Start up, contributi a fondo perduto di almeno 80mila euro: domande dal 14 luglio

Arriva la conversione in contributi a fondo perduto di quanto le start up innovative abbiano ottenuto sotto forma di finanziamento. Si tratta dunque dei finanziamenti agevolati concessi mediante la misura Smart & Start per investimenti relativi al capitale di rischio. La conversione in contributi a fondo perduto avviene per il 50% di quanto ottenuto in finanziamenti agevolati, con un minimo di importo di 80 mila euro. Le domande potranno essere presentate a partire dal prossimo 14 luglio.

Conversione dei finanziamenti delle start up in contributi a fondo perduto: i riferimenti normativi

La trasformazione dei finanziamenti ottenuti è contenuta nella circolare del direttore del ministero per lo Sviluppo Economico (Mise) numero 253833 dello scorso 4 luglio che modifica la precedente circolare numero 439196 del 16 dicembre 2019. In particolare, il sostegno alle start up innovative può essere richiesto e ottenuto una volta sola a fronte di spese effettuate per il capitale di rischio della start up. Sono previste due formule di agevolazioni: quella richiedibile dagli investitori terzi e quella delle persone fisiche.

Contributi a fondo perduto start up: la misura per gli investitori

Nel caso degli investitori terzi delle start up, la misura della conversione dei finanziamenti in contributi a fondo perduto richiede che l’investimento sia stato fatto da un solo investitore. Inoltre, l’investimento deve essere:

  • in equity;
  • realizzato nel termine dei 5 anni a decorrere dalla data nella quale siano stati concessi gli incentivi.

Incentivi ai soci di start up: i requisiti richiesti dalla misura

Nel caso in cui gli investitori sono i soci persone fisiche della start up, l’investimento deve essere stato realizzato mediante l’apporto di conferimenti con conseguente incremento del capitale sociale.

Contributi a fondo perduto in sostituzione dei finanziamenti delle start up: come funziona?

La conversione dei finanziamenti agevolati in contributi a fondo perduto è ammissibile fino al 50% degli:

  • investimenti effettuati dagli investitori terzi;
  • di quanto conferito dai soci persone fisiche.

In ogni caso, il limite del 50% persiste sul totale degli incentivi ottenuti, compresi gli eventuali importi ottenuti a titolo di contributi a fondo perduto. La parte di finanziamento non convertita in contributi a fondo perduto mantiene le medesime condizioni del finanziamento originario. Pertanto, la start up dovrà procedere all’estinzione del debito rispettando le condizioni in precedenza già stabilite.

Come dovrà essere utilizzata la quota dei contributi a fondo perduto dalle start up?

La quota convertita dal finanziamento agevolato ai contributi a fondo perduto dovrà essere utilizzata dalla start up per:

  • riserva nei casi in cui si debba procedere a coprire le perdite;
  • gli aumenti di capitale.

In entrambi i casi, il vincolo vige per un periodo totale di 5 anni, al termine del quale la quota riserva rientra nella disponibilità dei soci e può essere anche distribuita.

Come presentare domanda di conversione dei finanziamenti in contributi a fondo perduto?

La domanda di conversione dei finanziamenti agevolati a contributi a fondo perduto possono essere presentate a decorrere dal 14 luglio 2022. Il soggetto gestore dei finanziamenti provvede alla verifica delle istanze presentate sia per quanto riguarda i criteri soggettivi di ammissibilità che per la tipologia di finanziamento. È infatti necessario che la forma di investimento in capitale di rischio rispetti le condizioni stabilite. Le pratiche verranno analizzate secondo l’ordine cronologico di invio.

Imprenditoria femminile, quali incentivi per le impresi esistenti da almeno 36 mesi?

Gli incentivi alle imprese femminili sono di tre tipi. Ammesse ai contributi a fondo perduto e ai finanziamenti sono le nascenti imprese a conduzione femminile, quelle costituite da almeno 12 mesi ma non di più di 36 mesi, e quelle costituite da oltre i 36 mesi. I settori ammessi in tutte le imprese femminili sono quelli dell’industria, dell’artigianato, della trasformazione dei prodotti agricoli, della fornitura di servizi, del commercio e del turismo. In questo articolo ci occuperemo degli incentivi per le imprese condotte da donne e costituite da oltre 36 mesi. In questo ambito si possono trovare contributi a fondo perduto e finanziamenti agevolati inerenti le sole spese di investimento. Inoltre, per le esigenze di capitale circolante si possono richiedere solo contributi a fondo perduto.

Contributi a fondo perduto e finanziamenti agevolati delle imprese femminili: i riferimenti normativi e il Pnrr

A sostegno delle imprese femminili si sono succeduti nel tempo vari investimenti previsti da interventi normativi. In particolare, si fa riferimento al decreto interministeriale del 24 novembre 2021 del ministero per lo Sviluppo Economico (Mise). Il provvedimento detta disposizione a favore delle imprese al femminile rientranti nel Piano nazionale per la ripresa e la resilienza (Pnrr). Più nello specifico, nel decreto pubblicato in Gazzetta Ufficiale numero 26 del 1 febbraio scorso, si è voluto concretizzare la realizzazione degli investimenti previsti dal punto 1.2 “Creazione di imprese femminili” della Missione 5 del Pnrr. La missione è relativa all’inclusione e alla coesione, specificando alla Componente 1 le “Politiche per l’occupazione” tramite gli interventi del Fondo impresa femminile.

Imprese femminili nate da oltre 36 mesi, quali agevolazioni sono previste?

Per le imprese femminili costituite da oltre 36 mesi alla data della presentazione della domanda del beneficio, le tipologie di incentivi rientrano nel consolidamento. Si tratta di incentivi di rafforzamento della realtà aziendale ottenibili attraverso contributi a fondo perduto per il fabbisogno di capitale circolante. La misura massima dell’aiuto è pari all’80% della media del capitale circolante dei precedenti tre esercizi. Lo strumento attraverso il quale le imprese al femminile possono ottenere i contributi è rappresentato dal Fondo impresa donna. Oltre al sostegno alle nascenti imprese femminili, anche nelle forme di attività di libere professioniste, il Fondo sostiene il rafforzamento dell’imprenditorialità e del lavoro tra la popolazione femminile.

Imprese femminili costituite da almeno 36 mesi: entro quali limiti si possono richiedere gli incentivi?

L’accesso ai finanziamenti previsto dal Fondo impresa donna è consentito a tutte le imprese femminili costituite entro i cinque anni precedenti il momento della presentazione della domanda dell’incentivo. Nel caso di imprese costituite da oltre 36 mesi, il limite temporale dunque non deve andare oltre i cinque anni.

Quali tipi di incentivi possono richiedere le imprese femminili costituite da almeno tre anni?

Le tipologie di incentivi richiedibili dalle imprese femminili si suddividono in due grandi categorie:

  • un mix di contributi a fondo perduto e di finanziamenti a tasso zero o comunque agevolati per la copertura fino all’80% delle spese ammissibili rientranti nelle spese di investimenti;
  • per il capitale circolante sono ammissibili solo incentivi concretizzabili in contributi a fondo perduto.

Contributi a fondo perduto e finanziamenti agevolati per le imprese femminili: quali spese sono ammissibili?

Per spese ammissibili fino a 100 mila euro, le agevolazioni possono arrivare all’80% dei costi per un importo non superiore, in ogni modo, a 50 mila euro. Sui programmi di spesa compresi tra 100 mila euro e 250 mila euro, la copertura scende al 50% delle spese ammissibili. Per il mix di contributi a fondo perduto e i finanziamenti agevolati delle spese di investimento delle imprese femminili sono agevolabili le seguenti spese:

  • immobilizzazioni materiali come macchinari, impianti e attrezzature, purché nuovi di fabbrica, che siano coerenti con l’attività di impresa;
  • spese per immobilizzazioni immateriali, anche queste necessarie all’esercizio dell’attività dell’impresa;
  • servizi in cloud necessari alla gestione aziendale;
  • costi del personale dipendente, con assunzione a tempo determinato o indeterminato dopo la data di presentazione dell’istanza degli incentivi e occupato in maniera funzionale rispetto al conseguimento dell’iniziativa agevolata.

Entro quanto tempo devono essere realizzati gli interventi oggetto di incentivo per le imprese femminili?

Le agevolazioni concesse alle imprese femminili per lo sviluppo e il consolidamento devono trovare attuazione entro 24 mesi. La data di decorrenza del termine è fissata dalla trasmissione del provvedimento con la quale viene confermata all’impresa la concessione dei contributi e dei finanziamenti. Tale provvedimento deve essere controfirmato dall’impresa al femminile che risulta come beneficiaria.

Contributi a fondo perduto fino all’80% delle spese ammissibli per il capitale circolante

Per esigenze di capitale circolante delle imprese femminili costituite da oltre i 36 mesi, è possibile ottenere fino all’80% di contributo a fondo perduto. Il contributo è calcolato nella misura massima della media dei precedenti 3 esercizi. Sono peraltro previsti anche percorsi professionali di assistenza gestionale e tecnica, di attività di comunicazione e di marketing. I percorsi sono utilizzabili durante tutto il periodo di valenza dell’incentivo.

Come presentare domanda dei contributi a fondo perduto e dei finanziamenti delle imprese al femminile?

La presentazione delle domande dei contributi a fondo perduto e dei finanziamenti agevolati delle imprese femminili costituite da oltre 3 anni si può fare utilizzando la procedura telematica presente sul portale di Invitalia. La concessione degli incentivi avviene con procedura di valutazione a sportello.

Ciotola: “Creare una startup per mancanza di lavoro? L’errore più grande”

 

“L’errore più grande e comune che può esser fatto da un giovane è creare una startup per rispondere alla mancanza di lavoro”, parola di Pietro Ciotola, fondatore di Enjinia. La startup che ha creato dal nulla realizza infrastrutture IT virtualizzate on site ed on cloud principalmente avvalendosi di prodotti open source, personalizzati all’occorrenza, ma è lui stesso a spiegarlo meglio…

Dott. Ciotola, di cosa si occupa la vostra startup nel dettaglio?
Enjinia è un App Farm inserita nell’incubatore ICT di Città della Scienza a Napoli. Si occupa dello sviluppo di App per il mondo Android ed Apple iOS. Partendo dalle fasi iniziali di analisi dell’idea seguiamo i nostri clienti in tutte le fasi di realizzazione arrivando anche oltre la pubblicazione nello store. Quest’anno, oltre a lavorare per terzi abbiamo anche lanciato un nostro prodotto , BeApp, un’app mobile social che permette di recuperare sconti e promo sfruttando la geo localizzazione e di stare in contatto con i propri amici.

Da dove nasce l’idea?
L’idea nasce di Enjinia nasce dal voler fare qualcosa di diverso rispetto a quanto presente già sul mercato. Noi adottiamo un metodo di lavoro innovativo basato su task. Non ci sono orari di lavoro, non c’è obbligo di venire in sede se non per riunioni o urgenze, ognuno è responsabile del proprio task e può portarlo avanti come e dove meglio crede. Grazie alle piattafome cloud poi riusciamo a seguire tutto in maniera efficiente e precisa, dal project fino all’hangout col team e col cliente.

Perché un giovane italiano dovrebbe avventurarsi nel progetto di una startup?
Pechè sente il bisogno di creare qualcosa di innovativo o semplicemente si sente imprenditore. L’errore più grande e comune che può esser fatto da un giovane è creare una startup per rispondere alla mancanza di lavoro. La domanda di lavoro altamente qualificato c’è ed è molto alta, per essere al timone di un’azienda e soprattuto di una startup ci vuole ben altro.

Quali sono le maggiori difficoltà che può incontrare una startup durante l’inizio del proprio cammino?
L’assenza totale di supporto da parte delle istituzioni. La legge startup che definisce le startup innovative è vecchia e poco chiara e soprattutto non aiuta fattivamente le aziende startup. Noi di Enjinia ci riteniamo molto fortunati ad operare in un contesto come quello di Città della Scienza di Napoli. Grazie a questo siamo in contatto quotidiano con tantissimi professionisti che ci affiancano e ci guidano a superare le difficoltà gestionali che possono venirsi a creare.
Inoltre vivere in incubatori validi come quello di Città della Scienza, permette di accedere a tante informazioni ed agevolazioni per allacciare rapporti con l’estero, altra cosa vitale per una startup.

Jacopo MARCHESANO

Niente tasse su venture capital per startup

La Commissione europea ha appena approvato una misura di incentivazione fiscale che prevede la detassazione dei proventi dei fondi che investono capitale di rischio in piccole e medie imprese per favorire la loro crescita.
Oggetto dell’investimento sono infatti le pmi che svolgono la propria attività da non più di 36 mesi, comprese quelle nate da progetti di spin-off e concentrazione, purché si trovino in fase di sperimentazione costituzione, avvio o sviluppo.

Tra i requisiti richiesti c’è anche avere sede, almeno legale, in Italia, ed essere sottoposte ad almeno una imposta domestica tipo Ires.
Anche i capitali investiti devono essere diretti dall’attività operativa svolta in Italia; azioni e quote della società devono essere detenute per almeno il 51% da persone fisiche che risiedono su suolo italiano, anche se non si esclude che, successivamente, il capitale possa ridursi e che il Fondo possa acquisire la maggioranza.

Il Dm qualifica i Fondi di Venture capital come organismi di investimento collettivo del risparmio. Escluse, dunque, le investment companies, nonostante nella prassi l’attività di Venture capital sia spesso svolta per motivi di dimensione attraverso veicoli societari, meno onerosi dal punto di vista organizzativo. Il Fondo può essere anche costituito in Stati Ue o See inclusi nella White List
Le quote dei Fondi possono essere sottoscritte solo da investitori professionali o per importi non inferiori a 100mila euro.

Il regolamento del Fondo vuole che almeno il 75% degli attivi sia investito in società aventi le caratteristiche indicate, e che l’investimento nella singola società sia inferiore a 2,5 milioni per periodo di 12 mesi.
Investimenti maggiori possono essere effettuati in un arco temporale più ampio.
Il rimanente 25% può invece essere investita anche in imprese con caratteristiche diverse e in strumenti non aventi natura di equità, come le obbligazioni.

I proventi dei Fondi per la parte che costituisce reddito di capitale non sono soggetti a imposizione in capo agli investitori nel fondo, a prescindere dalla natura e dalla residenza dell’investitore. Questi proventi non sono quindi soggetti alla ritenuta del 20% e non concorrono alla formazione del reddito imponibile.

La detassazione riguarda anche i proventi relativi alla quota libera degli attivi.
L’esclusione opera decorso un anno dall’avvio del Fondo e a condizione che nell’anno solare il requisito del 75% risulti verificato per più di tre mesi.
L’eventuale quota del provento che costituisce reddito diverso (capital gain) resta soggetta al regime ordinario.
In caso di mancato rispetto dei limiti di investimento, l’Agenzia delle Entrate recupera l’imposta dovuta e le sanzioni a carico del gestore del fondo o dell’intermediario incaricato del pagamento dei proventi.
Si tratta di una sanzione impropria di dubbia costituzionalità, in quanto il prelievo inciderebbe soggetti a cui non è riferibile la corrispondente capacità contributiva.

Vera MORETTI