L’Italia non merita di fallire. Noi sosteniamo l’Italia

A volte dalle nostre pagine ci è capitato di non essere d’accordo con quanto affermato dai vertici di Confindustria. Ultimamente, però, su un’affermazione di Emma Marcegaglia ci troviamo d’accordo. Qualche giorno fa la leader degli industriali ha infatti affermato che l’Italia non merita di fare la fine della Grecia, ormai tecnicamente fallita. “Non merita”, appunto, non “non può”. Non merita di fallire. Per diversi motivi.

Intanto, i conti pubblici rispetto all’inizio dell’anno non hanno subito drammatici peggioramenti. Se è vero che il debito di Stato supera i 1900 miliardi di euro e ha una quota nel 2012 in scadenza, compreso il disavanzo, che si aggira intorno al 23,5% dell’ammontare – superiore a quella di ogni altro Paese dell’euroarea, Grecia compresa (che è al 16,5%) – è pur vero che la durata media del debito italiano è la più alta (7,2 anni) e la quota in mani straniere la più bassa, solo al 42%.

Poi, per quanto possa sembrare un inutile mantra, il fatto che i fondamentali economici italiani siano solidi è innegabile; del resto, siamo la prima economia europea per vocazione manufatturiera la seconda per volumi di export. Inoltre, la quota di risparmio privato nelle mani degli italiani è la più alta del mondo, un dato che ci distingue da sempre e che sbattiamo volentieri in faccia a quanti ci accusano di essere un popolo di cicale: l’italiano è formica, caso mai cicale si sono dimostrati i nostri politici negli ultimi 30 anni. Il fatto che li abbiamo votati noi non ci esime da colpe, ma il risultato è che il debito lo hanno fatto loro e quanti come loro hanno ricoperto posizioni istituzionali e amministrative di alto livello: il fatto che vogliano ripianarlo mettendo le mani nelle nostre tasche prima che nelle proprie, è solo un estremo atto di codardia intellettuale.

E ancora. L’Italia non merita di fallire perché è una fonte di contagio formidabile per il mondo e il mondo, nella veste dell’Fmi, non si farà scrupoli a intervenire con i carri armati (figurati, s’intende) per farci cambiare registro prima che sia troppo tardi per tutti. Del resto, un default italiano significherebbe il concreto deragliamento dell’euro che coinvolgerebbe gli altri Paesi in un effetto domino; prima fra tutti la Francia, le cui banche sono le più esposte in quanto a debito italiano in portafoglio e che, in questi giorni, si è sentita bruciare il fondoschiena per via dello scivolone di Standard & Poor’s che ha lasciato intendere un downgrade del Paese. Con Sarkozy terrorizzato di perdere la tripla A tanto quanto Berlusconi è terrorizzato di perdere la propria virilità. E un flop dell’euro tanto tabù non è, visto l’Europa ha una moneta unica ma non una politica economica comune e che Paesi come la grande Germania hanno già fatto i conti di quanto perderebbero o guadagnerebbero uscendo dalla moneta unica, stanchi di pagare sempre e per tutti.

Infine, l’Italia non merita di fallire perché il modo di raddrizzarne i conti e stimolarne la crescita esiste; interventi sulle pensioni di anzianità, dismissioni ciclopiche del patrimonio pubblico, taglio della spesa corrente e dei costi della politica. Interventi duri, in parte antipopolari in parte no, ma la cancrena è troppo avanzata per continuare con le aspirine: ora ci vuole la chemio, dura e aggressiva. Sperando che basti.

Per questo, perché siamo un popolo capace e tenace e per tanti altri motivi, noi pensiamo che l’Italia non meriti di fallire e non possa farlo. Siete con noi? Firmate virtualmente il nostro manifesto facendo Like sulla pagina Facebook SOSTENIAMO L’ITALIA.

ITALYNEWSWEEK

Altro che Grecia, l’Italia si rimette in gioco

A pochi giorni dall’annuncio dell’ex premier Silvio Berlusconi di lasciare il comando del governo e a poche ore dall’insediamento dell’esecutivo Monti, economista di fama internazionale a cui è stato affidata la guida del governo tecnico, l’Italia si interroga sul proprio futuro. La sfida che aspetta il nuovo governo è ardua, l’esempio catastrofico della Grecia è dietro l’angolo che ci guarda ammiccante. Siamo italiani, siamo combattivi, siamo preparati e abbiamo una certa abilità a “curare” le emergenze. Chi annuncia la morte del Paese lo fa per disfattismo e per alimentare il disorientamento dell’opinione pubblica. In realtà sapendo comandare bene il timone e con un pizzico di fiducia potremo allontanarci dalle acque agitate e portare il nostro barcone verso acque più tranquille. Il grande mare di opportunità e ripresa economica si trova solo ad un giro di boa, l’ultima di una serie, di certo la più difficile da affrontare ma pur sempre l’ultima. E’ imperativo non gettare la spugna proprio ora.

Perchè l’Italia ce la farà? Che cosa ci differenzia dalla Grecia?
Su un’altra sponda del Mediterraneo, il nuovo primo ministro è Lucas Papademos a capo di un governo tecnico composto da una coalizione di socialisti e dalla destra. Al recente discorso di insediamento ha confermato che  il deficit del Paese nel 2011 sarà ridotto “a circa il 9%” del Pil dopo il 10,6% nel 2010 e 15,7% nel 2009. Secondo il premier, il primo obiettivo che il nuovo governo si è prefissato è di ottenere la sesta tranche di aiuti internazionali. Ottenuti i finanziamenti si potranno completare le trattative con la troika (Commissione europea, Banca centrale europea e Fondo monetario internazionale) su un secondo piano di salvataggio.

Il deficit dell’Italia oscilla tra i 20 e i 25 miliardi di euro. Molto, ma non irrimediabile. La catastrofe greca è stata la conseguenza di una situazione economica ben più grave (si parla di 330 miliardi di euro di debito) e soprattutto nessun piano per il futuro nel medio-breve tempo. Per quanto riguarda il rapporto deficit/Pil le stime sono state corrette dall’Unione Europea: nel 2012 si prospetta un rapporto pari al 2,3% e nel 2013 all’1,2% (le nostre stime erano dell’ 1,5% e 0,1%). In ogni caso bel lungi dai conti neri della Grecia.

La nuova guida del Paese
Il nuovo premier in Italia è Mario Monti, economista, ex commissario europeo per il Mercato Interno e per la concorrenza. Dopo l’incarico ricevuto da Napolitano e la formazione del suo governo ha detto che serviranno sacrifici (“non lacrime e sangue”) per risollevare l’Italia e che il suo esecutivo non avrà una scadenza predeterminata: “La predeterminazione della durata toglierebbe credibilità al governo, non accetterei una definizione temporale”. Il primo obiettivo è la gestione dell’emergenza economica  e l’adozione di misure “conomiche e sociali di crescita ed equità fiscale. “Dobbiamo realizzare la massima coesione per permettere all’Italia di essere protagonista come lo è stata in passato”, ha ribadito Napolitano. L’eco dei partiti politici di ogni fazione sembra essere stata forte. Tutti, chi più chi meno sono disponibili a trattare col nuovo governo, l’unica forza che attualmente si dichiara indisposta è la Lega Nord.

Fin dal piano di azione si notano le differenze con la Grecia. Il nostro Paese è sì in balia della corrente ma non è affossato. Dal punto di vista operativo, non si stanno cercando aiuti internazionali in maniera esplicita, si cerca piuttosto coesione interna e l’approvazione di riforme urgenti che permettano di virare con profitto (come ribadito da Emma Marcegaglia). Dal punto di vista economico si sono già avviate vendite di BTP (con la più recente  si è cercato di collocare tra gli 1,5 e i 3 miliardi di euro per titoli a 5 anni). Monti sembra voler appoggiare i giovani e sostenere il mercato del lavoro, cosa che in Grecia non è avvenuta prima del collasso. Gli indignados greci hanno a buona ragione cominciato a manifestare ben prima di noi italiani, per loro l’acqua alla gola è salita molto rapidamente senza possibilità di arginare le falle visto l’enorme ritardo nell’azione.

Reputazione internazionale
Anche la stampa internazionale, dopo attacchi reiterati e preoccupazione crescente, sembra guardare all’Italia con minore scetticismo. I cugini spagnoli hanno espresso fiducia per la rinascita italiana dalle colonne de El Pais, giudicando positivamente le nostre intenzioni di operato. L’Europa rimane in attesa di risultati dopo le numerose bacchettate dell’ultimo periodo. Nonostante il giudizio rimanga cauto l’Ue sembra credere nella nostra ripresa, anche se il cambio di governo non rappresenta di per sè la via di salvezza. Il portavoce del commissario agli affari economici Olli Rehn sembra aver apprezzato il rigore ed equilibrio annunciati da Monti tra consolidamento di bilancio e riforme strutturali. La Commissione ha annunciato che il primo rapporto sull’Italia sarà presentato da Rehn alla riunione dei ministri Eurogruppo il 29 di questo mese. Sarà per il Paese il giorno del verdetto. Intanto spetta a noi dimostrare di saperci rimboccare le maniche, di riuscire a guardare avanti e prospettare il giusto futuro che spetta la nostra Italia. Solo in questo modo sapremmo riavvicinare i partner europei che ci hanno scaricato ai primi accenni di crisi.

Risalendo ai motivi che hanno portato la Grecia alla débâcle si può affermare, in maniera semplicistica ma veritiera che lo Stato ha vissuto per anni ben al si sopra delle sue possibilità. Ad un certo punto si è toccato il fondo. In Italia questo comportamento non è mai stato esasperato, e a periodi di fasti si sono sempre accompagnati momenti di rigore che nel bene o nel male hanno riallineato l’ago della bilancia evitando di cadere nel precipizio. Il neo premier greco dovrà scontrarsi anche con l’eccessiva presenza del pubblico nell’economia. I lavoratori statali sono quasi 900 mila su 11 milioni di abitanti: un eccesso. In un momento difficile per tutti la Grecia non ha saputo adeguarsi sul fronte della riforma della pubblica amministrazione, delle pensioni, della sanità, delle privatizzazioni. Ha così perso l’opportunità di investire in maniera saggia i finanziamenti europei, ha eroso rapidamente il welfare, ha annientato la credibilità. Morale della favola, la Grecia si trova in uno dei momenti più neri della sua storia costretta ad un regime di austerità. L’Italia si trova in un momento difficile in cui può mostrare il suo valore, la sua forza e anche la capacità di farsi aiutare (non è certo una vergogna chiedere una mano internazionale). L’Italia ce la deve fare e ce la farà.

Mirko Zago