Imprenditori in fuga! Ok, ma dove?

 

Delocalizzare? Ottima idea, ma dove?!
Intanto, vale la pena ricordare che nella classifica Doing Business della Banca Mondiale, ovvero quella che certifica la capacità dei Paesi di stimolare e incentivare gli affari sul proprio territorio, l’Italia è addirittura scivolata nel baratro del 66esimo posto e che solo nell’ultimo decennio sono state 27mila aziende tricolori hanno delocalizzato all’estero.
D’accordo, ma dove ? Dove trasferire la propria azienda nella speranza (certa) di pagare meno tasse e vivere meglio l’approccio dello Stato nel corretto svolgersi dell’attività? Noi due possibilità le proponiamo: una forse scontata, l’altra, però, nemmeno immaginabile.

L’Inghilterra potrebbe essere una soluzione. Tanto per iniziare, solo se si superano le 77mila sterline di reddito annuo si è obbligati ad aprire una Partita Iva! E su un profitto inferiore alle 300mila sterline si paga il 20% di aliquota; sopra 1,5 milioni, il 22%. E se in Italia siamo solo 109esimi nella speciale classifica mondiale dei Paesi con maggior possibilità di accesso al credito, l’Inghilterra guarda tutti dall’alto verso il basso.

Allo scopo di attirare investimenti esteri, la Macedonia, invece, ha costituito 4 principali zone franche e altre zone più piccole in diverse località del proprio territorio. Le aziende che decideranno di investire nelle zone potranno giovare di incentivi considerati tra i più favorevoli in Europa: esenzione totale dall’imposta sul reddito aziendale per un periodo di 10 anni; esenzione dall’IVA e diritti doganali su merci, materie prime, attrezzature e macchinari; riduzione totale dell’IRPEF per un periodo di 10 anni; connessione gratuita alle reti di gas naturale, acqua industriale e scarico acque reflue.

Jacopo MARCHESANO

Calano le imprese, ma è boom di imprenditori under 35

Il saldo tra aperture e chiusure di imprese nel terzo trimestre è stato sì positivo per quasi 13mila unità, ma anche il più basso degli ultimi dieci anni e delle quasi 300mila imprese nate tra inizio anno e la fine di settembre, più di un terzo hanno alla guida uno o più giovani con meno di 35 anni. A dispetto della crisi, la voglia di mettersi in gioco per i giovani connazionali non manca nemmeno in un periodo storico economicamente drammatico come questo.

Come dimostra un’indagine di Unioncamere, presentata in occasione della 138/a assemblea delle Camere di Commercio, contro ogni previsione la culla di questa rinnovata vitalità è il Sud Italia, dove ha sede il 38,5% delle nuove piccole o micro imprese giovanili. I settori maggiormente in voga tra gli imprenditori under 35 sono il commercio (20,5%), l’edilizia (9,4%) e la ristorazione (5,6%). «C’è una generazione di giovani che non si rassegna a lasciare l’Italia, né si arrende al vento della protesta ma si rimbocca le maniche – ha affermato il presidente di Unioncamere Ferruccio Dardanelloe guarda con coraggio al domani. Sono giovani che escono dal mondo della scuola ma anche, spesso per colpa della crisi, dal mondo del lavoro e che hanno trovato la forza di puntare su un’idea e sulle proprie competenze. A questi italiani dobbiamo intanto dire grazie ma soprattutto creare le condizioni per aiutarli a realizzare il loro progetto di vita. Abbiamo il dovere di dare loro un paese più moderno, più efficiente e più credibile. Senza dimenticare però le difficoltà in cui versano le famiglie e le aziende che si vedono ridurre ulteriormente gli impieghi da parte delle banche. L’Italia ha bisogno di energie e talenti».