Imprese straniere sempre in crescita in tutta Italia

Le imprese straniere sono in continua ascesa, tanto che nel 2017 hanno rappresentato il 42% del totale di quelle registrate, dimostrando una crescita pari a cinque volte in più della media.
Grazie a questi numeri, hanno raggiunto, su territorio nazionale, le 590mila unità, pari al 9,6% totale.

Nell’anno appena trascorso, il loro numero è incrementato di 19.197 unità, risultato a saldo tra 57.657 aperture e 38.460 chiusure, corrispondente ad un tasso di crescita del 3,4% (contro lo 0,75% fatto registrare dall’intera base imprenditoriale italiana).

I dati sono stati presi direttamente dal Registro delle Imprese delle Camere di Commercio, e utilizzati per l’indagine condotta da Unioncamere-Infocamere relativa alla presenza in Italia di imprese guidate da persone nate all’estero.

Ci sono ovviamente alcune regioni in cui la presenza delle imprese straniere è più massiccia e in gradi di salvare il bilancio regionale, che altrimenti sarebbe negativo. Si tratta di Toscana, Veneto, Liguria e Marche, e altre, come Piemonte ed Emilia Romagna, che magari non avrebbero un saldo negativo ma sicuramente grazie alle imprese straniere sono riuscite a contenere la forte contrazione di quelle autoctone.

Il settore in cui le imprese condotte da stranieri sono più presenti sono quelle del commercio al dettaglio (circa 162mila imprese, il 19% di tutte le aziende del settore), seguito dai lavori di costruzione specializzati (109mila, il 21% del totale) e dai servizi di ristorazione (poco più di 43mila unità, pari all’11% dell’intero comparto).

Considerando i numeri, però, l’attività in cui si nota la maggiore concentrazione di imprese straniere è quella delle telecomunicazioni, dove le 3.627 aziende a guida straniera rappresentano il 33.6% degli operatori del settore.
C’è poi il settore della confezione di articoli di abbigliamento, in cui le 16.141 realtà guidate da stranieri pesano per il 30% sul totale del comparto.

Dal punto di vista geografico, la regione con il maggior numero di imprenditori stranieri è ancora la Lombardia, con 114mila unità, seguita a lunga distanza dal Lazio (77mila) e dalla Toscana (55mila).
Il maggior tasso di crescita per il 2017 si è registrato in Campania (+6,1% in regione, +9,6 a Napoli) seguita dalle Marche (+4,5% nel complesso e +8,8% a Macerata) e dal Lazio (+4,3%).

La provincia con la maggior concentrazione di imprese straniere è invece Prato, dove il 27,8% delle imprese è a guida straniera. A oltre dieci punti di distanza seguono Trieste (16%) e Firenze (15,8%).

Vera MORETTI

Imprese condotte da stranieri in continuo aumento

Il Rapporto Immigrazione e Imprenditoria, curato dal Centro Studi e Ricerche Idos, ha confermato quanto già vediamo con i nostri occhi: le aziende condotte da immigrati sono in continua crescita, tanto da aver dimostrato di reggere anche durante gli anni della crisi.

La differenza sembra piuttosto netta, poiché, se nel 2016 le imprese condotte da lavoratori italiani hanno registrato una situazione pressoché statica, con una variazione di -0,1%, quelle straniere sono a +3,7%, che negli ultimi cinque anni diventa +25,8%.

Gli immigrati, dunque, appartengono sempre di più al nostro sistema economico e produttivo, dimostrando una dinamicità fuori dal comune, ed offrendo opportunità e scenari che quelle italiane, ad oggi, faticano a proporre.

Parlando di numeri, alla fine del 2016 erano 571.255 le attività indipendenti condotte da lavoratori immigrati, pari a quasi un decimo di tutte le aziende del Paese (9,4%).
Questo bilancio rimane in positivo nonostante le imprese straniere siano maggiormente coinvolte anche nelle cessazioni: il peso delle imprese immigrate sale a un sesto del totale se si stringe l’attenzione su quelle avviate nel corso dell’anno (16,8%), mentre scende a circa un ottavo se ci si focalizza su quelle che nello stesso lasso di tempo hanno smesso di funzionare (12,0%).

Questo accade perché gli stranieri sono più propensi a vedere nell’imprenditoria, e quindi nel lavoro autonomo, una seria opportunità di inserimento nel mondo lavorativo.
I cittadini immigrati, quando scelgono la strada dell’imprenditoria, optano per la forma della ditta individuale (79,3%), che rimane la più semplice e meno onerosa per iniziare a lavorare in proprio.

Anche se stanno nel frattempo aumentando anche quelle più complesse e strutturate come le società a responsabilità limitata semplificata, ma soprattutto le società di capitale, che registrano infatti gli incrementi maggiori (+59,9% dal 2011 e +10,6% nel solo 2016.

Queste imprese si trovano soprattutto nelle regioni centro-settentrionali, nei tre quarti dei casi: Lombardia (19,3%) e Lazio (13,0%), e al loro interno Roma (11,4%) e Milano (9,1%), si distinguono come i territori che ne contano il maggior numero.
I casi di aumento maggiori si registrano oggi nelle aree meridionali, come Napoli, Reggio Calabria e Palermo.

La maggior parte degli imprenditori stranieri sono di origine marocchina (14,5% di tutti gli immigrati responsabili di ditte individuali in Italia) e cinese (11,4%), rispettivamente concentrati nel commercio i primi e distribuiti tra commercio, manifattura e servizi di alloggio e ristorazione i secondi.
Dopo di loro, notevole presenza romena (10,6%) e albanese (6,9%), entrambe segnate da una preponderante concentrazione nelle costruzioni e in crescita nei servizi. Seguono i piccoli imprenditori del Bangladesh, protagonisti di una crescita eccezionale dal 2008 a oggi, che li ha portati ad aumentare di oltre 4 volte (+332,0%), e a rivolgere le proprie attività, che pure restano concentrate per il 66,1% nel commercio, verso una crescente partecipazione al comparto dei servizi alle imprese (17,8% e +924,6%).

Vera MORETTI

Imprese straniere in continuo aumento

Le imprese nate in Italia ma condotte da stranieri sembrano non conoscere crisi, tanto che, a fine 2016, le imprese straniere hanno raggiunto quota 571mila unità, con una crescita del 25,8% a partire dal 2011.

Confrontandola con la performance delle imprese italiane, si nota come queste ultime siano in maggiore affanno, tanto che, nello stesso periodo, sono calate del 2,7%, come ha confermato un’indagine condotta dall’Osservatorio Confesercenti e da Istat.

Questo exploit riguarda tutto il territorio nazionale, anche se ovviamente è particolarmente diffuso nelle metropoli e nelle città d’arte. Oltre un quinto degli imprenditori non italiani (il 22,5%) si concentra in soli sette centri urbani: Roma, Milano, Napoli, Palermo, Bologna, Firenze e Torino, con la città eterna capitale indiscussa, con oltre 48.413 attività non italiane, cresciute del 165% negli ultimi sei anni. Seguono Milano (33.496) e Torino (16.660). Ma a registrare tasso maggiore di stranieri è Firenze, con 7.684 imprese, il 17,3% del totale.

I settori maggiormente battuti sono il commercio all’ingrosso e al dettaglio, con un totale di 206.767 imprese straniere, seguito dall’Edilizia (130.567 imprese) e da Alloggio e ristorazione (43.683).
Tra le attività specifiche più gettonate dagli stranieri, il commercio su area pubblica è al primo posto: gli ambulanti nati fuori dall’Italia sono circa 107.300, il 53,5% del totale. E nei centri urbani la quota è ancora maggiore: nella città di Milano si arriva addirittura all’82,0% e a Palermo all’80,6%.
Grandi numeri di imprese straniere anche nella ristorazione e nel servizio bar, dove sono quasi 30mila, e nel food take away, che vede attive circa 9.300 imprese non italiane tra kebab e altri servizi d’asporto, poco di meno delle 9.700 attività di pulizia straniere attive in Italia.

Anche i minimarket sono ormai molto diffusi tra le imprese straniere, con maggior concentrazione a Bologna, Genova e Milano, dove gli empori condotti da non italiani, e in questo caso soprattutto cinesi, sono il 36,3%.

Ma da dove provengono questi imprenditori? In primis dal Bangladesh, con addirittura un quarto del totale, 22,7%, seguito da Romania (8,0%), Pakistan (6,2%), Cina (5,5%) e India (5,0%).

Mauro Bussoni, Segretario Generale Confesercenti, ha dichiarato in proposito: “La performance dalle imprese straniere è talmente notevole da essere ai limiti della credibilità, soprattutto se si considera che il periodo analizzato è stato caratterizzato dalla più grande crisi economica vissuta dal Paese negli ultimi 70 anni. “imane però il dubbio che molte di queste attività pratichino forme di concorrenza sleale. Un dubbio corroborato non solo dalle segnalazioni delle altre imprese, che ci arrivano in continuazione, ma anche dai dati fiscali. Nel commercio ambulante, ad esempio, risultano conosciute al fisco solo 60mila delle oltre 193mila imprese iscritte ai registri camerali. Qualche perplessità solleva anche l’elevato livello di turnover, ovvero il rapporto tra aperture e chiusure, che caratterizza le imprese straniere. Mediamente è il 24%, il doppio di quello delle attività italiane. In alcuni settori del commercio e dei servizi è poi ancora più elevato: è il caso dei centri benessere, in cui aperture e chiusure in un anno sono più della metà delle imprese (54%). Ma ci sono livelli di turnover da spiegare anche per frutta e verdura, ambulanti, autolavaggi, attività di alloggio, ristorazione con asporto, bar, lavanderie, barbieri e parrucchieri. Generalizzare è sempre sbagliato, ma di fronte a tante e tali evidenze sarebbe necessario procedere ad un piano di controllo accurato dei settori che, dati alla mano, appaiono più a rischio di irregolarità. Altrimenti si rischia di dare un via libera di fatto a fenomeni di concorrenza sleale”.

Vera MORETTI

Stranieri, che boom per l’economia italiana

Gli stranieri stanno aiutando il tessuto produttivo dell’Italia a non collassare. Secondo quanto emerge da un’elaborazione della Camera di Commercio di Milano su dati del registro imprese al terzo trimestre 2015, lo scorso anno in Italia. In Italia c’è stato un saldo negativo di 10mila imprese, -0,2%. Sono 35mila quelle in meno degli italiani, -0,7%, compensate dalle +25mila degli stranieri.

In quattro anni gli stranieri hanno attivato 79mila imprese in più e hanno bilanciato la perdita di imprese che si è fermata al -2,6%, anche se le imprese di italiani hanno fatto segnare un -4,4%. A Roma le imprese sono cresciute dell’1% in un anno, 3.500 in più delle quali ben 2.900 aperte da stranieri. A Napoli la crescita è stata dell’1,6%, +3.600 imprese e 3.300 di stranieri.

La Camera di commercio di Milano ha naturalmente fissato la propria attenzione sull’andamento delle imprese di italiani e di stranieri in Lombardia, in città e nelle province lombarde. Ha scoperto che in quattro anni in Lombardia le imprese hanno tenuto, grazie agli stranieri che hanno creato 16mila imprese in più, +21%. Se fosse per gli imprenditori italiani le imprese sarebbero 30mila in meno, -4,1%. Le imprese straniere contengono il calo a un -1,7%.

Anche nell’ultimo anno il trend è confermato, con 5mila imprese straniere in più in regione che hanno controbilanciato le 4mila italiane in meno e hanno fatto chiudere la regione col dato positivo di 1000 in più. Si è attestata a +0,2% la crescita delle imprese lombarde, grazie al +6,1% degli stranieri, altrimenti ci sarebbe stato un -0,6%.

Milano, Monza, Bergamo e Varese hanno avuto i maggiori benefici nel 2015 dal saldo italiani-stranieri: a Milano la crescita degli italiani del +0,4% è diventata un aumento dell’1,6%, a Monza il calo italiano di -0,3% è diventato un +0,4%, Bergamo ha chiuso in parità anziché calare del -0,8%, Varese è rimasta stabile invece di perdere lo 0,6%.

Secondo l’indagine della Camera di commercio, effettuata a fine 2015 su circa 400 imprenditori, gli stranieri sono apprezzati nelle imprese e circa 1 su 2 ha addetti nati all’estero. Scelti per la maggiore disponibilità e adattabilità, sono aiutati dalle imprese per la documentazione, per l’inserimento sociale, perché nei titolari e nei colleghi trovano un amico e perché riconoscono le loro feste. Si integrano meglio gli europei, soprattutto dell’Est, e i sudamericani, gli africani, i nord americani, gli asiatici e infine gli arabi.

In ascesa le imprese femminili straniere in Italia

Le percentuali parlano chiaro: le imprese femminili straniere sono cresciute del 20% in quattro anni, con picchi a Roma, dove si contano 10mila imprese condotte da donne, a Milano, dove sono 8mila, e a Torino, 5mila.
La Lombardia, comunque, si dimostra molto attiva, con Bergamo, Brescia, Varese e Mantova in pole position, ovviamente dietro il capoluogo meneghino.

Esaminando i dati nel dettaglio, inoltre, emerge che sono in costante aumento, tanto da essere arrivate ad oggi a 109mila attività e 6mila in più rispetto al 2014, corrispondente al 6%, che diventa 20% considerando gli ultimi quattro anni.

Le più numerose sono le cinesi (21 mila), le rumene (9 mila), le marocchine (7mila), le nigeriane (5 mila), pari alle svizzere (5 mila), seguite dalle tedesche (oltre 4 mila).

Più numerose a Roma (10 mila), Milano (8 mila), Torino (5 mila), Firenze (4 mila), Napoli, Prato (3 mila) e Brescia (oltre 2 mila).
Crescono più velocemente in quattro anni a Reggio Calabria (da 600 a oltre 800, +50%), Ferrara (da 400 a 600, +40%), Ravenna (da 500 a oltre 600, +40%).
Tra le prime anche Napoli (da circa 2 mila a circa 3 mila imprese, + 35%) e Palermo (da 1000 a 1400, + 34%). In mano a donne sono un quarto delle imprese straniere in Italia.

Questo fenomeno è stato analizzato durante un convegno tenutosi ad Expo nello spazio Women for Expo lunedì 6 luglio, durante il quale si è discusso del ruolo delle donne ed organizzato da United Nations Industrial Development Organization (UNIDO), in cooperazione tra gli altri con Non c’è Pace Senza Giustizia (NPSG), e promosso dalla Camera di commercio attraverso l’azienda speciale Promos per l’internazionalizzazione.

Federica Ortalli, membro di giunta della Camera di commercio di Milano e presidente del Comitato Imprenditoria Femminile, ha dichiarato in proposito: “Le donne hanno un ruolo centrale e sempre crescente nell’economia internazionale. La Camera di commercio con il Comitato sulle imprese femminili è accanto a Women for Expo. La ricchezza di imprese anche di donne straniere in Italia rappresenta un punto di partenza e di confronto anche a livello internazionale”.

Pier Andrea Chevallard, direttore di Promos, azienda speciale della Camera di commercio per l’internazionalizzazione, ha inoltre aggiunto: “Questo appuntamento rappresenta un momento di incontro e riflessione utile anche per il rilancio degli scambi internazionali che trova in Expo un momento importante”.

Vera MORETTI

Effetto Charlie Hebdo sulle imprese

La strage al settimanale parigino Charlie Hebdo non ha sconvolto solo tutto il mondo in generale ma, in Italia, anche il mondo dell’impresa. Dopo i fatti di Parigi e la carneficina a Charlie Hebdo, cresce infatti l’insicurezza tra le imprese italiane, sempre più multietniche. Non si tratta certamente di allarme, ma gli imprenditori di casa nostra qualche domanda cominciano a farsela.

Subito dopo l’attacco a Charlie Hebdo, la Camera di commercio di Milano ha sentito oltre 300 persone nelle imprese e nel mondo lavoro: il risultato del sondaggio è che il 28% di loro si sente molto meno sicuro di prima, il 31% meno sicuro, il 26% sicuro come prima. Gli stranieri sono apprezzati nelle imprese: circa una su due ha addetti nati all’estero. Scelti per motivi culturali e per la maggiore disponibilità.

I lavoratori stranieri sono aiutati dalle imprese per la documentazione, per l’inserimento sociale, perché nei titolari e nei colleghi trovano un amico e perché riconoscono le loro feste. Si integrano meglio gli europei, soprattutto dell’est e i sudamericani. Per chi lavora, in azienda i simboli religiosi vanno tutti tollerati, alla faccia degli assassini di Charlie Hebdo. Per favorire l’integrazione chiedono controllo degli ingressi clandestini, corsi ed esami di lingua e cultura per stranieri, luoghi di aggregazione con i concittadini.

Le rilevazioni della Camera di commercio, effettuate sui dati del registro delle imprese al terzo trimestre 2014 e al 2013, si innestano in un tessuto di imprese straniere che a Milano sono circa 38mila e crescono del +8%. I titolari sono soprattutto egiziani, cinesi, marocchini e rumeni.

Estendendo lo sguardo alla regione, le imprese straniere in Lombardia sono circa 88mila, +5% rispetto al 2013. Milano è prima per presenza straniera, seguita da Brescia (11mila imprenditori, +0,9%), Bergamo (circa 8mila, +3,2%), Varese (6mila, +4,2%), Monza (5.400 circa, +8%). Anche qui, come a Milano, i titolari sono soprattutto egiziani, cinesi, marocchini e rumeni. E cominciano a guardarsi le spalle: perché anche loro sono Charlie Hebdo.

In aumento le imprese condotte da immigrati

Coloro che, arrivati in Italia in cerca di fortuna, sono riusciti ad integrarsi e, addirittura, a creare una propria attività, sono in aumento, tanto da contribuire ampiamente alla nostra economia.

Nel secondo trimestre del 2014, infatti, per quanto riguarda esclusivamente le imprese di immigrati, è tornato a salire il saldo tra iscrizioni e cessazioni, superando le 7mila unità, pari al 44% del saldo complessivo delle imprese individuali nel periodo aprile-giugno (+16.103 unità).

Tra i paesi di provenienza degli imprenditori immigrati extra Ue, il Marocco è in assoluta pole position, con 62.676 titolari, pari al 19,3% di tutti gli imprenditori individuali immigrati operanti alla fine di giugno.
Seguono la Cina (46.136, il 14,2% del totale), l’Albania (30.564, il 9,4%) e il Bangladesh (23.004, il 7,1%).

Gli imprenditori marocchini si occupano soprattutto di commercio e trasporti, tanto da rappresentare, in questi due contesti 31,9 e il 15,8% delle imprese con titolare immigrato.
I cinesi, dal canto loro, sono i primi in classifica in attività manifatturiere (57,9%), alloggio e ristorazione (31,3%) e altre attività di servizi (27,1%), mentre gli albanesi dominano nel settore delle costruzioni (31,6%).
I nati in Bangladesh sono gli imprenditori immigrati più presenti nelle attività di noleggio, agenzie di viaggio e servizi alle imprese (il 24,1% delle imprese di immigrati nel settore) e nei servizi di informazione e comunicazione (16,6%).

La leadership dei marocchini è da ricercarsi anche nella loro lunga presenza sul nostro territorio, tanto da essere i più numerosi tra gli imprenditori extra Ue in 11 regioni su 20, tra le quali spiccano la Calabria (dove sono il 55% di tutte le imprese di immigrati con sede nella regione) e la Valle d’Aosta (dove rappresentano il 35,3% dell’imprenditoria individuale extra Ue).

La Sardegna si segnala per la prevalente presenza di imprenditori originari del Senegal (il 32,6%), il Lazio per quelli del Bangladesh (29,6%), la Toscana per i cinesi, (29,1%) la Liguria per gli albanesi (22,9%), il Friuli Venezia-Giulia per i vicini della Serbia-Montenegro (17,8%), la Lombardia per quelli originari dell’Egitto (15,3%).
Unica regione a registrare la prevalenza di cittadini figli dell’emigrazione nostrana è l’Abruzzo, dove il primo paese di provenienza di imprenditori immigrati è la Svizzera (15,7%).

Vera MORETTI

Boom di imprese cinesi, +6,1% in un anno

 

Che nel nostro Paese le imprese guidate da connazionali siano drasticamente diminuite, a favore di quelle gestite da stranieri, è ormai un dato di fatto, decisamente poco sorprendente come il boom, rilevato in questi giorni dalla Cgia, delle imprese a guida cinese. Le attività condotte da cittadini con gli occhi a mandorla, secondo i numeri provenienti da Mestre, sarebbero 66 mila, in crescita del +6,1% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso.

Degli oltre 708 mila imprenditori stranieri in Italia, il Marocco ne conta il maggior numero: 72.014. Segue staccata di non molto la Romania con poco più di 67.000, e subito dopo la Cina con 66.050. Il 60% circa dei capitani d’impresa stanieri ha la propria base operativa in sole quattro regioni: Lombardia, Toscana, Veneto ed Emilia Romagna.

«Non dobbiamo dimenticare che i migranti cinesi si sono sempre contraddistinti per una forte vocazione all’attività di business – ha ricordato il segretario della Cgia, Giuseppe Bortolussi -. Se l’incidenza degli imprenditori stranieri sul totale dei residenti stranieri presenti in Italia è pari al 14,4%, quelli cinesi rappresentano addirittura il 29,6%. Su oltre 223 mila cinesi residenti in Italia, ben 66 mila guidano un’attività economica».

«Da sempre – ha concluso Bortolussi – le principali aree di provenienza dei migranti cinesi sono le province del Sud Est del paese: Zhejiang, Fujian, Guangdong e Hainan. Per queste persone, la ricerca del successo si trasforma in una specie di debito morale nei confronti della famiglia allargata e degli amici, che da sempre costituiscono un sostegno irrinunciabile per chi vuole emigrare. Non è un caso che nonostante la contrazione registrata nel 2013, l’etnia cinese continui a essere al primo posto nel flusso di rimesse verso il Paese d’origine».

JM

Imprese straniere in aumento in Emilia Romagna

Sono sempre più numerose le imprese straniere attive in Emilia Romagna, che, al 31 marzo 2014, hanno raggiunto quota 42.342, pari al 10,2% del totale.
Nell’ultimo anno sono aumentate di ben 1.164 unità, registrando un aumento percentuale del 2,8%.

Unioncamere ha reso noti questi dati, ricordando che, al contrario, l’insieme delle imprese regionali si è ridotto dell’1,1%.
In Italia l’aumento è stato ancora una volta più rapido (+3,7) e hanno quasi raggiunto quota 456 mila, l’8,9% del totale, a fronte di una diminuzione dello 0,8% del totale delle imprese.

La maggior parte delle imprese straniere presenti su territorio nazionale è composta da ditte individuali, salite di 888 unità (+2,5%), nonostante la crisi ne abbia contenuto l’aumento.
Esse costituiscono l’84,4% del totale e comprendono molte imprese marginali.

La crescita delle società di capitale è stata molto più rapida (+259 unità, +10,8%), sostenuta dall’acquisto di imprese regionali dall’estero e dall’adozione di forme più strutturate sotto la pressione competitiva.

Le società di persone mostrano una crescita limitata (+1,7%), mentre cooperative e consorzi hanno subito una nuova sostanziale riduzione (-5,9).

In Emilia Romagna in particolare, l’incremento delle imprese straniere è avvenuto principalmente nel settore del commercio (+417 unità, +4,1% e dei servizi di alloggio e ristorazione (+254 unità, +7,8), per la quasi totalità realizzato dalla ristorazione.

Aumenti rilevanti si sono avuti anche per le imprese con attività di noleggio, agenzie viaggi e servizi di supporto alle imprese (+151 unità, +10,5%) e delle altre attività di servizi (+9,6%), trainate da quelle dei servizi per la persona (+10,3%).

Nonostante il perdurare della crisi dell’edilizia aumentano anche nel settore costruzioni, che, riguardo alle imprese straniere, riporta una lieve crescita (+0,9%).

Vera MORETTI

Ad Ancona, le imprese parlano straniero

In provincia di Ancona c’è fermento: nel solo mese di dicembre sono nate nella zona ben 34 imprese, metà delle quali condotte da stranieri.

E’ la Cna a dare questa informazione, che ha anche approfondito questi dati andando ad analizzare i settori di appartenenza di queste startup e la loro nazionalità.

Tra le 16 imprese che parlano straniero, sei sono state avviate da imprenditori dell’Est Europa, operanti nei settori edile ed alimentare.
In particolare, sono sempre più diffusi negozi di alimentari che propongono prodotti tipici della Russia, vista la crescente concentrazione di imprenditori provenienti da quella parte d’Europa.

Altre cinque attività, poi, sono state fondate da imprenditori nord africani o del Medio Oriente, i quali si mettono in proprio nel settore alimentare, ma anche nell’edilizia.
Ma ci sono anche molti nordafricani ed arabi che vengono assunti nelle cucine dei ristoranti locali.

Le rimanenti cinque imprese parlano cinese, e si concentrano in particolare a Senigallia, attive nel settore tessile, ma anche edile.

Alla luce delle dinamiche in atto in questo scenario imprenditoriale sempre più multietnico e cosmopolita, la Cna richiama le autorità istituzionali e amministrative, gli enti e gli uffici che interloquiscono e interagiscono con le imprese sul piano delle normative fiscali, previdenziali, nel credito e nella sicurezza, a tenere conto della tendenza in atto, destando particolare riguardo nel favorire una sana, imparziale ed equilibrata inclusione sociale.

A questo propositi, Massimiliano Santini, direttore provinciale Cna, ha dichiarato: “No ai pregiudizi ma sì al rispetto delle regole, che debbono valere per tutti”.

Vera MORETTI