilisca l’entità delle spese corrisposte da ogni condomino e quanta detrazione sia maturata;
  • il consenso da parte del cessionario o del fornitore dei lavori al credito di imposta o a concedere lo sconto in fattura;
  • l’asseverazione del tecnico abilitato in merito alla corrispondenza dei lavori fatti ai requisiti tecnici e la congruità delle spese;
  • la dichiarazione sostitutiva dell’asseverazione del tecnico abilitato che deve essere rilasciata dal fornitore, dal produttore o dall’installatore (allegato A del decreto ministeriale “Requisiti” del 6 agosto 2020);
  • l’asseverazione della congruità delle spese sostenute con in allegato il computo metrico (necessaria per i lavori iniziati prima del 6 ottobre 2020);
  • il tecnico deve essere iscritto agli ordini o ai collegi professionali;
  • la polizza Rc di chi ha sottoscritto l’asseverazione;
  • la copia delle ricevute dell’avvenuta trasmissione della comunicazione di scelta dell’opzione all’Agenzia delle entrate relativa ai precedenti stati di avanzamento dei lavori;
  • la scheda tecnica di materiali e componenti usati per i lavori (e relativa marcatura CE se prevista);
  • l’attestazione della prestazione energetica (Ape) per ogni unità abitativa;
  • la copia dei lavori fatti trasmessa all’Enea. Deve riportare il codice Cpid.

 

 

Detrazioni lavoro dipendente quali sono le regole e come si presenta domanda

Le detrazioni da lavoro dipendente sono introdotte in busta paga e consentono al contribuente una diminuzione della tassazione IRPEF, con una conseguente disponibilità di denaro maggiore a fine mese. Secondo il principio generale, più il reddito è basso e maggiore sarà l’importo delle detrazioni, ma questo è vero solo fino a determinate soglie di reddito. Infatti, quando il reddito conseguito ci si avvicina, le detrazioni fiscali vanno a decrescere.

Cerchiamo di capirne di più indicando le varie soglie di reddito da lavoro dipendente indicate.

Detrazioni lavoro dipendente 2021: come cambia il bonus Renzi

Abbiamo tutti ben presente il bonus IRPEF introdotto dal governo di Matteo Renzi (da cui ha preso il nome) riconosciuto ai dipendenti pubblici o privati con un reddito percepito non superiore a 28.000 euro. I “famosi” 80 euro possono arrivare fino a 100 euro per i redditi compresi nella fascia 28.001 euro e 40.000 euro: in tal caso, all’aumentare dei compensi diminuisce il bonus.

E’ bene sottolineare che il bonus Renzi continuerà a non formare credito. Chi ne ha diritto lo riceverà ancora in busta paga, mentre i titolari di indennità INPS lo percepiranno come sostituto d’imposta.

Entrando nello specifico delle categorie di lavoratori, il bonus Renzi spetta ai lavoratori dipendenti, soci di cooperative, co.co.co., sacerdoti, LSU, stagisti, borsisti e similari, percettori di indennità di mobilità, prestazioni di esodo, cassa integrazione NASpI, indennità Ape sociale, lavoratori dipendenti che percepiscono compensi per incarichi da soggetti terzi.

Calcolo del Bonus IRPEF

Il reddito del contribuente preso in considerazione è sempre quello complessivo al netto di quello derivante dall’unità immobiliare adibita ad abitazione principale e relative pertinenze, tenendo conto di ciò, ricordiamo che per tali redditi inferiori a 8.145.000 euro annui, si resta esclusi dal bonus.

Invece, gli inclusi vengono divisi in due fasce:

  • contributo integrativo per redditi fino a 28.000 euro: 100 euro;
  • detrazione di imposta per i redditi da 28.000 euro a 40.000 euro:
    tra 28.000 e 35.000 euro: 480 + [120 x (35.000 – reddito) / 7.000];
    tra 35.000 e 40.000 euro: 480 + [(40.000 – reddito) / 5.000];

A chi spettano le detrazioni di imposta da lavoro dipendente?

  • Lavoratori dipendenti;
  • tipologie di redditi assimilati al lavoro dipendente (compensi dei soci lavoratori delle cooperative; indennità e compensi percepiti a carico di terzi dai prestatori di lavoro dipendente per incarichi svolti in relazione a questa qualità; compensi percepiti per rapporti di Collaborazione coordinata e continuativa; borse di studio e assegni di formazione professionale; prestazioni pensionistiche erogate da forme di previdenza complementare; compensi percepiti dai lavori socialmente utili; remunerazione dei sacerdoti.

Compilazione modulo detrazioni lavoro dipendente

Per ottenere le detrazioni il contribuente deve compilare l’apposito modulo da consegnare al proprio datore di lavoro che dovrà contenere le seguenti indicazioni:

  • dati anagrafici del lavoratore;
  • stato civile;
  • tipo di rapporto lavorativo;
  • unità locale di appartenenza;
  • periodo iniziale per diritto alle detrazioni;
  • detrazioni da lavoro dipendente e assimilato da riportare al periodo di lavoro dell’anno;
  • codice fiscale del coniuge;
  • (se a carico) dati del coniuge;
  • (se a carico) dati dei figli (codici fiscali; percentuale di ripartizione con il coniuge; se sono disabili o meno; opzione eventuale di detrazione per le famiglie con almeno quattro figli a carico);
  • reddito complessivo (indicando se equivale a quello corrisposto dall’azienda o se dichiarano altri redditi previsti per l’anno corrente);
  • rinuncia eventuale del Trattamento Integrativo;
  • dichiarazione di non essere titolare reddito di pensione.

Le detrazioni d’imposta per figli, coniugi e familiari a carico

Da non dimenticare che un coniuge si dice a carico se non possiede redditi propri eccedenti l’importo di 2.840,51 euro nell’anno corrente. Per quanto concerne le detrazioni lavoro dipendente per figli a carico possono essere attivate se i figli conviventi non superano i 24 anni di età e non possiedono reddito eccedente i 4.000,00 euro. Parlando di detrazioni lavoro dipendente per convivente a carico: possono essere considerati tali anche altri familiari conviventi che non possiedano reddito eccedente i 2.840,51 euro.

Come calcolare detrazioni lavoro dipendente

Ai fini di calcolare quando spettano detrazioni lavoro dipendente e quando non spettano detrazioni lavoro dipendente, ecco come calcolare le detrazioni lavoro dipendente a tempo determinato e indeterminato (ricordiamo che l’importo dovrà essere rapportato ai giorni di lavoro effettuati durante l’anno):

  • Reddito complessivo fino a 8.000 euro – Detrazione 1.880 euro – le detrazioni lavoro dipendente per reddito inferiore 8.000 euro non possono essere inferiori a 690 euro. Per i rapporti a tempo determinato la detrazione non può essere inferiore a 1.380 euro:
  • Reddito complessivo da 8.000 a 28.000 euro – Detrazione 978 + [ 902 * ( 28.000 – reddito complessivo ) / 20.000 ]
  • Reddito complessivo da 28.001 a 55.000 euro – Detrazione 978 * [ ( 55.000 – reddito complessivo ) / 27.000 ]
  • Reddito complessivo oltre 55.000 euro – Detrazione € 0,00

“Caro” nuovo Governo… di uno stato liberale

Nuova tornata elettorale, nuovo governo, nuove richieste. Oppure no? Imprese e liberi professionisti cosa dovranno aspettarsi dall’esecutivo scelto dalle elezioni politiche 2013?

In queste ore gli italiani sono chiamati al voto per esprimere una preferenza, eppure c’è chi non sta a guardare e sa già cosa ci vorrebbe per far ripartire il motore della piccola impresa e quindi della grande economia italiana.

Anche Riccardo Alemanno, Presidente dell’Istituto Nazionale Tributaristi (INT), ha le idee chiare.

Quali sono, a suo parere, le tre priorità che dovrà affrontare il nuovo governo per rilanciare domanda e consumi?
Recentemente ho postato una citazione di Benedetto Croce sulla mia pagina Facebook che potrei definire la priorità delle priorità: “Non abbiamo bisogno di chissà quali grandi cose o chissà quali grandi uomini. Abbiamo solo bisogno di più gente onesta.”
Tornando alla domanda e precisando che le priorità sono talmente tante che sceglierne tre è estremamente difficile, si potrebbe iniziare da queste:

  1. la prima azione deve essere nei confronti delle famiglie ovvero ridurre il carico fiscale ed aumentare le detrazioni per i familiari a carico, ciò, oltre ad essere socialmente giusto, libererebbe risorse che potrebbero contribuire fortemente al rilancio della domanda di beni e servizi. Le risorse finanziarie necessarie dovrebbero essere costituite, da una parte, dei proventi derivanti dalla lotta all’evasione (che sarebbe pertanto maggiormente supportata dal cittadino), dall’altra dei tagli concreti agli sprechi della spesa pubblica (sarebbe sbagliato tagliare la spesa pubblica in modo lineare);
  2. la seconda azione è quella di ridurre il costo del lavoro per imprese e professionisti. Oggi questo ha due effetti negativi: l’aumento dei costi di beni e servizi, uno stallo nelle assunzioni;
  3. la terza è un intervento forte e concreto di sburocratizzazione e semplificazione degli adempimenti per i cittadini, attualmente invece il nostro Paese sta andando nella direzione diametralmente opposta: addirittura si arriva al paradosso che quando si parla a livello legislativo di “semplificare”, in realtà, spesso, si creano ulteriori complicazioni.

Quali sono, invece, le politiche che dovrà mettere in campo per dare sostegno a imprese e professionisti, strozzati dalla crisi?
Per prima cosa si dovrebbe partire dal principio che imprese e professionisti (tutti ordinistici ed associativi) sono entrambi soggetti che lavorano e danno lavoro. Pertanto gli incentivi ed i sostegni non devono creare differenze tra le due tipologie di soggetti, troppo spesso i professionisti sono stati esclusi da leggi di incentivazione e sostegno. Ciò detto, tenendo conto che stiamo vivendo un periodo di crisi profonda, un intervento a costo zero e da perseguire da subito è quella della certezza della norma: nel nostro Paese troppo spesso vengono emanate norme che poi hanno necessità di mesi di studio e di chiarimenti per la loro corretta applicazione. Nel settore tributario ciò è all’ordine del giorno. Tali difficoltà si traducono poi in costi ed in rischi sanzionatori molto elevati. Inoltre, sia per i professionisti che per le imprese, bisogna rivedere la possibilità di detrarre totalmente i costi legati all’attività: negli anni la detrazione di molti costi è stata via via ridotta percentualmente con il conseguente aumento di una base imponibile più elevata (spesso non reale) e quindi con l’aumento della tassazione. In particolare, per i professionisti dell’area economica che svolgono funzione di intermediari fiscali tra il cittadino e lo Stato, svolgendo tale compito sempre con supporti e sistemi telematici, sarebbe importante riconoscere un credito di imposta sui costi di aggiornamento software ed hardware che ogni anno crescono di importo e che oggi pesano enormemente sui bilanci degli studi professionali.

Per parte vostra, quali saranno le prime istanze che porterete al nuovo esecutivo?
La revisione degli obblighi contributivi dei professionisti privi di cassa autonoma ed obbligati all’iscrizione nel fondo di gestione separata dell’Inps, l’aliquota pagata da tali soggetti va oltre il 27% la più elevata rispetto alle altre categorie del mondo professionale.
Ricordare che, oggi anche ai sensi della Legge 4/2013, il settore professionale in Italia è composto dalle professioni organizzate in ordini e da quelle organizzate in associazioni, quando si vara un norma innovativa per il mondo professionale o dove i professionisti sono coinvolti tenere conto di ciò. Al nuovo esecutivo presenteremo istanza sulla modifica delle STP che devono tenere conto di ciò.
Riprendere il lavoro interrotto sulla riforma fiscale, la Legge delega approvata è solo un contenitore, noi vogliamo contenuti.

Qual è l’errore più grave commesso dai precedenti governi che non volete venga più commesso dall’esecutivo che verrà?
Errori ne sono stati commessi molti da tanti, se non da tutti, ma con i “se” ed i “ma” non si va da nessuna parte. Mi auguro che il prossimo Governo sia dialogante con le categorie interessate al Bene comune, meno accondiscendente con quelle che pensano solo agli interessi corporativi. E non mi riferisco al solo mondo delle professioni.
Se mi permette, come ho iniziato, vorrei concludere con una citazione questa volta di Luigi Einaudi dal saggio del 1938, Miti e paradossi della giustizia tributaria: “In uno stato liberale si deve sempre tenere presente il punto critico al di là del quale l’imposta, crescendo ancora, deprimerebbe l’interesse a risparmiare e l’interesse alle nuove iniziative”. L’attualità di questa citazione del ’38 rende la citazione ancora più, per dirla alla Crozza-Conte, agghiacciante.

Paola PERFETTI

Ristrutturare casa: ecco cosa si può detrarre

Dovete ristrutturare casa e volete sapere se i lavori che state per affrontare rientrano nelle detrazioni fiscali previste?

Ebbene, l’Agenzia delle Entrate ha pubblicato di recente una guida che contiene una lista di tutte le detrazioni previste, previa presentazione della documentazione richiesta.
Si tratta di un vademecum con validità illimitata, non solo per quanto riguarda le norme riportate, ma anche le detrazioni, anch’esse senza scadenza.

Tra le novità più interessanti c’è di sicuro la possibilità, da parte dei contribuenti che hanno iniziato i lavori a partire dal 26 giugno, o che hanno intenzione di avviarli prima del 30 giugno 2013, di beneficiare di una detrazione fiscale pari al 50% della spesa sostenuta, con un importo massimo che va a raddoppiarsi rispetto alla situazione precedente, arrivando cioè a un tetto limite di 96.000 euro.

Ma la guida contiene anche una sezione dedicata a consigli e suggerimenti pratici su come avviare nel modo migliore e più rapido la pratica necessaria per ottenere l’agevolazione fiscale.

Non tutti forse sanno che nella fattura non sussiste più l’obbligo di indicare con una voce a parte a quanto ammonta il costo effettivo della manodopera; e ancora, nel caso di vendita di immobili la persona che vende avrà la possibilità, se l’immobile su cui sono stati realizzati i lavori è stato venduto prima che scadessero i tempi utili per godere della detrazione, di stabilire in prima persona se godere lui stesso dei privilegi fino alla scadenza del periodo, o se trasferire questi ultimi alla persona che sta acquistando.

Altra cosa da sapere è che il contribuente avrà l’obbligo di suddividere in 10 rate annuali l’intero importo deducibile, mentre chi ha 75 o 80 anni non potrà più suddividere la detrazione in 3 o 5 quote annuali.

Vera MORETTI