Turismo industriale e della passione

Si parla tanto e sempre del turismo come del petrolio dell’Italia, della risorsa più importante per la nostra economia e bla bla bla. Senza contare che, purtroppo, non sono pochi i casi di servizi al turista scarsi, assistenza nel turismo inesistente, prezzi poco competitivi e qualità al di sotto della sufficienza.

Eppure le potenzialità e le occasioni per fare davvero del turismo un motore formidabile per la macchina Italia non mancano di certo. Lo conferma uno studio di Jfc, società di consulenza turistica e territoriale, dal quale emerge come il cosiddetto “turismo delle passioni” e quello legato ai grandi marchi dell’industria trovino nel nostro Paese una terra di elezione.

A guidare le passioni da trasformare in turismo, secondo Jfc, c’è lo sport, capace di generare oltre 7 milioni di pernottamenti. Enogastronomia, natura e fede seguono nella classifica di Jfc.

Inoltre, il made in Italy del turismo può contare sulla forza evocativa di grandissimi brand industriali di casa nostra, dei motori, all’enogastronomia, che potrebbero fare da forti traini al turismo tricolore, con un “valore potenziale pari a 1 milione e 860mila presenze, che si traducono in 126 milioni 500mila euro“, scrive Jfc.

Al momento, il cosiddetto turismo industriale muove numeri tutto sommato modesti: 412mila presenze per un fatturato di 25 milioni 100mila. Secondo Jfc sono almeno 166 le industrie che potrebbero fare da traino, nonostante sia per loro difficile individuare il ritorno che avrebbe un potenziale investimento sul settore del turismo o un suo potenziamento. Secondo Jfc, tuttavia, l’88,9% dei titolari sostiene di aver riscontrato un “crescente interesse dei visitatori“.

Quanto alle regioni che potrebbero avere un ruolo di primo piano nel turismo dell’industria, ce ne sono alcune di lunga tradizione industriale come Lombardia (18,4%) e Veneto (11,1%), ma anche la Toscana (10%), il Piemonte (9,5%), l’Emilia Romagna (6,8%), il Lazio (5,8%) e le Marche (5,3%).

Mercatini di Natale, non sempre un business

I mercatini di Natale sono un’occasione irrinunciabile per gli artigiani di tutta Italia per mettere in mostra e vendere i propri prodotti tipici. Un’occasione che si moltiplica e che fa sì che i mercatini di Natale, da fenomeno tipicamente nordeuropeo e, in Italia, circoscritto all’area alpina, siano diventati ormai diffusissimi da nord a sud.

Lo ha certificato Jfc Tourism & Management, società che si occupa di consulenza e marketing turistico che ha censito 574 mercatini di Natale in tutta Italia e che ha stimato un numero di visitatori di circa 12 milioni di persone. Ma, contrariamente a quanto si pensa, tanta abbondanza di offerta non si tramuta in fatturato per artigiani e commercianti.

Secondo Massimo Feruzzi, amministratore unico di Jfc e responsabile di una ricerca sui mercatini di Natale in Italia, “l’incremento del numero dei mercatini di Natale non porterà un pari aumento di fatturato, che subirà una riduzione pari a 7 milioni di euro rispetto allo scorso anno, assestandosi a complessivi 759 milioni. Nello specifico è interessante notare i dati in positivo per il settore ospitale (+4,7%) e per quello della ristorazione e dei bar (+2,9%)”.

Verificando la diffusione territoriale dei mercatini di Natale nelle diverse regioni italiane il Piemonte è quella che ne ospita il maggior numero, con il 17,2% sul totale nazionale (dal 18,7% dello scorso anno); seguono la Lombardia (11,5% contro il 12,3% del 2013), il Veneto (8,4% contro 7,9%), Liguria (7,5%, contro 7,7), Emilia Romagna (7,1%, contro 6,3%), Campania (6,3% contro 5,4%) e Toscana (5,6% contro 5,2%).

Fuori da questa classifica le regioni principe dei mercatini di Natale, ossia il Trentino e l’Alto Adige, che pur ospitandone un numero minore fanno storia a sé e non hanno rivali. Solo il sistema di queste due regioni li rende degli strumenti formidabili per generare valore economico in ambito turistico, grazie al fatto di essere delle vere attrazioni e di contare su una rete di ricettività in grado di dare ospitalità a un numero impressionante di turisti ed escursionisti che vi si recano proprio perché attratti dai mercatini di Natale.

Tornando ai numeri, Jfc rileva che la durata media dei mercatini di Natale è di 9,7 giorni e che a ogni mercatino partecipano in media 47 espositori, per un totale nazionale di 26.978. Dato da non trascurare è che il numero dei visitatori previsto per i mercatini di Natale sarà di circa 15 milioni 982mila italiani, in quanto molti di loro ne visiteranno più di uno: il 21,6% due, il 10,1% tre, l’1,8% visiterà più di tre.

La tassa di soggiorno non piace agli italiani in vacanza

Quando si va in vacanza, al momento di decidere la destinazione ci sono molti aspetti che vengono considerati, in particolare quando la meta finale è all’estero.
Gli italiani, in particolare, hanno dimostrato di essere molto selettivi nei confronti dei Paesi che richiedono il pagamento di una tassa di soggiorno al momento della prenotazione.

E’, infatti, il 45,7% dei partenti che ne tiene conto, e che al momento della prenotazione storce il naso se deve pagare questa tassa, per poi magari decidere di spostarsi verso altri lidi proprio per evitare questo obbligo.

A segnalare questa tendenza è uno studio effettuato dall’Osservatorio nazionale sulla tassa di soggiorno curato dalla societa’ Jfc, che rende noto come solo per il 17,1% non fa differenza la presenza o meno della tassa di soggiorno.
Ben il 79,6% dei nostri connazionali manifesta poi la propria contrarietà a questo balzello.

Tra coloro che giudicano negativamente la tassa di soggiorno, il 31,1% la reputa “odiosa, inutile, è un abuso ed una truffa legalizzata”; il 16,3% la considera “un’altra tassa sulla testa degli Italiani”, per il 15,7% rappresenta un “deterrente nella scelta del luogo di vacanza”, mentre l’11,7% afferma che la sua applicazione “non viene utilizzata per fini turistici”.

Claudio Albonetti, presidente di Assoturismo-Confesercenti, non ha dubbi: “La tassa di soggiorno è una gabella di stampo medievale. Siamo convinti che la tassa di soggiorno altro non sia che una esigenza dei comuni in emergenza economica per poter affrontare questioni completamente al di fuori del turismo. Niente di quel che i comuni incasseranno tornerà al turismo ma servira’ a ristorare le dissestate casse comunali. E’ una ennesima occasione persa per aiutare lo sviluppo turistico del Paese. Applicata in questo modo poi, con qualche comune che la applica e altri no, introduce momenti di confusione e di sconcerto, specialmente per gli stranieri”.

Vera MORETTI