Risultati sondaggio: “Imu o Iva? Non toccatemi la casa…”

La crisi di governo andata in scenda ad inizio settimana con le dimissioni dei membri del Pdl appartenenti alla compagine di Governo, successivamente rientrata dopo il voto di fiducia mercoledì in Senato, ha inesorabilmente bloccato i lavori parlamentari, dando via libera il primo del mese all’aumento dell’Imposta sul valore aggiunto dal 21% al 22%. E, come se non bastasse, senza interventi parlamentari entro la fine di novembre, gli italiani saranno costretti a pagare la seconda rata dell’Imu a gennaio.

“L’Iva è aumentata, a dicembre potrebbe tornare l’Imu. Qual è la tassa più odiata?”, così recitava drammaticamente il sondaggio proposto a voi lettori nei giorni scorsi. Cerchiamo di decifrare, se possibile, i numeri di tale misurazione.

La percentuale più rilevante dei nostri utenti considera l’Imposta municipale unica ancora la tassa meno digerita (35%) e conseguentemente l’opzione “L’Imu. Colpisce il nostro bene più prezioso” risulta essere la più votata. Lo stesso numero di preferenze hanno registrato le due risposte più drastiche “Poca differenza, tanto il destinatario è lo stesso” e “È uguale, tanto pagare dobbiamo pagare!” (appaiate al 22%), che confermano il triste stato di fiducia nelle istituzioni in questo drammatico periodo storico. Inaspettatamente, con il 21% delle preferenze, l’opzione “L’Iva senza dubbio, bel tempismo per una crisi di governo” risulta essere la meno votata dai nostri lettori.

Jacopo MARCHESANO

Niente fondi per l’Iva, l’imposta aumenterà

 

Dunque è quasi ufficiale: la ricerca fondi necessaria per scongiurare il passaggio dell’aliquota dal 21 al 22% è miseramente fallita. Se, come ormai è scontato, il governo presieduto dal premier Letta non fosse in grado di reperire un miliardo per rinviare a gennaio il rincaro, dopo averlo già spostato da luglio al primo ottobre, si potrebbe prendere in considerazione l’ipotesi di includere nel rincaro anche prodotti oggi inclusi nel paniere agevolato del 10%. In questo momento tutti i fondi reperiti e reperibili sono dirottati sull’Imu, tralasciando colpevolmente il fronte Iva. Anche perché, come fanno notare fonti interne all’esecutivo, cancellare definitivamente l’aggravio di un punto costerebbe alle già malsane casse dello Stato all’incirca 4 miliardi l’anno. Inoltre, più volte l’Europa ha raccomandato all’Italia di spostare il peso fiscale dal lavoro alla case e alle cose. Tradotto: cuneo fiscale più leggero, ma Imu e Iva eventualmente più pesanti. Nessuna speranza però di uno “sconto” per auto, scarpe, abbigliamento, computer, tv, cellulari, benzina: sono e rimarranno, bene che vada, al 21 o al 22% ad ottobre.