Pmi: solo l’11% è online

Una ricerca condotta da Fondazione Nord Est insieme ad UniCredit ha fatto emergere qualcosa che, probabilmente, si sospettava già.

La percentuale delle imprese italiane che investono nel web e sono quindi presenti online con le loro proposte e i loro prodotti va di pari passo con la grandezza delle aziende stesse: più grandi sono le imprese e più è possibile trovarle in internet mentre, al contrario, la presenza delle pmi è ancora molto scarna.

Nonostante ciò, però, e nonostante la crisi, le pmi del Nordest che hanno deciso di buttarsi nell’internet economy stanno riscuotendo buoni risultati, destinati ad aumentare in futuro perché di grandi potenzialità.

L’indagine della Fondazione Nord Est ha in particolare curato l’uso delle tecnologie nel Made in Italy.
E’ emerso che nel 2014 un’azienda su quattro (25,4%, 21,6% a Nord Est) non ha un sito web aziendale e tre aziende su quattro (73,5%, 77,3% a Nord Est) non utilizzano i social network nella promozione del proprio prodotto.

Benchè i numeri non siano ragguardevoli, la distanza dalle medie imprese europee risulta assolutamente colmabile, poiché la media Ue si assesta al 14%, con la Germania che spicca al 22%, mentre la Francia è ferma all’11%.

Ma perché, dunque, la internet economy non attecchisce?
Tra le motivazioni c’è la tipologia di prodotto (52,9%), seguita dalla logistica (34,5), l’eccessivo costo di implementazione rispetto ai risultati attesi (33,4) e la mancanza di infrastrutture (29,9).

Le imprese che, invece, sono proiettate verso l’e-commerce sono soprattutto quelle di grandi dimensione (28,6%), e nell’84,2% dei casi utilizzano il proprio sito web.
Più attivi sono i settori di moda e arredamento.

Francesco Peghin, presidente di Fondazione Nord Est, ha dichiarato: “L’indagine mette in evidenza la debolezza del sistema imprenditoriale italiano rispetto all’utilizzo degli strumenti online ma anche il grande sforzo compiuto dalle piccole imprese per rimanere competitive attraverso l’apertura di nuovi mercati. Nonostante la crisi iniziata nel 2009, dal 2004 le loro esportazioni sono infatti cresciute di oltre il 30%. Un dato che mostra le notevoli capacità imprenditoriali e di innovazione presenti anche nelle piccole imprese del Nordest. Capacità spesso tarpate da un contesto Paese che ne affossa l’intraprendenza. È quindi prioritario avviare azioni di politica economico-industriale che corroborino le potenzialità di crescita di queste realtà che potrebbero essere un importante motore di sviluppo futuro“.

Ha poi aggiunto Romano Artoni, deputy regional manager di UniCredit: “Le aziende che hanno innovato non solo nella produzione ma anche nei format distributivi sono quelle che meglio competono, crescono e traguardano nuovi mercati. Condividiamo con Fondazione Nord Est un percorso teso a trasmettere fiducia, competenze e best practice nell’utilizzo delle nuove tecnologie“.

Vera MORETTI

Economia digitale e piccole imprese

 

Start up digitali, internet economy e internazionalizzazione delle imprese in una fase non propriamente florida di congiuntura economica. Sono questi i temi affrontati dal nono Rapporto Piccole Imprese stilato da UniCredit. Al centro la digitalizzazione delle aziende del made in Italy: la presentazione del rapporto è stata infatti accompagnata da una tavola rotonda sul tema “La digitalizzazione delle imprese italiane: efficienza, innovazione e conquista di nuovi mercati”, introdotta da Gabriele Piccini, Country Chairman Italy UniCredit.

Punto primo: la digitalizzazione ha profondamente cambiato l’interazione tra sistema scientifico-tecnologico e apparato produttivo, sempre più imperniata su due risorse immateriali: l’informazione e la conoscenza. Le tecnologie digitali hanno mutato il modo di produrre, di scambiare e di comunicare delle aziende di qualsiasi dimensione.

Ma quali sono le differenze e come ha impattato in misura diversa la nuova economia digitale su piccole, medie e grandi imprese in Italia? A questo quesito hanno cercato di rispondere gli analisti di Unicredit, su un campione di 6.000 interviste a piccoli imprenditori italiani, a cui si vanno aggiunti 1.000 imprenditori medi e 300 grandi, tutti clienti UniCredit.

Questi i risultati:

Indice di fiducia 2012:  l’anno corrente registra il più basso valore dell’indice di fiducia mai raggiunto dal 2004 (73 su un valore che varia da 0 a 200, dove 100 rappresenta la soglia oltre la quale prevalgono le opinioni positive), con una perdita di 8 punti rispetto allo scorso anno e di ben 20 punti rispetto al 2008.  Se si concentra però l’attenzione sull’utilizzo delle tecnologie digitali, sia le piccole sia le medie imprese si dichiarano molto più fiduciose  (+6% per le piccole, +7 per le medie). A convincere soprattutto è il settore dell’e-commerce.

Accesso al credito per le start-up digitali: il problema per le piccole, medie e grandi imprese resta quello di come finanziare i processi di digitalizzazione: la nuova economia digitale e difficilmente bancabile, perchè necessita di interlocutori e finanziatori in grado di comprendere la loro portata innovativa. E di assumersi il rischio di investire.

Internet Economy: la sua diffusione in Italia è ancora inferiore rispetto agli Stati Uniti e a nazioni europee come Svezia, Gran Bretagna, Francia e Germania. L’Italia sconta infatti un consistente digital divide, dovuto a ritardi nell’infrastrutturazione, nell’utilizzo di Internet e nell’impatto della Rete in diversi ambiti. Il “divario digitale” colpisce soprattutto le piccole imprese: in particolare a essere meno diffuse e utilizzate sono le cosiddette tecnologie avanzate (rete intranet aziendale, rete extranet, profilo su social network), mentre persiste un minore utilizzo di strumenti Internet che richiedono maggiore interazione (rapporti online con la PA, ecommerce).

Internazionalizzazione: ancora esigua la quota di piccole imprese che puntano e investono sull’ internazionalizzazione (12%, contro il 48,1% delle medie e il 56,4% delle grandi). Va sottolineato però il fatto che la quota di piccole imprese che guardano a nuovi mercati sia molto dinamica: negli ultimi dieci anni, un numero crescente di piccole imprese ha rivolto la propria attenzione ai mercati internazionali e questo processo è avvenuto con un’accelerazione progressiva proprio a partire dal 2007.

Innovazione: in Italia la presenza di imprese innovative nel triennio 2010-2012 è ancora insufficiente. Più propense all’innovazione sono le aziende di dimensione maggiore, ma il dato curioso è che l’innovazione di prodotto sembra portare un beneficio maggiore sul fatturato delle piccole imprese, a riprova di quanto ricerca e innovazione siano strategice anche per gli operatori di minori dimensioni (fatto 100 il fatturato totale realizzato nel 2011, la quota media ascrivibile a nuovi prodotti o servizi immessi sul mercato è pari al 30,9% nelle piccole imprese, contro il 25,7% delle medie e il 23,6% delle grandi).

Alessia CASIRAGHI