Imprese in Italia, le priorità su cui deve lavorare il governo

Imprese in Italia sempre più in difficoltà per colpa del caro bollette e dell’inflazione. Ma cosa dovrebbe fare il nuovo Governo per salvare la situazione?

Imprese in Italia, le associazioni di categoria

Le imprese italiane sono in grave difficoltà. Ad eccezione di quelle che si occupano di energia, le altre non stanno passando un buon periodo. Dall’alimentare al settore alberghiero occorre fare qualcosa al più presto. Inoltre l’inflazione ormai ha superato l’8% e le bollette, soprattutto per i ristoratori, equivalgono alla chiusura dell’attività. La situazione deve essere recuperata prima che l’Italia finisca in una situazione di recessione.

Ma cosa dovrebbe fare il Governo per aiutare le imprese? Il nuovo Governo si troverà in una situazione di forte crisi. Tuttavia la Meloni sembra essere pronta ad ascoltare le varie proposte. Un primo passo potrebbe essere quello di ascoltare le associazioni a protezione dei lavoratori. Una politica di defiscalizzazione sulla busta paga oppure la non tassazione anche della tredicesima, potrebbero essere dei piccoli aiuti per i lavoratori in questo periodo così difficile.

Imprese in Italia, cosa chiedono al Governo?

Un altro passo da fare potrebbe essere quello di dare avvio alle grandi opere. Ci sono tanti cantieri che devono essere aperti. Ma sono anche tantissimi posti di lavoro e tante famiglie che possono avere uno stipendio. Ma molte di queste opere servono proprio alle  imprese che possono avere più velocemente i loro prodotti, le consegne, le spedizioni anche in un’ottica delle esportazioni. Un volano, quelle delle infrastrutture e delle strade, che deve essere il segnale della crescita di un paese.

Altro elemento che il Governo deve valutare è potenziare i rapporti con l’estero. “L’Italia deve prendersi la crescita di altri Paesi e portarsela in Italia“, afferma Folgiero della Fincantieri. Secondo lui, l’Italia è molto brava nelle produzioni, ma deve essere aiutata nelle esportazioni e nell’internazionalizzazione. Sembra proprio che per vincere all’estero occorre una forte struttura di supporto, che attualmente il nostro Paese non ha.

L’importanza del Piano nazionale di ripresa e resilienza

La strada tracciata dal Pnrr sembra quella giusta. Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza è il piano approvato nel 2021 dall’Italia per rilanciarne l’economia dopo la pandemia di COVID-19. Al fine di permettere lo sviluppo verde e digitale del Paese. E’ su questi settore che l’Italia deve puntare. Il futuro è digitale, la tecnologia, devono essere punti di forza.

Ed il Governo deve puntare proprio alla formazione dei giovani, alla crescita delle imprese con strumenti che permettano di investire in questi settori. Infine deve lavorare per rendere il nostro Paese indipendente dal punto di vista energetico. L’Italia deve ripartire se vuole davvero essere parte degli scenari internazionali.

Più di 6 milioni di imprese, il 10% controllate da stranieri

Sono più di 6 milioni le imprese in Italia. Precisamente  6.061.960, di cui 497.080 controllate da persone nate all’estero. «Le imprese individuali superano la metà del totale – si legge in una nota dal Rapporto immigrazione e imprenditoria 2014 (edizioni Idos), che verrà presentato giovedì 10 luglio, all’Auditorium di via Rieti, a Roma- tra quelle controllate dagli autoctoni (51,9%) e arrivano all’80,6% (oltre 400mila) tra gli immigrati, che però si stanno aprendo in misura crescente anche a forme di impresa più complesse, come le società di capitali. In ogni modo, gli imprenditori nati all’estero sono riusciti a mantenere un significativo dinamismo imprenditoriale anche in questi anni di crisi, compensando la tendenziale diminuzione delle imprese guidate dagli italiani». 

«Nel 2013, mentre per le imprese italiane il segno – continua la nota – è stato uniformemente negativo (-0,9% a livello nazionale), quelle che fanno capo a lavoratori immigrati hanno registrato un andamento positivo (mediamente del 4,1%) che induce a confidare sulla possibilità di un loro ulteriore supporto al sistema economico-produttivo italiano come anche allo sviluppo dei Paesi di origine».

JM

Imprese al Sud più numerose di quelle del Nord

Anche se la crisi si è fatta sentire pesantemente in tutto lo Stivale, una buona notizia, che riguarda le imprese e il loro bilancio relativo al 2013, forse c’è.

A fronte delle 1.053 imprese sorte ogni giorno in Italia durante l’anno scorso, contro le 1.018 costrette, invece, a chiudere i battenti, è stato rilevato che la maggior parte di esse sono nate nelle regioni meridionali.

Unioncamere, a questo proposito, ha reso noto che nel 2013 il numero delle imprese nate ha superato il novero di quelle cessate, 384.483 contro 371.802, producendo un saldo positivo dello 0,2%, che comunque rimane il più basso dall’inizio della crisi.

Ciò che rimane evidente è la presenza sempre più massiccia di imprese al Sud, con buona pace del produttivo Nord-Est, da sempre locomotiva dell’economia e dell’industria italiane, ma ora in affanno.

Nel Mezzogiorno sono andate particolarmente bene le imprese che operano nel commercio, nell’alloggio e nella ristorazione, ma anche nei servizi per le imprese.
Male invece l’agricoltura , che ha visto ben 30mila imprese del settore chiudere definitivamente.

Guardando la situazione nel dettaglio, si capisce che la situazione non è certo rosea, poiché risale al 2010 un tasso di crescita delle imprese superiore all’1%, nonostante le tipologie di appartenenza presentino dati a volte completamente diversi.

Complessivamente la bilancia tra crescita e decrescita è equilibrata: esattamente il 50% delle regioni italiane ha un tasso di crescita positivo, mentre le restanti 10 ravvisano un trend negativo.
Quello che stupisce maggiormente però non sono tanto le percentuali, quanto i cambiamenti in atto nelle singole aree geografiche, e il caso del nord est è certamente il più eclatante.

In questo caso, i numeri sono eclatanti: nel territorio da sempre considerato il più fecondo, almeno nei confini nazionali, nel 2013 sono state chiuse 77.835 aziende, contro 70.000 nuove attività aperte, registrando il maggior tasso di decrescita del paese, -0,54%, in particolare in Veneto e Friuli Venezia Giulia, anche rispetto al 2012, dove ci si era attestati intorno allo -0,41%.

Passando alle singole regioni, la metà “in crescita” del paese non sembra più rispecchiare dunque la tradizionale dicotomia nord-sud. Piemonte, Liguria, Emilia Romagna, Veneto, Friuli Venezia Giulia e il fanalino di coda la Valle d’Aosta, sono cresciute di meno rispetto a Sardegna, Abruzzo, Marche e Basilicata.
La Campania è al secondo posto, con un tasso di crescita che si avvicina all’1%, superando la Lombardia e persino il Trentino alto Adige, all’ottavo posto in classifica.

Le note positive che arrivano dal sud si odono inoltre ancora di più osservando la situazione dal punto di vista delle società di capitale.
Qui le prime otto posizioni sono occupate da regioni meridionali, prime fra tutte la Basilicata, il Molise e la Calabria; per incontrare la prima regione del nord bisogna scendere al dodicesimo posto con il Trentino Alto Adige, con un di tasso di crescita annuo equivalente alle metà di quello della Basilicata.

Secondo dati forniti dal rapporto della Banca d’Italia, a livello regionale il sistema degli interventi per l’innovazione si caratterizza per una estrema frammentazione delle iniziative.
Secondo i dati del Ministero dello sviluppo economico, nei vari governi che si sono alternati dal 2006 al 2011, oltre l’85 per cento delle misure economiche nel settore dell’innovazione si è concentrato al Centro-Nord, provocando un maggior ricorso ai Fondi strutturali europei da parte delle regioni meridionali.

Ciò che colpisce maggiormente è ancora una volta la coda della classifica. Sette su dieci delle ultime posizioni sono occupate da province del Nord Italia, e tra queste alcune di quelle storicamente più produttive, come Belluno, che ha visto nell’ultimo cinquantennio nascere l’industria dell’occhiale. Oppure come la roccaforte dell’industria romagnola di Forlì-Cesena é precipitata alla penultimo posto.

Vera MORETTI