A Milano si premia il passaggio generazionale

Avverrà domani, 30 novembre, il premio Di padre in figlio. Il gusto di fare impresa, dedicato ai migliori passaggi generazionali d’impresa.

Il riconoscimento, che verrà consegnato a Palazzo Mezzanotte, sede della Borsa Italiana in Piazza Affari di Milano, è giunto alla sua quinta edizione, ed è promosso da Eidos Partners in collaborazione tra gli altri con le CdC di Milano e di Monza e Brianza con il supporto di Borsa Italiana, Schroders PB, Deloitte, Bain & Co., Negri-Clementi Studio Legale Associato.

Si tratta di una cerimonia sempre attuale, se si considera che in Italia sono 286mila gli imprenditori ultrasettantenni, di cui il 27,1% (77.573 titolari) è donna.
La maggior parte di essi è attivo nel settore agricolo (63,2%), seguito da commercio (16,8%) e attività manifatturiere (4,9%).

Considerando la Lombardia, essa conta 21.270 imprenditori ultrasettantenni titolari di impresa individuale, di cui il 24% donne (5.109 titolari) e la prima provincia per numero di imprenditori over 70 è Milano con 5.335 imprese (il 25,1% regionale), seguita da Brescia (3.091, 14,5%), Mantova (2.486, 11,7%) e Pavia (2.348, 11%).

A livello nazionale, invece, è Roma la prima nella classifica delle province italiane per numero di ditte individuali con titolare ultra settantenne (12.434 imprese, 4,3% del totale Italia), seguita da Napoli (8.404 imprese, 2,9%) e Bari (8.169, 2,9%).
Tra le regioni guidano la Sicilia con 30.530 imprese (10,7% italiano), l’Emilia – Romagna (26.422, 9,2%) e il Veneto (26.209, 9,2%).

Dario Bossi, consigliere della Camera di Commercio di Milano, ha dichiarato: “Le imprese sono una vera ricchezza del territorio. A partire dalle imprese di famiglia che durano diverse generazioni e che caratterizzano il tessuto economico milanese ma anche lombardo e nazionale. Questo premio è un riconoscimento a questo valore. L’economia milanese che guarda all’innovazione e al futuro ha infatti radici solide nella tradizione”.

Ha poi aggiunto Gian Luca Brambilla, consigliere della CdC di Monza e Brianza: “La continuità generazionale é un tema condiviso e diffuso, perché rappresenta un valore per l’intero sistema economico e sociale, garantendo all’impresa di resistere e adattarsi nel tempo. Infatti il passaggio generazionale significa anche cambiamento in quanto spesso i figli, in particolare le nuove generazioni, riescono a introdurre innovazioni nell’impresa e contribuiscono al consolidamento dell’azienda”.

Vera MORETTI

L’Italia è un paese per vecchi (imprenditori)?

Secondo una ricerca presentata da Unioncamere durante lo scorso Meeting di Rimini, sembrerebbero diminuire gli imprenditori “under 30” a fronte di un aumento degli “over 70” alla testa delle imprese italiane.

Si alza l’età media della popolazione, così genitori e nonni restano in sella dell’azienda di famiglia più a lungo, i tempi di uscita dall’università si allungano e trovare un imprenditore con meno di trent’anni è diventato più difficile. A distanza di otto anni (tra la fine di giugno del 2002 e la fine dello stesso mese di quest’anno) mancano, infatti, 65.358 nomi all’appello dei titolari di imprese individuali con meno di trent’anni, iscritti nei registri delle Camere di commercio italiane. Una riduzione pari al 23,5% dello stock di tutti i giovani imprenditori al di sotto di questa soglia di età, e che è responsabile del 90% della diminuzione complessiva di imprese individuali (75.529) avvenuta in Italia nel periodo considerato. Gli imprenditori “junior” sono oggi il 6,3% del totale (otto anni fa erano l’8,1), mentre la quota dei “senior” è salita al 9,2% (erano l’8,5 nel 2002).

“L’invecchiamento della società italiana sembra specchiarsi nella struttura portante della nostra economia, quei 3 milioni e mezzo di piccole imprese individuali, la maggior parte artigiane, che tengono insieme i fili del nostro tessuto imprenditoriale”. Ha commentato così questi dati il Presidente di Unioncamere, Ferruccio Dardanello.

“E’ un quadro – ha detto Dardanello – che desta preoccupazione, perché si ritarda l’ingresso nel mercato di tante energie nuove, quelle che scaturiscono dalle menti più giovani e, anche per questo, potenzialmente più ricche di immaginazione. Quell’immaginazione che, assieme alla competenza, è la materia prima del Made in Italy, dunque un bene preziosissimo che non va sprecato. L’imprenditorialità è un talento che va invece coltivato fin dall’esperienza scolastica, favorendo la conoscenza e lo studio dei meccanismi di mercato e valorizzando le idee innovative dei giovani attraverso una contaminazione precoce con l’esperienza aziendale”.

La diagnosi d’invecchiamento della classe imprenditoriale italiana viene confermata, all’estremo opposto della scala anagrafica, dal significativo aumento dei titolari “over 70”, cresciuti nel periodo preso in esame di 16.481 unità (pari ad una crescita del 5,2% nel periodo). In termini relativi, in questi ultimi otto anni il peso percentuale dei giovani imprenditori sul totale è passato dall’8,1 al 6,3%, mentre quello degli ultrasettantenni è lievitato dall’8,5 al 9,2%.

Osservando le altre due fasce di età prese in considerazione dall’analisi (quelle fra i 30 e i 49 e fra i 50 e i 69 anni), emerge chiaramente come l’unica ad espandersi sia stata la prima (28.856 unità, pari ad una crescita dell’1,8%), mentre per la seconda si registra una diminuzione di 52.508 unità (corrispondenti ad una riduzione del 4,3% rispetto all’inizio del periodo).