Le persone più ricche d’Italia: la curiosa classifica di Forbes

A fine anno tutti fanno i bilanci e così arriva anche qualche curiosa classifica, tra cui anche quella dedelle persone più ricche d’Italia, molti di noi non troveranno il loro nome, ma la curiosità tenta.

Chi sono le persone più ricche d’Italia?

A stilare la curiosa classifica è stata la rivista Forbes che ha sottolineato come nel 2022 ci siano 50 miliardari in Italia, solo 1 in più rispetto a un anno fa, 8 hanno perso il loro ruolo. È sceso però il patrimonio medio dei miliardari d’Italia, insomma la crisi si fa sentire anche per loro. Non guarderemo tutte le posizioni ma solo le prime 10.

Al decimo posto dei miliardari d’Italia c’è Patrizio Bertelli, Amministratore delegato del Gruppo Prada e marito di Miuccia Prada, il patrimonio dichiarato è di 4 miliardi di dollari.

Con lo stesso patrimonio di 4 miliardi si pone al nono posto, ma si tratta di un ex equo, Miuccia Prada, a conferma che il settore lusso in Italia genera ancora buoni guadagni.

All’ottavo posto della classifica con 4,1 miliardi di dollari di patrimonio stimato ci sono Augusto e Giorgio Perfetti giganti delle caramelle Perfetti Van Melle che controllano marchi come Mentos, Chupa Chups e Golia.

Settimo posto per Piero Lardi Ferrari dirigente dell’omonima azienda concentrata sulla produzione di auto di lusso. Il suo patrimonio è di 4,2 miliardi di euro.

Il sesto posto della classifica degli italiani più ricchi spetta a Giuseppe De Longhi proprietario del noto marchio di produzione elettrodomestici, in questo caso il patrimonio si aggira sui 4,4 miliardi di dollari.

La prima parte della classifica delle persone più ricche d’Italia

Il quinto posto spetta Massimiliana Landini Aleotti e famiglia che ha ereditato il colosso della casa farmaceutica Menarini da marito Alberto Aleotti e vanta un patrimonio di 5,4 miliardi di dollari. Vista la particolare classifica sottolineiamo che è la donna più ricca d’Italia.

Il quarto posto della classifica delle persone più ricche d’Italia è occupato da Silvio Berlusconi e famiglia con un patrimonio di 7,1 miliardi di dollari.

Il terzo posto è occupato un’altra volta da esponenti del mondo della moda e del lusso, si tratta di Giorgio Armani che ha un patrimonio stimato di 7,8 miliardi di euro.

Al secondo posto invece c’è la famiglia Del Vecchio proprietaria del marchio Luxottica conosciuto in tutto il mondo per la produzione di lenti da vista. Il patrimonio stimato è di 27,3 miliardi di dollari, stacca quindi il modo deciso il terzo in classifica.

Infine c’è il primo posto che spetta a chi della dolcezza ha fatto il suo marchio personale di fabbrica, si tratta di Giovanni Ferrero, proprietario della Ferrero che produce la nota Nutella. In questo caso il patrimonio stimato è di 36,2 miliardi di dollari.

Ultime curiosità: rientra tra i 50 più ricchi d’Italia anche Lina Tombolato, vedova di Ennio Doris scomparso pochi mesi fa e fondatore di Banca Mediolanum. Escono invece dalla classifica Emma e Antonio Marcegaglia e Andrea Della Valle di Tod’s.

Cinesi sempre più protagonisti del mercato del lusso

Lo studio condotto da Bain&Company per MEI.com “Cina e consumatori cinesi nel mercato globale del lusso” ha fatto emergere quando la Cina sia sempre più decisa a dire la sua per quanto riguarda il mercato del lusso, il cui valore globale vale 249 miliardi di euro e di cui il Paese del Sol Levante rappresenta il 7%, anche se i cinesi rappresentano il 30% del totale.

Non stupiscono, dunque, le parole di Mattia Mor, Executive Director Europe di MEI.com, flash sales store online del lusso e della moda in Cina e parte del Gruppo Alibaba, il quale vede il mercato cinese sempre più capace di influenzare la crescita del prossimo decennio, grazie alla globalizzazione che sta permettendo al Made in Italy di farsi conoscere dovunque, anche nelle zone del mondo in cui fino a pochi anni fa era quasi sconosciuto.

Per quanto riguarda il consumatore cinese, dopo un primo tempo in cui era davvero onnivoro, poiché attratto da tutto ciò che rappresentava una novità, senza dimostrare dunque una preferenza spiccata, ora sta vivendo un periodo di maturazione. Ciò lo porta a fare acquisiti e scelte più consapevoli e meno guidati dall’entusiasmo, osservando maggiormente il prodotto e meno il logo, che prima era la principale attrattiva.

Il futuro del consumatore cinese, a questo punto, è spinto dall’acquisto di beni di lusso con elementi di design o di prodotti che derivano da marchi di lusso emergenti. E gli outlet cominciano a farsi strada, poiché il rapporto qualità-prezzo ha un suo valore.

Questa repentina maturazione degli acquirenti cinesi è dovuta a più fattori:

  • Sovra-esposizione al lusso: La maggior parte dei marchi di lusso ha investito pesantemente nel mercato cinese negli ultimi 10-15 anni, aprendo ampie reti di negozi. Se prima erano una novità, ora sono una norma e, come tale, l’effetto sorpresa è svanito.
  • Digitalizzazione: La Cina è diventata il più avanzato mercato dell’e-commerce al mondo, soprattutto da cellulare. Per ora i beni di lusso sono interessati marginalmente da questo fenomeno, ma si prevede che anche per questo segmento acquistare online possa diventare il canale prescelto dalla maggior parte dei consumatori.
  • Passaggio al “lusso esperienziale”: Dall’acquisto di beni di lusso, i cinesi stanno passando alle esperienze di lusso, a cominciare dai viaggi, ma anche considerando le auto, o le opere d’arte.

Nonostante il recente rallentamento della crescita economica cinese, si prevede una crescita dei consumi, in linea con quella della popolazione (+ 32 milioni di persone entro il 2030) con un PIL globale in aumento. Il mercato cinese del futuro rifletterà i principali cambiamenti in atto a livello sociodemografico:

  • Nuovi consumatori Millennials: I consumatori cinesi del lusso sono già più giovani dei loro corrispondenti europei e americani, con una media di soli 33 anni, e nei prossimi 3-5 anni il mercato sarà dominato da consumatori ancora più giovani.
  • Classe media urbana in ascesa: La classe media è prevista crescere in Cina ad un ritmo 5 volte superiore rispetto al totale della popolazione; questo causerà ad un aumento di consumatori di beni di lusso con redditi inferiori e localizzati nelle città di medie dimensioni, più propensi all’acquisto di prodotti con un buon rapporto qualità-prezzo.
  • Donne in ascesa: Le donne, che ad ora contano per i 3/5 del mercato del lusso in Cina, stanno acquisendo ruoli sempre più importanti e prestigiosi anche nel mondo del lavoro cinese, e continueranno a giocare un ruolo sempre più importante nel mercato cinese di beni di lusso, influenzando di conseguenza le performance delle varie categorie prodotto.
  • Crescita dell’individualismo: Gli acquisti diventeranno sempre più personali e privati, focalizzati sull’esperienza e il lifestyle, con un interesse crescente per investimenti nel real estate.

Vera MORETTI

Mercato del lusso in Russia: ripresa sì, ma non per tutti

Nonostante un anno difficile per il commercio e per le imprese che esportano in Russia, a causa delle sanzioni economiche, i brand del lusso stanno tornando alla ribalta nel mercato russo, secondo il nuovo studio Luxury in Russia: the comeback, realizzato da Contactlab, specialista nel customer engagement e dalla società di investimento Exane BNP Paribas. Tuttavia, alcuni brand si comportano meglio di altri nell’adattare le proprie offerte al mercato russo: ad esempio, solo 4 brand propongono il servizio clienti in lingua russa.

In questo momento il mercato del lusso in Russia è stimato in 3,5 miliardi di euro in seguito a una crescita stimata tra il 5% e il 10% delle vendite rispetto all’anno precedente, rappresentando l’1,4% delle vendite di lusso mondiali. Tuttavia è da notare che i turisti russi sono estremamente importanti poiché rappresentano il 5% del mercato mondiale del lusso.

Considerando che i consumatori russi spendono in media il 60% in più rispetto ai clienti del resto del mondo, Contactlab ha constatato con sorpresa come alcuni tra i principali brand di lusso stiano adottando degli approcci piuttosto deboli per raggiungere questi consumatori.

Il team di specialisti di Contactlab ha analizzato 32 brand e li ha classificati secondo diversi parametri. Lo studio ha evidenziato la forza di Burberry, Louis Vuitton e Loro Piana nella digital customer experience. Questi brand si comportano bene per quanto riguarda i siti web in lingua locale, la selezione dei prodotti e le app mobile in lingua russa, e questi sono solo alcuni dei parametri presi in considerazione. L’indagine rivela che Dolce & Gabbana, Burberry e Swatch sono gli unici brand internazionali che ingaggiano i clienti russi sulle piattaforme di social media come Twitter e VK (il social network più popolare in Russia).

Probabilmente l’area di crescita potenziale più ampia per i brand di lusso in Russia è l’e-commerce. Il tasso di penetrazione di questo canale in Russia (considerato come percentuale delle vendite al dettaglio totali) non tiene il passo con altri mercati internazionali: la penetrazione mondiale nel 2015 era del 7% mentre in Russia raggiungeva solo il 2,5%. 19 brand propongono il sito in russo, ma alcuni di loro come Valentino, Hermès, Chanel, Prada e Zegna non hanno ancora localizzato i contenuti per la Russia e rimandano gli utenti al sito internazionale.

Massimo Fubini, Amministratore Delegato di Contactlab commenta: “Il mercato russo rappresenta un grosso potenziale di crescita per i brand di lusso ma alcuni essi utilizzano strategie obsolete, senza creare engagement a livello locale. Le carenze nel digital customer engagement sono particolarmente rilevanti se si tiene conto che i russi rappresentano circa il 5% del mercato mondiale, inclusi gli acquisti all’estero”.

Lo studio evidenzia un abisso tra i brand di lusso in termini di servizio clienti. Sono solo 4 quelli che attualmente offrono assistenza telefonica e via email in russo, mentre marchi come Chanel, Gucci, Hermès e Prada spiccano per la mancanza di un servizio localizzato.

Alcuni brand si rivelano leader indiscussi offrendo un servizio a tutto tondo ai consumatori russi, vale a dire assistenza telefonica e via mail, servizi diretti al consumatore come la consulenza di un personal stylist e la possibilità di prendere appuntamento in negozio. Per lasciare il segno in questo mercato i brand devono impegnarsi a fondo offrendo una varietà di servizi e facendo sentire i propri clienti importanti e sicuri nei loro acquisti”, conclude Fubini.

Imprese del lusso e turismo straniero

Lo studio Who buys Where: Decrypting cross-border Luxury Demand Flows, condotto da Contactlab, specialista nel customer engagement, in collaborazione con Exane BNP Paribas, ha rivelato che la spesa per i prodotti di lusso acquistati all’estero rappresenterebbe circa il 30% dei ricavi mondiali del settore, con un aumento del 3,5% dal 2014 al 2015.

Lo studio sottolinea il contributo in termini di fatturato che i turisti del lusso apportano ai brand nei Paesi di destinazione. Il rapporto evidenzia inoltre l’impatto delle abitudini di spesa dei viaggiatori sull’industria del lusso e invita i retailer a non lasciarsi sfuggire l’opportunità di interagire con i turisti durante l’alta stagione estiva.

Secondo Massimo Fubini, CEO di Contactlab, “l’estate è ormai incominciata e molte persone sceglieranno destinazioni straniere per le loro vacanze. Per i brand del lusso è essenziale cogliere questa opportunità e interagire con i viaggiatori internazionali per influenzarne le scelte d’acquisto. Nei Paesi europei di lunga tradizione culturale, circa il 50-80% del fatturato proviene dai viaggiatori del lusso. I brand del settore devono molto ai clienti internazionali, ai quali è dovuto il flusso aggiuntivo di entrate rispetto al mercato interno. Un segmento da non trascurare“.

In quasi tutti i Paesi emergenti, i clienti che acquistano beni di lusso all’estero ammontano al 30-40% circa, con l’eccezione dei viaggiatori russi che compiono il 70% del proprio shopping in altri Paesi. Il rapporto analizza le abitudini d’acquisto dei turisti provenienti da Russia, Cina, India, Brasile e Messico.

Uno dei fattori chiave sul fatturato derivante da questo segmento di turisti è il rapporto tra il numero di viaggiatori provenienti da un determinato Paese e diretti all’estero rispetto a quelli in entrata. In questo senso, la regione del Golfo e gli Emirati Arabi Uniti hanno registrato un equilibrio: l’area del Golfo vanta infatti una posizione geografica unica e un volume importante di viaggiatori del lusso provenienti dall’Estremo Oriente e dalla Russia, nonché un flusso di viaggiatori domestici diretti verso l’Europa.

Americani e giapponesi hanno un flusso relativamente bilanciato sia in entrata sia in uscita, ma con una prevalenza di clienti domestici. L’Europa presenta un quadro piuttosto diverso, con pochissimi capitali in uscita per lo shopping di lusso, ma con un flusso in entrata molto alto proveniente dai turisti del lusso internazionali. Molti viaggiatori hanno visitato Paesi di lunga tradizione come l’Italia, la Francia e la Spagna, attratti dalle profonde radici del settore del lusso, dalla tassazione ridotta e dal rapporto quasi paritario tra euro e dollaro. Questi stessi Paesi sono molto prudenti e preferiscono non acquistare all’estero prodotti di lusso.

In linea generale russi, brasiliani, emiratini, americani e giapponesi come scontrino medio spendono maggiormente all’estero che in patria. Al contrario, lo scontrino medio dei turisti cinesi e coreani sembra essere circa il 20-30% più basso in Europa e Giappone rispetto al quello nel loro Paese d’origine, un segnale che le logiche di acquisto di questi clienti possano essere principalmente dettate da motivi aspirazionali.

Stando al rapporto ContactLab-Exane, la presenza cinese rimane predominante e stabile, pari al 50% circa del fatturato complessivo di turisti. La spesa internazionale dei viaggiatori russi e brasiliani si è invece ridotta, mentre lo shopping all’estero tra i turisti statunitensi, coreani e taiwanesi ha continuato la sua rincorsa.

Conclude Fubini: “Gli acquisti da parte dei consumatori stranieri si stanno ritagliando una voce importante nel bilancio delle aziende del lusso. La possibilità per gli acquirenti di fare shopping sia nel proprio Paese sia all’estero, apre nuove prospettive per i brand, che dovranno saper riconoscere i propri clienti per offrire loro un’esperienza di valore ovunque essi si trovino“.

Lusso e Paesi del Golfo, opportunità per il made in Italy

Uno dei mercati storicamente più forti per l’export del lusso made in Italy è quello dei Paesi del Golfo Persico. Le tensioni che da qualche anno si registrano legate all’andamento del prezzo del petrolio hanno fatto rallentare le economie dell’area, con ripercussioni anche sugli affari dei Paesi esportatori anche se, per fortuna, il mercato del lusso pare resistere.

Secondo quanto emerge dalla quarta edizione del White Paper, documento che analizza la situazione economica nel Golfo, realizzato dal Chalhoub Group, il lusso ha visto una crescita media annua del giro d’affari del 5,6% tra i sei Paesi del Consiglio di Cooperazione del Golfo nonostante, nell’ultimo trimestre 2015, il 38% dei consumatori degli Emirati Arabi abbia ridotto le spese per abbigliamento e tempo libero.

Lo studio di Chalhoub mostra però che la dinamica relativa al mercato del lusso rimane favorevole, soprattutto grazie alla crescita del numero di persone con alto patrimonio e conseguente alto potenziale di spesa: una crescita che dovrebbe continuare nei prossimi anni, almeno del 40% in Medio Oriente, contro il 25% che registreranno Nord America ed Europa.

Il rapporto stima infatti che questi potenziali acquirenti del lusso siano oltre 72mila negli Emirati Arabi e 59mila in Arabia Saudita, per tacere di realtà come Qatar e Kuwait ancora in risalita. Del resto, evidenzia lo studio, tra il 2009 e il 2014 la ricchezza della regione del Golfo è cresciuta del 50% e il numero di ultraricchi del 7,7%.

Ma c’è una tendenza nuova, nell’area, che ricalca quanto già visto sui mercati asiatici, in Cina specialmente, che è incoraggiante per le aziende del lusso che continuano a puntare su quei mercati: la nascita e la crescita di una classe media forte (è il 67% in Arabia Saudita), potenziale consumatrice di beni di lusso. E, dato insospettabile, anche in quei Paesi i più potenti decisori d’acquisto si stanno rivelando le donne.

Secondo il rapporto, in Arabia Saudita sono 105 le donne che fanno parte nella categoria degli ultraricchi e negli Emirati Arabi le donne detengono un patrimonio di quasi 22 miliardi di dollari. Insieme a questo, le donne del Golfo stanno diventando sempre più autonome, grazie anche a un elevato tasso di scolarizzazione. E, si sa, che cosa attira i gusti delle donne più dei beni di lusso?

Infine, un discorso sui cosiddetti millennial, i ragazzi nati sul finire dello scorso secolo. Grazie ai patrimoni di famiglia e a una crescente voglia imprenditoriale, secondo il White Paper questi consumatori hanno un ruolo sempre più attivo nel definire le dinamiche socio economiche della regione, contando soprattutto sul fatto che il 50% della popolazione è sotto i 30 anni.

Lusso italiano ed export: la via dell’eccellenza

Anche e soprattutto per le imprese italiane del lusso vale il discorso secondo il quale l’internazionalizzazione e l’export sono le chiavi imprescindibili per sopravvivere e per competere. Una certezza che è emersa anche in occasione del recente Luxury Summit del Sole 24 Ore tenutosi a Milano.

Una convinzione che è stata confermata anche dai dati macroeconomici relativi al 2015 e al primo trimestre del 2016, quando il comparto del lusso ha rallentato proprio nel momento in cui la crisi sembrava essere alle spalle; esattamente il contrario di quanto ha fatto negli anni più bui della recessione.

Una frenata che non deve però spaventare le aziende italiane del lusso poiché, come si scriveva più sopra, i mercati esteri, specialmente quelli al di fuori dell’Ue, continuano a essere i principali driver per le eccellenze del made in Italy, anche se con crescite più contenute rispetto al passato.

Lo ha confermato Andrea Illy, presidente di Fondazione Altagamma, quando ha affermato che “il mondo del lusso ha rallentato, è finita un’età dell’oro che forse speravamo durasse di più e i consumatori di oggi e del futuro sono profondamente diversi da quelli di appena qualche anno fa. Le crisi, ammesso che di crisi si possa parlare, sono però sempre delle opportunità: le aziende devono interrogarsi e allo stesso tempo guardare con fiducia ai milioni di persone delle classe medie di Paesi come la Cina, che hanno fame di prodotti di qualità e soprattutto di made in Italy”.

E una delle eccellenze delle imprese italiane del lusso è quella del tessile moda che, come ha ricordato il presidente di Sistema moda Italia, Claudio Marenzi, “è una delle ricchezze manifatturiere dell’Italia e può continuare a essere volano di crescita per il Paese. Tra le priorità deve esserci la salvaguardia della nostra filiera, unica al mondo, il che significa in particolare tutelare le Pmi. Occorre poi lavorare sul reshoring, favorendo, anche fiscalmente se possibile, il rientro di produzioni delocalizzate”.

Rimane quindi fondamentale per le aziende italiane del lusso continuare a “mettere il naso” al di fuori di casa, guardando ai mercati esteri più ricchi. Lo ha dimostrato durante il summit Nicola Pianon, senior partner di Boston Consulting Group, commentando lo studio da lui curato, dal titolo significativo di True Luxury Consumers Behavior: From China to Chinese. “Il rallentamento della crescita del Pil dal 7-8% al 5-6% non deve allarmare le aziende del lusso italiane – ha commentato Pianon -. I cinesi continuano a desiderare il made in Italy e ne apprezzano qualità e artigianalità, con un’avvertenza però: chiedono servizi online e offline sempre più articolati e sofisticati ed è su questo che i marchi devono investire”. Introducendo così i grandi temi del lusso, dell’e-commerce e degli investimenti dei grandi marchi sull’online, che saranno oggetto in futuro di approfondimenti.

Lusso e turismo, come legarli e valorizzarli?

Abbiamo sottolineato ieri come l’industria del lusso comprenda buona parte delle eccellenze del made in Italy. E un ponte che unisce lusso e made in Italy è il turismo, come ben espresso durante l’ultimo Luxury Summit del Sole 24 Ore tenutosi nei giorni scorsi a Milano. Un legame sottolineato da diverse personalità intervenute all’evento, così come sono stati sottolineati anche i limiti di un’industria turistica che, spesso, mortifica le proprie potenzialità, non solo sul target del lusso.

Bisogna fare le riforme perché il Titolo V è stato la iattura che ci ha fatto perdere il mercato. Già i budget della promozione turistica italiani sono notoriamente bassi, se poi li dividiamo in 20 regioni non viene fuori niente. Uno oggettivamente viene a visitare l’Italia, non la Campania, piuttosto che il Molise, ecc. Quindi è veramente controproducente quello che è stato fatto col Titolo V”. Parole di Andrea Illy, presidente di Fondazione Altagamma, che ha poi rincarato la dose: “In conseguenza di ciò il turismo non è segmentato, non ha un’organizzazione, diciamo, tale da poter intercettare in maniera strutturata le varie fasce di consumo. Quindi noi, come Altagamma, stiamo studiando un progetto sul turismo, da due anni e mezzo ormai, che dovrebbe avere il primo esordio con una fase sperimentale il prossimo anno, rivolto agli High networking visual e gli Ultra high networking visual, con partner internazionali che ci portano l’inbound e dei partner fortissimi nazionali che ci curano la logistica. Però è qualcosa che abbiamo dovuto inventarci e che speriamo vada bene perché è esattamente quello che gli stranieri di élite che vogliono vedere il Paese si aspettano di trovarsi, ma non c’è. L’idea è di offrire degli itinerari, non affollare i turisti che vengono tutti solamente nelle città d’arte, in pochissime destinazioni, ma fare vedere la ricchezza incredibile che c’è nel territorio, nelle province”. Parole forti, che vengono da una delle istituzioni principe del lusso italiano.

Il turismo l’anno scorso ha fatto +5% – ha aggiunto ancora Illyma non è detto che sia sempre il turismo adatto, perché spesso è anche turismo di massa, ma quest’anno l’opportunità sul turismo è ancora maggiore in funzione dei problemi che stanno affliggendo il Mediterraneo, e non ultimo l’Egitto. E quindi il fatto di usare la vetrina d’Italia come la nostra vetrina nazionale per promuovere i nostri brand è un’opportunità da cogliere di nuovo tutti assieme”.

Sulla correlazione tra il mondo del lusso e quello del turismo si è espresso anche Diego Della Valle, presidente di Tod’s, che in occasione del Luxury Summit si è chiesto e ha chiesto: “Chi ci impedisce di pensare che il Governo possa creare un grande portale che attacchi il turismo culturale e il turismo della bella Italia, del cibo, dei posti, a tutta una rete di aziende che possono essere viste a quel punto? Calenda (ministro dello Sviluppo economico, ndr) sicuramente queste cose le conosce. Queste cose in cinque/sei mesi uno le mette in piedi, non è che ci si mette una vita, e possono essere cose che da qui alla fine dell’anno danno un po’ di speranza a tante aziende che adesso, quelle piccole, non passano un momento felice”.

E, a proposito di lusso e turismo, ha detto la sua anche Carlo Capasa, presidente della Camera della Moda Italiana, che ha sottolineato l’intervento diretto del mondo della moda in quello del turismo per favorire una maggiore attrattività internazionale dell’Italia: “Pensiamo a quello che hanno fatto Prada e Armani a Milano, a tutti questi spazi dedicati all’arte, quello che sta facendo a Roma Della Valle con il Colosseo, a Renzo Rosso, Rialto: gli stilisti stanno investendo direttamente nei beni culturali, nella cultura, perché migliorare il Paese, dare un esempio di Paese virtuoso, attirare il turista, rende l’Italia appetibile. Alla fine in un mercato globale si vendono i brand, e il brand Italia è importante potenziarlo per poi saperlo vendere. Giorni fa abbiamo incontrato una delegazione cinese, cui abbiamo detto che stiamo cercando di organizzare un week end lungo dedicato alla Cina, magari in un periodo un po’ morto in modo che i negozi retail possano lavorare di più con facilità sui biglietti aerei, sugli hotel, ecc. Quindi bisogna coordinarsi, coordinare quella che può essere l’esperienza retail, con l’esperienza dell’ospitalità per dare delle facilitazioni e rendere maggiormente Milano, che può esserlo, un fashion hub per l’acquisto. A Milano c’è un movimento pazzesco: abbiamo 800 showroom, 350 uffici stampa, c’è veramente tanto che succede e molta gente viene dall’estero per vivere la città. Possiamo fare meglio, però”.

Infine, su turismo cinese e lusso è intervenuto anche Nicola Pianon, Senior Partner e Managing Director di The Boston Consulting Group: “I consumatori cinesi rappresentano il 30% del mercato globale del lusso personale ed esperienziale, mercato che continua ad alimentare con nuovi consumatori. Mentre si riduce il digital gap che i cinesi soffrivano rispetto ad altri, il consumatore cinese del lusso chiede ai brand sia un In store sales support di elevata qualità, sia una digital experience di livello. Un messaggio importante per gli attori del settore anche nel nostro Paese, considerato che prevediamo come, nel 2020, i turisti cinesi che viaggeranno all’estero raggiungeranno la quota di circa 120 milioni e che i tre quarti dei consumatori cinesi del lusso fanno acquisti fuori dai confini della mainland China. Un altro elemento che emerge dalle analisi BCG è come Milano si stia affermando sempre di più come una meta alla moda per i consumatori luxury cinesi“.

Il lusso che non conosce crisi (o quasi)

Molte delle eccellenze del made in Italy sono legate alle aziende del lusso di casa nostra. Che sia legato alla moda, ai motori, all’arredamento o ad altri settori, il segmento dei beni di lusso costituisce una grande fetta del nostro export e dà lavoro a migliaia di persone e famiglie. Anche in un momento non facile per l’economia italiana e mondiale.

Secondo il rapporto Global Powers of Luxury Goods redatto dal colosso mondiale della consulenza Deloitte, nonostante la crisi economica l’industria del lusso ha retto meglio degli altri l’impatto della crisi. Dato importante specialmente per l’Italia, che totalizza da sola quasi un terzo del lusso mondiale, che vale 222 miliardi di dollari di fatturato, relativamente alle vendite dei primi 100 gruppi o aziende al mondo.

Di queste 100 aziende, l’Italia ne annovera 29, cifra che la rende il primo Paese al mondo per numero di aziende del lusso. Nonostante questa forza, però, Deloitte sottolinea che le aziende italiane contribuiscono solo al 17% del giro d’affari legato ai beni di lusso generato da questa top 100. Tutto si spiega con il fatto che 24 delle 29 aziende di cui sopra sono piccole, a carattere familiare con, di conseguenza, una dimensione più ridotta in termini di ricavi: 1,3 miliardi di dollari contro i 5,2 miliardi di dollari delle aziende francesi del lusso.

Nonostante la crisi, dunque, il 2015 si è chiuso positivamente, a dispetto dell’andamento dei cambi, del rallentamento dell’Asia e, in generale, di molti mercati emergenti che hanno fatto frenare l’intero comparto.

Una conferma arriva dal monitor Bain/Altagamma, che ha rilevato come il mercato globale dei beni personali di alta gamma lo scorso anno è cresciuto del 13% a tassi correnti e dell’1% a tassi costanti, toccando quota 253 miliardi, confermando la tendenza anche per il primo trimestre 2016. Il che fa ipotizzare che il mercato del lusso nei prossimi anni possa crescere del 2 o del 3% annuo, purché l’Asia torni a tirare come faceva un tempo.

Un premio per le imprese eccellenti

L’impresa italiana ha un futuro di eccellenza e c’è un premio che è lì a testimoniarlo. A partire da ieri si sono aperte ufficialmente le candidature per la seconda edizione del “Premio Giovani Imprese – Believing in the Future”, ideato e promosso da Fondazione Altagamma per sostenere le giovani imprese culturali e creative italiane nei settori della moda, gioielleria, design, hotellerie, food&beverage, motori (auto e nautica) e imprese digitali che operano nei medesimi settori.

Il Premio è rivolto a tutte le realtà italiane presenti sul mercato da non più di 10 anni, con una struttura distributiva fisica e i cui prodotti esprimano qualità e contemporaneità. Le candidature dovranno essere inviate entro il 15 giugno 2016.

Il Premio Giovani Imprese si rivolge non ai singoli talenti creativi e imprenditoriali ma alle aziende di diversi settori che, pur giovani, stanno svolgendo un percorso promettente di consolidamento e possono trovare in Fondazione Altagamma e nei partner del progetto un supporto importante per la crescita.

I 21 finalisti, 3 per categoria, saranno identificati e selezionati a fine giugno da un Advisory Board composto da professionisti e personalità di spicco nei diversi settori che provvederanno a valutare le candidature ricevute. Fanno parte dell’Advisory Board: Davide Paolini (giornalista gastronomico), Antonio Cristaudo (Pittimmagine), Stefania Lazzaroni (Fondazione Altagamma), Piero Lissoni (designer), Sara Maino (Vogue Italia), Cristina Morozzi (Istituto Marangoni Design), Walter De Silva (designer), Ettore Mocchetti (Traveller), Luca Martines (Yoox Net à Porter Group).

Le 7 imprese vincitrici saranno quindi decretate da una giuria composta dal presidente di Fondazione Altagamma Andrea Illy eda tutto il Board di Fondazione Altagamma, oltre ai partner del Progetto: Franca Sozzani, Direttore Responsabile de L’Uomo Vogue e Vogue Italia, Raffaele Jerusalmi, CEO di Borsa Italiana, Harald J. Wester, CEO di Maserati, Bruno Busacca, Dean di SDA Bocconi.

Ai vincitori, Fondazione Altagamma metterà a disposizione la Membership gratuita nella categoria Honorary Members e un percorso di mentorship creato su misura e costituito da una serie di incontri organizzati all’interno delle aziende socie da realizzarsi nel 2017.

Borsa Italiana offrirà invece alle imprese un percorso di training nell’ambito del programma ELITE e l’opportunità di esplorare l’interesse di possibili investitori internazionali facendo conoscere loro la propria impresa.

Maserati premierà un unico vincitore e renderà disponibile un programma formativo in vari dipartimenti aziendali, costruito in funzione del background e delle esigenze del vincitore stesso, per comprendere al meglio le dinamiche di un brand esclusivo nel panorama automotive internazionale.

SDA Bocconi riserverà infine alle imprese vincitrici una giornata di executive management training.

L’economia si aggrappa al made in Italy

Non sarà una novità in assoluto, ma quanto rilevato da Pambianco, editore specializzato nel segmento del lusso e delle strategie d’impresa, lascia ben sperare per il mercato mondiale delle eccellenze italiane. L’analisi di Pambianco, condotta sui risultati del primo semestre 2015 di 15 imprese italiane del lusso quotate e comparati con un analogo campione di imprese americane ed europee, ha mostrato che queste aziende quotate del made in Italy alto di gamma, benché poche non hanno nulla da invidiare ai grandi gruppi europei del lusso.

Lo studio ha rilevato un incremento sostanziale di fatturato per i marchi made in Italy, non solo della moda: +13,2% nel primo semestre dell’anno, con un balzo da 9,282 a 10,506 miliardi. In Europa l’incremento è stato invece più marcato, +17,5%, con un salto da 49,18 a 57,77 miliardi. Segna il passo le performance degli Usa, dove il fatturato è rimasto stabile a 29,4 miliardi.

Si vede dunque come il valore del made in Italy non stia tanto nella massa critica degli attori che lo esaltano, quanto nella sua eccellenza intrinseca. Poco più di quattro punti percentuali di scarto tra campioni del made in Italy come Moncler, Luxottica, Prada, Safilo Ferragamo, e colossi europei come LVMH, H&M, Swatch, Adidas, Hermès, Kering, Hugo Boss, Jimmy Choo la dicono lunga sulle potenzialità che i brand di casa nostra hanno per fare da traino all’economia italiana.

Un’ulteriore conferma del fatto che il segmento del lusso, specialmente se è lusso made in Italy, è uno dei settori che reagisce alla crisi meglio e più rapidamente di altri e che, se anche frena, è in grado di accelerare meglio e prima.