Imprese, professionisti e i nuovi temi dell’hi-tech

di Davide PASSONI 

Le nuove tecnologie impongono alle imprese e ai professionisti problematiche e necessità anch’esse nuove. Alcune di queste riguardano la proprietà intellettuale, altre il contenimento dei costi. Ecco il parere di due esperti del settore.

Avv. Hèléne Regnault de la Mothe, Avvocato iscritto allíAlbo nazionale dei Consulenti in Proprietà industriale

Quali rischi per il proprio marchio nellíera del web 2.0? Come tutelarlo da copie e contraffazioni?
La straordinaria capacità del marchio di attrarre clientela genera frequenti usurpazioni da parte di concorrenti che si manifestano principalmente nell’uso di nomi a dominio foneticamente simili, quando non differenti per la sola estensione. Accade inoltre che il proprio marchio venga indebitamente utilizzato dal competitor quale parola chiave (meta-tag) per avvantaggiarsi e falsare i risultati proposti dai motori di ricerca. Entrambi i casi costituiscono atti di contraffazione e concorrenza sleale, in quanto idonei a sviare la clientela o a creare un indebito agganciamento. La normativa italiana concede al titolare del marchio gli strumenti, anche sanzionatori, per vietare ai terzi l’adozione di tali comportamenti illeciti. Per utilizzare con successo tali rimedi è però determinante scegliere un marchio forte e, soprattutto, preoccuparsi per tempo della sua corretta registrazione nei territori in cui si opera. In tal modo, si tutelano gli investimenti e i propri diritti di esclusiva.

 

Stefano Cecconi, Amministratore Delegato di Aruba S.p.a

Quali i vantaggi del cloud computing per una piccola impresa?
Nell’attuale fase di cost containment, il cloud rappresenta per le piccole imprese uno strumento strategico per ridurre i costi di gestione dei servizi IT permettendo di ottimizzare il ciclo di vita di un prodotto o di un progetto. Caratterizzato dalla totale scalabilità e personalizzazione delle risorse, il cloud consente all’utente di aumentare o diminuire in tempo reale e in autonomia le dimensioni dei server in modalità Pay per Use: in questo modo le imprese non devono più affrontare i costi di startup tipici delle soluzioni hardware “tradizionali” per avviare un nuovo business e possono scegliere il servizio secondo le proprie necessità, modificandone i parametri in base alle proprie risorse e in funzione dei picchi di attività. Sfruttare soluzioni cloud consente dunque di operare con la flessibilità volta a garantire la competitività e la crescita del business, in quanto il cliente sposta sul provider sia i rischi che la complessità legati alla gestione di un’infrastruttura informatica. Tutto ciò permette di liberare risorse impiegate nella gestione dei servizi IT per destinarle all’ottimizzazione delle attività strategiche per il business aziendale.

Quali sfide per le imprese e i professionisti nel mondo dell’hi-tech

di Davide PASSONI

Altro breve giro di tavolo sulle sfide che le nuove tecnologie impongono alle imprese e ai professionisti. 

Marco Fabio Parisi, Responsabile dei Progetto di Sviluppo It per le Pmi di Telecom Italia

La PEC non è solo un obbligo di legge ma un efficace strumento di lavoro. Quali i suoi vantaggi?
Per una piccola impresa o un professionista, calcolare i benefici che derivano dall’utilizzo della PEC è molto semplice. Basta contare quante raccomandate A/R è stato necessario inviare in un anno, moltiplicare per le ore necessarie a preparare la documentazione, stamparla, firmarla, inviarla dall’ufficio postale, archiviare il tutto e aggiungere i costi di spedizione. È evidente però, che tra i vantaggi non si possono ancora considerare quelli relativi alla “firma” e all’”archiviazione”. La PEC da sola non è in grado di garantire tutto questo. Mancano infatti la Firma Digitale e l’Archiviazione Sostitutiva, due ingredienti fondamentali secondo Telecom Italia per completare e ottenere la semplificazione dei processi amministrativi dell’impresa. Le soluzioni informatiche esistono, così come la tecnologia che rende tutto “a norma di legge” sicuro e garantito. Noi riteniamo che sia necessaria una norma attuativa semplice, per cui tutta la documentazione d’impresa possa essere prodotta, scambiata, firmata e archiviata in modo digitale e soprattutto che un documento digitale abbia valore legale a sostituzione di quello cartaceo. Solo così il beneficio per l’impresa sarà totale e sostanziale.

Fabiano Lazzarini, General Manager IAB Italia

Quali sono gli strumenti di advertising più efficaci per promuovere online la propria piccola impresa?
Oggi è essenziale presidiare internet. Gli strumenti disponibili per la promozione della propria realtà imprenditoriale in Rete sono molteplici e alcuni di essi possono essere utilizzati con estrema semplicità anche da utenti non esperti. Molto dipende dall’obiettivo della singola azienda, ma alcuni step possono essere considerati generalmente validi. Il primo passo per una piccola impresa è sicuramente quello di creare un buon sito web, professionale e ben strutturato in modo da essere immediatamente intellegibile dal proprio target. Il secondo passo è quello di rendersi facilmente rintracciabili in rete, indicizzando il proprio portale attraverso la scelta di parole chiave adeguate, che consentano di essere ai primi posti nei risultati sui motori di ricerca, laddove un potenziale cliente faccia una query online, alla ricerca di un prodotto o servizio che rientra nella propria offerta. A quel punto bisogna decidere, sulla base dei propri obiettivi di business e del budget che si intende investire, se e come implementare un piano di comunicazione online, ad esempio attraverso una pianificazione di advertising, ad esempio con dei banner, oppure con campagne di email o search marketing, o ancora una strategia di integrazione con i social network.

Più facile e veloce anche in Italia impedire la registrazione di un marchio confondibile con il proprio

Con il decreto n. 33 del 13 gennaio 2010, pubblicato in Gazzetta Ufficiale in data 10 marzo 2010, entra finalmente in vigore il Regolamento di Attuazione del Codice della Proprietà Industriale, che rende esecutiva la procedura di opposizione alla registrazione dei marchi di impresa. Il nostro Paese si allinea quindi alla gran parte degli Stati comunitari e fa propria una procedura amministrativa adottata già da diversi anni dall’Ufficio comunitario (Ufficio per l’Armonizzazione del Mercato Interno di Alicante), seppur con qualche differenza relativamente ai motivi per poter depositare un’opposizione, più ristretti in Italia che in Unione Europea.

I titolari di marchi non saranno più costretti ad adire le vie giudiziarie per chiedere la cancellazione di un marchio illecitamente registrato ma potranno agire in via amministrativa davanti all’Ufficio italiano brevetti e marchi (UIBM) per opporsi alla concessione di un marchio contrastante con il loro diritto anteriore. Da un lato, quindi, si potrà agire prima che il titolo venga concesso e, dall’altro, ci si potrà avvalere di una procedura amministrativa più snella e certamente meno onerosa rispetto ad un normale procedimento giudiziario. Sono legittimati a depositare un’opposizione, entro il termine di tre mesi dalla data di pubblicazione del marchio nel Bollettino Ufficiale, i titolari di marchi registrati identici o simili per prodotti identici o affini. L’opposizione dinanzi all’Ufficio Italiano Brevetti e Marchi potrà essere depositata anche in caso di assenza di consenso degli aventi diritto relativamente a ritratti di persone, nomi e segni notori. Le parti avranno la possibilità di raggiungere un accordo prima della chiusura della procedura amministrativa, che dovrà comunque concludersi entro 24 mesi dal deposito dell’atto di opposizione.

Ad oggi, l’UIBM non effettua una verifica sulla sussistenza di un contrasto tra un marchio depositato e le registrazioni precedenti; spetta invece al titolare di un marchio monitorare le richieste di registrazione che pervengono all’Ufficio. Per fare ciò, è necessario avvalersi di un consulente specializzato per il monitoraggio costante dei Registri dei marchi implicati e porre in essere azioni in difesa del proprio diritto qualora si ravvisi un conflitto con il proprio titolo anteriore. La coesistenza tra marchi di diverse imprese rischia di svilire l’importanza del marchio, principale strumento di comunicazione e collettore di clientela per l’impresa, con conseguenti perdite economiche e rischio di confusione per il consumatore, che potrebbe essere portato a confondersi tra prodotti aventi origine imprenditoriale differente a causa della somiglianza tra i marchi. L’introduzione della procedura di opposizione rappresenta dunque un’importante opportunità per impedire la concessione di un marchio che si ritiene in contrasto con il proprio diritto di esclusiva e per rafforzare, di conseguenza, il segno distintivo di cui si è titolari: con un’azione tempestiva in difesa dello stesso se ne accrescerà infatti il valore, grazie alla sua unicità sul mercato.

Tuttavia, per l’effettivo l’utilizzo di tale procedura manca ancora il decreto del ministro dello Sviluppo Economico che fissa termini e modalità di pagamento dei diritti per il deposito dell’opposizione che, a questo punto, si attende a breve.

Avv. Helene Regnault de la Mothe

“Made in Italy” a danno dei titolari di marchi italiani

Il Made in Italy da sempre distingue la creatività e la qualità delle imprese italiane nel mondo, portando all’estero il prestigio del tessuto imprenditoriale nazionale. Tutti sanno che il richiamo alla produzione italiana accresce il valore e la quotazione sul mercato dei prodotti che possono fregiarsi dell’essere “100% italiani“. Proprio l’importanza attribuita all’etichettatura dei prodotti ha portato il legislatore italiano a numerosi interventi normativi in materia, anche se non sempre nel segno della chiarezza e dell’efficacia rispetto agli obiettivi.

Non fanno eccezione le ultime disposizioni (art. 17 della L. 99/2009 e  art. 16 del Decreto Legge 135/2009) che, paradossalmente, pongono a carico del titolare di un marchio italiano o del suo licenziatario oneri maggiori rispetto a quelli richiesti ad un’impresa straniera. Nello specifico, era stata prevista una sanzione penale per “l’uso di marchi di aziende italiane” apposti su merce non originaria dell’Italia e priva dell’indicazione del Paese di fabbricazione.

Questo però discriminava i marchi di aziende italiane rispetto a quelli di aziende straniere e pertanto, dopo appena due mesi, la disposizione è stata abrogata dall’art. 16 D.L 135/2009. Anche con tale normativa, tuttavia, le disparità permangono. La disposizione in esame sanziona, a livello amministrativo, un utilizzo del marchio tale da indurre il consumatore a ritenere che il prodotto sia di origine italiana ove ciò non corrisponda alla reale provenienza della merce e prevede una sanzione penale nel caso in cui venga espressamente indicato, su merce non fabbricata nel nostro territorio,  che il prodotto è interamente realizzato in Italia.

Entrambi gli interventi normativi, oltre a essere piuttosto approssimativi, sembrano porsi in contrasto con il principio costituzionale di uguaglianza (art. 3 Costituzione) e con la normativa comunitaria (quantomeno con riferimento all’art. 28 Trattato CE). Pare infatti emergere con evidenza la disparità di trattamento tra imprese, se si considera che nessun illecito è sanzionato ove l’utilizzo falso o fallace del marchio venga posto in essere da un’impresa straniera, benché anche in tale situazione si verifichi proprio quell’inganno per il consumatore finale che il legislatore si propone di sanzionare. Molti, dunque, i problemi posti dalle ultime disposizioni legislative, emanate forse in assenza di un disegno unitario. 

Un’autentica tutela della correttezza commerciale, dei consumatori e del vantaggio competitivo dato dal nostro “Made in Italy” rimane purtroppo ancora lontana; restano, invece, i contrasti tra norme e le discriminazioni, proprio a discapito dei titolari di marchi italiani.

Avv. Helene Regnault de la Mothe