Agenda digitale: la crescita in sei mosse

L’Osservatorio Agenda Digitale realizzato nella sua prima edizione dalla School of Management del Politecnico di Milano e presentato a Smau ha analizzato 6 ambiti principali e ha evidenziato i benefici che si potrebbero ottenere, nel medio periodo (3 anni), in particolare su:

eProcurement nella PA: risparmi pari a circa 7 miliardi di euro all’anno (ipotesi 30% acquisti della PA);

Fatturazione elettronica: risparmi pari a circa 5 miliardi di euro all’anno, 1 miliardo per la PA e il resto per i privati (ipotesi sblocco decreto attuativo e 20% relazioni  B2b);

Pagamenti elettronici verso la PA: risparmi pari a circa 0,6 miliardi di euro all’anno (ipotesi: 30% pagamenti elettronici per IMU/ICI, Tarsu, Multe, Bollo Auto);

Pagamenti elettronici verso gli Esercenti: maggiori entrate fiscali pari a circa 5 miliardi di euro all’anno ipotesi: diffusione dei pagamenti con carte di credito e debito a 30%);

Dematerializzazione e innovazione digitale nei processi della PA: risparmi pari a circa 15 miliardi di euro all’anno (ipotesi: 10% incremento produttività del personale);

Start-up: incremento del Pil per circa 3 miliardi di euro in 10 anni (ipotesi: investimento 300 milioni in seed).

Nel dettaglio delle singole direttrici ecco i benefici attesi:

eProcurement PA. Ipotizzando di utilizzare l’eProcurement per gestire il 30% degli acquisti della PA, si otterrebbero benefici pari a circa 5 miliardi di euro all’anno, guardando solo ai risparmi “negoziali” sui prezzi di acquisto (senza considerare cioè i risparmi dovuti all’aumento della produttività del personale addetto agli acquisti). Oggi solo il 5% degli acquisti della PA è digitale.

Fatturazione elettronica. Nell’ipotesi che si renda obbligatoria la fatturazione elettronica nei confronti della PA (cioè che si introduca finalmente il decreto attuativo della legge già approvato nel 2008!), si potrebbero ottenere risparmi diretti pari a 1 miliardo di euro per la PA e 1 miliardo di euro per i fornitori della PA e ulteriori 3 miliardi se, a partire da questo obbligo, si diffondesse la fatturazione elettronica anche nel 20% dei rapporti tra imprese.

Pagamenti elettronici della PA. Ipotizzando che si utilizzino al 30% canali di pagamento elettronico per IMU/ICI, Tarsu, Multe, Bollo Auto, si stima un risparmio per la PA di circa 0,6 miliardi di euro l’anno  (relativi sia alla riduzione dei costi vivi che all’aumento della produttività del personale).

Pagamenti elettronici nel retail consumer. Nell’ipotesi di incrementare anche solo del 10% il tasso di utilizzo dei pagamenti elettronici nel mondo del retail consumer (dal 20% attuale al 30%), si potrebbe arrivare a una riduzione dell’evasione fiscale pari a 5 miliardi di euro all’anno.

Dematerializzazione e innovazione digitale nei processi della PA/eGovernment. Un incremento efficace del tasso di digitalizzazione dei processi tipici della nostra PA, sia interni che di interazione con i cittadini e  le imprese, potrebbe portare un aumento della produttività del personale del 10%, con un potenziale risparmio di  15 miliardi di Euro all’anno (che potrebbe concretizzarsi anche solo bloccando il turnover in alcune ambiti della PA).

Startup. Con l’inserimento di 300 milioni di euro per investimenti seed (pari esattamente alla dotazione inziale del fondo tedesco High-Tech Gruenderfonds), potremmo avere un impatto sul PIL, entro un decennio, di circa 3 miliardi di euro.

Peccato, però, che quattro di questi punti siano stati correttamente affrontati dal Decreto Sviluppo. Due, al contrario, sono stati tralasciati, nonostante siano importanti leve di risparmio per la spesa pubblica: eProcurement e Fatturazione Elettronica. A quando il passo decisivo? Mah…

Unioncamere: un patto con Telecom per le imprese digitali

 

Se il Decreto Sviluppo, varato qualche giorno fa in Parlamento, ha focalizzato l’attenzione e gli interventi previsti su start up e Agenda Digitale, lo sviluppo delle imprese digitali in Italia sta a cuore a Unioncamere. L’Unione italiana delle camere di commercio ha infatti sottoscritto un accordo con Telecom Italia per supportare la massima diffusione delle infrastrutture di rete broadband e ultrabroadband su tutto il territorio nazionale.

Il protocollo d’intesa, siglato da Ferruccio Dardanello, Presidente di Unioncamere e Marco Patuano, Amministratore Delegato di Telecom Italia,  avrà durata triennale e mira a sensibilizzare le piccole e medie imprese italiane all’utilizzo efficiente dei servizi ICT resi disponibili dalla banda larga. Lo scopo del progetto è diffondere la cultura dell’innovazione digitale presso le micro e piccole imprese e nei distretti industriali di tutto il territorio nazionale, anche attraverso forme di cooperazione pubblico-privato.

L’obiettivo è di accrescere la competitività fra i sistemi d’impresa i sistemi territoriali, per avvicinarsi sempre più ai dettami dall’Agenda Digitale europea.

Le nuove tecnologie sono oramai uno strumento imprescindibile per la competitività delle nostre imprese – ha spiegato Ferruccio Dardanello, il Presidente di Unioncamere.  – Con questo accordo intendiamo richiamare l’attenzione di quegli operatori che ancora hanno scarsa familiarità con i servizi ICT sulle opportunità oggi disponibili, ma anche dare nuovo impulso agli investimenti in maniera da contribuire a colmare il digital divide che ancora incide sulle economie di tante aree del Paese”.

La realizzazione di infrastrutture broadband e ultrabroadband e soprattutto la diffusione dei servizi che esse abilitano – ha continuato Marco Patuano, Amministratore Delegato di Telecom Italia – daranno un forte impulso alla crescita economica delle piccole imprese e dei distretti industriali  La competitività di un sistema territoriale è infatti sempre più legata alla sua capacità di vivere in rete e di sviluppare i suoi nuovi usi. Siamo convinti che anche attraverso questa importante iniziativa, e con l’impegno concreto delle istituzioni locali, si possano traguardare gli obiettivi indicati dall’Agenda Digitale europeo”.

Alessia CASIRAGHI

Mercato dell’Ict in calo, la parola d’ordine è innovazione

 

Il mercato italiano dell’Ict ha segnato un calo nelle vendite significativo nel 2011: per quanto riguarda le sue componenti tradizionali (hardware, software e servizi) la contrazione è stata del 3,6% rispetto al 2010, mentre sul versate It si è passati dal – 1,4% di fine 2010 al -4,1% (Tlc da – 3,0% a -3,4%) del 2011. Nel dettaglio sono stati venduti 4.559 milioni di euro di hardware (- 9%), su cui ha pesato il calo nelle vendite di PC (6.370.000, -16,2%), non compensato dal boom dei tablet (858.000 pezzi, +100,2%), mentre il software ha dato prova di maggior tenuta (4.226 milioni di euro, 1%).

I dati sono il frutto del 43mo Rapporto Assinform relativo alle performance del settore Ict nel 2011: “a fronte di un aumento medio mondiale della domanda di Ict di + 4,4%, questi risultati mettono in luce in modo drammatico le difficoltà di ripresa della nostra economia, che fa ancora troppa, estrema, fatica ad agganciarsi all’innovazione digitale come motore della crescita” ha sottolineato Paolo Angelucci, presidente di Assinform.

I trend mondiali parlano chiaro: nel resto del mondo l’informatica è salita del 2,4% e le Tlc del 5,7% nel 2011; il mercato trainante resta quello degli Usa con l’It a +3,1% (+ 5,1 nel 2010) e la Germania con + 2,3% (+ 2,6% nel 2010). Fanalino di coda in Europa la Spagna con – 5,3%. E’ importante sottolineare però che, a differenza dell’Italia, il rapporto Spesa It/Pil nel 2011 nei Paesi sopracitati è stato molto più elevato (Usa 4,2%, Francia 3,4%, Germania e Uk 3,3%), mentre l’Italia, come la Spagna, si è fermato all’1,8%. La forbice tra innovazione e Italia si va allargando, diventando sempre più ampia.

Veniamo al 2012: nel primo trimestre il mercato delle telecomunicazioni ha totalizzato 9.960 milioni di euro, con un calo del 3,1% rispetto al 2011, mentre quello dell’IT è arrivato a quota 4.085 milioni di euro, segnando una contrazione del 3,4%, per un mercato complessivo dell’ICT pari a 14.045 milioni, in calo del 3,2%. Le previsioni per il 2012 parlano di un business complessivo pari a 56.599 milioni (-2,5%) con la componente telecomunicazioni a 39.530 milioni (-2,1%) e la componente IT a 17.119 milioni (-3, 1%).

Se il calo sembra contrarsi, a ciò si aggiunge una buona notizia, almeno secondo Paolo Angelucci, presidente di Assinform: “al calo della domanda Ict tradizionale, si sta contrapponendo l’emersione di un nuovo perimetro del mercato digitale, che tende ad ampliarsi in virtù della crescita delle componenti più innovative, legate alla penetrazione del web, allo sviluppo del cloud, all’Internet delle cose, all’uso di tablet, e-reader e smartphone”. Si tratta di un settore che è il frutto della convergenza fra tecnologie informatiche e di telecomunicazione, e che nel solo 2011 è stato di 69.313 milioni di euro, con un trend negativo più attenuato, dell’ordine di – 2,2 % rispetto al 2010.

Un nuovo trend in grado di compensare le perdite subite dal mercato tradizionale dell’Ict? Sembra proprio di si: “se il 2012 vedrà, secondo le nostre previsioni, un trend delle componenti tradizionali dell’Ict ancora in discesa, anche se con velocità attenuata, dell’ordine di – 2,5% , con le Tlc a -3,1% e l’It a -2,1%, prevediamo una crescita delle componenti innovative di +6,7% continua Angelucci.

Puntare su ricerca, sviluppo e innovazione sembra l’unica soluzione per salvare il mercato: rifocalizzarsi sugli asset innovativi e rimodellarsi in maniera efficiente su quelli tradizionali; crescere dimensionalmente sfruttando tutti gli strumenti a disposizione, innanzitutto capitale di rischio e reti d’imprese, investire massicciamente in Ricerca e Sviluppo. E a proposito di Agenda Digitale e Riforme dello Stato Angelucci sottolinea come sia necessario agire su latri 5 fronti:

  • risolvere il credit crunch: per le imprese It è fondamentale, perché essendo labour intensive sono particolarmente esposte alle problematiche finanziarie
  • riforma del lavoro: non deve essere piu “tossica” dell’attuale dell’art.18 bloccando la capacità di affrontare le sfide che pone il Global Digital Market
  • appalti: è indispensabile rivisitare la materia per l’It, eliminando le gare al massimo ribasso e rispettando i tempi di pagamento
  • riformare l’in-house per eliminare distorsioni di mercato e rivitalizzare la concorrenza nell’informatica pubblica
  • introduzione del Chapter 11 italiano per permettere la ristrutturazione delle imprese

L’Italia vive ancora in una dimensione di arretratezza dal punto di vista dell’utilizzo delle tecnologie informatiche, e questo colpisce anche le piccole e medie aziende che molto spesso puntano troppo poco a innovazione e imprese digitali. Per fare qualche esempio, nel nostro Paese le imprese italiane che acquistano on-line sono meno del 20%, contro la media europea del 30%, e ancora, è bassissimo il numero delle aziende che vendono on-line, raggiungendo valori del 2%, contro il 12-13% europeo. Colpa degli acquirenti? La popolazione italiana che usa spesso Internet non supera il 54%, mentre in Europa va oltre 71%), e fra questi, la popolazione che acquista on-line è meno del 15% (Europa 40%), senza dimenticare che le famiglie italiane con accesso alla banda larga sono poco più del 53%.

Parole d’ordine: investire e innovare. Magari dandosi appuntamento al Salone Smau 2012, in programma dal 17 al 19 ottobre a FieraMilanoCity, per fare il punto all’information e communication technology.

VIENI A SMAU 2012: INFOIVA TI REGALA L’INGRESSO

Alessia CASIRAGHI