Bonus 200 euro, chi lo prenderà e quando

Chi prenderà il bonus 200 euro e quando? L’erogazione dell’indennità prevista dal decreto legge “Aiuti” del governo, avverrà per tutte le categorie lavorative e per i pensionati. Tutti dovranno avere un reddito lordo annuo non eccedente il 35 mila euro. Inclusi nella misura anche colf e badanti e, in generale, i lavoratori domestici. Il bonus 200 euro sarà pagato anche a chi prende il reddito di cittadinanza e quanti hanno ricevuto nel corso dello scorso anno un’indennità per il Covid. A disciplinare la misura di aiuto contro il rincaro dei prezzi è il decreto legge numero 50 del 2022, in vigore da mercoledì 18 maggio. L’indennità verrà pagata anche ai commercianti, artigiani, liberi professionisti e partite Iva: ma i lavoratori autonomi dovranno attendere un altro decreto da emanarsi entro 30 giorni che disciplini le modalità di pagamento e quanto spetti di indennità.

Bonus 200 euro ai pensionati, come verrà pagato?

I pensionati con redditi personali del 2021 non eccedenti i 35 mila euro lordi all’anno prenderanno il bonus 200 euro con decorrenza entro il 30 giugno 2022. Sarà l’Inps a effettuare il pagamento nella mensilità di luglio 2022. I pensionati, dunque, non dovranno presentare alcuna domanda. Per il calcolo del reddito non si tiene conto della casa di abitazione, del trattamento di fine rapporto (Tfr) e delle competenze arretrate a tassazione separata. Anche i percettori del trattamento sociale o di invalidità civile percepiranno l’indennità. Sono incluse anche le prestazioni di accompagnamento alla pensione, come ad esempio, l’Ape sociale o i lavoratori usciti da lavoro con i contratti di espansione.

Indennità Inps 200 euro ai lavoratori dipendenti: cosa bisogna fare?

I lavoratori alle dipendenze riceveranno il bonus 200 euro nel cedolino della busta paga di luglio. L’indennità, prevista dagli articoli 31-33 del decreto legge numero 50 del 2022, è esentasse. Come tutte le altre categorie, i lavoratori dipendenti percepiranno l’indennità una sola volta. Il pagamento del bonus non prevede alcuna domanda. Tuttavia, il lavoratore dipendente non deve essere percettore di alcuna pensione, anche di invalidità civile, e nemmeno del reddito di cittadinanza. I datori di lavoro potranno recuperare l’indennità anticipata in compensazione sui contributi UniEmens.

Lavoratori dipendenti che percepiranno il bonus 200 euro: come verificare se si rientra?

I lavoratori dipendenti possono verificare se il bonus 200 euro spetti mediante il diritto allo sconto contributivo. Si tratta della misura introdotto per il 2022 che consente di beneficiare di uno sconto di contributi pari allo 0,8%. Ricevono lo sconto i lavoratori con reddito mensile lordo non eccedente i 2.692 euro. Dunque, basta che i dipendenti abbiano beneficiato dello sconto contributivo in almeno un mese tra gennaio e aprile per percepire il bonus 200 euro.

Prendono il bonus 200 euro i lavoratori autonomi occasionali?

Il bonus 200 euro verrà pagato anche ai lavoratori autonomi occasionali senza partita Iva. Ovvero ai titolari dei contratti previsti dall’articolo 2222 del Codice civile. Si tratta dei contratti con ritenuta d’acconto. L’indennità spetterà se è stato corrisposto almeno un contributo mensile durante l’anno 2021. Per questi contratti, tuttavia, è necessario il versamento dei contributi alla Gestione separata dell’Inps (che deve risultare aperta al 18 maggio 2022) che avviene se il totale dei compensi annui supera la cifra di 5 mila euro. Ne consegue che i lavoratori autonomi occasionali prenderanno il bonus 200 euro solo se, per uno o più contratti del 2021, hanno percepito almeno 6.330 euro. Questo importo è il minimo per l’accredito di un mese di contributi. Infine, per questi lavoratori serve presentare la domanda all’Inps per ottenere l’una tantum.

Bonus 200 euro, verrà pagato agli incaricati delle vendite a domicilio e lavoratori dello spettacolo?

Il bonus 200 euro verrà pagato anche agli incaricati delle vendite a domicilio. La condizione per ottenere l’indennità è che nel 2021 siano stati percepiti compensi superiori ai 5 mila euro. Tra le altre condizioni, serve la partita Iva e l’iscrizione alla Gestione separata dell’Inps. Occorre presentare domanda all’Inps. I lavoratori dello spettacolo con redditi 2021 entro i 35 mila euro percepiranno il bonus purché per il 2021 abbiano almeno 50 contributi giornalieri. A questi lavoratori il bonus viene pagato dall’Inps previa domanda.

Lavoratori stagionali, a termine, intermittenti e disoccupati agricoli: prenderanno il bonus 200 euro?

I lavoratori stagionali, a termine e intermittenti prenderanno il bonus 200 euro purché nel 2021 il reddito non sia stato eccedente i 35 mila euro. Anche per questi lavoratori sono necessarie 50 contributi giornalieri. L’Inps eroga il bonus previa domanda. Non serve la domanda all’Inps, invece, per i disoccupati agricoli. Sarà l’Inps stessa a erogare l’indennità purché sia stata percepita la disoccupazione nel 2021.

Lavoratori con contratto di collaborazione coordinata e continuativa (co.co.co.): prenderanno il bonus 200 euro?

I lavoratori con contratto di collaborazione coordinata e continuativa (co.co.co.) prenderanno il bonus 200 euro a determinate condizioni. Infatti, il contratto deve essere in essere alla data del 18 maggio 2022. Il lavoratore deve essere iscritto alla Gestione separata dell’Inps. Inoltre, i lavoratori di questa categoria non devono essere percettori di pensione. E nemmeno essere iscritti ad altre gestioni previdenziali. Anche per questi lavoratori vale il limite di reddito di 35 mila euro. È l’Inps a erogare il bonus previa domanda.

Colf, badanti e disoccupati: prenderanno l’indennità di 200 euro?

Colf, badanti e lavoratori domestici prenderanno il bonus purché abbiano in essere un rapporto di lavoro alla data del 18 maggio 2022. Serve presentare la domanda all’Inps. I disoccupati, ex lavoratori alle dipendenze o parasubordinati, percepiranno il bonus 200 euro purché ricevano una mensilità di disoccupazione Naspi o Dis coll a giugno 2022. È l’Inps a pagare senza bisogno di presentare la domanda.

Partita Iva, quando si può passare dal regime ordinario al forfettario?

È possibile per una partita Iva del regime ordinario passare al più vantaggioso regime forfettario? La risposta è positiva e l’accesso al forfettario avviene senza una determinata opzione. Tuttavia, è necessario adottare alcuni specifici accorgimenti, soprattutto per quanto riguarda i requisiti di adesione al regime forfettario delle partite Iva.

Regime forfettario delle partite Iva, il requisito del limite dei 65 mila euro di reddito

Il primo requisito necessario per aderire alla partita Iva a regime forfettario è rappresentato dal volume di compensi e redditi annui. Il limite per le partite Iva forfettarie, infatti, è fissato a 65 mila euro. Immaginando un libero professionista che abbia avuto negli anni ricavi sempre superiori alla soglia, ma che per una riduzione dell’attività arrivi a un ammontare di compensi che non superano più i 65 mila euro, è possibile cambiare regime fiscale di partita Iva? Prendendo in esame il volume dei compensi la risposta è positiva. È possibile passare al regime forfettario delle partite Iva.

Regime forfettario di partita Iva, quali sono i requisiti richiesti?

In questo caso, affinché il professionista possa passare dal regime ordinario della partita Iva al regime forfettario, devono essere rispettati tutti i requisiti richiesti. Il limite della flax tax al 15% del regime forfettario è applicato per redditi fino a 65 mila euro. I requisiti per aderire al regime forfettario sono elencati nella legge numero 190 del 23 dicembre 2014 (legge di Stabilità 2015). Al comma 54 dell’articolo 1 è previsto che “i contribuenti persone fisiche esercenti attività d’impresa, arti o professioni applicano il regime forfetario di cui al presente comma e ai commi da 55 a 89 del presente articolo se, al contempo, nell’anno precedente hanno conseguito ricavi ovvero hanno percepito compensi, ragguagliati ad anno, non superiori ai limiti indicati nell’allegato numero 4 annesso alla presente legge, diversi a seconda del codice Ateco che contraddistingue l’attività esercitata”.

Chi può passare al regime fiscale forfettario di partita Iva?

In tal senso si è espressa anche l’Agenzia delle entrate nell’interpello numero 378 del 31 maggio 2021. Nell’interpretazione, l’Agenzia ha ribadito che il regime forfettario rappresenta un regime naturale e, dunque, i contribuenti che già portano avanti l’attività di impresa, di arte o di professione, possono avere accesso senza dover inviare alcuna comunicazione preventiva oppure successiva.

Partita Iva regime forfettario, le cause di esclusione

Naturalmente, per l’accesso al regime forfettario delle partite Iva, l’esercente l’impresa, l’arte o la professione non deve incorrere nelle cause di esclusione che sono elencate nel comma 54 dell’articolo 1 della legge 190 del 2014. Nel dettaglio non possono avvalersi del regime forfettario:

  • le persone fisiche aderenti già a regimi speciali ai fini dell’Iva o a regimi forfettari di determinazione del reddito;
  • le persone non residenti;
  • i soggetti che effettuano cessioni di fabbricati o di porzioni, di terreni edificabili, in via esclusiva o prevalente;
  • gli esercenti attività di impresa, arti o professioni che contemporaneamente partecipano ad attività di persone, di associazioni o a società a responsabilità limitata.

Quando può passare dal regime ordinario di partita Iva al regime forfettario?

Il lavoratore con partita Iva che, nel precedente anno abbia già ottenuto ricavi che non superino il tetto dei 65 mila euro, può passare al regime forfettario già nell’anno successivo. Pertanto, per i lavoratori con partita Iva e i professionisti che nell’anno in corso abbiano un ammontare di compensi e di ricavi che non superino i 65 mila euro, è possibile cambiare regime fiscale già dal 2022.

Legge 104: quali benefici per il lavoratore autonomo?

Di cosa si parla quando si fa riferimento alla legge 104? E quali sono i benefici, da tale leggi, per il lavoratore autonomo? Queste sono alcune delle domande a cui daremo risposta in questa rapida ed esaustiva guida in merito alla vicenda.

Legge 104, di cosa si tratta

Innanzitutto, facciamo rapida chiarezza sulla vicenda, rispondendo alla domanda basica della questione. Ovvero, cosa è la legge 104., di cosa si parla quando vi si fa riferimento?

Nota anche come legge 104/92, è il riferimento legislativo per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone con handicap. Il presupposto è infatti che l’autonomia e l’integrazione sociale si raggiungono garantendo alla persona con disabilità ed alla propria famiglia un adeguato sostegno.

Quindi, sostanzialmente, quando si parla di Legge 104 ci si riferisce alla principale fonte normativa che riconosce benefici fiscali, economici e lavorativi ai portatori di handicap. E’ dunque una legge pensata per tutelare e promuovere i diritti, l’integrazione sociale e lavorativa delle persone disabili e dei loro familiari, che se ne prendono cura.

Va aggiunto che l’handicap è considerato grave quando la persona necessita di un intervento assistenziale permanente, continuativo e globale nella sfera individuale o in quella di relazione personale.

Legge 104, benefici per il lavoratore autonomo

Partiamo subito col dire che l’unico beneficio esteso ai lavoratori autonomi con Legge 104 è quello previdenziale. Secondo il quale, dunque, i lavoratori autonomi precoci che assistono un familiare affetto da un handicap grave possono accedere, se sussistono i requisiti, all’Ape sociale ( al compimento di almeno 63 anni di età ed almeno 30 anni di contributi).

Altra domanda molto in voga sulla questione è legata a quale familiare potrà usufruire dei benefici per la legge 104. Partiamo subito con il dire che i permessi legge 104 possono essere fruiti solo dai lavoratori dipendenti e, quindi, solo qualora il lavoratore autonomo sia il disabile a fruirne possono essere i familiari a patto che siano lavoratori dipendenti. Ma non potrà essere il lavoratore autonomo a poter fruire dei permessi per assistere un familiare con handicap grave ai sensi della legge 104. Questo è il punto focale del discorso.

La risposta, presto detta, è molto semplice. Possono fare richiesta dei benefici il coniuge della persona disabile, i parenti di terzo grado se il genitore o il coniuge della persona con handicap hanno più di 65 anni oppure siano invalidi, deceduti o mancanti.

Legge 104 di un genitore, chi può usufruirne?

Molti si chiedono anche se e come è possibile usufruire della legge 104 per un genitore. L’articolo 33 della Legge 104/92 prevede che i permessi di tre giorni possano essere concessi anche a familiari diversi dai genitori del disabile grave accertato tale con specifica certificazione di handicap (articolo 3, comma 3, della Legge 104/1992) dall’apposita Commissione operante in ogni Azienda USL.

Quali altri benefici per chi usufruisce della legge 104

Molti si chiedono se vi possano essere agevolazioni o benefici anche sull’acquisto di materiali, come elettrodomestici, grazie alla legge 104.

Si può, invece dire che in linea generale, non si ha diritto ad agevolazioni sull’acquisto di beni di facile consumo, quali lavatrici, frigoriferi, microonde, o quant’ altro, in quanto non vi è condizione necessaria al diritto o la sussistenza di un collegamento funzionale fra il tipo di menomazione/disabilità e il tipo di prodotto da acquistare.

Ma quindi cosa spetta a chi assiste un disabile con la legge 104?

Come stabilito dalla legge 205/2017 articolo 1 co. 162, i lavoratori che si ritrovano ad assistere un proprio parente convivente affetto da disabilità grave che abbia già compiuto i 70 anni di età, o i soggetti stessi affetti da patologie invalidanti, possono beneficiare dell’Ape Sociale o della pensione anticipata.

In ultimo, ma non ultimo, un passaggio piuttosto importante per la questione. Ovvero, quali sono i documenti necessari per potere ottenere la legge 104.

Occorre necessariamente un documento di identità, il verbale di accertamento sanitario, quindi la dichiarazione sostitutiva dello stato di famiglia. I soggetti con sindrome di Down invece ottengono il riconoscimento dell’handicap con la sola attestazione del medico curante secondo quanto stabilito dalla Legge 289/2002.

Questo è quanto vi fosse di più necessario e indispensabile da sapere in merito ai benefici e le funzionalità della legge 104.

CoLAP: bene l’attenzione del governo al mondo delle professioni

È una Emiliana Alessandrucci particolarmente carica quella uscita dall’incontro che il CoLAP ha avuto nei giorni scorsi con il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Nannicini per presentare le proprie proposte per il Jobs Act del lavoro autonomo.

Il presidente del CoLAP sostiene infatti che “la delega sul Jobs Act del lavoro autonomo al sottosegretario Nannicini continua a dimostrare l’attenzione che questo Governo vuole dare al nostro mondo. Siamo in una svolta, oserei dire, epocale per il lavoro autonomo”.

All’incontro – prosegue il presidente del CoLAPerano presenti il sottosegretario alla Presidenza e il presidente dell’Anpal Maurizio del Conte, con il quale avevamo avviato un costruttivo confronto sul testo collegato. Il CoLAP, pur apprezzando e riconoscendo grande valore a quanto proposto nel testo collegato, evidenzia l’esigenza di implementare provvedimenti capaci di incidere sulla competitività delle professioni. L’obiettivo del Jobs Act del lavoro autonomo deve essere apertura di nuove partite Iva (incidendo sulla occupabilità) e maggiore accesso ai servizi professionali offerti dai lavoratori a partita Iva (contributo al PIL). Il testo in tal senso dovrebbe essere migliorato”.

Alessandrucci riconosce comunque i meriti dell’iniziativa governativa: “L’incremento e la maggiore diffusione delle tutele è sicuramente un atto di giustizia ed equità che andava fatto: bene l’indennità per maternità senza astensione, bene il provvedimento su malattie lunghe, ma ci sono altri punti da rivedere. Occorre non trasferire tutele inapplicabili o strumenti del lavoro dipendente che sarebbero inefficaci in quello del lavoro autonomo! Ottima la deducibilità al 100% dei costi della formazione, ma attenzione ai fatturifici (costi alti della formazione, fatture gonfiate…): importi così alti rischiano di essere utilizzati solo da professionisti consolidati a redditi alti (o effetto evasione o inutilizzabilità), se ci sono dei fondi da spendere su questa riforma mettiamoli sulla deducibilità della formazione, intesa come strumento di innovazione, ma in misura congrua e rinforziamo le iniziative sulla competitività”.

I nostri interlocutori – afferma ancora la presidente del CoLAPci hanno ascoltato, presentato proposte ed evidenziato alcuni vincoli e rischi; abbiamo condiviso con loro l’esigenza di proporre un’iniezione di legge 4/2013 nel testo e di partire dalla valorizzazione delle competenze, come primo elemento di competitività, anche attraverso l’integrazione con gli obiettivi e gli strumenti del decreto 13/13. Il CoLAP ha preso l’impegno di presentare un documento sulla competitività: deducibilità per il cittadino dei costi dei servizi professionali, accessi agevolati alla professione con aliquote previdenziali ridotte, aliquote sostenibili nel presente e nel futuro, fisco equo e sostenibile, sinergie tra associazioni e centri per l’impiego, il ruolo delle associazioni nei processi formali di individuazione e validazione delle competenze”.

Questo modo di procedere ci ha incoraggiato e ci continua a far credere che questo è il momento della grande Riforma – conclude Alessandrucci -. Interlocuzioni aperte e chiare, come questa, fanno bene non solo ai nostri professionisti, ma al Paese e al nostro modo di tornare ad avere fiducia nella politica e nella sua reale capacità di innovare e di cambiare le cose”.

Tempi di pagamento e clausole abusive nel ddl per le partite Iva

Uno degli aspetti del lavoro delle partite Iva che più le fanno imbestialire – e assai spesso le frustrano… – è quello dei tempi di pagamento. I committenti, siano essi imprese, privati o Pubblica amministrazione, tendono infatti a dilatare i tempi di pagamento il più possibile, dai classici e insopportabili 90 giorni a molto di più. Sempre che si ricordino o abbiano voglia di pagare…

Ebbene, il tanto atteso ddl sulle tutele del lavoro autonomo e delle partite Iva, meglio conosciuto come Statuto del lavoro autonomo, punta a dare una sterzata a questo malcostume del tempi di pagamento biblici, che mette in difficoltà le partite Iva nel proprio lavoro, tanto all’avvio di una attività, quanto durante l’attività stessa.

Stando quanto dovrebbe andare in discussione in Parlamento a breve, le fatture emesse dal professionista, dal titolari di un contratto di collaborazione (generalmente un co.co.co.) e da tutte le partite Iva che siano differenti dalle imprese, dovranno essere pagate entro il termine massimo di 60 giorni dalla loro emissione. Qualora il contratto di prestazione d’opera contenesse un termine superiore, questo sarà considerato nullo in quanto ritenuto clausola abusiva.

Un primo passo importante nella tutela del lavoro delle partite Iva, anche se il termine di 60 giorni per molti professionisti è ancora duro da digerire. Certo è che con questa modifica, le cose potrebbero migliorare un poco, anche considerando quelle che sono, nella bozza del ddl, le definizioni di clausole e condotte abusive che vanno a danno delle partite Iva.

Nello specifico sono considerate prive di qualsiasi effetto le clausole inserite nel contratto di collaborazione che attribuiscono al committente una posizione preminente nel rapporto con il prestatore d’opera: tipicamente la facoltà di recedere senza adeguato preavviso da un contratto a prestazioni continuative o quella di modificare unilateralmente le condizioni del contratto.

Altre clausole o condotte abusive nei confronti delle partite Iva sono attraverso le quali le parti concordano termini di pagamento superiori a 60 giorni dalla data di ricevimento, da parte del committente, della fattura o della richiesta di pagamento. Se si trovassero in presenza di clausole abusive di questo tipo, i collaboratori o le partite Iva avrebbero anche diritto, secondo il ddl, al risarcimento del danno da parte del committente.

Sulla carta si tratta di ottimi propositi per provare a rendere la posizione delle partite Iva meno fragile di fronte ai diktat di molti committenti. Il dubbio è legato a quanto questi committenti potranno far valere una eventuale loro posizione di forza anche di fronte a questa normativa rifiutandosi, magari, di stipulare un contratto non potendo evitare le clausole abusive.