Guadagnare con Twitch: serve partita IVA?

Oggi andremo a vedere come si può guadagnare con il social Twitch e se serve partita IVA per poter istituire il guadagno.

Twitch, di cosa si tratta e come funziona

Partiamo col dire che la piattaforma di live streaming di Twitch fu progettata per essere uno spazio per i tornei sportivi di eSports, sessioni di videogiochi fatte da videogiocatori professionisti o amatoriali e i talk show relativi ai giochi. Dunque, successivamente, la piattaforma, nel giro di pochissimi anni (praticamente è nata nel 2011) è diventata spazio di dibattito e trasmissioni live di svariato contenuto, compresi soprattutto cinema e serie TV.

Inizialmente il costo di abbonamento alla piattaforma era di 4,99 euro al mese, successivamente il costo degli abbonamenti su Twitch subisce un calo di prezzo del 20%, passando, dunque, dai classici 4,99 euro agli attuali 3,99 euro. Per ottenere Twitch Prime è necessario iscriversi ad Amazon Prime. Di fatto, Twitch è uno spazio di proprietà di Amazon. Quanto all’abbonamento di Amazon che per 36 euro annuali o 3,99 euro mensili con 30 giorni di prova gratuita permette di usufruire di consegne gratuite in un giorno su tantissimi prodotti.

Come si può guadagnare su Twitch

La domanda più lecita della questione è come è possibile guadagnare soldi su Twitch? Scopriamolo assieme in poche righe.

Partiamo subito dal presupposto, non da poco che per guadagnare soldi, gli streamer hanno a disposizione diversi meccanismi che gli permettono di guadagnare. Cose come abbonamenti, bit (moneta virtuale di twitch), sponsorizzazioni, donazioni, programmi di affiliazione, merchandise ed entrate pubblicitarie.

Un vasto campionario dunque da poter e saper gestire, per provare a trarre profitto dalle proprie capacità di condivisione e dai propri contenuti.

Quanto si guadagna con gli abbonamenti Twitch?

Gli affiliati che ottengono (e richiedono) la partnership, possono guadagnare una quota pari al 5% dei ricavi degli acquisti che hanno origine dalle pagine dei propri canali. Tramite gli acquisti, gli spettatori non solo contribuiscono a sostenere gli affiliati, ma vengono anche ricompensati con uno Scrigno Twitch per ogni acquisto di almeno 4,99 dollari.

Per poter attivare un abbonamento, occorre collegarsi alla pagina principale di Twitch, fare clic sulla propria foto, in alto a destra, e selezionare l’opzione Dashboard autore dal menu apertosi. Nella nuova schermata visualizzata, premere, quindi, sulle opzioni Impostazioni e Affiliato e individuare la sezione Abbonamenti.

Occorre aprire partita IVA per guadagnare su Twitch?

Ora, veniamo al nocciolo della questione, se sia necessario o meno aprire una partita IVA per i propri guadagni sulla piattaforma.
Sostanzialmente, quando si inizia a guadagnare come “libero professionista”, è sempre necessario aprire una partita IVA per dichiarare i propri incrementi. Possiamo ben dire che se i guadagni saranno continuativi sarà necessario aprire una partita IVA.

Sebbene, l’Istat non fornisca alcun Codice Ateco specifico per le attività da lei effettuate. Pertanto, si deve trovare quello che più si avvicina tra quelli ad oggi disponibili.

Youtuber

Per quanto riguarda l’attività svolta su Youtube, essa può essere inquadrata con il seguente Codice Ateco:
73.11.02 – Conduzione di campagne di marketing e altri servizi pubblicitari
Che comprende le attività di:
– conduzione di campagne pubblicitarie: collocazione di pubblicità in giornali, periodici, radio, televisioni, internet ed altri mezzi di comunicazione
– conduzione di campagne di marketing ed altri servizi pubblicitari mirati ad attirare e ad assicurare la fedeltà dei clienti
– promozione dei prodotti
– realizzazione di pubblicità aerea
– distribuzione o consegna di materiale pubblicitario o di campioni
– consulenza sulla disposizione dei prodotti all’interno del punto vendita
– realizzazione di pubblicità postale

Streamer

Invece, quanto all’attività di produzione di video streaming potrebbe essere inquadrata con uno dei seguenti Codici Ateco:
59.11.00 – Attività di produzione cinematografica, di video e di programmi televisivi
Che comprende attività di:
– produzione di film, video, programmi televisivi o spot pubblicitari per la TV

Alla fine della fiera, comunque, si dovrà decidere come impostare la propria attività. Le principali differenze tra classificarsi come un libero professionista in Gestione Separata e una ditta individuale iscritta in Camera di Commercio sono:

  • I costi di apertura;
  • La contribuzione alla quali si è soggetti. Difatti in Gestione Separata si paga una percentuale del 25,72% sul reddito ma non sono previsti fissi annuali. La gestione Artigiani e Commercianti prevede, invece, un fisso annuale di € 3.800 fino ad un reddito di 15.878 euro, oltre il quale si dovrà anche il 24% sull’eccedenza.

Oltre ai contributi, l’uso del Regime forfettario prevede il pagamento dell’imposta sostitutiva al 15% che può essere ridotta al 5% per i primi 5 anni di attività se si rispettano le condizioni che può trovare illustrate nel seguente articolo: Regime forfettario 5%.

Questo, dunque, è quanto vi fosse di più utile e necessario sulla possibilità e necessità di apertura di una partita IVA, in merito ai propri guadagni su Twitch.

 

Severini: “Pubblicità più accessibile non significa marketing migliore”

Dopo le intervista a Massimo Giordani, vicepresidente AISM, e Nevio Ronconi, presidente di Federpubblicità-Confesercenti, continua il nostro approfondimento sul connubio tra imprese e nuovi Social Media con l’intervista a Valeria Severini, consigliera di Assintel attiva nel gruppo AssintelDigitale dedicato al mondo della nuova impresa digitale e CEO di Freedata Labs. Assintel, ormai da anni, è tra le maggiori associazioni del mercato ICT, interlocutore e catalizzatore per le imprese dell’Information & Communication Technology italiana e punto di riferimento per quasi 800mila aziende appartenenti a Confcommercio.

Dott.ssa Severini, finalmente è sbarcata in Italia Twitter Advertising, la piattaforma dedicata alle Piccole e Medie Imprese che permette di farsi pubblicità in 140 caratteri, com’è cambiato il rapporto delle aziende con la pubblicità nell’era dei Social Network?
E’ un fatto che la pubblicità ora è molto più accessibile: con poche centinaia di euro è possibile ottenere visibilità su google, facebook e ora su twitter, sono poche le aziende che li usano in modo autonomo perché non sanno come fare e pensano che siano strumenti complicati o costosi. E in effetti usarli bene non è difficile ma implica conoscenza strategica e specifica del mondo digitale.

Nuovi orizzonti di marketing e un bacino di utenti pressoché infinito, nonostante i social rappresentino già una realtà nel mondo dell’advertising, le imprese italiane non sembrano adeguatamente preparate…
E’ vero che chiunque può spendere anche solo 100 euro per promuovere se stesso, e questa sembra essere una grande “democratizzazione” degli strumenti di advertising. Quello che non risulta facile agli imprenditori è decidere se, come e quando utilizzare questi strumenti in relazione al raggiungimento di obiettivi specifici. Twitter advertising non fa eccezione a questo. Non c’è, in Italia, sufficiente cultura digitale: tanti clienti ancora ci chiedono idee virali, sperando che possano generare visibilità e vendite senza spendere soldi in ADV… Il ruolo del consulente marketing è molto importante per inquadrare correttamente gli strumenti in base agli obiettivi. E’ chiaro che un messaggio forte, bello, divertente, potenzialmente virale diventa memorabile e consente di ottenere il massimo dal proprio investimento in ADV ma il messaggio pubblicitario che “da solo” diventa virale è un mito da sfatare.

Quanto saranno importanti le relazioni con i Social Network nel complesso processo di modernizzazione delle nostre pmi?
Sono certamente importanti nella misura in cui aiutano gli imprenditori ad informarsi, ad allargare i propri orizzonti, ad entrare in contatto con persone influenti magari all’estero. Trasformare tutto questo in ulteriori opportunità di business e trasformare la propria azienda in una Social Company implica decisioni strategiche che hanno impatto sull’organizzazione interna, sui processi che hanno un costo nella fase di implementazione. I Social Network sono certo una grande opportunità: se i clienti stanno sui Social le aziende devono trovare il modo di interagire con loro anche nei Social in modo pertinente e rilevante. Questo implica un cambiamento che non è facile né gratuito, è un cambiamento che va guidato. Quel che è certo è che i Social Network con modalità e tempi diversi nei vari settori implicano anche cambiamenti nel modello di business delle aziende: cambiamento che le aziende possono decidere di guidare o subirne le conseguenze competitive negative. Chi lo subisce, rischia di perdere competitività.

Jacopo MARCHESANO

Ronconi: “La pubblicità ai tempi dei social network…”

“I social consentono sia il raggiungimento di un numero enorme di utenti sia una selezione ben mirata del pubblico da un punto di vista degli interessi e dal punto di vista delle aree territoriali che si vogliono raggiungere”. Ne è convinto Nevio Ronconi, presidente di Federpubblicità-Confesercenti, che abbiamo incontrato oggi per una breve chiacchiera sulla trasformazione della pubblicità ai tempi dei social network. Dopo l’intervista di ieri a Massimo Giordani, vicepresidente AISM, continua il nostro approfondimento sulle possibilità delle Pmi di sfruttare i nuovi social media.

Dott. Ronconi, finalmente è sbarcata in Italia Twitter Advertising, la piattaforma dedicata alle Piccole e Medie Imprese che permette di farsi pubblicità in 140 caratteri, com’è cambiato il rapporto delle aziende con la pubblicità nell’era dei social network?
La pubblicità intesa tradizionalmente è cambiata totalmente. I social network hanno rovesciato i parametri. La pubblicità prima era autoreferenzialità, oggi la comunicazione deve lavorare sulla buona reputazione riconosciuta dall’utenza.Ogni azione pubblicitaria, sia quando utilizza mezzi tradizionali sia quando utilizza la comunicazione on line, deve tener conto di un articolato e virtuoso mix di mezzi e di contenuti credibili perché verificabili.

Nuovi orizzonti di marketing e un bacino di utenti pressoché infinito, nonostante i social rappresentino già una realtà nel mondo dell’advertising, le imprese italiane non sembrano adeguatamente preparate…
No, le imprese italiane non sono preparate. Ma le Agenzie di comunicazione sì. Buoni consulenti di comunicazione possono risolvere problemi grandi alle imprese. I social tra l’altro consentono sì il raggiungimento di un numero enorme di utenti, ma soprattutto consentono la selezione ben mirata del pubblico da un punto di vista degli interessi e dal punto di vista delle aree territoriali che si vogliono raggiungere.

Quanto saranno importanti le relazioni con i social network nel complesso processo di modernizzazione delle nostre pmi?
Sono fondamentali. Ma la comunicazione online riserva sempre delle sorprese e gli sviluppi possono prendere anche strade nuove. Ma l’importante è avere una buona base strategica della comunicazione. Dei contenuti veri e originali da diffondere. I social da soli non risolvono i problemi. Una volta si diceva: “se non c’è un buon prodotto, la pubblicità ne accelera la fine”. Oggi si può dire: “se non c’è un buon prodotto, una buona reputazione e contenuti sinceri, i Social ti distruggono”

Jacopo MARCHESANO