Italiani più propensi a spendere per Natale

Il Natale si sta avvicinando e, come sempre, la corsa al regalo. Anche se, a causa della crisi economica che ha pesantemente investito il nostro Paese, negli ultimi anni si compra di meno e i regali costosi sembrano ormai un vago ricordo, dicembre rappresenta ancora un mese piuttosto frenetico dal punto di vista delle spese.

L’Ufficio Studi Confcommercio ha presentato uno studio sull’andamento dei consumi, le tredicesime e la propensione al regalo in vista del Natale e rispetto all’anno scorso la situazione è decisamente migliorata, anche se negli ultimi mesi il reddito ha subito uno stop, a causa di qualche oscillazione da parte della produzione industriale. E questo, insieme al calo dell’occupazione, stagnante negli ultimi tre mesi, potrebbe far diminuire anche la fiducia nelle famiglie, riducendone la loro propensione alle spese.

Un’altra motivazione può essere anche il reddito disponibile nel 2018, ormai non tanto lontano, che è ancora molto indietro rispetto al 2007, e di ben 2010 euro a testa, e questa carenza sicuramente si fa sentire. La cosa positiva è che rispetto al 2014 sono stati recuperati 700 euro, quindi una nota positiva ijn realtà c’è.

Mariano Bella, direttore dell’Ufficio Studi Confcommercio, ha aggiunto: “Valutazioni analoghe valgono per i consumi: siamo ancora sotto di circa 1000 euro rispetto al massimo del 2007 ma abbiamo recuperato altri 1000 euro rispetto ai minimi del 2014, con una crescita del 6,3% nel quadriennio 2015-2018”.

Per quanto riguarda le tredicesime, superano 41 miliardi di euro, con una crescita di quasi 1,1 miliardi, passando così da 34,4 a 35,5 miliardi di euro. se a queste si aggiunge anche le risorse che si stima verranno destinate alle spese natalizie, si raggiunge un valore superiore rispetto a quello dll’anno scors, che era di 33,7 miliardi.
Facendo i conti, si dovrebbe trattare di una spesa di 1500 euro a famiglia, valore che si avvicinerebbe ai livelli pre-crisi.

Gli italiani penseranno a mettere ordine nei propri bilanci e nelle proprie case o magari a fare qualche viaggio in più piuttosto che a fare regali, che comunque restano una voce importante a dicembre. A conferma di qualche incertezza presente tra le famiglie c’è la prosecuzione del trend discendente sulla gradevolezza del rito dei regali, un fatto piuttosto importante per il commercio: se si riduce la voglia e la piacevolezza del fare i regali sarà difficile rimettere in sesto molti bilanci aziendali, per i quali il mese di dicembre continua a rappresentare il momento dirimente tra proseguire l’attività o chiudere. Qui credo ci sia bisogno di nuove e più importanti iniziative di marketing per rilanciare il Natale come festa consumistica. Può piacere o meno ma questi dati indicano una certa disaffezione che va recuperata”.

Vera MORETTI

Gli italiani tornano ad essere disponibili all’acquisto, soprattutto per il cibo

Gli italiani sono usciti un po’ malconci dalla crisi economica, e forse in alcuni casi ancora non hanno visto la luce in fondo al tunnel, perciò, la prudenza ancora prevale quando si devono fare acquisti.
Forse, però, un’inversione di tendenza si sta verificando, in particolare nel settore alimentare, dove, invece, la disponibilità agli acquisti sembra aver ripreso vita.

Ricordiamo che, negli anni della crisi più nera, anche la spesa alimentare era stata particolarmente colpita, ma ora ha ripreso a crescere, per un totale del 14,3% in più sul totale dei consumi delle famiglie, quota decisamente superiore rispetto alla media dei principali Paesi europei, attestatisi all’11,4%.

Tutto ciò è stato testimoniato da una ricerca del Censis presentata a Milano da Massimiliano Valerii, direttore generale dell’Istituto e intitolata “Il futuro dell’alimentazione: tra stili di vita contemporanei e nuovi modelli di fruizione”.
Il cibo torna ad essere il principale interesse degli italiani, per ben il 91%, e, quando si tratta di fare una scelta, non si pensa in primo luogo al prezzo, come accade nel resto del mondo, ma a fattori qualitativi come trasparenza delle informazioni (94,4%), funzionalità (88,4%), salute (84,6%), eticità (83,5%).
A questi si aggiunge l’italianità, valore per il quale è disposto a pagare qualcosa in più (85,5%), in linea con un fenomeno globale di domanda di italian food che dal 2010 al 2015 è cresciuto nel mondo del 36,5%.

Si tratta, comunque, di fattori molto soggettivi, perciò, quando gli italiani decidono cosa portare sulle loro tavole, le soluzioni sono davvero molteplici: cibo pronto e semipronto (utilizzato da oltre 31 milioni di italiani), cibi salutisti (26 milioni), take-away acquistato on line (19,4 milioni), alimenti e bibite nei distributori automatici (25,3 milioni).
Ma, qualunque sia la scelta, gli italiani si informano prima in rete (57%, percentuale che sale al 74,2% nel caso dei mllennial, anche se, al momento dell’acquisto, sono ancora pochi coloro che lo fanno online. Per il cibo, si preferisce “toccare con mano”.

Un fattore dal quale non si può prescindere è la marca: il 67,3% è disposto a pagare di più per i prodotti della marca di fiducia.

Così ha commentato questi risultati Massimiliano Valerii: “E’ interessante notare come, più si ampliano offerta e canali, e più la marca assuma un ruolo di guida e di garanzia: gli italiani, compresi i millennial, sono disposti a pagare di più per il prodotto di marca, soprattutto quando comprano alimenti salutistici (71,1%), cibi pronti o semipronti (69,6%), prodotti nei distributori automatici (71,3%). E anche quando ordinano cibo cucinato a domicilio, dove quindi la ‘marca’ è il ristorante o la piattaforma di acquisto”.

Vera MORETTI

Crisi e famiglie, le strategie per resistere

Più vulnerabili e meno ricche. Le famiglie italiane si ritrovano ogni giorno a fare i conti con la crisi. Meno uscite – al cinema, al ristorante, nei locali – meno shopping e mete meno invidiabili per trascorrere le proprie vacanze. La conferma arriva anche dall’ultimo rapporto Istat 2012, diffuso in questi giorni, che registra come il potere d’acquisto delle famiglie italiane sia passato dai 130,2 miliardi del 2007, l’ultimo anno precrisi, ai 93,4 miliardi nel 2012.

Ma questa riduzione come ha inciso sulle abitudini quotidiane dei cittadini? Dove si cerca di risparmiare maggiormente? Infoiva ha scelto di chiedere ai diretti interessati, per capire come la crisi abbia influenzato stili di vita e tempo libero degli italiani. Che non si concedono più lussi, nemmeno quello ci credere che le riforme dell’attuale Governo possano davvero aiutarli a crescere. Ecco il video: vi riconoscete in queste storie?

Alessia CASIRAGHI

Crisi di panico da regali di Natale? Consolatevi…

di Alessia CASIRAGHI

Vi sentite in colpa perché non avete ancora comprato i regali di Natale? Consolatevi, non siete i soli. Secondo l’annuale indagine di Confcommercio sugli acquisti per i regali di Natale 2011 otto italiani su dieci acquistano i doni natalizi nel mese di dicembre, ma ben uno su tre, dato in aumento rispetto allo scorso anno, aspetta la settimana immediatamente precedente il Natale per darsi da fare tra pacchetti, pacchetti, shopping compulsivo, traffico estenuante e ricerche inconcludenti.

Ma dove comprano i regali gli italiani? E’ in aumento anche la percentuale di chi ricorrerà ai punti vendita tradizionali, +4,8% rispetto al 2010, mentre una grossa fetta di acquirenti lo farà via Internet (+5,6%). La maggior parte tuttavia, acquisterà presso le grandi strutture commerciali, saranno il 62,8% nel 2011 contro il 61,8% nel 2010.

Qual è la stima di spesa per i pacchetti da mettere sotto l’albero? Il 60,7 % degli intervistati dichiara di prevedere un budget variabile tra i 100 e i 300 euro, mentre diminuisce la quota di chi spenderà più di 300 euro. Di questi il 59,2% pagherà in contanti, mentre il resto si dividerà equamente tra bancomat (20%) e carta di credito (20,7%).

I meno spendaccioni? Facile a dirsi, i giovani, soprattutto provenienti Centro e del Sud Italia. Mentre per quanto riguarda la tipologia di acquisto Confcommercio mette al primo posto i generi alimentari (71,2%), seguiti dai prodotti per la cura della persona (63,7%) e da giocattoli e giochi per bambini (54,2%).

A causa della crisi economica, sono in calo gli acquisti di capi di abbigliamento, libri, Cd e Dvd e vino. Ma il Natale 2011 sarà soprattutto tecnologico. Il 17,6% degli intervistati opterà per telefoni cellulari, il 4,5% per smartphone e l’1,2% per i tablet. Pensateci, l’anno prossimo se non altro potrete acquistare i vostri regali comodamente dal vostro iPad…

Censis: gli Italiani sono disposti a fare sacrifici

In tempi di crisi, gli italiani riscoprono il valore della responsabilità collettiva: il 57,3% è infatti disponibile a fare sacrifici per l’interesse generale del Paese. Anche se il 46% di questi lo farebbe solo in casi eccezionali. E’ quanto risulta da un’indagine del Censis contenuta nel Rapporto sulla situazione sociale del Paese 2011.

Secondo il rapporto, il 65,4% indica la famiglia come elemento che accomuna gli italiani, mentre l’81% condanna duramente l‘evasione fiscale. A fronte poi di un 46% di cittadini che si dichiara ”italiano”, c’è un 31,3% di ”localisti” che si riconoscono nei Comuni, nelle regioni o nelle aree territoriali di appartenenza, un 15,4% di ”cittadini del mondo” che si identificano nell’Europa o nel globale e un 7,3% di ”solipsisti” che si riconoscono solo in se stessi. Ancora oggi i pilastri del nostro stare insieme fanno perno sul senso della famiglia, indicata dal 65,4% come elemento che accomuna gli italiani.

Seguono il gusto per la qualità della vita (25%), la tradizione religiosa (21,5%), l’amore per il bello (20%). Cosa dovrebbe essere messo subito al centro dell’attenzione collettiva per costruire un’Italia piu’ forte? Per piu’ del 50% la riduzione delle diseguaglianze economiche. Moralità e onesta’ (55,5%) e rispetto per gli altri (53,5%) sono i valori guida indicati dalla maggioranza degli italiani. Emerge poi la stanchezza per le tante furbizie e violazioni delle regole. L’81% condanna duramente l’evasione fiscale: il 43% la reputa moralmente inaccettabile perché le tasse vanno pagate tutte e per intero, per il 38% chi non le paga arreca un danno ai cittadini onesti. Infine, il Censis sottolinea come il modello di sviluppo italiano abbia sempre trovato nella famiglia un punto di grande forza e la famiglia si sia sempre fatta carico dei bisogni sociali, andando a integrare se non a sostituire le prestazioni di welfare.

Ma questo modello, avverte, comincia a mostrare segni di debolezza: se è vero che in proporzione al Pil la ricchezza finanziaria delle famiglie italiane rimane una delle più rilevanti in Europa, in valore assoluto si è assistito a un’erosione significativa di questo patrimonio tra il 2006 e il 2009, il cui ammontare è passato da 3.042 miliardi di euro a 2.722 miliardi. Inoltre, dal punto di vista della capacità di assistenza informale delle famiglie, il numero dei potenziali caregiver (persone che si prendono cura dei familiari) andrà riducendosi in modo netto: se nel 2010 c’erano 18,5 persone autosufficienti in età compresa tra 50 e 79 anni (fascia d’età nella quale rientra la gran parte dei caregiver) per ogni ultraottantenne non autosufficiente, entro il 2040 questa proporzione è destinata a dimezzarsi, scendendo a 9,2 caregiver per ogni anziano potenzialmente bisognoso di assistenza.

Fonte: Confcommercio.it