Parma: nel 2013 scoperti 19 evasori milionari

Ora che il 2013 ha superato il giro di boa, la Guardia di Finanza di Parma comincia a fare un bilancio sull’andamento dell’anno in corso.
A giudicare dai risultati, sembra che la lotta all’evasione fiscale, tanto declamata anche dal Governo, sia tuttora in corso e abbia portato numerosi frutti.

Tra coloro che sono stati “beccati” con le mani nel sacco, ci sono 19 Paperoni che, nonostante cospicui guadagni, hanno preferito nascondere il loro giro d’affari e non versare l’Iva spettante, per un totale di 29 milioni di euro di redditi e ben 800 milioni di euro di Iva mancante.

Oltre agli evasori più “corposi”, sono stati scovati anche molti redditi non dichiarati, con persone che hanno deciso di rendere noti solo una parte delle loro entrate, per un totale di 33,5 milioni di euro in nero, scoperti da gennaio a luglio, con 3,7 milioni di euro di Iva non versata.
Per questi 33 milioni sono state denunciate 20 persone. I controlli sono stati ben di più, 174 controlli e 71 verifiche fiscali in 212 giorni, che hanno portato a scovare 3 milioni e 700 mila euro di iva dovuta, e che ha portato alla denuncia di 20 persone.

Dalla Finanza di Parma dichiarano: “L’azione operativa mira a colpire nella loro globalità tutti i fenomeni che si connotano per la capacità di mettere a rischio contemporaneamente più interessi economici e finanziari, attraverso specifiche tecniche d’indagine proprie di una forza di polizia. Sul piano della lotta all’evasione e all’elusione fiscale l’attenzione è stata e sarà rivolta verso i grandi fenomeni evasivi che presentano una maggiore lesività per gli interessi erariali: tutti gli interventi nei confronti dell’economia sommersa, delle frodi Iva, all’evasione fiscale internazionale e quella collegata ad altri illeciti economico-finanziari. allo stesso tempo, sono state affinate le strategie operative per arginare anche i fenomeni evasivi di massa, ad esempio, l’omesso rilascio di scontrini e ricevute fiscali”.

Ad essere stati controllati sono stati 1.58 fra negozi, ristoranti, bar e tabaccherie e, tra questi, oltre un quarto si “dimenticava“ di emettere lo scontrino.
Sono stati trovati anche 182 lavoratori in nero o in diversa maniera irregolari, dei quali cento non italiani.

Vera MORETTI

Lavoro sommerso, i dati Inps del 2011

 

Oltre 45 mila lavoratori in nero, per un’evasione calcolata che si aggirerebbe attorno ai 981 milioni di euro.  Sono i dati resi noti dal bilancio sociale dell’Inps riguardanti le indagini e le ispezioni sul lavoro sommerso in Italia nel 2011.

L’Istituto ha accertato più di 981 milioni di euro di omissioni contributive e sanzioni. A finire sotto il fuoco incrociato dell’Istituto di previdenza sociale sono stati due settori in particolare: quello dell’agricoltura e quello dell‘edilizia. Nel primo caso, le ispezioni sono state orientate all’indagine del fenomeno di utilizzo di manodopera agricola stagionale, a seconda delle principali colture effettuate nei diversi periodi dell’anno.

Nel dettaglio a passare sotto stretta osservazione il fenomeno del caporalato e delle truffe ai danni dell’Inps realizzate mediante l’instaurazione di fittizi rapporti di lavoro, attività spesso nelle mani di organizzazioni criminali, che hanno fatto emergere 66.347 rapporti di lavoro in nero. Nel dettaglio, il totale dei rapporti di lavoro “fittizi” scoperti nel triennio 2009-2011 sale a quota 246.271 con conseguente mancato incasso, per le casse dell`Istituto, di oltre 739 milioni di euro.

Passando all’edilizia “le ispezioni sono state finalizzate alla verifica delle condizioni generali di tutela del lavoro – ha fatto sapere l’Inps – nonché ad un oculato monitoraggio della cantieristica esistente che ha consentito un attento esame, oltreché del lavoro irregolare, anche dello stato di attuazione, in tale ambito, della disciplina in materia di salute e sicurezza“.

Alessia CASIRAGHI

Niente “nero” in Emilia Romagna

Uno studio condotto dal Centro Studi Sintesi sull’economia sommersa, ovvero sui lavoratori “in nero” che non denunciano i loro guadagni al fisco, ha stilato una classifica delle regioni “virtuose”, ovvero dei luoghi dove i consumi sono più aderenti ai guadagni dichiarati.

Gli indicatori di benessere presi in considerazione sono sette e comprendono, ovviamente, le auto di lusso e le mega ville, e sono condensati tutti in un rapporto di ricavi e spese, risultato dei quali rappresenta la media nazionale.

Su una media di 100, dunque, le località che ottengono un punteggio superiore sono quelle in cui i consumi sono “giustificati” dai redditi, se il punteggio e’ più basso si spende mediamente più di quanto si dichiara al fisco.

La regione “regina” è l’Emilia-Romagna, che spicca sulle altre con 147 punti (media nazionale di 100), perdendone però 3 rispetto al passato. Al secondo posto c’è il Friuli Venezia Giulia, al terzo il Piemonte; sei anni fa accanto all’Emilia-Romagna c’erano la Lombardia e il Trentino Alto Adige.

Secondo la “mappa fiscale” del Paese, la provincia più fedele è invece Trieste, seguita da Milano, e Bologna che completa il podio.

Tra le province emiliane, dopo Bologna che è terza (149 punti, meno uno al confronto con un anno fa), Forli-Cesena è quarta (131, più 11), Parma ottava (126, meno quattro), Modena è undicesima (122, meno cinque), Ravenna quattordicesima (119, più otto), Reggio Emilia 19ma (116, più 15), Piacenza 24ma (115, meno 12), Ferrara 45ma (103, meno 42). Ultima, maglia nera della regione, Rimini, che si piazza al 59mo posto della classifica italiana e si ferma ad un punteggio pari a 95 e registra un meno otto rispetto al 2006.

Il commento pervenuto dalla provincia di Rimini in un comunicato è eloquente: “Questi dati ci segnalano ancora una volta la profondità del problema fiscale nel territorio riminese, anomalo anche rispetto alle aree dall’economia omogenea. Gli strumenti per intervenire non stanno sulla luna, molti stanno in capo all’esecutivo centrale, qualcuno di meno agli enti locali. Ma e’ la convinzione della priorità della ‘guerra’, come l’ha definita lo stesso Presidente Monti, l’elemento centrale di ogni strategia di contrasto”.

Positivo, invece, il commento del sindaco di Cesena Paolo Lucchi, il quale ha dichiarato: “Dopo il poco invidiabile exploit della scorsa settimana, quando la nostra provincia si è classificata al primo posto per l’aumento dei reati denunciati, questa volta la posizione alta e’ un segnale positivo, se e’ vero che l’evasione fiscale ha effetti devastanti per l’economica del nostro Paese, tanto da indurre il primo ministro Mario Monti, in genere sempre molto misurato, a parlare di un vero e proprio ‘stato di guerra’”.

Vera MORETTI

Lavoro in nero nuovo ammortizzatore sociale?

I lavoratori in nero, ovvero coloro che, pur producendo e guadagnando, rimangono invisibili agli occhi del Fisco, sono quasi 3 milioni.

Si tratta di una cifra enorme, se si considera che questo piccolo esercito produce circa 100 miliardi di Pil irregolare, pari al 6,5 del Pil nazionale.

Per quanto riguarda le risorse pro capite, si tratta di evasioni fiscali annue di 709 Euro di media.

Sono dati resi noti dalla Cgia di Mestre, commentati così dal segretario della Cgia Giuseppe Bortolussi: “L’economia sommersa ha ormai assunto connotati molto preoccupanti. Tuttavia, le differenze territoriali sono evidentissime. Oltre il 40% dei lavoratori in nero, del valore aggiunto prodotto dall’economia sommersa e del gettito di imposta evasa, sono riconducibili alle Regioni del Mezzogiorno, mentre il Nordest, sempre additato come un’area ad alta vocazione al sommerso, è la macro area meno interessata da questo fenomeno.”

La regione più ad richio risulta essere la Calabria, con 184.000 lavoratori in nero e un’incidenza percentuale del valore aggiunto da lavoro irregolare sul Pil pari al 18,3% e 1.333 euro di imposte evase.

Questa situazione, ovviamente, non giova al Paese e certo non contribuisce a farlo risollevare. Anzi, a questo proposito, le stime che riguardano la condizione economica e finanziaria italiana sono da correggere per difetto.

Anche se, Bortolussi vuole aggiungere una provocazione, che dovrebbe far riflettere sullo stato in cui versa l’Italia: “Il sommerso costituisce un vero e proprio ammortizzatore sociale. Sia chiaro, nessuno di noi vuole esaltare il lavoro nero, spesso legato a doppio filo con forme inaccettabili di sfruttamento, precarietà e mancanza di sicurezza nei luoghi di lavoro. Tuttavia, quando queste forme di irregolarità non sono legate ad attività riconducibili alle organizzazioni criminali o alle fattispecie appena elencate, costituiscono, in questi momenti così difficili, un paracadute per molti disoccupati o pensionati che non riescono ad arrivare alla fine del mese“.

Vera Moretti

Cassazione: il lavoratore che percepisce compensi in nero deve pagare i contributi

La Corte di Cassazione con sentenza n.9867/11 ha stabilito che il lavoratore che percepisce compensi “in nero” deve pagare i contributi su tali compensi. Il caso di cui si è occupata la Cassazione ha dell’assurdo: per inadempienze del sostituto d’imposta, sorgono obblighi e oneri maggiori in capo al lavoratore il quale non ha omesso nessuna dichiarazione. La lavoratrice interessata nella vicenda firmava le ricevute a quietanza di quanto percepito, come se il rapporto in essere fosse stato gestito nel modo corretto.

Per la lavoratrice è stato ovvio impugnare l’avviso di accertamento emesso dall’Agenzia delle Entrate in quanto non era sua responsabilità il mancato versamento delle ritenute sul rapporto di lavoro. Inoltre sarebbero state le uniche imposte dovute per l’anno e non avrebbero fatto sorgere alcun obbligo di presentazione della dichiarazione visto che il datore di lavoro effettua il conguaglio a fine anno.

L’Agenzia delle Entrate dopo le pronunce di primo e secondo grado a favore della lavoratrice è ricorsa in Cassazione. Tale ricorso è stato accolto dalla Corte in quanto l’obbligo del sostituto di versare le imposte non esonera il sostituito, il quale resta l’obbligato principale al pagamento dei tributi. In linea generale il lavoratore deve dichiarare anche i redditi assoggettati a ritenuta, sui quali, secondo il criterio di progressività, sarà calcolata l’imposta, detraendo quanto ritenuto e versato dal sostituto.