Mediazione obbligatoria: Cnf e ministero in accordo

Il ministro della Giustizia, Angelino Alfano che nei giorni scorsi ha stretto un accordo con il Cnf sul tema della mediazione obbligatoria ha affermato: “Oggi ricomincia un cammino comune per il bene della Giustizia in Italia che porterà grandi risultati ai cittadini nel segno della efficienza della Giustizia civile”. Le novità dell’accordo prevedono che nella conciliazione sia obbligatoria la presenza di un avvocato nel corso di tutti i procedimenti di conciliazione. L’altro punto forte dell’accordo, oltre alla promozione della negoziazione assistita affidata ai difensori, consiste nel rendere obbligatorio il ricorso alla conciliazione per le controversie di valore inferiore ai 5 mila euro o, in alternativa, nel fissare tariffe graduate.

Guido Alpa, presidente del Cnf dimostra entusiasmo verso questo punto di incontro: “Esprimiamo apprezzamento per la iniziativa del ministro di riaprire il confronto con l’avvocatura, riprendendo un dialogo interrotto; iniziativa raccolta responsabilmente dalle istituzioni forensi’. Obiettivo condiviso, infatti  è quello di dare risposte ragionate al problema dell’efficienza del servizio giustizia”. Ester Perifano, segretario generale dell’Associazione nazionale forense, aderente a Confprofessioni aggiunge: “fare una chiacchierata a notte fonda con tre o quattro presidenti di ordine non significa certo riaprire il dialogo con l’avvocatura“.

Più dura la reazione del presidente dell’Oua (Organismo unitario avvocatura) Maurizio de Tilla che “respinge al mittente la proposta del ministero di Giustizia, accolta, invece, con interesse dal alcuni settori dell’avvocatura. Il ministro Alfano dopo aver rifiutato il dialogo per mesi costringendoci a tre giornate di astensione e a due manifestazioni nazionali, decide proprio ora, a pochi giorni dalle elezioni amministrative, di avviare una cabina di regia e di prevedere alcune possibili modifiche come l’introduzione dell’assistenza necessaria degli avvocati per cause di alto valore, mantenendo però l’obbligatorietà della mediaconciliazione, caratteristica che, oltretutto, non è prevista in nessun altro paese europeo“.

Mirko Zago

Avvocati: ecco i principi da rispettare per un buon rapporto tra fisco e contribuenti

Il presidente del Consiglio nazionale forense, Guido Alpa, in occasione della giornata della giornata celebrativa della giustizia tributaria, una serie di principi da rispettare per garantire un buon rapporto tra fisco e contribuenti. Secondo Alpa si tratta:

1. di riconoscere lo Statuto del contribuente quale normativa di grado superiore a quello delle leggi ordinarie

2. di definire per legge il concetto di abuso del diritto

3. di garantire un corretto e limitato uso dello strumento delle presunzioni

4. di prevedere l’obbligo dell’Ufficio di indicare già in sede di accertamento le prove che lo giustificano, senza che il contenuto dell’atto sia limitato a garantirne la sola legittimità

5. di prevedere l’impossibilità di iniziare un’azione esecutiva sui beni del contribuente prima che intervenga la pronuncia del giudice di primo grado

6. di semplificare il giudizio di ottemperanza al fine di rendere più effettiva ed immediata l’efficacia della sentenza a favore del contribuente vittorioso

7. di garantire effettività all’obbligo per l’amministrazione soccombente di provvedere all’immediato pagamento delle spese di giudizio dopo il deposito della sentenza e l’eventuale rimborso delle somme contestate o già pagate nel corso della procedura

8. di risarcire il danno alla parte soccombente di fronte a comportamenti dilatori o vessatori in sede processuale, analogo al risarcimento per lite temeraria nel processo civile

9. di prevedere la sospensione degli effetti della sentenza di secondo grado in pendenza del ricorso per cassazione, introducendo la norma di diritto positivo che dia attuazione ai principi interpretativi affermati di recente dalla Corte Costituzionale.

Alpa ha inoltre aggiunto: “Negli ultimi anni abbiamo assistito alla frequente disapplicazione delle norme dello Statuto del contribuente, alla diffusa casistica che grava l’onere della prova sul contribuente a vantaggio dell’Amministrazione finanziaria e al ricorso a presunzioni che operano a svantaggio del contribuente, con l’introduzione di metodi accertativi sintetici quali quelli a base degli studi di settore“- ha inoltre ribadito che è sempre più forte – “l’esigenza di rendere concreto anche nella giustizia tributaria il principio del giusto processo inteso nel senso della parità delle posizioni del contribuente e dello Stato dinanzi al terzo giudice imparziale. Maggiore attenzione occorrerà dunque prestare ai profili di incompatibilità, a quelli della effettiva competenza della materia, a quelli della coerente e uniforme applicazione delle norme, specie nel giudizio di Cassazione“.

M.Z.

In occasione dell’inaugurazione dell’anno forense prosegue la contestazione contro la mediazione obbligatoria

In occasione dell’inaugurazione del nuovo anno forense, il CNF rende noto che il clima che si sta vivendo è quanto mai preoccupante. “In queste settimane si sono registrati fermenti di contestazione e di critica in molte sedi a causa della entrata in vigore della disciplina della mediazione finalizzata alla conciliazione, ma le preoccupazioni dell’Avvocatura non sono concentrate solo su questo segmento della complessiva riforma della giustizia : riguardano anche il progetto di esaurimento dei procedimenti civili pendenti e sono alimentate dalla situazione in cui versano le professioni intellettuali nella persistente fase di crisi economica che si è abbattuta sul Paese, nel ritardo segnato dall’iter di approvazione della riforma della professione forense, nel futuro incerto dei giovani avvocati, nei maggiori oneri resisi necessari per salvaguardare il trattamento pensionistico, nel clima di aperta ostilità che circonda, oggi più che mai, l’ Avvocatura”, ha aperto così la sua relazione, che poi si è snodata nelle varie “dimensioni” in cui vive l’avvocatura”.

L’entrata in vigore della mediazione obbligatoria sembra essere continua fonte di malumori tra gli avvocati che si sentono così bistrattati a causa dell’introduzione della nuova figura del mediatore civile. Ricordiamo che per divenire mediatore è sufficiente un titolo di laurea breve e la frequentazione di un corso di 50 ore. Troppo poco, secondo il CNF, per poter prendere decisioni o proposte legali delicate come per le materie per cui è prevista la mediaizone obbligatoria.

Il Presidente del CNF, Guido Alpa ha aggiunto: “Ribadiamo la necessità di un intervento legislativo urgente che riporti la disciplina e il sistema complessivo nell’alveo delle garanzie costituzionali”, scandisce Alpa. Le incostituzionalità sono nell’obbligatorietà della composizione della lite, nella mancata previsione dell’assistenza dell’avvocato, nei costi aggiuntivi che si impongono a chi vuole accedere alla giustizia, negli ostacoli che si frappongono al cittadino che voglia adire il giudice naturale, nelle sanzioni a cui sono sottoposte le parti e gli avvocati nelle circostanze previste, nella insufficiente qualificazione dei conciliatori, nella sostanziale preventiva allocazione delle cause ad operatori privati“.

L’inizio dell’anno forense è stato l’occasione per rendere noti alcuni dati importanti: “i procedimenti sopraggiunti nell’anno sono stati 334, con un incremento rispetto all’anno passato (291); quelli relativi a sanzioni deontologiche sono stati 286. Le decisioni pubblicate nel 2010 sono state 215, 92 le sanzioni confermate (nel dettaglio: 15 avvertimento; 26 censura; 46 sospensione esercizio professionale; 9 cancellazione dagli albi; 2 radiazione dagli albi). Esami forensi. Nella sessione 2010 i presenti agli iscritti sono stati 33mila40. Nella sessione 2009, su 34mila481 presenti agli scritti sono stati ammessi agli orali 13mila485 aspiranti avvocati”.

Mirko Zago

L’Ue ha approvato le tariffe forensi massime, esulta il CNF

La Corte di giustizia delle Comunità europea ha ritenuto compatibile con il diritto comunitario le tariffe forensi massime decise dal CNF (Consiglio nazionale forense). E’ da molto tempo che l’avvocatura sostiene la compatibilità delle tariffe in vigore in Italia con il resto d’Europa ed oggi la conferma è palese.

Le sentenze in ballo per la decisione sono state la Arduino C-35/99; Cipolla e Macrino C-94/04 e C- 202/04; Cassaz. Sezione lavoro 20269/2010. Ci sono norme sulla concorrenza che hanno avuto conferma dalla decisione europea, garantendo in particolare la tutela dei consumatori e la buona amministrazione della giustizia e la tutela dell’interesse di evitare una concorrenza al ribasso a discapito della qualità della prestazione.

Motivo in più per accelerare la riforma forense ora alla Camera, che spesso veniva rallentata proprio tirando in ballo le tariffe applicate.

M. Z.

Consiglio Nazionale Forense: la mediazione obbligatoria è incostituzionale

Prosegue la polemica del CNF, Consiglio nazionale forense contro l’entrata in vigore dell’obbligatorietà della mediazione-conciliazione che di fatto “svaluta” la figura dell’avvocato a vantaggio della nuova figura professionale del mediatore civile. Il portavoce del CNF, Alpa, ha criticato il decreto con duri termini: “Sono anni che in Europa si discute di Adr e in realtà anche in Italia tante leggi di settore hanno previsto il ricorso alla mediazione. Riteniamo tuttavia che il sistema introdotto in via generale con il decreto legislativo 28/2010 non tuteli adeguatamente l’accesso alla giustizia ed esponga i cittadini al rischio di vedersi decurtati i propri diritti. Abbiamo dubbi sulla sua costituzionalità“.

Criticando il fatto che la norma si sia preoccupata di ridurre i costi della giustizia senza apportare le giuste misure per preservare la qualità, ha proseguito: “La conciliazione obbligatoria, introducendo una fase pre-processuale, distoglie dal giudice naturale e impone dei costi non solo strettamente economici”. Un esempio: non aver previsto la competenza territoriale degli organismi di conciliazione. La legge non ha neanche tenuto conto degli aspetti giuridici delle controversie in mediazione. Abbiamo lamentato l’assenza di assistenza obbligatoria da parte dell’avvocato non per rivendicazioni corporative ma preoccupati del fatto che il cittadino potrebbe trovarsi davanti ad un mediatore che non valuta gli aspetti giuridici della questione, suggerendo un accordo che si può trasformare in una vera e propria decurtazione del diritto“.

Più forza agli avvocati nella fase di indagine pre-processuale

Più potere agli avvocati nella fase di indagine pre-processuale, è questo che chiede Il presidente del Consiglio nazionale forense Guido Alpa, intervenuto alla cerimonia di inaugurazione dell’anno giudiziario della Corte dei Conti. “Positivo il nuovo ruolo della Corte nell’uniforme applicazione del diritto. Bene il rafforzamento del controllo contabile sulle società private partecipate da enti pubblici e sui soggetti privati fruitori di finanziamenti pubblici” – Alpa ha preguito – “l’avvocato nella fase di indagine pre-processuale ha un ruolo marginale rispetto alla figura preminente del pubblico ministero. E’ ancora, difatti, poco garantito il c.d. contraddittorio preliminare, visto che solo nella fase conclusiva dell’inchiesta, l’inquisito ha diritto di ricevere un invito a dedurre e di chiedere eventualmente di essere ascoltato. Nella fase dell’istruttoria è limitato anche il diritto di accesso e la sopravvivenza della richiesta di deduzioni quando la procura ha ormai esaurito l’istruttoria ha una sostanziale funzione di garanzia pressoché formale“.

Gli avvocati in sostanza auspicano che il sistema giudiziario contabile sia oggetto di un intervento di riforma al fine di alleviare il carico pendente, abbreviare i giudizi, quindi rafforzare le garanzie di difesa. Positivamente è stato accolto il rinnovato ruolo della Corte dei conti nel contribuire alla uniforme applicazione del diritto dopo la recentissima sentenza della Corte costituzionale ( n.30/2011), che ha chiarito che il Presidente della Corte dei conti possa deferire questioni di legittimità alla Corte di Cassazione.

Alpa ha inoltre apprezzato l’estensione dell’ambito della giurisdizione speciale della Corte, visto che le Sezioni Unite della Cassazione hanno rafforzato il controllo contabile anche sulle società private partecipate da enti pubblici e su soggetti privati fruitori di finanziamenti pubblici “sostituendo a un criterio prettamente soggettivo (natura pubblica dell’ente soggetto a controllo, ndr) un criterio oggettivo basato sulla natura pubblica delle funzioni esercitate e delle risorse finanziarie finalizzate a tal fine“.

fonte: Ufficio Stampa Cnf

Decreto sulla mediazione. Le ragioni dei ritardi di Guido Alpa al Ministro Alfano

Nella giornata di ieri, il ministro della giustizia Angelino Alfano ha ricevuto in un incontro informale il presidente del Cnf Guido Alpa e una delegazione dei presidenti degli Ordini maggiori e delle Unioni regionali a Roma. Ad accompagnare al meeting il presidente Alpa c’erano infatti alcuni consiglieri del Consiglio nazionale forense, i presidenti degli Ordini forensi maggiori e delle Unioni regionali, che proprio il Ministro aveva convocato in via d’urgenza in relazione alle preoccupazioni relative alla imminente entrata in vigore del decreto delegato sulla mediazione (dlgs n. 28/2010).

In particolare, i rappresentanti dell’avvocatura hanno manifestato il timore riguardo il prorompente impatto che il nuovo istituto potrebbe provocare nelle sedi maggiori.

Il presidente del Cnf Guido Alpa ha illustrato le problematiche attuali ostative all’entrata in vigore del nuovo sistema, derivanti da situazione oggettive quali:

  • la indisponibilità delle aule presso i tribunali, dove dovrebbero collocarsi gli organismi di conciliazione organizzati dagli Ordini forensi secondo le prescrizioni della legge;
  • la carenza di personale e risorse;
  • l’esiguo numero a tutt’oggi di conciliatori;
  • la difficoltà già riscontrata dagli organismi di conciliazione a dotarsi di copertura assicurativa tanto che qualche grande ordini ha dovuto contattare i lloyds di Londra;
  • la ristrettezza dei tempi per organizzare un servizio efficace e utile a tenere testa alla mole di procedimenti attesa.

“Ringraziamo il ministro per l’attenzione con cui ha ascoltato queste problematiche. Alfano ci ha detto che prenderà in esame queste cause oggettive e nei prossimi giorni ci farà conoscere le sue determinazioni”, ha riferito Alpa al termine dell’incontro, aggiungendo che il ministro si è reso disponibile a confrontarsi anche sui progetti in fase di elaborazione sullo smaltimento dell’arretrato.

Il Consiglio Nazionale Forense presenta il regolamento per l’Avvocato Specialista.

Il Consiglio Nazionale Forense ha approvato il regolamento sulle specializzazioni forensi, che disciplina le aree di specialità professionale e le modalità per acquisire il titolo di specialista.

Il regolamento gioca d’anticipo rispetto alla riforma forense, il ritardo nell’approvazione della quale ha spinto il Cnf ad approvare l’articolato pur con l’avvertenza che si tratta di un testo che entro un anno dalla sua entrata in vigore potrà esser sottoposto a revisione, tenendo conto degli effetti prodotti e della tenuta sul campo della individuazione delle aree di specializzazione, la cui definizione ha impegnato lungamente il Cnf. Il testo definitivo, proposto al plenum dal gruppo di lavoro presieduto dal vicepresidente Ubaldo Perfetti, accoglie molte delle osservazioni avanzate dagli Ordini e dalle Associazioni, accompagnandolo con una relazione esplicativa.

Le aree di specialità individuate sono 11 e il regolamento stabilisce che l’avvocato può conseguire il diploma di specializzazione in non più di due. Esse sono:

  1. Diritto di famiglia, dei minori e delle persone
  2. Diritto della responsabilità civile e delle assicurazioni
  3. Diritto commerciale
  4. Diritto del lavoro, della previdenza e della sicurezza sociale
  5. Diritto industriale
  6. Diritto della concorrenza
  7. Diritto tributario
  8. Diritto amministrativo
  9. Diritto della navigazione
  10. Diritto dell’Unione europea
  11. Diritto penale

Entro un anno dall’entrata in vigore il Consiglio Nazionale Forense, sentiti Ordini e Associazioni, potrà procedere se necessario alla revisione delle disposizioni, con particolare riferimento alle aree di specializzazione, ai fini della tutela dell’affidamento della collettività.

Per conseguire il titolo di avvocato specialista si dovrà aver maturato un’ anzianità di iscrizione all’albo, ininterrotta, di almeno sei anni; aver frequentato continuativamente per almeno un biennio una scuola/corso tra quelli riconosciuti dal Cnf (per un minimo di duecento ore complessive di studio e esercitazioni); aver sostenuto con esito positivo l’esame presso il Cnf.

L’esame consisterà nello svolgimento di una prova scritta su materia attinente all’area di specializzazione e nello svolgimento di una prova orale, avente ad oggetto anche la dimostrazione del possesso di una esperienza pregressa nella materia.

Per il mantenimento del titolo di specialista, l’avvocato sarà tenuto a curare il proprio aggiornamento professionale e conseguire nel triennio almeno 120 crediti formativi. Di cui almeno 30 in ogni singolo anno. Tali crediti sono computati come crediti formativi per la formazione continua. Presso il Cnf sarà istituito il registro dei soggetti abilitati alla istituzione e gestione delle scuole e/o di corsi di alta specializzazione, nel quale sono iscritti a semplice richiesta i Consigli dell’Ordine. Le scuole dovranno presentare al Cnf, annualmente prima dell’inizio dell’anno scolastico, il programma dettagliato della scuola o del corso.

Gli avvocati che alla data di entrata in vigore de regolamento hanno una anzianità di iscrizione al’albo, continuativa, di 20 anni potranno acquisire il titolo di specialista, in non più di una delle aree di specializzazione, presentando al Consiglio dell’Ordine di appartenenza, che esprimerà un parere non vincolante, documenti e titoli che dimostrino la particolare conoscenza della materia. Il Cnf provvederà all’iscrizione previo eventuale colloquio.

Il regolamento del Cnf entrerà in vigore il 30 giugno 2011.

L’Avvocato specialista è quello che ci vuole per una maggiore qualificazione professionale.

“Andare avanti con la definizione delle regole per attribuire agli Avvocati il titolo di specialista nella varie aree del diritto. Strada obbligata per garantire maggiore qualificazione professionale anche e soprattutto a tutela del cittadino.”

 È questa l’indicazione che è emersa in occasione della riunione dei presidenti dei Consigli dell’Ordine lo scorso 18 settembre a Roma. La bozza, predisposta dal Consiglio nazionale forense prima della pausa estiva e inviata agli Ordini e Associazioni per le osservazioni, ulteriormente modificata sulla scorta di quest’ultime, disciplina le modalità per l’acquisizione del titolo di avvocato specialista e il suo mantenimento, principalmente attraverso la definizione delle aree di specializzazione e di un percorso per l’acquisizione del titolo segnato dalla frequenza di corsi specializzanti e da un esame presso il Cnf.

Il presidente Guido Alpa ha sottolineato la necessità di varare il regolamento concepito come un ulteriore strumento per l’attuazione delle concezioni fondanti ed ispiratrici della proposta di riforma della professione forense e che tendono ad una maggiore qualificazione professionale.

Fonte: Ufficio Stampa del Consiglio Nazionale Forense

Donne Avvocato: per avere successo serve una formazione adeguata.

“Poiché, come tutti concordano, l’acquisizione delle pari opportunità delle donne nell’ambito delle professioni legali è, innanzitutto, un fatto culturale, il Consiglio nazionale forense ha istituito in questa ultima consiliatura, una commissione ad hoc per studiare il problema e per assumere le iniziative più adeguate”.  Così il presidente del Consiglio nazionale forense, Prof. Guido Alpa è intervenuto al convegno organizzato dal Consiglio superiore della magistratura dal titolo “Le donne nelle professioni legali di domani”, tenutosi a Roma nella scorsa settimana. Sono intervenute al convegno anche Carla Guidi, coordinatrice esterna della commissione Pari opportunità del Cnf e Ilaria Li Vigni, una delle componenti.
“La promozione culturale però costituisce solo l’avvio delle iniziative necessarie” che potranno partire dai risultati della recente ricerca promossa dal Cnf (tramite la Commissione pari opportunità) e Aiga e affidata al Censis. La ricerca ha evidenziato come le iscritte alle facoltà di Giurisprudenza e le laureate battono per numero i loro colleghi maschi. Ma una volta intrapresa la carriera di avvocato, sono gli uomini a farsi strada prima e con maggior facilità. Secondo il 67,7% delle professioniste, infatti, nell’ambito dell’avvocatura non esistono pari opportunità. Le 401 professioniste intervistate sono convinte che nell’avvocatura siano impiegate poche donne (91,1%)e che per loro esistano forme di discriminazioni (88,8%). Ammettono anche che i figli e la famiglia possono essere un ostacolo alla carriera (58,9%) ma per avere successo serve una formazione adeguata (46,3%, contro il 28,8% degli uomini) piuttosto che tanto tempo a disposizione (necessario solo per il 18,4%, contro il 30% degli uomini). Le donne avvocato vengono contattate dalla clientela per questioni che hanno a che fare con la famiglia e i minori (68,5%), con la proprietà/locazioni e condomini (55,2%), con la contrattualistica (52,1%), l’infortunistica (50,25%) o le esecuzioni (46,5%). Al contrario, un numero esiguo risulta coinvolto per quanto riguarda i reati societari (2,6%), i reati contro o i conflitti con la pubblica amministrazione. (rispettivamente il 3,8% e l’8,2%), le questioni bancarie (8%) e le società in generale (12%). Più consistente, ma sempre piuttosto ridotta, la percentuale delle donne avvocato che si occupano di fallimenti (17,1%), di reati contro la persona (18,1%) o di lavoro (27,9%). “Si vede che la materia praticate sono ancora in un certo senso viziate dal pregiudizio della minore preparazione tecnica o dalla maggiore sensibilità per temi considerati di natura femminile”, spiega Alpa.
La disparità di trattamento rispetto ai colleghi maschi passa anche attraverso una marcata asimmetria nelle retribuzioni. Sono infatti addirittura l’85,7% (ma si arriva a una percentuale dell’87% nel caso delle sposate, dell’88,5% nel caso delle associate e del 90,6% nel caso delle professioniste che esercitano nell’Italia centrale) le donne avvocato intervistate che denunciano una capacità di guadagno nettamente differente (e in generale inferiore) rispetto agli uomini. Il fattore che più contribuisce a rendere critica la condizione professionale dell’avvocatura viene individuato dalla maggioranza delle intervistate (56,7%) nel «numero crescente dei colleghi». L’insufficienza o la mancanza di risorse materiali può essere poi di impedimento per una professionista, sia pure preparata e motivata, a svolgere, se non addirittura ad avviare, la sua attività. Così al secondo posto della graduatoria dei fattori che rendono critica la condizione professionale dell’avvocatura si trova «la difficoltà a far crescere lo studio» (lo afferma il 32,7% delle intervistate) o, al quinto, «la difficoltà di aprire uno studio» (15,5%). “La parità nel mondo forense non è ancora raggiunta”, commenta Alpa.

fonte: Ufficio Stampa del Consiglio nazionale forense