Elmec, una delle realtà IT leader del Made in Italy

Il 2016 è stato un anno record per Elmec, una delle più grandi realtà private italiane nel settore IT, poiché ha registrato un incremento del fatturato del 15% rispetto all’anno precedente, arrivando a quota 182 milioni di euro.

Elmec Informatica si occupa di soluzioni e servizi IT per le aziende, vanta ben sette sedi in Italia e una in Svizzera, e un network di 5.000 tecnici attivi in più di 60 Paesi, dimostrando una solidità sul mercato davvero notevole.

Per arrivare a risultati del genere, l’azienda varesina ha investito oltre 70 milioni di euro nello sviluppo di nuove soluzioni tecnologiche che meglio interpretano le nuove esigenze delle aziende, come ad esempio la realizzazione di un innovativo data center Tier IV che ospita 6 sale server con una potenza di 2.400 Mw, inaugurato esattamente un anno fa, a Brunello in Provincia di Varese.

Elmec punta su un modello di sustaining innovation, ovvero di sviluppo delle tecnologie già in uso nella maggior parte delle aziende italiane, spesso caratterizzate da architetture IT complesse e fortemente personalizzate. In questo modo, Elmec si propone di gestire la complessità dell’IT delle aziende con strumenti e competenze in grado di ottimizzare i processi più comuni, permettendo così alle risorse aziendali di concentrarsi su altri aspetti.

Grazie a un’infrastruttura di eccellenza Elmec è riuscita ad ottenere da SAP le certificazioni Cloud Services, Operation Services for SAP HANA e Infrastructure Operation Services posizionandosi come riferimento infrastrutturale nei processi di migrazione a SAP HANA.
Ad oggi, l’azienda conta 600 dipendenti, ma sono previste integrazioni di altre 40 figure, che possano supportare l’investimento in ambito tecnico e commerciale in atto.

Vera MORETTI

Professioni It tra lavoro e stress

Uno degli ambiti professionali nei quali la richiesta di profili elevati è sempre molto alta è quello delle professioni It. Un settore che Michael Page, società di ricerca e selezione di personale specializzato nell’ambito del middle e top management, ha analizzato attraverso un’indagine proprio sulle professioni It.

Lo studio si è basato su un campione di 586 intervistati in tutta Italia, formato da persone che si occupano nel 32,8% dei casi di progetti trasversali, nel 21,3% di software, per il 13,3% di infrastrutture e di progetti Erp per il 13,1%, distribuite secondo queste tipologie: il 91% uomini, il 9% donne; l’8% di età al di sotto dei 35 anni, il 54% fra i 36 e i 45 anni e il 38% oltre i 45 anni; il 26% degli esercitanti le professioni It coinvolti nel sondaggio le svolge nell’industria, il 25% nella consulenza e il 15% nel settore bancario e assicurativo; il 33% diplomati, il 24% laureati di secondo livello e il 23% laureati in ingegneria.

Ebbene, da questo studio di Michael Page sulle professioni It emerge intanto un altissimo livello di occupazione: 93,2%. Il 52,7% degli intervistati guadagna tra i 35 e i 55mila euro. In particolare, tra chi si occupa di software il 70,4% percepisce uno stipendio inferiore ai 55mila euro annui, mentre chi gestisce progetti trasversali guadagna oltre 55mila euro.

Svolgere delle professioni It fa mediamente bene alla proprio approccio al lavoro. Secondo Michael Page, si dichiara motivato il 52,9% degli intervistati. Il 54,2% lega la propria soddisfazione invece allo stipendio, mentre ben il 96,8% la lega al riconoscimento, che però pare un elemento poco diffuso all’interno dei contesti lavorativi esaminati: solo il 32,4% pensa di averne all’interno del proprio ambiente di lavoro.

Le più motivate tra chi svolge delle professioni It non sono le donne: il 39,1% delle intervistate pensa di non avere opportunità di carriera e il 30,4% si lamenta dello stipendio. Sia uomini (95%) sia donne (84%) sono concordi nel chiedere al datore di lavoro l’opportunità di affrontare nuove sfide, sia in termini di progetti sia tecnologie, tanto che la richiesta di obiettivi sfidanti appare una delle più importanti leve a disposizione dei datori di lavoro per trattenere i talenti in azienda.

Talenti che, secondo i risultati della ricerca, nell’ambito delle professioni It si possono trattenere anche impostando in azienda un buon rapporto tra della qualità di vita e lavoro, dando la giusta visibilità del ruolo all’interno della struttura societaria, adeguando la retribuzione in base alla seniority, e alla crescita professionale, ma soprattutto investimento nella formazione costante.

Un’ultima occhiata al capitolo stress, che nelle professioni It pare presente, eccome. Solo il 37,5% degli intervistati dichiara infatti di non vivere situazioni stressanti. Dai dati emerge anche che il settore It è caratterizzato da una certa staticità delle posizioni: i due terzi del campione (64,8%), lavora da almeno quattro anni nella stessa azienda. Interrogati circa il futuro, il 74,4% ha una percezione positiva del mercato e dell’evoluzione dei settori e delle professioni It.

Via alla fattura elettronica in tutti gli Stati Ue

La tecnologia si fa largo in tutti gli ambiti, al fine di semplificare la vita ai lavoratori ma anche ai contribuenti.
A questo proposito, infatti, anche la burocrazia ne beneficia, grazie all’introduzione della fatturazione elettronica che entro la fine del 2012 dovrebbe sostituire quella cartacea in tutti gli Stati Ue.

Questo provvedimento va di pari passo con la lotta alle frodi fiscali che, grazie alle fatture digitali, potrebbero, se non sparire del tutto, almeno diminuire.
Questa nuova norma dovrebbe finalmente eliminare i vincoli che impediscono la diffusione dello strumento elettronico.

Relativamente alle pmi, il modello ufficiale di Iva per cassa vuole evitare che i Paesi membri adottino regimi propri in deroga, solitamente caratterizzati da un notevole grado di disarmonizzazione.

Uno degli obiettivi di questo provvedimento è rendere la normativa più unitaria a livello comunitario, minimizzando le opzioni a discrezione degli Stati e rendendo così più agevoli anche le operazioni intra-comunitarie.

Vera MORETTI

Tablet e smartphone mettono a rischio la sicurezza delle aziende

di Vera MORETTI

Dispositivi mobili aziendali: un bene o un male?
Una nuova ricerca internazionale condotta sui rischi della mobilità, infatti, sembra far emergere alcune problematiche, soprattutto per quanto riguarda sicurezza e policy aziendale, spesso sconosciute ai più.

Tra i 304 professionisti intervistati per la ricerca, ben il 92% considera tali dispositivi importanti per raggiungere gli obiettivi di business, ma, tra gli intervistati, l’88% ne riconosce la pericolosità, anche se solo il 34% utilizza policy rinforzate e il 17% mette in atto i controlli di sicurezza necessari per evitare questi rischi.

La contraddizione è palese, soprattutto considerando che, negli ultimi anni, l’IT si è molto dedicato alla sicurezza dei desktop, cercando di prevenire la perdita di dati via web o e-mail. Se non che, con l’avvento dei nuovi dispositivi mobili, che stanno sostituendo i notebook, non si stanno seguendo le stesse accortezze. E il rischio è grande, perché la perdita dei dati sensibili è molto più che una remota possibilità.

A confermarlo è una ricerca effettuata dal Ponemon Institute, i cui intervistati IT hanno dichiarato che il 63% delle violazioni si è verificato a causa di dispositivi mobili. Solo il 28% ha dichiarato che i computer dei dipendenti erano la causa.

Inoltre, ben il 75% degli interpellati ha dimostrato di essere al corrente che i dipendenti aggirano o disattivano le funzionalità di sicurezza, come le password e il blocco tasti, sui dispositivi aziendali e personali.
Ma, cosa ancora più importante, è che il 58% delle aziende coinvolte ha ammesso di aver subito una perdita di dati causata dall’uso non protetto dei dispositivi dei dipendenti, tra cui notebook, smartphone, device USB e tablet.
Il 45%, inoltre, ha riscontrato un incremento delle infezioni malware a causa dei dispositivi mobile non sicuri, utilizzati sul posto di lavoro.

Il settore IT sempre più in crisi

di Vera MORETTI

Il mercato IT è in crisi, e i numeri lo dimostrano ampiamente: il peggioramento era cominciato già nel secondo semestre dello scorso anno, e il trend negativo continua anche nel primo trimestre 2012.
Assinel Report, infatti, conferma un 2,9% in negativo rispetto all’ultimo trimestre 2011 e diventa -6,2% se si confronta con lo stesso periodo dell’anno scorso.

Ad essere colpito è soprattutto l’hardware, che ha registrato -8,7% rispetto al primo trimestre 2011, seguito dal comparto Servizi IT (-7,6%) e dal software (-3,2%).
In positivo, invece, il Cloud Computing (+43,8%) e il segmento tablet/smartphone (+12,3%), ma la perdita è di quasi 3 miliardi di euro dal 2008 ad oggi.

Giorgio Rapari,presidente di Assintel, ha dichiarato: “Come sempre il nostro Paese non è stato capace di sfruttare le dinamiche anticicliche legate all’Information Technology, intrappolato in logiche tattiche, purtroppo necessarie, di taglio dei costi“, anche se viene visto con ottimismo il binomio Monti-Passera, grazie all’attenzione nei confronti dell’Agenda Digitale.

E’ anche vero, però, che il mercato non può permettersi il lusso di aspettare i modi e i tempi della politica, cosa che rappresenterebbe un’ulteriore perdita da parte del settore. Per salvare l’IT, invece, occorre stare al passo con le innovazioni, come l’enterprise mobility, il cloud, il mondo social e l’information security management.

Salta all’occhio, tra i problemi più salienti, il declino della spesa nel medio periodo, poiché rispetto all’ultimo trimestre del 2011, l’Hardware segna un -9,7% e così finirà l’anno.
Il comparto Servizi IT segna un -0,3% che, secondo le previsioni, calerà fino al -3,8%. Il software sembra tenere, con un debole +0,2%, che dovrebbe salire dello 0,8% per la fine del 2012.

Positive, invece, le cifre per Assicurazioni, TLC-Media e Consumer. Infine continuerà la contrazione della spesa in innovazione per le micro e piccole imprese (si stima rispettivamente un -16,7% e un -11,6%), mentre le grandi e medio grandi imprese dovrebbero riuscire a mantenere posizioni meno negative (-1,5% e + 0,5% rispettivamente).
Considerando, poi, che i segnali positivi derivano da quelle imprese che hanno sviluppato un Made in Italy innovativo, capace di investire in competitività e qualità, si conferma il principio per cui l’IT deve abbandonare il suo carattere tradizionale ed essere sempre più proiettato verso le nuove tecnologie.

Tutto ciò viene confermato anche da Alfredo Gatti, mangino partner di Nextvalue: “La trasformazione dell’IT si fa strada inesorabilmente pur tra le difficoltà del momento. Persone, amici, famiglie usano strumenti come tablet, smartphone e social media per decidere in chi riporre fiducia, dove andare, cosa comprare e perché. Imprese e società civile usano gli stessi strumenti per essere più presenti e vicini ai loro clienti. Per gli operatori dell’IT è il momento di ripensare al valore dei propri clienti, di creare nuovi modelli operativi, di trarre nuovi vantaggi competitivi. La sfida è farlo velocemente e capire quanto tutto ciò può portarci lontano“.

Cloud computing e PMI: pro e contro

In questa sede abbiamo già avuto modo di parlare del Cloud computing, da molti considerato come la principale via di “distribuzione” del software nel prossimo futuro. Secondo recenti stime già dal 2012 il Cloud computing rappresenterà il 25% di tutta la spesa del reparto IT aziendali; un dato questo che deve far riflettere sulle potenzialità del Cloud.

Partendo da queste stime cerchiamo però di conoscere in maniera più pratica questo Cloud computing, soprattutto dal punto di vista delle PMI.

Abbiamo visto che questa tecnologia permette di accedere ai servizi a pagamento appoggiandosi a infrastrutture localizzate esternamente all’azienda e gestite direttamente dal fornitore. Questo consente l’erogazione in modo perpetuo dei servizi che rimangono nella nuvola, e quindi sempre disponibili perché distribuiti attraverso la rete. Questo tipo di Cloud prende il nome di Cloud pubblica.

Oltre a questa forma di condivisione può considerarsi vantaggiosa l’implementazione di una Cloud privata, mediante l’installazione su server interni all’azienda. Per la Cloud privata l’azienda deve essere in possesso soltanto di un collegamento a internet veloce ed affidabile. Dotarsi di questo tipo di tecnologia reca sicuramente dei benefici in termini di flessibilità, come ad esempio l’accesso ad email, documenti, contatti, ed una gestione più diretta dei clienti, grazie all’accesso alle informazioni da tutte le postazioni di lavoro.

Da un punto di vista pratico non cambia nulla, nel senso che non cambia minimamente il modo di lavorare o di accedere al software, ma dal punto di vista economico l’azienda risparmia molto sui costi per la formazione specifica, in quanto utilizza sempre i medesimi strumenti.

L’attuale sofferenza delle PMI è sotto gli occhi di tutti: contrazione economica, banche restie a fornire credito se non a fronte di garanzie concrete, tutto questo si acutizza ancor di più se si pensa a chi deve avviare l’attività da zero.

Il Cloud computing permette alle PMI un notevole risparmio sui costi delle infrastrutture informatiche e sulla loro manutenzione. Oltre a questo, con una Cloud di tipo pubblico è possibile fruire immediatamente dei servizi software desiderati; basterà semplicemente iscriversi. L’azienda può così concentrarsi esclusivamente sul proprio core business, senza disperdere inutilmente tempo e risorse. Inoltre, non si deve nemmeno più preoccupare degli aggiornamenti che sono interamente a carico del fornitore del servizio.

Uno dei problemi alla base del Cloud computing è quello della scalabilità del software, problema che è stato risolto in modo semplice tramite il pagamento periodico dei soli servizi realmente utilizzati dall’azienda.

Da questo si evince che la Cloud è un tipo di tecnologia perfettamente scalabile e flessibile, adattabile a tutte le esigenze delle PMI.

Analizzando il Cloud computing da un punto di vista critico potrebbero sorgere dei dubbi riguardo alla riservatezza dei dati e sul tipo di legame con il fornitore del servizio, specie in caso di guasti e/o disservizi. Tutto questo dovrebbe tuttavia essere disciplinato dal contratto che lega l’azienda al fornitore del servizio. Nel contratto devono essere scritti chiaramente i tempi di ripristino in caso di guasto e il livello di protezione e sicurezza degli apparati, in modo tale che l’accesso sia consentito soltanto alle persone autorizzate.

Il futuro è sicuramente tutto nelle mani del Cloud, tanto che diverse grandi aziende IT hanno già una specifica linea di business dedicata alla Cloud strategy. Gli esperti prevedono che entro il 2020 la diffusione del Cloud, che permette di accedere agli applicativi via Web da qualsiasi luogo (anche via smartphone) e in qualsiasi momento, porti alla continua e progressiva eliminazione degli applicativi sui PC generici.

Emiliano Ragoni