Auto green, Italia leader in Europa

Cresce in Italia e in Europa il mercato delle auto ad alimentazione alternativa, le cosiddette AFVs (Alternative Fuel Vehicles), che comprendono le auto elettriche, ibride, a Gpl e metano. Secondo i dati diffusi da Acea, i Paesi dell’Unione europea allargata e dell’EFTA nel 2015 hanno fatto registrare complessivamente oltre 640mila nuove immatricolazioni di veicoli ad alimentazione alternativa (AFVs), +22% rispetto al 2014.

Una quota che ha fatto salire al 4,5% delle immatricolazioni totali di auto nel 2015 il peso delle alternative, rispetto al 4% del 2014. Inoltre, nel primo trimestre 2016 il mercato delle auto ad alimentazione alternativa registra un +10,7%, con oltre 177mila immatricolazioni e una quota del 4,6% sull’intero mercato.

In questo panorama, cresce il peso delle auto elettriche sul totale di quelle ad alimentazione alternativa, passando dal 23,9% del primo trimestre 2015 al 29,7% del primo trimestre 2016, con un incremento in termini di volumi del 37,5%.

Crescono anche le vendite di auto ibride, +29,7%, con una quota del 42,2% (era del 36% un anno fa), mentre il mercato dei veicoli a gas cala di circa il 20% a causa della contrazione delle vendite in Italia (-20,6%), il mercato più consistente delle auto alimentate a GPL e a metano.

A proposito di Italia, il nostro è il Paese europeo, insieme alla Norvegia, nel quale il mercato ad alimentazione alternativa pesa di più: in Norvegia il 51,5% delle nuove auto vendute ha alimentazione alternativa, in Italia il 10,2%. In termini di volumi per la Norvegia si tratta di 19.094 autovetture, per l’Italia di oltre 53mila. Facile immaginare il perché di questo primato: in Norvegia per la grande coscienza ecologica della popolazione, in Italia per sfuggire a un costo irragionevole dei propellenti fossili e fruire degli incentivi legati alla mobilità green.

L’Italia pesa quindi per il 30% di tutti i veicoli ecofriendly immatricolati in UE-Efta nel primo trimestre 2016 (era il 38% a gennaio-marzo 2015), seguita da UK (14,5%), Francia (13,1%), Norvegia (10,8%) e Germania (8%).

Il successo dell’Italia, è dovuto soprattutto al mercato di auto nuove alimentate a Gas (Gpl e metano): l’80% del mercato a trazione alternativa italiano riguarda le auto alimentate a gas, contro una media europea del 28%, che scende al 4% se si esclude l’Italia.

Nelle sfide legate alla sfera ambientale, il punto di forza dell’industria italiana è aver sviluppato soluzioni innovative a basso impatto ambientale per la mobilità sostenibile, a partire da competenze consolidate nei sistemi di alimentazione a metano e a Gpl e nei sistemi di propulsione.

La filiera industriale italiana del metano per autotrazione, ad esempio, è riconosciuta come leader mondiale, rappresentando circa 20mila occupati, 50 Pmi e un fatturato di 1,7 miliardi di euro. Il restante 20% del mercato a trazione alternativa italiano comprende l’1,6% di auto elettriche e il 18,3% di auto ibride.

Il ritardo italiano rispetto al mercato dei veicoli elettrici è dovuto sia alla scarsa diffusione della rete di rifornimento, sia alla minor percentuale di popolazione urbana rispetto agli altri Paesi europei (Italia 68,7%, UK 82,6%, Paesi Bassi 90,5%, Francia 79,5, Germania 75,3 fonte United Nations). La popolazione non urbana, infatti, è meno propensa all’utilizzo di auto ad alimentazione elettrica a causa della loro minore autonomia.

Microimprese, vero motore dell’Italia

Un rapporto appena presentato da Istat ha confermato che sono le microimprese, in Italia, a rappresentare il valore aggiunto dell’economia nazionale.

I dati, a questo proposito, sono piuttosto eloquenti: nel 2011 le imprese attive dell’industria e dei servizi di mercato erano 4,4 milioni e occupavano circa 16,3 milioni di addetti (11,1 milioni i dipendenti).
La dimensione media delle imprese era di 3,7 addetti e realizzavano un valore aggiunto di circa 721 miliardi di euro (+1,9% rispetto al 2011).

Ad oggi, le microimprese, ovvero con meno di 10 addetti, rappresentano il 95,1% delle imprese attive, il 47,2% degli addetti e il 31,4% del valore aggiunto realizzato.

Nel settore dell’industria le imprese attive sono circa 443 mila; assorbono 4,2 milioni di addetti e realizzano circa 249 miliardi di euro di valore aggiunto (+4,6 miliardi di euro rispetto al 2010).
Nei servizi sono attive 3,3 milioni di imprese con 10,4 milioni di addetti (il 37,5% indipendenti) e 413 miliardi di euro di valore aggiunto (+10,6 miliardi di euro rispetto al 2010).
Le micro imprese dei servizi contribuiscono per il 23,1% alla produzione di valore aggiunto complessivo, seguite dalle grandi imprese dei servizi (17,3%) e dalle grandi imprese dell’industria in senso stretto (13,3%).

Vera MORETTI

Credito agevolato, ad agosto sale al 4,43%

Per industria, commercio e artigianato sale il tasso di riferimento per il credito agevolato; la misura del parametro in vigore dal primo del mese si stabilizza infatti sul valore di 4,43% con una crescita dello 0,45 %, rispetto al valore di 3,98 % in vigore nel mese appena terminato. E’ il maggior incremento degli ultimi 12 mesi, riportando i valori dell’indicatore sopra quota 4,00% per la prima volta da inizio 2013.
A livello europeo non si segnalano variazioni ad agosto del tasso di riferimento comunitario da applicare per le operazioni di attualizzazione e rivalutazione per concessione di incentivi a favore di imprese.

Per i meno informati, per credito a tasso agevolato si intende credito concesso a tassi più bassi di quelli di mercato con l’ obiettivo di incentivare particolari settori produttivi, in questo caso l’industria, il commercio e l’artigianato e zone economicamente depresse, per questo mese la regione del Vajont.

Ho fatto crack. Ma non mollo

di Davide PASSONI

La crisi. Non è fatta solo di imprenditori che si uccidono, è fatta anche di una tendenza sotterranea ma non per questo meno triste: i fallimenti. Non fanno notizia come chi si dà fuoco sulla pubblica piazza o si spara al cuore nel garage di casa, ma uccidono allo stesso modo. Uccidono un tessuto produttivo, un indotto, il sogno e la fatica di chi ha messo in piedi un’azienda, spesso dal nulla, la vita quotidiana di centinaia, migliaia di famiglia. Certo, il fallimento fa parte del gioco, del rischio d’impresa. E far fallire un’azienda non significa certo essere dei falliti nella vita. Ma certi numeri mettono i brividi.

I falllimenti, secondo i dati Cerved – gruppo specializzato nell’analisi delle imprese e nella valutazione del rischio di credito – analizzati dall’ANSA, stanno colpendo il cuore produttivo dell’Italia, il Nord: dal 2009, quando la crisi è esplosa in tutt la sua drammaticità a livello globale, sono 17mila i fallimenti al Nord, con Lombardia, Piemonte e Liguria in difficoltà mentre tiene meglio il Nord Est, anche se il Veneto arranca. Un dato che vale oltre la metà del totale dei fallimenti in Italia (33mila circa), data la maggiore concentrazione di imprese al Nord. Un quarto delle chiusure viene invece dalle imprese meridionali (8358), il 22% dal Centro (7284).

C’è poi un valore racchiuso da due paroline, una inglese e una latina, che si chiama Insolvency Ratio, ossia la frequenza dei fallimenti (numero di imprese chiuse ogni 10mila attive), che mette ansia. Un valore che vede la Lombardia prima con un tasso di oltre 27 aziende chiuse per crack ogni 10mila e Milano prima tra le province con un Insolvency Ratio di 34.

Quasi la metà dei 33mila fallimenti totali (oltre 15mila) ha riguardato imprese del terziario, il 23% aziende dell’edilizia (7.535), il 21% società manifatturiere (poco meno di 7mila). Ma, mettendo a confronto le procedure con il numero di imprese operative, si nota che i crack hanno colpito con maggiore intensità l’industria (con un Insolvency ratio dal 2009 pari a 38,7) e le costruzioni (28,5), rispetto ai servizi (16,9) e gli altri settori (9,1).

La cosa preoccupante è che, secondo Cerved, la situazione è in fase di radicamento: nel solo anno scorso la Lombardia è arrivata a un Insolvency ratio di 30,7, Milano di 39. Ma nel 2011 il trend peggiore è stato accusato da altre due Regioni: per maggior numero di fallimenti in assoluto la prima resta la Lombardia (2673, +9,8%), ma in Campania la crescita è stata quasi del 30% (esattamente del 29,6%, oltre quota 1000) e nel Lazio del 23,4%, a un totale di 1253 crack aziendali.

La soluzione? Al di là dello sperare in una improbabile ripresa globale (almeno nel medio periodo) sarebbe cosa buona e giusta cominciare a tagliare il costo del lavoro e le tasse alle imprese, reperendo i fondi necessari dai tagli alla spesa pubblica inutile, ai privilegi e ai finanziamenti a pioggia alle società statali improduttive. Perché senza stimolo alle imprese non c’è ripresa. E senza impresa (piccola e media, naturalmente…) non c’è Italia. Non molliamo, l’Italia non ce la può fare senza di noi!

Occupazione: il terziario tiene, l’industria molto meno

di Vera MORETTI

La disoccupazione continua ad essere uno dei problemi più assillanti per gli italiani.

I dati provenienti dall’Ufficio Studi di Confcommercio sulle tendenze recenti del mercato del lavoro parlano chiaro e rivelano che, dopo un trend positivo iniziato nel secondo trimestre del 2010 che aveva lasciato ben sperare, tra settembre e novembre 2011 gli occupati sono diminuiti di 42mila unità e i disoccupati in cerca di nuovo lavoro sono, di conseguenza, cresciuti per toccare le 63mila unità.

Le “vittime” sono soprattutto giovani tra 15 e 24 anni, il cui tasso di disoccupazione ha raggiunto il 30%, addirittura dieci punti in più rispetto all’inizio del 2007.
Questa situazione è più diffusa nel Mezzogiorno, dove la disoccupazione ha superato il 13%, anche se il rischio che questa crisi raggiunga centro e nord è alquanto probabile.

Per quanto riguarda i settori produttivi, i comparti più dinamici sono quelli delle attività immobiliari e i servizi alle imprese, in aumento di 583mila posti di lavoro, ma anche alberghi e pubblici esercizi riportano dati positivi, con 145mila occupati in più.
Se consideriamo i lavoratori dipendenti che operano nell’ambito di commercio, alberghi e pubblici esercizi, i nuovi posti di lavoro sono stati, negli ultimi 10 anni, 395mila, contro i 347mila persi dall’industria.

Il terziario si conferma, in questo panorama, quello che ha “tenuto” di più, ma non solo, perché ha saputo anche creare nuova occupazione, cosa da non sottovalutare.

Forze nuove nel settore agricolo

di Vera MORETTI

Nel periodo compreso tra novembre 2010 e novembre 2011, l’unico settore che ha registrato un aumento delle partite Iva è l’agricoltura.

Questo perché, se in generale il gruppo dei servizi raccoglie il 45,6% delle aperture totali, è anche vero che accusa contemporaneamente il maggiore calo di aperture rispetto all’anno precedente. Assestato a -15%, infatti, “supera” anche i dati riguardanti il settore industriale, fermatosi ad un -14,8% altrettanto preoccupante.

In controtendenza, invece, il comparto agricolo, che, con un confortante +11,6%, segna un’annata in ripresa.

Questi dati, resi noti dall’Osservatorio del Dipartimento delle Finanze, inoltre rivelano che, nello specifico, prevalgono le persone fisiche, che, pur calando, arrivano al 68%, seguite a distanza dalle società di capitali, al 21,5% in grande salita e dalle società di persone, arrivate al 10%.

Per quanto riguarda la distribuzione sul territorio, il 41% delle nuove attività ha sede al Nord, il 23% al centro e il 36% al Sud e Isole.

L’industria in crescita nello scorso trimestre

Dall’Istat arrivano dati incoraggianti che riguardano il fatturato dell’industria, che ad agosto ha mostrato segni di incoraggiante crescita, con un aumento del 4% rispetto al mese precedente, e più specificamente, si tratta di un +3.8% per quanto riguarda il mercato interno e di un +4.6% per quello estero.

Nei mesi estivi di giugno-luglio-agosto, l’indice ha registrato u rialzo dello 0.4% rispetto al trimestre precedente, con un aumento degli ordinativi del 5%.

Nel complesso, considerando anche che i giorno lavorativi agostani sono 22, il fatturato totale ha evidenziato una crescita tendenziale del 12%.

In questa percentuale, l’incremento per i beni strumentali è del 6.4% per i beni strumentali, del 4.6% per i beni intermedi, del 2.7% per i beni di consumo e dello 0.3% per l’energia e, nonostante queste cifre, il contributo più ampio proviene dalla componente estera dei beni intermedi.

I settori di attività economica per i quali si registrano, rispetto ad agosto 2010, gli incrementi maggiori del fatturato totale sono quelli della fabbricazione di macchinari e attrezzature n.c.a. (+24,5%) e della fabbricazione di coke e prodotti petroliferi raffinati (+20,5%).

Per quel che riguarda gli ordinativi totali, si registra un aumento congiunturale del 5%, per effetto di un aumento del 6,8% degli ordinativi interni e del 2,2% di quelli esteri.
Facendo una media degli ultimi tre mesi, gli ordinativi totali sono diminuiti dell’1% rispetto al trimestre precedente.

Considerando il solo mese di agosto, l’indice grezzo degli ordinativi ha segnato una crescita del 10.5%, e tra questi a registrare l’incremento maggiore sono quelli della fabbricazione di mezzi di trasporto, con un +84.3 soprattutto nel settore di costruzione navi e imbarcazioni, e un +14.1% per industrie tessili, abbigliamento, pelli ed accessori.

Vera Moretti

Confartigianato: le organizzazioni del Garda più unite grazie ad un protocollo d’intesa

Le organizzazioni aderenti a Confartigianato delle province di Brescia, Mantova, Trento e Verona che rappresentano complessivamente oltre 40.000 imprese artigiane hanno stipulato un protocollo di intesa sullo sviluppo dell’economia e delle infrastrutture della regione del Garda. La vicinanza delle organizzazioni permetterà di agevolare politiche concertate e condivise attraverso un continuo confronto garantendo una crescita territoriale importante.

Le quattro confederazioni, quali principali attori socio economici della Regione del Garda, avranno la possibilità di svolgere una parte attiva e fondamentale nel proporre ipotesi di politiche proattive concordate sui maggiori temi di interesse economico e di sviluppo sociale, favorendo la realizzazione di quegli atti e provvedimenti che il Comitato dei Presidenti delle Provincie presenterà alla attenzione delle parti sociali.

Confartigianato del Garda si presenta particolarmente sensibile allo sviluppo delle politiche di protezione ambientale dell’area del Lago, che prevede una “condivisione della ripartizione amministrativa delle acque, la loro gestione in caso di siccità o intensa piovosità, la loro depurazione, la definizione di piani urbanistici di sviluppo compatibile che coinvolga anche la localizzazione e la operatività delle imprese di produzione e di servizio compatibilmente con lo sviluppo del territorio e la sua preservazione“.

Mirko Zago