Industry 4.0, a che punto siamo?

Si è tenuta nei giorni scorsi, nella sede di API (Associazione Piccole e Medie Industrie), la prima tavola rotonda organizzata dall’Associazione relativa a Industry 4.0 e smart factory. Sul tema della quarta rivoluzione industriale, al tavolo dei relatori sono intervenuti Paolo Galassi, presidente API, Giovanni Anselmi, responsabile dell’Osservatorio Pmi 4.0, Mario Levratto, head of marketing and external relations di Samsung Electronics Italia e Italo Moriggi, fondatore di Skorpion Engineering S.r.l.

Un incontro per approfondire la situazione congiunturale del tessuto industriale attuale, dando all’ Industry 4.0 il volto dei piccoli e medi imprenditori lombardi per cui IoT (Internet of Things) e 4.0 non sono una moda ma la realtà quotidiana.

L’intento della tavola rotonda di è stato quello di delineare uno scenario su come le Pmi si stanno aprendo agli importanti cambiamenti della quarta rivoluzione industriale, evidenziando le modalità con cui le imprese trasformano la produzione nell’ottica della smart factory, con un focus sulle risorse – informatiche e umane – necessarie per aprirsi all’ Industry 4.0 e sui benefici attesi nei diversi processi aziendali.

Più del 24% delle nostre aziende associate prevede di evolversi verso l’informatizzazione dei sistemi di fabbrica nei prossimi 5 anni – ha commentato il presidente di API Paolo Galassi -. In virtù di questo crescente interesse nei confronti della manifattura del futuro, Samsung e Skorpion sono esempi concreti di Industry 4.0”.

In tal senso, Mario Levratto di Samsung Electronics Italia ha illustrato come, grazie alle tecnologie Samsung appositamente sviluppate per l’ntegrazione di macchinari già in uso con dispositivi di nuova generazione, sia possibile massimizzare investimenti e produttività.

Al modello Samsung si è affiancato il caso di successo di Skorpion Engineering, associata API di Segrate che da più di 15 anni opera nell’ambito della prototipazione e delle tecnologie additive, facendo della stampa 3D il suo core business.

Giovanni Anselmi, responsabile dell’Osservatorio Pmi 4.0 di API, ha infine commentato: “Questo incontro è dimostrazione dell’impegno di API e dell’osservatorio nell’offrire alle aziende sia una panoramica sulle tendenze e gli orientamenti strategici del mercato, mettendo a disposizione parametri di confronto sulle pratiche eccellenti di chi già utilizza le nuove tecnologie, sia la possibilità di accedere a dei servizi sul digital manufacturing. Uno spunto di riflessione importante, che sottolinea come, nei prossimi anni, si renderà necessario non solo adeguarsi alle nuove tecnologie, ma anche investire in formazione sul tema Industry 4.0: il concetto di smart factory non è una moda di passaggio, ma rappresenta il futuro del manifatturiero”.

Digitalizzazione imprese e Industria 4.0

La più grande sfida per la digitalizzazione delle imprese italiane sembra essere quella dell’ Industria 4.0. Una rivoluzione che, nel nostro Paese, dovrebbe trovare terreno fertile, dal momento che si inserisce nel campo del manifatturiero che è la spina dorsale della nostra economia.

Il made in Italy, quello della tradizione, grazie al digitale e all’ Industria 4.0 si rinnova e può portare ad un nuovo made in Italy, in un processo che, si stima, nel 2020 farà generare al manifatturiero italiano almeno il 20% del Pil.

Per questo, alcune realtà hanno cominciato a muoversi come dimostra, per esempio, il caso di Fabbrica 4.0, progetto di Confindustria Servizi Innovativi che ha l’obiettivo di promuovere l’utilizzo del digitale nel manifatturiero attraverso diversi passaggi tipici dell’ Industria 4.0: reingegnerizzazione dei processi, utilizzo del cloud, stampa 3D, la manifattura additiva.

Quello di Confindustria Servizi Innovativi è solo uno dei tanti progetti che, si spera, potranno portare presto l’Italia sulla strada dell’ Industria 4.0. E, per rinfrescarci la mente, rivediamo insieme, in sintesi, che cosa c’è alla base di questa “quarta rivoluzione industriale”.

Intanto bisogna ricordare che l’espressione Industria 4.0 deriva dall’omologa tedesca Industrie 4.0, coniata in Germania dall’associazione di ingegneri Vda. La Germania, infatti. È la patria dell’ Industria 4.0, ormai da anni al centro delle strategie produttive nazionali.

Uno dei pilastri fondativi dell’ Industria 4.0 insieme ai Big Data (la raccolta, la razionalizzazione e l’analisi di una ingente mole di dati in tempi molto rapidi) e al Cloud Computing (disponibilità di dati in remoto, accessibili ovunque e sempre tramite web) è l’Internet of Things, (IoT, internet delle cose). In sostanza, l’IoT è la tecnologia che consente di connettere in rete tra loro e far dialogare tanto gli oggetti di uso quotidiano (dal frigo alla lavatrice), quanto le macchine di sistemi produttivi industriali complessi.

Proprio l’applicazione di queste tre componenti alla produzione industriale farà in modo che i processi aziendali diventino più rapidi, economici e razionali. Le macchine non si limiteranno a produrre, ma diventeranno dei veri server in grado di immagazzinare dati, rielaborarli e inviare alle varie unità dell’azienda informazioni in tempo reale sullo stato dei processi produttivi, in modo da variarli e renderli più efficaci se necessario.

Industria 4.0 in pochi, semplici concetti

Dopo una settimana passata a parlare di Industria 4.0, ricapitoliamo in sintesi alcune informazioni di base su un fenomeno che nasce dalla cosiddetta “quarta rivoluzione industriale” e che dovrebbe portare all’automatizzazione e alla interconnessione totale dei processi di produzione industriale.

Intanto bisogna ricordare che l’espressione Industria 4.0 deriva dall’omologa tedesca Industrie 4.0, coniata in Germania dall’associazione di ingegneri Vda. La Germania, infatti. È la patria dell’ Industria 4.0, ormai da anni al centro delle strategie produttive nazionali.

Uno dei pilastri fondativi dell’ Industria 4.0 insieme ai Big Data (la raccolta, la razionalizzazione e l’analisi di una ingente mole di dati in tempi molto rapidi) e al Cloud Computing (disponibilità di dati in remoto, accessibili ovunque e sempre tramite web) è l’Internet of Things, (IoT, internet delle cose). In sostanza, l’IoT è la tecnologia che consente di connettere in rete tra loro e far dialogare tanto gli oggetti di uso quotidiano (dal frigo alla lavatrice), quanto le macchine di sistemi produttivi industriali complessi.

Proprio l’applicazione di queste tre componenti alla produzione industriale farà in modo che i processi aziendali diventino più rapidi, economici e razionali. Le macchine non si limiteranno a produrre, ma diventeranno dei veri server in grado di immagazzinare dati, rielaborarli e inviare alle varie unità dell’azienda informazioni in tempo reale sullo stato dei processi produttivi, in modo da variarli e renderli più efficaci se necessario.

Sulla carta, quindi, l’ Industria 4.0 sembra la dimensione ideale e meravigliosa per far sì che le aziende producano meglio, di più, risparmiando sui costi. Tutto bello e fantastico, quindi? Non proprio.

Intanto, passare dall’enunciazione di piani e scenari teorici alla messa in pratica dei processi in un vero ecosistema industriale non è cosa immediata. Specialmente in Italia. Poi c’è la questione delle ricadute sull’occupazione.

Al World Economic Forum 2016 dello scorso gennaio è stato infatti presentato il rapporto The Future of the Jobs, in tema di robotica e fabbriche interconnesse. Ebbene, secondo il WEF, l’ Industria 4.0 potrà creare nei prossimi anni 2 milioni di nuovi posti di lavoro nel mondo ma, contemporaneamente, farne perdere 7 milioni, specialmente nei settori amministrativi e produttivi delle aziende. Ai sindacati piacerà l’ Industria 4.0?

Industria 4.0 e start-up

Il concetto di Industria 4.0 è in parte sovrapponibile al quello di smart manufacturing. Un settore nel quale il numero di nuove imprese innovative finanziate a livello mondiale da fondi o da venture capital, è aumentato del 15% per tre anni consecutivi, tra il 2012 al 2014, secondo quanto emerge dalla più recente ricerca su Industria 4.0 realizzata dagli Osservatori del Politecnico di Milano.

Si stima che, nel periodo in esame la loro raccolta sia salita oltre gli 1,5 miliardi di dollari, il 39% dei quali destinato a start-up nell’area delle industrial analytics, sulle quali vi è stato un investimento medio di 12,5 milioni di dollari.

Come si vede, dunque, a livello globale l’ Industria 4.0 a suo modo l’economia la muove già. A conferma di questo vi sono anche i dati elaborati da Cb Insights sul comparto dell’Industrial IoT (Internet of Things), uno dei pilastri dello smart manufacturing e dell’ Industria 4.0.

Secondo le rilevazioni di Cb Insight, negli ultimi 5 anni le start-up del comparto hanno visto i finanziamenti loro destinati quadruplicare, fino a superare, nel 2015, il miliardo di dollari. Si tratta principalmente di imprese attive nei progetti cosiddetti early-stage (oltre il 50% di quelli conclusi in campo Indutrial IoT dal 2012 in poi), che hanno raccolto tra il 2013 e il 2015 il 27% dei finanziamenti totali. I progetti cosiddetti “mid-stage” sono circa il 25% del totale, ma a loro è andata la metà dei capitali investiti a livello globale.

Sempre secondo il Politecnico, delle start-up attive nel settore dello smart manufacturing, il 60% si trova negli Stati Uniti (con un valore medio dei finanziamenti di 10 milioni di dollari) e il 30% in Europa (con un valore medio dei finanziamenti di 2,7 milioni di dollari). Se le start-up americane di Industria 4.0 sono il doppio di quelle europee, esse assorbono però finanziamenti 4 volte superiori.

Un discorso a parte, in merito a Industria 4.0, merita l’Italia, dove sono state individuate 20 start-up (tra finanziate e non) che operano nei suoi diversi settori. Più interessante in termini di finanziamenti risulta il settore del cloud manufacturing. L’auspicio è che il Piano Industria 4.0 annunciato dal governo possa contribuire al moltiplicarsi di queste realtà locali, proiettate in una dimensione globale.

Industria 4.0 e filiera dell’automotive

Una delle filiere industriali che più potrebbero giovare di una svolta verso l’ Industria 4.0 è quella dell’automobile che, peraltro, in diversi casi è già avviata da tempo lungo questa strada.

Non è un caso, quindi, che uno dei commenti più tempestivi e positivi nei confronti del Piano Nazionale Industria 4.0 presentato nei giorni scorsi dal governo arrivi dall’Anfia (Associazione Nazionale Filiera Industria Automobilistica). Positivo sì, ma anche con qualche distinguo.

Approviamo l’impostazione del Piano, che punta a potenziare in chiave 4.0 strumenti incentivanti già in vigore e di dimostrata efficacia – commenta Aurelio Nervo, presidente di Anfia -. Rinnoviamo, inoltre, la nostra disponibilità al dialogo con le istituzioni – nello specifico con la cabina di regia che coordinerà l’attivazione e la gestione degli strumenti previsti – e al coinvolgimento nel progetto di implementazione del Piano, per la definizione della lista dei beni legati alla manifattura 4.0 e delle misure al contorno”.

Facciamo notare, tuttavia – prosegue Nervo -, che la riduzione al 120% della maggiorazione del superammortamento per i veicoli e altri mezzi di trasporto penalizza ingiustamente solo questa categoria di beni strumentali, a cui è stato riservato un trattamento non paritario nell’ambito di una politica di ammodernamento delle strutture produttive trasversale ai vari settori. Del superammortamento beneficiano, infatti, gli utilizzatori finali, in questo caso le imprese che impiegano i veicoli come beni strumentali d’impresa (ad esempio le imprese di autotrasporto e le PMI dotate di piccole flotte aziendali)”.

Riteniamo che il trend di ripresa che dal 2015 caratterizza il mercato degli autoveicoli – conclude Nervoabbia bisogno di essere sostenuto su un orizzonte temporale più lungo, attraverso misure strutturali che diano continuità al lento rinnovo del parco circolante italiano, uno dei più anziani d’Europa. Un sostegno che, quindi, va a beneficio della sicurezza sulle strade e della riduzione dell’impatto ambientale della circolazione, in linea con gli ambiziosi obiettivi ambientali fissati dai regolamenti comunitari”.

Nel commentare il Piano Industria 4.0, Anfia ricorda che, per chi investe in innovazione, è previsto un iperammortamento che passa dall’attuale 140% al 250% per i beni legati alla manifattura 4.0.

L’automotive è considerato il settore pilota di questo paradigma, in quanto presenta caratteristiche che ne facilitano e ne rendono immediatamente efficace e visibile l’applicazione. Per questo è già avviato lungo la strada dell’ Industria 4.0.

Infatti, è un comparto che opera verticalmente lungo l’intera catena del valore, con filiere lunghe ma trasparenti e tracciabili; include già oggi settori di competenza e addetti nativi digitali; lavora su tempi stretti di ingegnerizzazione del prodotto e rapide evoluzioni dello stesso; deve rispondere a crescenti esigenze di customizzazione attraverso una gestione snella e versatile delle varianti di prodotto, facendo dialogare le divisioni R&D e Produzione in modo intelligente.

La digitalizzazione nel settore auto, ricorda Anfia, è già in corso non soltanto sul piano del manufacturing e del prodotto finale, ma anche in termini di nuovi modelli di mobilità. Tuttavia, tra le coperture previste per il Piano Industria 4.0 viene citata la riduzione della maggiorazione del superammortamento per i veicoli ed altri mezzi di trasporto dal 140% al 120%. Di qui l’amara considerazione di Nervo.

I numeri del piano Industria 4.0

I proclami del governo attuale, così come quello di tanti governi negli ultimi 30 anni di storia italiana, sono sempre roboanti. Non fa eccezione quello relativo al piano per l’ Industria 4.0 presentato nei giorni scorsi dal ministro per lo Sviluppo Economico Carlo Calenda e dal premier Matteo Renzi.

Il tema dell’ Industria 4.0, sul quale noi italiani arriviamo comunque in ritardo rispetto ad altri Paesi europei, importantissimo per lo sviluppo del Paese e la creazione di fabbriche interconnesse che migliorino e ottimizzino i cicli produttivi.

Il piano del governo, in questo senso, punta a investimenti importanti. Intanto, nel 2017 il governo ha in programma di far passare gli investimenti privati sull’ Industria 4.0 da 80 a 90 miliardi, con 11,3 miliardi in più per ricerca, sviluppo e innovazione e 2,6 miliardi per sviluppare progetti early stage tra il 2017 e il 2020.

Importante la prospettiva della formazione, con l’obiettivo di formare almeno 200mila studenti e 3mila manager in ambito Industria 4.0. L’investimento in formazione sarà supportato, a partire dal prossimo anno, da almeno sei consorzi per definire gli standard dell’IoT (Internet of Things, Internet delle cose, uno dei pilastri su cui si fonda l’ Industria 4.0).

Sempre a proposito di numeri, il piano Industria 4.0 prevede parecchi interventi di natura fiscale e di sostegno alle imprese. Oltre alla proroga del super ammortamento, lo stesso potrebbe vedere estesa l’aliquota dall’attuale 140% al 250%.

Altro capitolo fondamentale è il passaggio del credito d’imposta alla ricerca dall’attuale 25% al 50% per la spesa interna, con un credito massimo per contribuente che aumenterà di 4 volte, dagli attuali 5 a 20 milioni di euro.

Un occhio di riguardo anche per Pmi innovative e start-up, che potranno godere di detrazioni fiscali fino al 30% per gli investimenti fino a un milione di euro in processi e attrezzature legate allo smart manufacturing.

Come anticipato nella presentazione del piano Industria 4.0, gli investimenti pubblici dovrebbero quindi ammontare a circa 13 miliardi. In più, c’è l’impegno ad aggiungere 355 milioni per costituire il piano nazionale Scuola digitale e far partire percorsi di alternanza Scuola-lavoro in tema di smart manufacturing.

In più, saranno messi sul piatto 70 milioni per la formazione specialistica, 170 per il potenziamento dei cluster tecnologici e 100 milioni per i competence center.

Un fiume di soldi pubblici che le aziende dovranno essere capaci di gestire, per non perdere il treno dell’ Industria 4.0. Già l’Italia è cronicamente in ritardo su tutto: perdere questa occasione significherebbe morire.