Rientro dei cervelli: agevolazioni fiscali fino a 11 anni dal rientro

Con il termine rientro dei cervelli si intende il rientro in Italia di lavoratori impatriati e in particolare di ricercatori e docenti che nel tempo hanno trovato prospettive di lavoro migliori all’estero impoverendo così notevolmente il settore della ricerca in Italia.

Rientro dei cervelli: differenze con gli impatriati

Abbiamo già visto la disciplina di agevolazioni per i lavoratori impatriati, quella invece prevista per il rientro dei cervelli è parzialmente diversa cambiano infatti i requisiti per poter accedere e l’ammontare dei benefici riconosciuti.

Si rimanda all’articolo sui lavoratori impatriati per la relativa disciplina: Regime agevolato per gli impatriati: ulteriore estensione del beneficio

Mentre qui ci occuperemo in modo specifico della disciplina per il rientro dei cervelli.

Requisiti per agevolazioni rientro dei cervelli

La prima cosa da capire è chi sono i potenziali beneficiari delle agevolazioni. Deve trattarsi di:

  • soggetti che sono stati residenti all’estero in maniera non occasionale ( chi ha contratti di docenza per alcuni mesi dell’anno e poi rientra in Italia non può beneficiarne);
  • in possesso di un titolo di studio universitario o equiparato;
  • tali soggetti devono avere svolto all’estero lavoro di ricerca o di docenza per almeno 2 anni presso centri pubblici o privati o presso università;
  • rientrati in Italia dove continuano a svolgere attività di ricerca o docenza

Al verificarsi di tali requisiti il Decreto Legge 78 del 2010, articolo 44, riconosce il vantaggio di esenzione dalla formazione della base imponibile IRPEF del 90% dei redditi prodotti. Inizialmente tale beneficio aveva la durata di 4 anni dal momento del rientro, mentre attualmente gli anni per i quali si può usufruire del beneficio sono 6 periodi di imposta.

Estensione delle agevolazioni

Sono previsti ulteriori periodi di agevolazione per coloro che hanno dei figli minori. In questo caso per coloro che trasferiscono la residenza dal 2020 il beneficio ha durata di:

  • 8 anni se a carico vi è un solo figlio minore o diventi proprietario di almeno un’abitazione residenziale in Italia dopo il trasferimento o nei 12 mesi antecedenti;
  • 11 periodi di imposta se i figli a carico minorenni sono 2;
  • 13 periodi di imposta per docenti e ricercatori rientrati in Italia e che abbiano almeno 3 figli minori a carico.

La legge di bilancio 2021 inoltre ha provveduto a un’ulteriore estensione dei benefici, il comma 50 dell’articolo 1, la Legge numero 178 del 2020 un ulteriore prolungamento del regime agevolato.Dal punto di vista soggettivo il beneficio viene riconosciuto anche a coloro che hanno provveduto a trasferire al residenza in Italia prima del 30 aprile 2019 . Al verificarsi di queste condizioni l’abbattimento dell’imponibile è al 50%.

Come richiedere i benefici per il rientro dei cervelli

Le modalità per accedere a tali benefici sono diverse a seconda che il richiedente sia un lavoratore dipendente o autonomo.

L’Agenzia delle Entrate sottolinea che nel primo caso, cioè docente ricercatore con contratto di lavoro dipendente è necessario presentare una richiesta scritta al datore di lavoro in cui sono indicate le generalità del richiedente, la data del rientro in Italia e la dichiarazione di voler accedere ai benefici visti.

In questa, che può essere definita anche un’autocertificazione, il richiedente deve anche indicare che si impegna a comunicare tempestivamente ogni variazione di residenza e di non beneficiare degli incentivi/agevolazioni per il rientro dei lavoratori e per gli impatriati ( i due regimi sono quindi alternativi e non possono essere cumulati).

I lavoratori autonomi hanno invece due modalità per accedere al beneficio, direttamente con la loro dichiarazione dei redditi, oppure attraverso una richiesta scritta diretta ai committenti che applicanola ritenuta di imposta. Anche in questo caso, come in precedenza, è necessario che la dichiarazione sia completa dei dati prima visti. In questo caso il committente opera la ritenuta d’acconto del 20% sull’imponibile ridotto.

L’Agenzia delle Entrate ha chiarito che non si applicano tali benefici quando c’è continuità contrattuale, ad esempio nel caso in cui si rientra in Italia in smartworking.

Rientro dei cervelli: è una vera attrazione?

Deve essere sottolineato che in realtà questa è la disciplina vigente, ma le norme per il rientro dei cervelli si sono susseguite dal 2010 e da allora deve essere registrato un dato che sicuramente provoca perplessità, infatti da una ricerca condotta dall’associazione Controesodo emerge che in realtà ci sono percentuali altissime di “cervelli” che vanno via dopo poco, il dato più allarmante è quello del 2017, anno in cui sono rientrati circa 2.000 ricercatori/docenti e sono andati via 1610. Fino al 2017, anno di cui abbiamo i riferimenti, sono rientrati 14.000 lavoratori, ma sono andati via oltre la metà cioè il 50,23%. A rendere difficile la permanenza in Italia sono le prospettiva di carriera poco allettanti, ma anche il fatto che il protrarsi delle agevolazioni è legato alla presenza di figli.

Regime agevolato per gli impatriati: ulteriore estensione del beneficio

Il fenomeno migratorio dall’Italia verso l’estero e in particolare verso altri Paesi dell’Unione Europea ha portato nel tempo a un generale impoverimento dell’Italia in quanto colpita da bassa natalità e dalla perdita di maestranze. Per rendere l’Italia maggiormente attraente per gli italiani residenti all’estero, iscritti all’AIRE (Anagrafe Italiani Residenti all’Estero), si è pensato a un regime fiscale di favore, si tratta del regime impatriati. Lo stesso è stato oggetto di proroghe e con la nota 60353/2021  dell’Agenzia delle Entrate sono state rese note le modalità operative per esercitare l’opzione per la proroga del benefici.

Chi sono i lavoratori impatriati

Il regime di tassazione per i lavoratori impatriati è dettato dall’articolo 16 del decreto legislativo n. 147 del 2015. Vi sono state poi ulteriori modificazioni con l’articolo 5 comma 2 bis del decreto legge 30 aprile 2019 n° 34, convertito in legge 28 giugno 2019 n° 58 e modificato da ultimo dall’articolo 1 comma 50 della legge 30 dicembre 2020 n° 178. I lavoratori impatriati sono soggetti che trasferiscono la residenza in Italia, a questi sono riconosciuti del benefici fiscali a patto che sussistano delle condizioni:

  1. l’attività lavorativa sia stata svolta prevalentemente in Italia;
  2. che il lavoratore non sia stato residente in Italia nei due anni precedenti e si impegni a restare in Italia almeno per i due anni successivi.

Il regime generale dei lavoratori impatriati prevede che nel periodo di imposta del trasferimento e nei successivi 4 periodi di imposta il reddito da lavoro dipendente o autonomo non viene calcolato al 100% ai fini dell’imposizione fiscale, ma viene calcolato al 30%. Questo regime è maggiormente agevolato nel caso in cui la residenza sia in una Regione economicamente svantaggiata, cioè Campania, Abruzzo, Molise, Puglia, Calabria, Sardegna, Sicilia e Basilicata. In questo caso il reddito si calcola addirittura al 10%.

Estensione del regime agevolato impatriati

Tali benefici ottengono l’estensione per ulteriori 5 anni per gli impatriati che hanno almeno un figlio minorenne a carico, oppure diventano proprietari di un’abitazione dopo il trasferimento o nei 12 mesi precedenti al trasferimento.

Per il prolungamento i redditi sono calcolati al 50% o al 10% in concomitanza con la presenza di figli minorenni. Deve essere precisato che l’acquisto dell’abitazione si riconosce come criterio per il prolungamento del periodo di imposta agevolato anche nel caso in cui lo stesso abbia l’intestazione del coniuge o in comunione dei beni, o dei figli. Inoltre il requisito inerente la presenza in famiglia di figli minori si ritiene compiuto anche nel caso in cui trattasi di affidamento pre-adottivo.

L’obiettivo è facilitare lo sviluppo economico dell’Italia e in particolare delle zone del Sud e questo con il riconoscimento di importanti agevolazioni fiscali.

La legge di bilancio 2021 ha esteso l’applicazione del regime agevolato degli impatriati a coloro che hanno trasferito la residenza in Italia prima del 30 aprile 2020 e, al 31 dicembre 2019 .

Indicazioni operative per beneficiare dell’estensione del regime agevolato

Questo visto è il regime generale previsto per gli impatriati, ma l’Agenzia delle Entrate con la nota 60353 del 2021 ha chiarito le istruzioni per accedere a ulteriori 5 periodi di imposta con regime agevolato per gli impatriati. In questo caso è necessario però esercitare l’opzione per ottenere l’estensione del beneficio.

L’esercizio dell’opzione prevede un reddito imponibile:

  • al 10% per gli impatriati con un figlio minorenne o un immobile di proprietà;
  • un imponibile al 5% per coloro che hanno almeno 3 figli minorenni, anche in affidamento pre-adottivo, e un immobile di proprietà.

Nel secondo caso quindi i requisiti sono cumulativi, cioè devono sussistere contemporaneamente.

L’opzione si esercita attraverso il pagamento delle imposte con il modello F24 utilizzando il codice tributo 1860 per il versamento al 10% e 1861 per l’importo al 5%.

L’importo deve essere versato entro il 30 giugno dell’anno successivo a quello di conclusione del primo periodo di fruizione dell’agevolazione di cui all’articolo 16 del decreto legislativo n. 147 del 2015” .

Obbligo di comunicazione dei requisiti

Per poter esercitare l’opzione il lavoratore dipendente, che quindi ha il datore di lavoro come sostituto di imposta, entro gli stessi termini visti in precedenza deve comunicare al datore di lavoro l’intenzione di aderire alla proroga del regime agevolato.

Nella comunicazione devono essere indicate:

  • le generalità del lavoratore impatriato che vuole usufruire delle agevolazioni comprese di codice fiscale;
  • l’indicazione di essere rientrati in Italia prima del 30 aprile 2019;
  • l’indicazione del primo anno per il quale sono state usufruite le agevolazioni;
  • in caso di acquisto di un’abitazione, gli estremi identificativi dell’immobile;
  • le generalità degli eventuali figli minorenni a carico;
  • l’ammontare dei redditi;
  • l’impegno a comunicare al datore di lavoro eventuali modifiche della propria condizione e che facciano venire meno il diritto al regime agevolato per gli impatriati;
  • l’ammontare dei redditi da lavoro dipendente o autonomo;
  • gli estremi del versamento dovuto per procedere all’opzione.