Imprenditori stranieri, qualche cifra

Come stanno messe le imprese italiane guidate da imprenditori stranieri? Una fotografia aggiornata l’ha scattata CRIF, società specializzata in sistemi di informazioni creditizie, business information e soluzioni per la gestione del credito, utilizzando le informazioni del CRIF Information Core per analizzare l’andamento tendenziale e le specificità delle aziende gestite da imprenditori stranieri.

CRIF ha rilevato come in Italia siano quasi 500mila le imprese guidate da imprenditori stranieri, la maggioranza delle quali è costituita da ditte individuali (74,1%), seguite da società di capitali (16,1%) e società di persone (meno del 10%).

CRIF ha anche analizzato le percentuali dei Paesi di provenienza degli imprenditori stranieri, rilevando come la maggior parte di loro arrivi dalla Romania (13,7%), seguita dalla Cina (13,3%), dal Marocco (12,9%) e dall’Albania (7,8%).

Il maggior numero di aziende con a capo imprenditori stranieri si concentra nel Nord-Ovest d’Italia, con una quota pari a circa il 33%. La parte del leone, in questo senso, la fa la Lombardia, che è anche la regione dove è più elevato il grado di penetrazione delle imprese con titolare non italiano rispetto al totale delle imprese attive sul territorio regionale.

La preziosa analisi di CRIF ha anche preso in esame la dimensione e l’età di queste aziende guidate da imprenditori stranieri e ha scoperto che il 93,5% di esse ha meno di 6 dipendenti e che sono in generale molto giovani: il 45,7% di loro è stato costituito dopo il 2011. Il 25,3% è guidato da imprenditrici. Per quanto riguarda i settori merceologici, gli imprenditori stranieri hanno fatto più strada nel commercio al dettaglio (36%), nell’edilizia (27%) e nei servizi (15,7%).

Un aspetto importantissimo analizzato da CRIF è relativo alla situazione degli imprenditori stranieri che provengono da Paesi a maggioranza islamica, i quali hanno spesso a che fare con un tipo di finanza particolare, molto attento alle regole della sharia. Un campo pressoché vergine per l’Italia e ricco di opportunità che meritano di essere esplorate.

Basta qualche numero per capire l’entità del fenomeno. Si stima infatti che l’universo legato ai servizi finanziari islamici gestisca fondi per un valore superiore ai 1.800 miliardi di dollari in più di 65 Paesi e che cresca di circa il 10%-15% all’anno. Nel mondo vi sono circa 360 istituti di credito totalmente islamici e oltre 250 fondi d’investimento spirati dai principi della sharia.

Sempre secondo CRIF, a dicembre 2014 il 36,6% dei titolari di impresa non italiani era costituito da imprenditori stranieri provenienti da Paesi a maggioranza islamica, mentre a ottobre 2014 è stato registrato il top di nuove imprese aperte da titolari provenienti da Paesi a maggioranza islamica, con più di 2mila nuove aperture. I Paesi di maggior provenienza di questi imprenditori sono Marocco, Bangladesh ed Egitto.

Tanto basta per inquadrare il fenomeno degli imprenditori stranieri come qualcosa di cui l’economia del nostro Paese non potrà più fare a meno con il passare degli anni.

Immigrati: quanto versano al fisco?

Mentre alcuni Paesi dell’Unione Europea sembrano avere aperto gli occhi sulla questione immigrati e deciso di effettuare un cambio di passo nelle politiche dell’accoglienza, chi in Italia ha messo radici da anni continua a dare una grossa mano all’economia del Paese.

Abbiamo visto ieri il contributo dato dagli immigrati alla nascita di nuove imprese nel nostro Paese, in anni nei quali la crisi economica ha continuato a mordere e a fare strage delle aziende italiane. Oggi vediamo un altro indicatore importante, quello del gettito fiscale che, ogni anno, gli immigrati riversano nelle casse dello Stato.

È una cifra consistente, pari a 6,8 miliardi di euro che ogni anno finisce nelle casse dell’Agenzia delle entrate. Sì, perché tra i 5 milioni di immigrati regolari si cela un popolo di contribuenti: 3 milioni e mezzo di persone, che dichiarano al fisco oltre 45 miliardi di euro l’anno.

Un calcolo, questo sulle dichiarazioni dei redditi 2014 degli immigrati, fatto dalla Fondazione Leone Moressa, in base al quale risulta che i contribuenti immigrati sono l’8,6% del totale e dichiarano 45,6 miliardi di euro. Spacchettando il dato per etnie, in prima fila ci sono i romeni (6,4 miliardi), seguiti da albanesi (3,2), svizzeri (2,8) e marocchini (2,4).

Sul totale di questi contribuenti immigrati, le donne sono meno il 43,9% rispetto al 48% delle italiane, impiegate prevalentemente come colf e badanti. Mestieri appannaggio soprattutto di alcune nazionalità dell’Est Europa come Ucraina (le cui donne contribuenti sono il 75,9%) e Moldavia (60,7%). Non è tutto.

Interessante anche il dato relativo all’Irpef versata dagli immigrati, nel 2014: 6,8 miliardi, il 4,5% del gettito complessivo, con un’Irpef media pro-capite per i nati all’estero di 3.070 euro, quasi 2mila euro in meno degli italiani.

Significativa, poi, l’analisi effettuata dalla Fondazione Moressa su come le tasse pagate dagli immigrati, tra contributi previdenziali e gettito fiscale, vengono controbilanciate dalla spesa pubblica che li sostiene, per le voci relative a politiche di accoglienza e integrazione, welfare e contrasto all’immigrazione clandestina. Ebbene, il saldo è in attivo di 3,9 miliardi.

Per quanto riguarda invece la distribuzione territoriale, circa un quinto dei contribuenti immigrati vive in Lombardia e oltre il 50% in sole quattro regioni: Emilia-Romagna, Lazio, Lombardia e Veneto. Tutti dati che, a giudizio della Fondazione Moressa, indicano che “gli immigrati risultano certamente più una risorsa che una minaccia per il Paese“.

Imprenditori immigrati, salvezza dell’economia

In un momento in cui i flussi dell’immigrazione in Europa hanno toccato livelli da esodo storico, con anche tragedie che toccano da vicino e scuotono le coscienze, in Italia è sempre più chiaro che gli imprenditori immigrati rappresentano un’ancora di salvezza per l’economia nazionale. Si tratta di una verità della quale abbiamo scritto più e più volte e per la quale, ora, arriva l’ennesima conferma da uno studio Unioncamere-InfoCamere sulla base dei dati degli ultimi tre anni del registro delle imprese, dal quale risulta che gli imprenditori immigrati che hanno aperto un’attività in Italia tra il 30 giugno 2012 e il 30 giugno 2015 sono 86mila in più su un totale di aziende etniche di circa 540mila, pari all’8,9% del tessuto produttivo nazionale.

Secondo lo studio, il maggior numero di imprenditori immigrati attivi in Italia si concentra nei settori delle costruzioni, nel commercio al dettaglio e all’ingrosso, nel noleggio, nelle agenzie di viaggio e servizi alle imprese e nella ristorazione e alloggio. Nel complesso, in numero di aziende registrato da Unioncamere è cresciuto di 70mila unità nei tre anni oggetto dello studio.

La maggior parte degli imprenditori immigrati che aprono un’attività in Italia sceglie come forma societaria quella dell’impresa individuale, con un totale di circa 432mila, pari al 13,3% del totale delle imprese registrate con questa forma giuridica. Marocco (66.273), Cina (48.116) e Romania (47.677) i principali Paesi di provenienza degli imprenditori.

Spacchettando i settori produttivi e confrontandoli con la provenienza degli imprenditori stranieri, si nota che nella confezione di articoli di abbigliamento le imprese individuali straniere, principalmente cinesi, sono il 45% del totale. Gli immigrati sono il 43% anche delle 7mila imprese individuali nel campo nelle telecomunicazioni; Bangladesh, Pakistan e Marocco sono i principali Paesi di provenienza dei titolari. Nel campo delle costruzioni, gli imprenditori immigrati sono soprattutto romeni e albanesi

Secondo il Presidente di Unioncamere, Ivan Lo Bello, che ha commentato questi dati sugli imprenditori stranieri, “la via dell’impresa si conferma una delle modalità attraverso le quali, gli stranieri giunti in Italia, possono integrarsi nel nostro sistema economico e sociale. Oggi ci confrontiamo con imponenti flussi migratori, e vale allora la pena di ricordare che oltre alle politiche di accoglienza, vanno messi in campo strumenti e politiche di integrazione a basso costo per il nostro Paese. Tra queste quelle di supporto all’avvio dell’attività imprenditoriale, dove le Camere di Commercio giocano un ruolo importante per chi vuole aprire una nuova impresa”.

Le imprese di immigrati hanno fame di credito

Le imprese di immigrati in Italia, lo abbiamo visto nei giorni scorsi, sono centinaia di migliaia, creano posti di lavoro e ricchezza tanto per il nostro Paese quanto per le terre d’origine degli imprenditori. Però, come le imprese italiane, anche quelle di immigrati sono spesso alle prese con problemi di accesso al credito, in questi anni di spietato credit crunch.

Se n’è accorto anche il governo, particolarmente sensibile, in questi giorni di tragedia, a tutto ciò che ha a che fare con il tema immigrazione. Tanto che il ministro dello Sviluppo Economico, Federica Guidi ha sottolineato come servano più soldi per le imprese di immigrati, liquidità da erogare sotto forma di prestiti bancari o di agevolazioni fiscali concesse dallo Stato.

L’intervento del ministro Guidi è avvenuto davanti Comitato parlamentare di controllo sull’attuazione dell’accordo di Schengen. Una presa di coscienza tardiva ma importante, perché non si può fingere di ignorare che su 6 milioni di imprese in Italia, quasi 400mila sono imprese di immigrati extracomunitari, il 9,5% in più da 5 anni a questa parte.

Considerando che, stando ai dati relativi al 2013, la richiesta di credito da parte delle imprese di immigrati è stato dell’11% rispetto al totale del credito chiesto dalle imprese italiane, la Guidi ha affermato che “un primo, importante intervento è quello relativo alla facilitazione per l’accesso al credito delle piccole e medie imprese. Si rende necessario vigilare con attenzione per evitare sovra-indebitamenti o il ricorso a canali di finanziamento meno controllabili, legati ad attività poco tracciabili e quindi di natura illecita“.

Detto questo, che è un discorso che vale tanto per le imprese gestite da italiani quanto per le imprese di immigrati, il ministro auspica poi che da parte degli imprenditori stranieri siano attivati “processi di aggregazione anche con imprese autoctone, al fine di evitare una competizione al ribasso tramite il contratto di rete, strumento molto apprezzato dalle imprese, in particolare di micro e piccole dimensioni“.

Non manca un riferimento alle start up, molto diffuse tra gli immigrati: “Un ulteriore efficace strumento – ha concluso la Guidi – potrebbe essere rappresentato dall’estensione delle agevolazioni previste per le start up anche alle ‘Nuove imprese di cittadini extra Ue’, al fine di favorire la diffusione e la crescita di competenze e innovazione, non solo di processo e di prodotto, ma anche commerciale, finanziaria e organizzativa“.

In aumento le imprese condotte da immigrati

Coloro che, arrivati in Italia in cerca di fortuna, sono riusciti ad integrarsi e, addirittura, a creare una propria attività, sono in aumento, tanto da contribuire ampiamente alla nostra economia.

Nel secondo trimestre del 2014, infatti, per quanto riguarda esclusivamente le imprese di immigrati, è tornato a salire il saldo tra iscrizioni e cessazioni, superando le 7mila unità, pari al 44% del saldo complessivo delle imprese individuali nel periodo aprile-giugno (+16.103 unità).

Tra i paesi di provenienza degli imprenditori immigrati extra Ue, il Marocco è in assoluta pole position, con 62.676 titolari, pari al 19,3% di tutti gli imprenditori individuali immigrati operanti alla fine di giugno.
Seguono la Cina (46.136, il 14,2% del totale), l’Albania (30.564, il 9,4%) e il Bangladesh (23.004, il 7,1%).

Gli imprenditori marocchini si occupano soprattutto di commercio e trasporti, tanto da rappresentare, in questi due contesti 31,9 e il 15,8% delle imprese con titolare immigrato.
I cinesi, dal canto loro, sono i primi in classifica in attività manifatturiere (57,9%), alloggio e ristorazione (31,3%) e altre attività di servizi (27,1%), mentre gli albanesi dominano nel settore delle costruzioni (31,6%).
I nati in Bangladesh sono gli imprenditori immigrati più presenti nelle attività di noleggio, agenzie di viaggio e servizi alle imprese (il 24,1% delle imprese di immigrati nel settore) e nei servizi di informazione e comunicazione (16,6%).

La leadership dei marocchini è da ricercarsi anche nella loro lunga presenza sul nostro territorio, tanto da essere i più numerosi tra gli imprenditori extra Ue in 11 regioni su 20, tra le quali spiccano la Calabria (dove sono il 55% di tutte le imprese di immigrati con sede nella regione) e la Valle d’Aosta (dove rappresentano il 35,3% dell’imprenditoria individuale extra Ue).

La Sardegna si segnala per la prevalente presenza di imprenditori originari del Senegal (il 32,6%), il Lazio per quelli del Bangladesh (29,6%), la Toscana per i cinesi, (29,1%) la Liguria per gli albanesi (22,9%), il Friuli Venezia-Giulia per i vicini della Serbia-Montenegro (17,8%), la Lombardia per quelli originari dell’Egitto (15,3%).
Unica regione a registrare la prevalenza di cittadini figli dell’emigrazione nostrana è l’Abruzzo, dove il primo paese di provenienza di imprenditori immigrati è la Svizzera (15,7%).

Vera MORETTI