Imprenditore: è il motore delle aziende di qualsiasi tipo

L’imprenditore è il perno di ogni impresa. Ma quali sono i suoi doveri e cosa occorre per esserlo? Ecco alcune precisazioni che molti non sanno.

Imprenditore: chi è?

All’interno di qualsiasi impresa o società il capitale umano è un elemento fondamentale. Ma il primo e più importante valore umano d’eccezione deve essere la figura dell’imprenditore. Tuttavia, secondo l’articolo 2082 del Codice Civile ecco chi è. “E’ imprenditore chi esercita professionalmente una attività economica organizzata al fine della produzione o dello scambio di beni o di servizi“. In altre parole non è solo un soggetto che dà avvio all’impresa. Ma anche che organizza e coordina i “fattori produttivi”. Ad esempio: le materie prime, il fattore umano, i capitali con lo scopo di produrre beni o servizi, assumendosi i rischi della gestione. E’ il suo lavoro, pertanto con lo scopo di guadagnare il necessario per se, la sua famiglia e i propri dipendenti. Inoltre possiamo dire che sotto il profilo giuridico è un soggetto di diritto. Cioè una persona fisica e giuridica alla quale risalgono gli obblighi e i diritti che scaturiscono dall’attività d’impresa.

La valenza economica dell’imprenditore

L’imprenditore è spesso e volentieri colui che ha l’idea di business. Ma per avere carattere imprenditoriale occorre che l’attività economica:

  • sia rivolta alla produzione o scambio di beni e servizi;
  • deve essere organizzata attraverso sia l’utilizzo di mezzi proprio oppure ricorrendo a quelli di terzi;
  • deve essere svolta professionalmente, ciòè i modo continuativo ed abituale.

Pertanto diventa “impresa” un’attività svolta dall’imprenditore. Da non confondere con il termine di “azienda” che invece indica l’insieme di beni e servizi organizzati dall’imprenditore per lo svolgimento della sua attività. A volte le imprese crescono così tanto che la figura del solo imprenditore non basta più. Infatti vengono spesso assunte un gruppo di persone che “amministrano” la società. Ma il loro operato deve comunque essere rendicontato più o meno all’imprenditore che è la testa dell’impresa.

Alcune distinzioni dell’ordinamento giuridico

Il nostro ordinamento giuridico fa una netta distinzione tra imprenditore agricolo, commerciale. e artigianale. Secondo l’articolo 2135 del codice civile è imprenditore agricolo chi svolge le seguenti attività:

  • coltivazione del fondo;
  • selvicoltura;
  • allevamento di animali ed attività connesse.

Per attività connesse si intendono le attività esercitate dal medesimo imprenditore dirette alla manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione e che abbiano ad oggetto prodotti ottenuti dal bosco, dall’allevamento animale. Ma anche attività di valorizzazione del atrimonio rurale o forestale, ovvero di ricezione ed ospitalità nei modi definiti dalla legge. Mentre è l’articolo 2195 del codice civile a definire la figura dell’imprenditore commerciale. In questa categoria rientrano i soggetti che esercitano:

  • un’attività industriale diretta alla produzione di beni e servizi;
  • un’attività di intermediazione nella circolazione dei beni;
  • trasporto per terra, acqua o aria;
  • attività ausiliarie alle precedenti.

La figura del piccolo imprenditore (artigiano)

Secondo l’articolo 2083 sono piccoli imprenditori i coltivatori diretti del fondo, gli artigiani, i piccoli commercianti e coloro che esercitano un’attività professionale. L’organizzazione deve essere prevalentemente con lavoro proprio e dei componenti della propria famiglia. Questa definizione infatti è più legata alla figura dell’artigiano. Un artigiano è un lavoratore esperto che utilizza attrezzi, macchinari e materie prime per la produzione o la trasformazione di determinati manufatti (oggetti o alimenti). Prima della rivoluzione industriale tutta la produzione era affidata a loro.

I collaboratori autonomi e dipendenti

Molte imprese iniziano con il singolo lavoro dell’imprenditore e dei suoi familiari. Ma alcune attività magari crescono talmente tanto che si ha bisogno di collaboratori. Questi soggetti con il loro lavoro permettono di programmare e gestire meglio i vari settori all’interno dell’azienda. I collaboratori pertanto si dividono in due grandi categorie fondamentali:

  • il personale dipendente;
  • i collaboratori esterni.

Per personale dipendente si intendono i lavoratori subordinati pagati attraverso la retribuzione. Il personale dipendente collaborano nell’impresa prestando il loro lavoro intellettuale o manuale alle dipendenze e sotto la direzione del proprietario. Rientrano in questa categoria: i dirigenti, i quadri, gli impiegati e gli operai. Mentre i collaboratori autonomi non hanno alcun vincolo di subordinazione con l’azienda. Infatti sono appunto dei professionisti esterni. Ne sono esempio: gli avvocati, i mediatori, i commercialisti o specialisti di settore.

Imprenditore: conviene farlo oggi?

A dire il vero la vita dell’imprenditore non è tutta rosa e fiori. A volte non si stacca mai, proprio perché diventa il centro della vita del titolare. Ma anche vero che se si ha una giusta intuizione e la voglia di provarci, perché no. Fare impresa può anche voler dire mettere da parte le ferie, le feste e la famiglia. Ma se si fa con voglia di fare e per piacere, allora non si lavorerà neanche un giorno. Come tutte le scelte va ben ponderata e vanno anche ben calcolati i costi iniziali di apertura. Per questo motivo è meglio affidarsi ad uno specialista del settore, redigere un buon business plan e tanto impegno e lavoro. Attenzione anche alle agevolazione per le nuove imprese, soprattutto per i giovani, perché a volte sono delle vere e proprie ottime opportunità da cogliere.

Sviluppare nuove competenze per sviluppare il business

Prima di sviluppare nuove competenze, il futuro imprenditore deve essere consapevole del fatto che soluzioni che hanno funzionato nel passato oggi non sono più efficaci. Deve smontare alcune convinzioni assai diffuse fra gli artigiani.

Con i collaboratori siamo come una grande famiglia“. È un mito. Un rapporto sano, etico, professionale e volto all’eccellenza non può essere basato su simil-rapporti famigliari. Mamma e papà è meglio lasciarli a casa. Molto più trasparente una relazione fra datore di lavoro e collaboratore. L’imprenditore rischia i suoi soldi, il collaboratore la sua professionalità. Ruoli diversi. Ciò non vuol dire che l’azienda si debba trasformare in un campo di lavori forzati, ma sottolineare le differenze per evitare compiacenze e garantire un trattamento equo ed etico è salutare. Anche la comunicazione interna se ne avvantaggia. Ci si parla in modo più professionale e diretto, evitando chiacchiericci, pettegolezzi e perdite di tempo.

Inoltre, un approccio più professionale permette di gestire meglio eventuali promozioni, aumenti di salario, deleghe. Dà anche al collaboratore l’opportunità di essere valutato per i risultati ottenuti e per il contributo che dà al lavoro di squadra, evitando personalismi (favoritismi).

Noi siamo pratici, orientati al fare, al lavoro“. Anche l’uomo di Neanderthal costruiva manufatti (asce, punte di lancia, seghe, raschiatoi, flauti, etc.) e inventò nuove tecniche di scheggiatura. Quindi questo mito, così diffuso, non è originale, è “igienico”. L’uomo lavora da sempre. Oggi non basta fare. Occorre fare in modo eccellente e presto e inventare e innovare in continuazione, con un occhio al margine e l’altro alla soddisfazione dei clienti, che bisogna individuare. Ma il tutto molto velocemente, cosa che non era richiesta al nostro antenato.

Piccolo è bello“. Se guadagni molto sì. L’artigiano-artista è forse in questa categoria. L’artigiano hi-tech per guadagnare deve crescere in fatturato, deve esportare all’estero, deve ricercare alleanze per svilupparsi e garantirsi i margini che gli consentano, non solo in percentuale, ma anche in valore assoluto, di continuare a innovare il proprio know-how.

La comunicazione la fa il prodotto“. Errato. La comunicazione è un investimento e non un costo per creare valore e attrazione verso il proprio marchio, la propria azienda, la propria unicità. Si comunicano i valori dell’azienda, le proprie specificità tecnologiche, le soluzioni trovate, il modo di lavorare, le competenze del team, il servizio ai clienti. Una brochure di presentazione è il biglietto da visita dell’azienda, così come un sito ben gestito e ricco di informazioni e aggiornamenti, così come l’uso di tecniche web 2.0, piuttosto che la partecipazione a fiere ed esposizioni. Tutto gestito con intelligenza e competenze specifiche. Comunicare è un investimento (quindi occorre valutare il ritorno sull’investimento) non un costo. Ma si evitino l’approssimazione e il fare tutto in casa, pena un’immagine raffazzonata e controproducente (soldi gettati al vento).

Dalla mia esperienza operativa, ho rilevato anche la scarsa attenzione alla preparazione dei preventivi. Fatti in pochi minuti (perché bisogna correre a settare le macchine in officina) e trattati più come un aspetto burocratico che come prima sorgente del margine. Sovente l’artigiano non sa che margine ha sulle lavorazioni. Un errore imperdonabile per un imprenditore da PMI.

In sintesi, il neo-imprenditore deve ragionare e agire come se gestisse una multinazionale tascabile.

Dott. Giulio ARDENGHI | g.ardenghi[at]infoiva.it | www.businesscoachingefficace.com | Bergamo

Business Coach professionista, affianca imprenditori di grandi aziende e di PMI, manager e professionisti affinché sviluppino risorse utili a raggiungere i loro obiettivi professionali e personali con soddisfazione, velocemente, in modo misurabile e duraturo. È specializzato nei processi di cambiamento (professionali e aziendali) e nel lancio di start-up. Dopo la tesi (IULM- Milano) sulle Relazioni Esterne del Centro Georges Pompidou (Beaubourg) di Parigi ha iniziato il percorso professionale nel settore comunicazione, per proseguire nel marketing e commerciale. É stato per 25 anni manager di multinazionali italiane e straniere. Ha lavorato e vissuto a Londra, Singapore e Seoul. Ha raggiunto la posizione di direttore generale e poi ho deciso d’intraprendere l’attività di Business Coach che gli sta dando molte soddisfazioni. Ha conseguito un advanced master in PNL, un attestato di counselling in PNL, ha seguito corsi di Gestalt, l’Hoffman Process, ed ha partecipato ai seminari di Jodorowsky. È stato docente alla Scuola di Direzione Aziendale di Torino. Ha tenuto seminari in università italiane e straniere su temi della comunicazione, dell’innovazione, gestione e motivazione della forza vendita. Giornalista pubblicista, i suoi articoli specifici e dal taglio pratico su temi applicativi legati all’area del coaching (start-up, come diventare imprenditori di se stessi, il vero cambiamento, migliorare la propria carriera, trovare la propria vocazione, autostima e leadership) sono pubblicati anche in Internet. Unisce una solida e comprovata esperienza di campo con una meticolosa preparazione di psicologia applicata. Gli piace definirsi un enzima: acceleratore di processi di trasformazione. Il suo motto è pragmatismo col cuore.

“Datemi un punto di appoggio e solleverò il mondo”. Qual è la tua leva?

La frase pronunciata da Archimede parlando della leva rende bene come oltre alla consapevolezza di voler cambiare, la volontà duratura di attuare il cambiamento, occorra un’azione concreta che faccia da punto di appoggio per la metamorfosi di un’azienda artigianale in una PMI.

Qual è l’unicità della tua produzione o del tuo servizio? In che cosa ti distingui concretamente dai tuoi concorrenti? Qual è l’elemento che fa la vera differenza verso la tecnologia tradizionale del settore in cui operi?

Non parlo solo di output produttivo, parlo anche di processo industriale, di software sviluppati in casa, di competenze specifiche costruite sperimentando.
Non sempre le aziende artigianali brevettano quanto inventato. In altre parole, non creano una barriera all’ingresso da parte di altri concorrenti perché pensano che nessuno sia in grado di replicare quanto esse hanno sviluppato, se non a costo di ripetere tutti gli errori che l’azienda in questione ha incontrato e risolto con sforzi di ricerca e sviluppo e investendo tempo.

La leva non può essere il prezzo basso. Questo vale forse a tutt’oggi nella minuteria metallica, un settore dove il valore aggiunto è basso e dove importare dalla Cina, per ora, non è così conveniente soprattutto per i tempi di consegna e i costi di trasporto.

Ma questa azienda è esposta all’andamento delle aziende committenti che, a loro volta, subiscono l’andamento del cliente finale e del mercato. Quindi la loro posizione è debole.

Queste aziende artigiane sono alla fine della filiera, sono terzisti che subiscono le decisioni di altri. Non parleranno mai al cliente finale. Il loro interlocutore è un committente di primo o secondo livello ed è quest’ultimo che detta il prezzo di acquisto e i tempi di consegna.

L’azienda artigianale di qualità o hi-tech deve essere in grado di individuare l’elemento o una composizione di elementi che possono trasformarla in una “boutique” super specializzata.

Faccio un esempio concreto. Un’azienda artigiana afferma di aver sviluppato un know-how unico al mondo nell’incisione laser di stampi in 3D. Questo know-how è veramente unico? Sostituisce o si affianca a tecnologie più tradizionali? C’è richiesta di mercato per l’applicazione di questo know-how? A quanto posso fatturare questa unicità? Come posso raggiungere i clienti finali interessati alla mia invenzione o innovazione?

Il primo passo è comunicare questa specificità al mondo interessato. Ma per comunicare qualcosa ho bisogno di nominarla. Non possono dire: “Noi siamo gli unici a possedere queste macchine“, “Solo noi abbiamo sviluppato un tecnologia di incisione unica“. Questa non è comunicazione. Si può comunicare solo qualcosa che si riesce a definire in modo specifico.

Nel caso citato, l’azienda hi-tech ha coniato il termine Design Rendering Engineering (DRE), sotto il quale ha raccolto tutto il suo know-how di progettazione e di produzione basato sia sullo sviluppo di software che di hardware. Oggi la sua comunicazione, via media di settore, web e web 2.0, punta sull’affermazione del DRE. Nome che è stato registrato. “Senza il DRE sono solo macchine“, è un concetto che oramai distingue questa azienda da tutta una miriade di artigiani che pullulano nel settore dell’incisione (chimica) di stampi.

Hanno trovato la differenza, le hanno dato un nome e la comunicano. Questa è una leva vera per fare sviluppo.

Dott. Giulio ARDENGHI | g.ardenghi[at]infoiva.it | www.businesscoachingefficace.com | Bergamo

Business Coach professionista, affianca imprenditori di grandi aziende e di PMI, manager e professionisti affinché sviluppino risorse utili a raggiungere i loro obiettivi professionali e personali con soddisfazione, velocemente, in modo misurabile e duraturo. È specializzato nei processi di cambiamento (professionali e aziendali) e nel lancio di start-up.Dopo la tesi (IULM- Milano) sulle Relazioni Esterne del Centro Georges Pompidou (Beaubourg) di Parigi ha iniziato il percorso professionale nel settore comunicazione, per proseguire nel marketing e commerciale. É stato per 25 anni manager di multinazionali italiane e straniere. Ha lavorato e vissuto a Londra, Singapore e Seoul. Ha raggiunto la posizione di direttore generale e poi ho deciso d’intraprendere l’attività di Business Coach che gli sta dando molte soddisfazioni. Ha conseguito un advanced master in PNL, un attestato di counselling in PNL, ha seguito corsi di Gestalt, l’Hoffman Process, ed ha partecipato ai seminari di Jodorowsky. È stato docente alla Scuola di Direzione Aziendale di Torino. Ha tenuto seminari in università italiane e straniere su temi della comunicazione, dell’innovazione, gestione e motivazione della forza vendita. Giornalista pubblicista, i suoi articoli specifici e dal taglio pratico su temi applicativi legati all’area del coaching ( start-up, come diventare imprenditori di se stessi, il vero cambiamento, migliorare la propria carriera, trovare la propria vocazione, autostima e leadership) sono pubblicati anche in Internet. Unisce una solida e comprovata esperienza di campo con una meticolosa preparazione di psicologia applicata. Gli piace definirsi un enzima: acceleratore di processi di trasformazione. Il suo motto è pragmatismo col cuore.

Artigiano, imprenditore. Quale differenza?

Torna da oggi a scrivere sulle pagine di Infoiva il dott. Giulio Ardenghi, business coach qualificato. Dopo averci accompagnato, nei mesi scorsi, nel mondo del business coaching, ora ci spiegherà, in 8 puntate, come un artigiano di qualità può trasformarsi in un imprenditore di successo.

Il dizionario ci aiuta, ma fino a un certo punto, a fare chiarezza sul significato di artigiano e di imprenditore.

Artigiano è “chi esercita un’arte manuale, per proprio conto e in locali propri, lavorando da solo o con la collaborazione dei familiari o di pochi aiutanti*”.
Imprenditore è colui “che intraprende un’attività produttiva e commerciale**”.

Mi sembrano definizioni molto larghe e poco specifiche.
Per la mia esperienza, l’artigiano viene cercato dai clienti. L’imprenditore cerca i clienti.
L’artigiano una volta ripianati i leasing dei macchinari e dei locali si dedica ad assicurarsi nel tempo giusti profitti.
L’imprenditore sviluppa il proprio mercato al di fuori del proprio originale perimetro operativo, afferma il proprio prodotto/servizio migliorando continuamente le differenze verso i concorrenti, dedica risorse alla ricerca e sviluppo, crea posti di lavoro, si dà una struttura manageriale. Diventa grande tramite alleanze, acquisizioni, fusioni.

Molti artigiani moderni oggi sono all’avanguardia nell’Hi-Tech o nell’eco-business. Si sono posizionati in una nicchia di mercato, ma sovente si trovano impreparati a fare il salto culturale e operativo per diventare imprenditori. Queste entità posseggono know-how unici, che a volte non hanno nemmeno brevettato. Sovente inventano o innovano profondamente processi di lavorazione rendendoli più veloci, più accurati, più efficaci e competitivi in termini di ore/macchina e ore/uomo verso tecnologie tradizionali.

Benché il passaggio da artigiano a imprenditore non sia obbligato, sono molti i giovani artigiani che hanno la convinzione di avere un prodotto, un processo o un servizio unico e all’avanguardia. Vorrebbero svilupparsi, ma non sanno cosa fare. Non conoscono quali sono i primi passi da compiere senza inciampare nei “soliti” errori da mancanza di competenze e di fiducia in se stessi che sabotano qualsiasi tentativo di sviluppo.

Forse la vera differenza fra artigiano e imprenditore è proprio il desiderio di quest’ultimo di osare, di rischiare a ragion veduta, di crescere.
Non basta l’intuizione geniale, la competenza tecnica. Occorre la predisposizione mentale a imparare competenze manageriali per svilupparsi in modo intelligente. Serve la capacità di interpretare la complessità e trovare la propria via virtuosa: visione d’insieme, posizionamento specifico, aggressività commerciale, ossessivo e regolare controllo dei costi, capacità di gestire più persone. E comunicare. Senza dare per scontato che al di fuori delle mura del capannone il mondo sappia che si è eccellenti. Occorre farlo sapere. Conoscere anche le strategie e i mezzi del web 2.0 è essenziale.

Se siete pronti a imparare materie nuove, ad applicarvi con costanza, ad analizzare onestamente i vostri punti di forza e di debolezza e porvi riparo siete quasi pronti al “via!”. La formula è, riportando l’esperienza di molti artigiani divenuti imprenditori di successo, lavorare prima di tutto su se stessi, riconoscere i propri limiti (e le proprie qualità). Si richiede un atto di lucidità coraggiosa perché è il cambiamento, con le sue conseguenze e nuove responsabilità che spaventa. Ma l’imprenditore ama la sfida proficua e riesce a superare ansia e stress.

*http://dizionari.hoepli.it/Dizionario_Italiano/parola/artigiano.aspx?idD=1&Query=artigiano&lettera=A
**http://dizionari.hoepli.it/Dizionario_Italiano/parola/imprenditore.aspx?idD=1&Query=imprenditore&lettera=I

Dott. Giulio ARDENGHI | g.ardenghi[at]infoiva.it | www.businesscoachingefficace.com | Bergamo

Business Coach professionista, affianca imprenditori di grandi aziende e di PMI, manager e professionisti affinché sviluppino risorse utili a raggiungere i loro obiettivi professionali e personali con soddisfazione, velocemente, in modo misurabile e duraturo. È specializzato nei processi di cambiamento (professionali e aziendali) e nel lancio di start-up.Dopo la tesi (IULM- Milano) sulle Relazioni Esterne del Centro Georges Pompidou (Beaubourg) di Parigi ha iniziato il percorso professionale nel settore comunicazione, per proseguire nel marketing e commerciale. É stato per 25 anni manager di multinazionali italiane e straniere. Ha lavorato e vissuto a Londra, Singapore e Seoul. Ha raggiunto la posizione di direttore generale e poi ho deciso d’intraprendere l’attività di Business Coach che gli sta dando molte soddisfazioni. Ha conseguito un advanced master in PNL, un attestato di counselling in PNL, ha seguito corsi di Gestalt, l’Hoffman Process, ed ha partecipato ai seminari di Jodorowsky. È stato docente alla Scuola di Direzione Aziendale di Torino. Ha tenuto seminari in università italiane e straniere su temi della comunicazione, dell’innovazione, gestione e motivazione della forza vendita. Giornalista pubblicista, i suoi articoli specifici e dal taglio pratico su temi applicativi legati all’area del coaching ( start-up, come diventare imprenditori di se stessi, il vero cambiamento, migliorare la propria carriera, trovare la propria vocazione, autostima e leadership) sono pubblicati anche in Internet. Unisce una solida e comprovata esperienza di campo con una meticolosa preparazione di psicologia applicata. Gli piace definirsi un enzima: acceleratore di processi di trasformazione. Il suo motto è pragmatismo col cuore.