Pmi, che cosa si intende per riorganizzazione al fine di rafforzare patrimonio e operatività?

Le piccole e medie imprese spesso procedono alla riorganizzazione della propria struttura. Le ragioni possono essere svariate, ma quasi sempre gli obiettivi sono due. Da un lato il rafforzamento del proprio patrimonio; dall’altro arrivare a creare un sistema integrato delle filiere produttive. In entrambi i casi, la riorganizzazione richiede competenze in ambito gestionale e organizzativo, ma anche in campo fiscale e giuridico. Ecco allora che, per arrivare alle ottimali aggregazioni patrimoniali e operative, sono tre gli strumenti che possono assicurare la giusta integrazione: le fusioni, i joint venture e le reti di impresa.

Pmi, le ragioni di una riorganizzazione

Un primo elemento che conduce alla decisione, da parte delle piccole e medie imprese, di procedere con una riorganizzazione è la patrimonializzazione. Quest’ultima, infatti, può rappresentare un limite significativo nell’esposizione verso il sistema creditizio, in particolare quando si tratta di gestione e di sofferenza dei crediti. Un’altra situazione interessante e frequente nelle piccole e medie imprese italiane è quella dell’alta percentuale di aziende a conduzione familiare. In questo caso, il limite potrebbe essere rappresentato non solo dal fatto che la famiglia tenda a mantenere il controllo totalitario dell’azienda, ma anche nella mancata apertura ad accordi con la filiera dello stesso settore produttivo.

Piccole e medie imprese, le difficoltà di tipo industriale, commerciale e finanziario

La ragioni sopra esposte portano spesso le piccole e medie imprese a risultare sottodimensionate, sottocapitalizzate e sottomanagerializzate. La somma di questi fattori produce difficoltà che si traducono, in termini industriali, nelle complicazioni a reperire le necessarie materie prime. Ma anche in termini commerciali le Pmi a conduzione familiare e poco dimensionate tenderebbero a riscontrare difficoltà nell’intraprendere politiche al rialzo dei prezzi al pari di quanto riescano invece le imprese di più grandi dimensioni. Infine, ulteriori e decisive difficoltà potrebbero riscontrarsi sulle leve finanziarie. Piccole e medie imprese poco patrimonializzate e a conduzione prettamente familiare potrebbero vedersi escluse dalla possibilità di finanziare nuovi investimenti e iniziative imprenditoriali.

Pmi, cosa succede se al proprio interno sussiste la non capacità manageriale?

Non da ultimo, una piccola e media impresa che non pensi a una ristrutturazione e riorganizzazione del proprio interno potrebbe riscontrare delle difficoltà di tipo manageriale. E, in questo ambito, risultare inadeguata rispetto agli obiettivi e alle capacità di muoversi sul mercato da parte di altre imprese che abbiano al loro interno manager qualificati.

Riorganizzazione Pmi: fusioni, joint venture e reti di imprese

In tutti i casi descritti e per le difficoltà finanziarie, industriali, commerciali e manageriali che le piccole e medie imprese possono incontrare nella propria attività, spesso si ricorre alle aggregazioni societarie e industriali. Si tratta di vere e proprie fusioni e joint venture (aggregazioni reali) o di filiera (come le reti di imprese). I vantaggi, in tali operazioni, potrebbero risultare di tre tipi: di forza negoziale, di ottimizzazione operativa e di condivisione di tecnologie.

Quali vantaggi negoziali dall’aggregazione delle Pmi?

La maggiore capacità negoziale delle piccole e medie imprese che procedano con fusioni, aggregazioni e reti di imprese si manifesta nella possibilità di confrontarsi con i principali clienti e i maggiori fornitori del marcato di riferimento. Inoltre, dall’aggregazione con altre imprese potrebbe derivare una maggiore rappresentatività e visibilità nel mercato internazionale, oltre a una maggiore attrattività riguardo a possibili accordi industriali e commerciali.

Aggragazioni Pmi, quali sono i vantaggi in termini operatività e di condivisione?

Infine, la riorganizzazione delle piccole e medie imprese potrebbe garantire una maggiore ottimizzazione operativa. Si pensi, ad esempio, alle Pmi che procedano alla fusione e alla messa in comune dei propri servizi in ambito di ricerca e di sviluppo, di internazionalizzazione e di rotazione del personale. Tutto ciò favorirebbe anche maggiori opportunità professionali del personale interno alle imprese. Non da meno, la condivisione delle tecnologie tra imprese e di accessibilità ai finanziamenti potrebbe aprire le porte a nuovi modelli di business basati sull’effettiva domanda sul mercato dei consumatori finali.

Joint Venture tra società: cos’è, vantaggi e svantaggi

Sei un imprenditore e vuoi allargare i tuoi confini? Scopri tutte le opportunità che può offrirti la joint venture.

Traduzione Joint Venture

Il mondo dell’imprenditoria è in fermento soprattutto nell’era globale: le aziende che lavorano prevalentemente in Italia sanno quanto possa essere difficile restare sul mercato se lo stesso ha un respiro molto limitato dal punto di vista territoriale. L’obiettivo di molti imprenditori è allargare i propri confini e riuscire così a sviluppare idee e progetti innovativi. Una soluzione a questo problema è la joint venture.  Si tratta di una forma di cooperazione internazionale tra aziende. In realtà il contratto può essere stipulato anche tra aziende che hanno sede nello stesso Paese, ma questo difficilmente avviene. Il contratto di Joint Venture è di origine americana, non si tratta di un contratto tipizzato nel nostro ordinamento, sebbene si ritrovi uno schema simile nelle associazioni temporanee di imprese concetto che ben definisce il concetto che a breve vedremo. Per capire è bene partire dalle basi: la traduzione di joint venture è “impresa azzardata congiunta”.

Come funziona la joint venture

La definizione di joint venture si fonda su un contratto tra due o più aziende che lavorano in modo autonomo e indipendente e che, senza perdere tali caratteristiche, avviano una cooperazione, anche temporanea,  con l’obiettivo di raggiungere uno scopo comune. Naturalmente l’accordo deve stabilire tutti i termini contrattuali inerenti le rispettive funzioni e la divisione degli introiti e delle perdite. Si possono creare due forme di joint venture, la prima è la joint venture con forma societaria, in questo caso viene creato un ente terzo il cui obiettivo è perseguire lo scopo comune delle società che partecipano alla Joint Venture. In questo caso si parla anche di Incorpored Joint Venture.

Un esempio

Un esempio aiuterà a capire: due società producono auto di diversa tipologia, ad esempio la società X è specializzata nella produzione di utilitarie, mentre la società Y produce auto del segmento lusso. Vogliono produrre un nuovo modello che ha caratteristiche particolari, ad esempio un motore a idrogeno, naturalmente si tratta di un qualcosa di nuovo per entrambe e che richiede ricerca, per dividere i rischi e mettere insieme le migliori professionalità e strutture, realizzano una joint venture facendo nascere una terza società che si occupa esclusivamente della realizzazione di questo progetto, mentre separatamente continuano a produrre una utilitarie e l’altra auto di lusso. La realizzazione di una terza società, tenendo in considerazione la possibilità di scegliere una sede fiscale  autonoma per quel determinato progetto, potrebbe anche portare vantaggi fiscali.

La seconda tipologia di schema è la Contractual Joint Venture, o Unincorpored Joint Venture,  in questo caso tutti i rapporti sono regolati dal contratto, che ovviamente deve essere scritto in modo meticoloso e controllato bene, non nasce un terzo ente e questo rappresenta comunque un risparmio economico. In caso di controversie, il giudice competente nel primo caso sarà quello del territorio dove ha sede la società, mentre nel secondo caso sono solitamente le parti a stabilire la giurisdizione a cui deve essere sottoposto, ma deve essere indicata nel contratto. In caso contrario dovrà prima essere individuata la giurisdizione competente, cosa di non poca rilevanza per una concreta tutela.

Vantaggi della joint venture

Un contratto di joint venture è la soluzione ideale tutte le volte in cui si vuole partecipare a un progetto di grande respiro, ma per un’azienda farlo da sola è praticamente impossibile e si ricercano collaborazioni di tipo internazionale. Nella maggior parte dei casi questo contratto si stipula quando si hanno delle idee innovative, ma non si ha la forza per lanciarle sul mercato, oppure occorre fare molta ricerca e non si dispone del capitale necessario per poter finanziare il progetto. Tra i vantaggi della joint venture c’è il fatto che, oltre a dividere i vantaggi, si dividono pure i rischi e di conseguenza se qualcosa nel progetto va male, questa è un’ipotesi che si può sempre verificare in qualunque attività imprenditoriale, si può evitare che questo fallimento vada a travolgere tutta l’azienda anche nei settori che in realtà funzionano bene.

La joint venture ha anche il vantaggio di consentire all’azienda di avere un respiro internazionale e quindi distribuire con maggiore facilità i propri prodotti a livello internazionale, se l’obiettivo è questo è bene anche verificare prima del contratto le norme applicabili all’import/export. I vantaggi di una joint venture dipendono molto anche dal settore in cui si opera, ad esempio può essere un modo per avere a disposizione risorse e strutture che non si hanno nella propria azienda. Una joint venture fatta bene, cioè scegliendo in modo meticoloso le aziende partner e con un contratto chiaro, senza punti dubbi o oscuri, può portare ogni partecipante ad annullare i punti deboli della propria azienda e mettere in risalto i punti di forza.

Svantaggi del contratto

Come ogni contratto, anche quello di joint venture può nascondere delle insidie, proprio per questo è bene avere al proprio fianco dei consulenti che aiutino nella redazione del contratto. Tra i possibili handicap vi è il fatto che, per poter dar vita a una proficua collaborazione, è necessario condividere parte del proprio know-how, o segreti aziendali per dirla in italiano. Naturalmente questa condizione è reciproca e proprio questo potrebbe essere un freno alla concorrenza sleale da parte di aziende che, come detto fin dall’inizio, collaborano su singoli progetto e restano completamente autonome per il resto.

Per evitare questo effetto il consiglio è di inserire nel contratto una clausola di non concorrenza o main agreement, in modo da tutelarsi. Verificare costantemente l’andamento delle attività svolte in comune è sicuramente un modo per ridurre i rischi di un fallimento. Tra gli svantaggi, come detto vi può essere la mancata individuazione della giurisdizione competente a dirimere eventuali controversie, o la scelta di una giurisdizione poco favorevole alla propria posizione.

Cosa succede in Italia?

In Italia, nonostante siamo al 2021, questo schema contrattuale si può dire che stia muovendo i primi passi, tra le joint venture che in Italia hanno destato scalpore c’è quella tra Wind e 3 nata nel 2016, ma anche Fiat e General Motors. Una partnership importante nata con l’obiettivo di far conoscere il Made in Italy nel mondo è stata quella tra Barilla e Gambero Rosso.