In vigore la nuova Riforma Forense

Con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, è entrata definitivamente in vigore la Riforma Forense, che reca, tra le novità più salienti e discusse, l’obbligo di versamento dei contributi alla Cassa forense anche per gli avvocati con redditi inferiori ai 10.300 euro finora esclusi dall’adempimento.
Scopo di ciò è garantire anche a questa fascia di avvocati una tutela previdenziale.

La nuova disciplina dell’Ordinamento della professione forense prevede:

  • l’iscrizione d’ufficio alla Cassa forense con delibera della Giunta esecutiva successivamente alla comunicazione di avvenuta iscrizione all’Albo da parte del Consiglio dell’Ordine;
  • il dimezzamento della contribuzione minima soggettiva per i primi 6 anni, novità che comporterà, per garantire la sostenibilità finanziaria del sistema, il riconoscimento di solo sei mesi di anzianità contributiva ai fini previdenziali;
  • possibilità di integrazione dei versamenti nell’arco dei primi otto anni di iscrizione alla Cassa;
  • retrodatazione fino a tre anni per i nuovi iscritti alla Cassa forense;
  • applicazione delle nuove norme a tutti gli avvocati, senza alcun limite di età;
  • tre prove scritte e una orale da svolgersi nella stessa sede per l’accesso alla professione, senza codici commentati;
  • l’obbligo di assicurazione per il legale, pena l’illecito disciplinare, per la responsabilità civile volta a coprire anche documenti, somme di denaro, titoli e valori ricevuti in deposito;
  • l’obbligo per il legale, pena l’illecito disciplinare, di stipulare una polizza di assicurazione per la responsabilità civile volta a coprire anche documenti, somme di denaro, titoli e valori ricevuti in deposito;
  • l’obbligo per il legale, pena l’illecito disciplinare, di stipulare una polizza di assicurazione per la responsabilità civile volta a coprire anche documenti, somme di denaro, titoli e valori ricevuti in deposito;
  • la maggiore tipizzazione degli illeciti disciplinari;
  • la possibilità di realizzare società tra avvocati, anche di natura multidisciplinare e società di capitali senza il socio esterno a garanzia dell’autonomia della prestazione professionale;
  • il ritorno del divieto del patto di quota lite;
  • l’accordo sul compenso tra avvocato e cliente e l’avvocato rendendo nota della complessità dell’incarico e fornendo le informazioni sugli oneri ipotizzabili al momento del conferimento, in caso contrario devono essere applicate le tariffe professionali vincolanti nel minimo e nel massimo.

Vera MORETTI

Professionisti, ecco la ricetta anticrisi

La pioggia di tasse, gli investimenti in calo e la troppa burocrazia. La libera professione in Italia sembra essere diventata un privilegio per pochi. E per chi ha scelto di mettersi in proprio, le difficoltà  non si contano. E’ di qualche giorno fa la notizia secondo la quale, in base al nuovo ddl sulla spending review, anche i liberi professionisti potranno compensare i crediti vantati nei confronti della Pubblica Amministrazione con le eventuali posizioni debitorie nei confronti del Fisco.

Ma che cosa potrebbe fare concretamente il Governo per favorire la crescita e lo sviluppo della libera professione in Italia? Lo abbiamo chiesto a tre professionisti: un agente immobiliare, un pubblicitario e un commercialista. Per capire qual è la temperatura che si respira nel settore della compravendita di immobili, nel mondo della comunicazione e nella selva intricata di chi ogni giorno ha a che fare con tasse e fisco. E scoprire qual è la loro ricetta anticrisi. Ecco il video.

Alessia CASIRAGHI

La reazione degli architetti nei confronti della riforma sul lavoro

di Vera MORETTI

E’ stata inviata una lettera al Presidente del Consiglio e ai Ministri della Giustizia, del Lavoro e dello Sviluppo economico scritta dal Consiglio Nazionale degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori, per esprimere il proprio dissenso nei confronti della norma che intenderebbe includere gli iscritti agli Albi tra coloro che, ove lavorassero per oltre sei mesi per il 75% per un medesimo cliente e/o utilizzandone le strutture e le attrezzature, dovrebbero essere assunti come dipendenti.

Tale norma, prevista all’interno della riforma del lavoro, se applicata creerebbe gravissimi danni all’intera categoria professionale, sia in termini di disoccupazione che in termini di marginalizzazione dal mercato.
La lettera, infatti, dice che “la struttura media degli Studi di architettura italiani è assai piccola (tra due e quattro addetti) e si basa sulla cooperazione tra titolari e collaboratori, in un ambito di “bottega” o, come si dice ora, di team, con un approccio culturalmente assai distante dal rapporto datore di lavoro/dipendente. Proprio  la dimensione ridotta degli Studi di architettura sta permettendo alla maggioranza dei 150 mila architetti italiani di reggere alla grave crisi del Paese e del settore, pur tra mille difficoltà e grazie ai comuni sacrifici di titolari e collaboratori“.

Per questo, l’obbligo di assunzione in strutture dai volumi d’affari ridotti porterebbe alla drastica riduzione dei propri collaboratori a causa della difficoltà di sostenere nuovi oneri, e porterebbe ad un ulteriore aggravio della disoccupazione giovanile.
Ma non solo: dalla lettera emergerebbero altre conseguenze negative: “la contrazione della dimensione delle strutture con ulteriore difficoltà delle stesse ad essere competitive sul mercato; la drastica riduzione dei contributi a Inarcassa, a cui proprio il vostro Governo ha da poco chiesto di dimostrare la sostenibilità delle pensioni a 50 anni, in quanto i dipendenti diverrebbero contributori INPS e lo snaturamento del rapporto interprofessionale, tra titolari degli Studi e collaboratori, con danni all’oggetto della prestazione ed alla qualità complessiva dei progetti sviluppati“.

Inoltre, i principi di flessibilità e mobilità tipici delle professioni intellettuali, che si basano anche sulla capacità di azione sui mercati globali e di adattamento ad un mercato altalenante.
Inoltre, il mono-mandato di un architetto è pressoché inevitabile, di fronte a progetti a lungo termine, non solo quando si tratta di lavori relativi alla Pubblica Amministrazione, ma anche quando si tratta di privati.

La lettera, però, non si limita d elencare i motivi del dissenso nei confronti della norma, perché propone alcune iniziative per proteggere gli iscritti agli Albi da parte di colleghi che possano agire in modo scorretto in qualità di committenti.
Tra queste, quella di “garantire, all’interno dei Codici Deontologici, il rispetto di regole etiche e tipizzazioni contrattuali nel rapporto tra titolare dello Studio e collaboratore, laddove iscritti agli Albi: la futura terzietà dei nuovi Collegi Disciplinari sarà perfettamente in grado di assicurare giudizi equi e sospendere gli iscritti che svolgano nei confronti  dei colleghi pratiche contrattuali vessatorie“.

Un’altra proposta è quella “di semplificare e rendere maggiormente economiche le forme di associazione professionale, così che i collaboratori possano a tutti gli effetti essere agilmente associati agli Studi di Architettura rendendo così formalmente evidente il loro contributo professionale e la loro appartenenza alla struttura“.

In ogni caso, gli Architetti italiani chiedono di affrontare il tema con consapevolezza e serietà e si rendono disponibili ad una collaborazione con il Governo.

Federarchitetti auspica una più ampia riforma delle professioni

di Vera MORETTI

Federarchitetti ha diffuso un comunicato stampa tramite il quale la categoria spiega punto per punto la propria posizione  in relazione ai provvedimenti del governo relativi alla riforma delle professioni.

Non si rinnega la necessità di un intervento, da parte del governo, nei confronti di certe categorie professionali, ma si punta l’attenzione sui modi e sulle intenzioni.

Le misure legislative non congruenti adottate dai governi precedenti sono considerate tra le responsabili dell’emarginazione progressiva delle libere professioni tecniche, messe poi in ginocchio dalla crisi economica.

Le incongruenze attualmente esistenti sono:

  • Difetto di rappresentanza: non paritetico. “Per i liberi professionisti, in particolare per l’area tecnica, la rappresentanza sindacale è eventualmente tollerata, ma senza che alcun meccanismo, ordinistico, previdenziale o contributivo, ne autorizzi una qualche forma di sostegno diversa da quella volontaristica“.
  • Ruolo degli ordini: fallimento dei compiti istituzionali, soprattutto per quanto riguarda architetti ed ingegneri. Si chiede, a questo proposito, una “riconversione a nuovi compiti degli stessi, opportunamente ridotti per numero, (uno o due per Regione) in AGENZIE di SOSTEGNO (AGENSOS) e Controllo allo Sviluppo, per far fronte a pressanti esigenze
  • Servizi tecnici pubblici: posizione predominale in contrasto al libero mercato. I costi dei servizi tecnici pubblici dovrebbero essere valutati complessivamente, “con specifico capitolo di spesa, dal quale si evincerebbe la possibilità di affidarli interamente, o in gran parte, al libero mercato, così come già avviene per i servizi sanitari“.
  • Servizi tecnici in-house: evasione IVA. Riguarda la maggior parte delle prestazioni professionali in-house, che sono svolte senza versamento dell’IVA, da soggetti che non praticano la libera professione. “L’acquisizione della posizione IVA, individuale e/o societaria, deve costituire un obbligo prioritario per i troppi evasori autorizzati”.
  • Esclusivo privilegio dei parametri economici, a causa della soppressione dei limiti tariffari.
  • Accesso alla professione: assenza di tirocinio, quando, invece, dovrebbe essere obbligatoria una formazione post-laurea, magari con “salario minimo di sostegno se certificato da collaborazione svolta in studi professionali” .

Tutto ciò per cercare di ridurre le disuguaglianze sociali attraverso misure che dovrebbero servire a limitare la prevaricazione di interessi di parte.

Per attivare ciò, si rendono necessari alcuni interventi, quali una burocrazia aperta alla società, settore universitario all’altezza e al passo con i tempi, ma anche un’interazione con il mondo imprenditoriale, qualora si trattasse di interventi consoni e non mossi da mero interesse.