Sopravvenienze attive, cosa sono e dove vanno nel bilancio?

Rispetto alla gestione ordinaria dell’impresa, ci sono delle voci da inserire a bilancio che presentano la caratteristica dell’infrequenza, e quindi della non ripetibilità. Si tratta, nello specifico, delle cosiddette sopravvenienze che a loro volta si distinguono in sopravvenienze passive ed in sopravvenienze attive.

Con le sopravvenienze passive che possono incidere negativamente, ed anche in maniera rilevante, sugli indicatori di bilancio, mentre le sopravvenienze attive generano sempre degli effetti positivi sui conti dell’impresa. Ma detto questo, quando per un’impresa si registrano delle sopravvenienze attive, queste dove vanno inserite nel bilancio?

Ecco dove vanno nel bilancio societario le sopravvenienze attive

Nel dettaglio, se le sopravvenienze passive, nel conto economico, devono essere registrate nel conto oneri straordinari, o tra gli oneri diversi di gestione in base ai casi, le sopravvenienze attive nel conto economico, invece, devono essere registrate fra le voci altri ricavi oppure tra i proventi straordinari.

Dal punto di vista prettamente fiscale, inoltre, la tassazione delle sopravvenienze attive avviene per competenza, e quindi in corrispondenza dell’esercizio di bilancio nel corso del quale vengono registrate nel conto economico. Proprio perché la sopravvenienza attiva presenta ora le caratteristiche di essere non solo certa ed esistente, ma anche determinabile e quindi in tutto e per tutto quantificabile nel suo ammontare.

Cosa sono le sopravvenienze attive, ecco qualche esempio

Come sopra detto, le sopravvenienze attive sono dei proventi o dei ricavi che, per le loro caratteristiche di essere infrequenti ed inattese, sono anche di natura straordinaria. Per esempio, è una sopravvenienza attiva una somma che l’impresa incassa a titolo di risarcimento. Così come è una sopravvenienza attiva, rispetto a quanto è stato registrato in bilancio negli esercizi precedenti, la sopravvenuta insussistenza di oneri e/o di spese.

Le sopravvenienze attive, quindi, sono sempre delle componenti positive per il reddito di impresa anche se queste quasi sempre non solo riconducibili all’attività aziendale corrente e, in particolare, all’anno di riferimento per redigere il bilancio. Per esempio, un’impresa negli anni precedenti può effettuare a titolo prudenziale degli accantonamenti. Se poi questi accantonamenti risultano essere più alti rispetto al previsto, allora anche in questo caso l’impresa registrerà a bilancio una sopravvenienza attiva.

Le due opzioni su dove vanno nel bilancio le sopravvenienze attive

Come sopra accennato, le sopravvenienze attive, a seconda dei casi, devono essere inserite a bilancio tra gli altri ricavi e proventi nella sezione relativa al valore della produzione. E questo quando quando si tratta di somme in esubero, ovverosia dei valori stimati che non sono frutto di errori che sono compiuti in precedenti esercizi di bilancio.

Altrimenti, in tutti gli altri casi, le sopravvenienze attive devono essere registrate tra i ricavi o proventi straordinari come sopra accennato. Per esempio, le componenti positive di reddito che, rispetto agli esercizi precedenti, sono frutto di errori di valutazione o di rilevazione, ma anche in caso di eventuali variazioni collegate a cambiamenti nei criteri di valutazione. Così come le sopravvenienze attive vanno tra i ricavi o proventi straordinari quando sono sempre legate a fatti che sono del tutto estranei alla gestione ordinaria dell’impresa.

Indici di bilancio: come valutare l’azienda con questa tecnica

Gli indici di bilancio sono dei valori attraverso cui è possibile valutare una qualsiasi azienda. Di seguito come usarli e come interpretarli.

Indici di bilancio: la metodologia di analisi

L’analisi economica-finanziaria di un’ azienda attraverso gli indici di bilancio prevede alcune fasi operative:

  • la revisione del bilancio da sottoporre ad analisi;
  • la riclassificazione del bilancio in funzione delle analisi;
  • la scelta e il calcolo degli indici da utilizzare;
  • il coordinamento degli indici e la compilazione di una relazione interpretativa.

La prima fase è una procedura che mira a dare un giudizio sul grado di credibilità del bilancio stesso. Si tratta di accertare la corrispondenza tra le voci del bilancio e i dati che emergono dalla contabilità. Mentre con la riclassificazione del bilancio si rielaborano i valori dello Stato patrimoniale e del Conto economico allo scopo di ottenere una struttura funzionale alle analisi. Le ultime due fasi prevedono la scelta e l’interpretazione degli indici.

Lo studio della situazione patrimoniale-finanziaria

L’analisi della situazione patrimoniale-finanziaria si svolge mediante due indici. Il primo è dato dalla composizione degli impieghi, per lo studio ed il grado di elasticità del capitale investito. Mentre il secondo evidenzia la composizione delle fonti, finalizzati a indagare sulla posizione debitoria della società. Gli indici di composizione degli impieghi mettono in rilevanza il grado di elasticità della struttura aziendale. In altre parole si ottengono dal rapporto tra le diverse categorie di impiego del capitale e le singole categorie di fonti al totale. Invece gli indici di composizione delle fonti consentono di apprezzare la minore o maggiore dipendenza finanziaria dell’impresa dal capitale di terzi. Pertanto misura il grado di indebitamento della combinazione produttiva.

Quando è dipendente o indipendente un’azienda?

Per rispondere a questa domanda basta procedere con l’analisi di altri tre indici. L’indice di autonomia finanziaria mostra il contributo del capitale proprio al finanziamento degli investimenti aziendali. Il grado di autonomia è tanto maggiore quanto più il valore si avvicina a 1. Mentre l’indice di dipendenza finanziaria, evidenzia l’incidenza dell’indebitamento rispetto al complesso dei finanziamenti aziendali. Infine il leverage è un indice dato dal rapporto tra il capitale investito e il capitale proprio. Tuttavia esprime l’entità degli investimenti realizzati a fronte di ogni euro di capitale a titolo di proprietà.

Indici di bilancio: il ROE

Uno degli indici più utilizzati è il ROE o indice di redditività del capitale proprio. Tuttavia rappresenta il vertice del sistema degli indici e il punto da cui prende l’avvio l’analisi economico-finanziaria della gestione. La redditività del capitale proprio è il risultato delle scelte compiute con riferimento alla gestione operativa, alla struttura finanziaria e alle gestioni estranee. Ecco la formula:

ROE = ( Reddito Netto di Esercizio / Mezzi Propri ) x 100

Il risultato evidenzia l’efficienza con il quale la società riesce a generale profitto. Tuttavia riesce a rappresentarlo tramite un numero percentuale utile a fare confronti diretti con altre variabili. E’ anche vero che la remunerazione del capitale di rischio varia in misura proporzionale, al variare:

  • della redditività del capitale investito;
  • della struttura finanziaria dell’impresa;
  • del peso degli oneri finanziari e degli altri oneri

Altri indici di bilancio: ROI

La redditività del capitale investito passa attraverso l’analisi del Roi. La misura di questo indice a sua volta dipende da due fattori: l’indice di redditività delle vendite (ROS) e la rotazione del capitale investito.

ROI: Reddito Operativo / Capitale Investito Netto Operativo

Dove il capitale investito netto operativo è dato da:

Totale Netto dell’Attivo – Investimenti extracaratteristici

Il Roi viene molto usato dalla proprietà dell’azienda. Questo perché un ROI elevato, al di sopra del tasso medio di interesse sui debiti, sta ad indicare che per la società sarebbe profittevole prendere a prestito denaro per investirlo nell’ingrandimento dei fattori produttivi. Anche se la materia può sembrare ostica, non lo è così tanto. Basta prestare attenzione ai valori e guidare con tranquillità la propria azienda.

 

Guidare l’impresa tra pianificazione e controllo

Ognuno di noi avrà provato, almeno una volta, a pianificare le attività da svolgere nell’arco di una giornata e a fare delle scelte; tante sono le cose da fare e, molto spesso, ci si trova di fronte a degli imprevisti che ci costringono a rinunciare a un appuntamento o a posticiparlo.

Una realtà complessa come quella d’impresa pianifica le sue attività per valutare tra alternative decisionali.

Il management dell’impresa elabora degli scenari indicando le attività e le risorse umane, tecnologiche e finanziarie, da impiegare nelle scelte da fare per il raggiungimento degli obiettivi: aumento del fatturato, innovazione tecnologica, riduzione dei costi fissi, eccetera.

Gli scenari devono essere attendibili e costruiti tenendo conto dell’effettiva struttura dimensionale dell’impresa, della sua storia passata, del tipo di attività che svolge e dei mercati di sbocco dei propri prodotti.

Se un’impresa che produce macchine agricole decide di raddoppiare il fatturato entrando nel mercato della moda, allora sta costruendo degli scenari che non corrispondono alla realtà.

La costruzione di scenari fatta in modo razionale è molto importante per poter esercitare una corretta funzione di controllo delle attività dell’impresa e, quindi, per intervenire in modo tempestivo ogniqualvolta si presentino delle criticità gestionali.

Il controllo di gestione è necessario per poter utilizzare al meglio le risorse umane, tecnologiche e finanziarie dell’impresa, in modo da consentire il raggiungimento degli obiettivi stabili e verificare che la gestione si svolga secondo criteri di economicità al fine di consentire il perdurare dell’impresa nel tempo.

È necessario formulare degli obiettivi intermedi di breve periodo per analizzare eventuali scostamenti della gestione operativa dalle linee stabilite in sede di pianificazione strategica.

Una pianificazione fatta tenendo conto della storia passata e del presente dell’impresa consente di individuare gli elementi che disturbano e ostacolano il raggiungimento del profitto.

Lo strumento del controllo di gestione deve vestire l’impresa come un abito sartoriale. L’efficacia del controllo di gestione, infatti, dipende dai legami con la struttura organizzativa dell’impresa.
Soltanto se costruito come un abito su misura, allora il controllo di gestione potrà agire in modo efficace sui processi gestionali dell’impresa, regolandoli in tutti quelle situazioni dove si sono manifestati gli scostamenti tra gli obiettivi e i risultati effettivamente conseguiti.

Dott. Giovanni DE LORENZI | g.delorenzi[at]infoiva.it | www.gdlstudio.it | Padova

Padovano, classe ’73, laurea in Discipline Economiche e Sociali e master in Economics presso l’Università Bocconi di Milano. Prima dell’esame di abilitazione all’esercizio della professione di Dottore Commercialista ha lavorato come analista dei processi informativi bancari. Attualmente collabora con la società Advance Group Srl per la consulenza nel campo della finanza agevolata e con la società AD Soluzioni Avanzate Srl per la consulenza nel campo dell’informatizzazione dei processi aziendali.
E’ iscritto all’Albo dei Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili di Padova, all’Albo dei Consulenti Tecnici d’Ufficio del Tribunale di Padova e al Registro dei Revisori dei Conti.
Dal 2007 è titolare di gdl Studio, che fornisce attività di consulenza in campo fiscale, dei processi informativi e dell’organizzazione aziendale e della finanza agevolata.

Gli indici di bilancio: il termometro per l’impresa

Anche i numeri hanno un’anima; in apparenza freddi e insignificanti, nascondono tantissime informazioni. I numeri sono razionali e la loro obiettività è di grande aiuto per le persone che hanno in mano la gestione di realtà complesse come quella d’impresa.

Se il bilancio d’esercizio è una sommatoria di numeri ognuno dei quali rappresenta il valore di una determinata voce o aggregato (ad esempio i costi per le materie prime, i costi per le consulenze, i beni materiali), gli indici di bilancio sono dati da relazioni tra voci e/aggregativi di bilancio: pensiamo all’indice che misura la redditività d’impresa, il grado d’indebitamento, il livello di giacenza delle materie prime nel magazzino.

La redditività d’impresa è misurata dal rapporto tra l’utile e il capitale sociale e rappresenta il grado di remunerazione del capitale di rischio. Per un’attività di impresa avviata da pochi anni questo indicatore, in molti casi, ha un valore negativo. Questo deriva dal fatto che un’impresa, con alti livelli di investimento iniziale, difficilmente raggiunge in pochi anni una situazione di pareggio.

Se l’impresa è sana e il mercato di sbocco offre opportunità di sviluppo, i margini di guadagno inizieranno a vedersi dopo diversi anni di attività.

Per crescere e svilupparsi, oltre all’apporto di capitale da parte dei proprietari e all’autofinanziamento, un’impresa ricorre al mercato del debito. Il capitale di terzi è da sempre un’arma a doppio taglio, da gestire con prudenza e perizia.

L’indice di indebitamento, dato dal rapporto tra il capitale investito e il patrimonio netto, aiuta l’impresa nelle scelte finanziarie. Il capitale investito rappresenta la ricchezza impiegata per acquistare i beni materiali e immateriali e corrisponde alla somma tra il capitale proprio e il capitale dei soggetti esterni all’impresa. Un rapporto pari a 2, ad esempio, indica che un’impresa è finanziata per il 50% con il capitale proprio e per il 50% con il capitale di terzi.
L’indebitamento è visto come uno dei mali delle nostre economie: basti pensare al debito pubblico che grava sul bilancio del nostro Paese.

Ma non è sempre e soltanto così: se il costo del capitale di terzi preso a prestito è minore della redditività dell’impresa allora conviene indebitarsi in quanto si attirano capitali che generano un effetto leva positivo per l’impresa. Certo che per avere redditività un’impresa deve adottare anche politiche di contenimento dei costi. Per le imprese che hanno un magazzino, ad esempio, avere un indice di rotazione delle materie prime basso significa costi fissi elevati per la merce che rimane in giacenza per lunghi periodi di tempo.

Gli indici di bilancio sono un ottimo strumento per capire come sta andando l’impresa nel tempo perché sintetizzano le diverse dinamiche che si sviluppano all’interno di organizzazioni complesse.

Dott. Giovanni DE LORENZI | g.delorenzi[at]infoiva.it | www.gdlstudio.it | Padova

Padovano, classe ’73, laurea in Discipline Economiche e Sociali e master in Economics presso l’Università Bocconi di Milano. Prima dell’esame di abilitazione all’esercizio della professione di Dottore Commercialista ha lavorato come analista dei processi informativi bancari. Attualmente collabora con la società Advance Group Srl per la consulenza nel campo della finanza agevolata e con la società AD Soluzioni Avanzate Srl per la consulenza nel campo dell’informatizzazione dei processi aziendali.
E’ iscritto all’Albo dei Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili di Padova, all’Albo dei Consulenti Tecnici d’Ufficio del Tribunale di Padova e al Registro dei Revisori dei Conti.
Dal 2007 è titolare di gdl Studio, che fornisce attività di consulenza in campo fiscale, dei processi informativi e dell’organizzazione aziendale e della finanza agevolata.