Usura: piaga ancora attuale

Si è appena tenuto la terza edizione del No Usura Day in una delle città italiane, Roma, dove questa piaga è ancora molto forte.
La capitale, infatti, insieme a Napoli, detiene questo triste primato, anche se la questione è tutt’altro che risolta nel resto del Paese.

I dati parlano chiaro: spesso le richieste di aiuto, che arrivano a SOS Impresa, non sono seguite da denunce vere e proprie, ma, al contrario, tutto viene lasciato nell’ombra, forse per paura, forse per la convinzione che neppure la giustizia potrà far luce su questa realtà oscura.
Lino Busà, presidente di SOS Impresa, ha infatti dichiarato che, nonostante le 35.000 richieste di aiuto ricevute in un solo anno, le denunce non sono aumentate, anzi, sono diminuite in modo consistente. In tutto il 2011, ad esempio, sono state solo 230.

Ad oggi, dunque, sembra impossibile sconfiggere l’usura, soprattutto perché, in molti casi, si nasconde dietro la facciata di una società di intermediazione o di servizi finanziari.

Una persona bisognosa di liquidità immediata tende a fidarsi, quando le sembra di avere a che fare con una società, perché dà l’apparenza di fare tutto alla luce del sole e senza inganno.
Ma l’inganno c’è, e viene a galla troppo tardi, quando il prestito, spesso di piccola entità, è già stato concesso e si svela con tassi di interesse esorbitanti, mai a scalare ma, al contrario, fissi o sull’obbligo di acquisto di altri servizi tanto inutili, quanto onerosi.

Quando l’usura non si cela dietro una pseudo azienda, spesso si fa avanti grazie a professionisti insospettabili, che operano collaborando con alcuni bancari che si occupano di “reclutare” i clienti. In questo caso si tratta di finanziamenti superiori a 20mila euro ed è facile capire come sia ancora più difficile uscire da questo pericoloso circolo vizioso.

In rari casi sono proprio i bancari infedeli a diventare i veri e propri usurai, e si autopropongono al malcapitato fingendo di concedere loro il prestito, sempre con la stessa finalità: l’azione espropriativa, che è ancora più grave e subdola del semplice lucro sugli interessi. Il fine è non solo quello di estorcere del denaro ma di spogliare la vittima di ogni suo bene.

Ma nemmeno l’usura mafiosa accenna a calare ma, al contrario, sembra godere di ottima salute. Se, infatti, inizialmente le organizzazioni mafiose si “limitavano” a chiedere il pizzo, ora si sta espandendo a macchia d’olio nel mercato del prestito al nero.

In questo caso, i numeri sono impressionanti, perché dal 2008 al 2011 la presenza dei clan nell’usura si è raddoppiata, passando dal 20 al 40%. E chi pensa che si tratti di una questione che riguarda solo il Mezzogiorno, si sbaglia di grosso, perché questa piaga si è ramificata in ogni parte d’Italia, nord compreso.

A causa dell’usura dal 2010 al 2012 hanno chiuso 450mila aziende aziende commerciali e artigianali con la perdita di oltre 300.000 posti di lavoro, mentre gli italiani invischiati in patti di usura sono cresciuti a 600 mila.

Vera MORETTI

Commercialisti per la gestione dei beni confiscati alle mafie

Sottoscritto un protocollo tra Agenzia Nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata (ANBSC) e Consiglio Nazionale dei dottori commercialisti e degli esperti contabili (CNDCEC) per creare un elenco di professionisti esperti nella gestione di imprese sequestrate e confiscate alle mafie.

Come primo passaggio, il CNDCEC fornirà all’ANBSC entro il 20 giugno i nominativi degli iscritti che hanno i requisiti richiesti per l’iscrizione all’elenco; uno di questi sarà lo svolgimento, certificato, dell’attività di amministratore giudiziario.

I professionisti iscritti all’elenco potranno svolgere l’incarico di coadiutore di beni confiscati alle mafie, oltre all’attività di revisione di bilanci, di valutazione, di liquidazione di aziende confiscate e di delegato alla vendita di beni mobili.

Soddisfatto il presidente nazionale del CNDCEC, Claudio Siciliotti: “L’impegno dei commercialisti italiani sul fronte dell’amministrazione dei beni confiscati alle mafie compie oggi un salto di qualità estremamente significativo. La nascita di un apposito elenco di commercialisti, pronti a mettere a disposizione le proprie competenze per un compito così utile per la collettività, è la dimostrazione concreta di come la nostra categoria possa essere determinante per il riscatto di intere aree del Paese. Il nostro Consiglio Nazionale si impegnerà ora per un rapido superamento dei vincoli di anzianità al momento previsti per l’iscrizione all’elenco, accettati per rendere immediatamente operativa una così importante iniziativa”.

Gli fa eco il Direttore dell’ANBSC, Prefetto Giuseppe Caruso: “Il protocollo d’intesa sottoscritto col Presidente del Consiglio Nazionale costituisce un’ulteriore, grande opportunità da parte dell’ANBSC nella lotta alla criminalità organizzata mediante l’aggressione ai beni patrimoniali illecitamente acquisititi e il loro utilizzo ai fini sociali e/o per fare reddito a beneficio del F.U.G. La professionalità dei commercialisti e degli esperti contabili potrà essere di fondamentale supporto sia per le risorse disponibili dell’Agenzia Nazionale sia per tutti i Nuclei di supporto operanti presso le Prefetture dell’intero territorio nazionale“.

Nuovo codice etico contro la mafia in Sicilia

Sono state approvate all’unanimità da Confcommercio Sicilia le nuove norme del codice etico, sempre più determinato a combattere, e sconfiggere, la mafia. Da oggi, infatti, i commercianti che continueranno a pagare il pizzo senza sporgere denuncia verranno sospesi dall’associazione mentre chi verrà denunciato per reati mafiosi sarà espulso definitivamente.

Si tratta, in tutto, di undici articoli in cui si richiede ai soci di “rifiutare ogni rapporto con le organizzazioni mafiose” e di “fornire una guida morale ai consumatori“.

Il nuovo codice etico è stato presentato dal presidente di Confcommercio Sicilia, Pietro Agen, Luca Squeri, presidente della Commissione per le Politiche di Sicurezza e Legalità di Confcommercio Nazionale e Claudio Risicato, presidente dell’associazione Antiracket di Catania.

Chi si rifiuterà di firmare verrà allontanato dalla dirigenza perché, come dice lo stesso Agen, “oggi è partita la resistenza. Adesso si tratta di incoraggiare i nostri associati perchè non bisogna più avere paura. Da qui parte una nuova primavera“.

La linea, dunque, è piuttosto dura e accoglie l’invito che era stato fatto da Pietro Grasso, procuratore nazionale Antimafia, il quale aveva chiesto a tutti i dirigenti di dimostrarsi unanimi e fedeli a questa lotta, che ormai si protrae da troppo tempo.

Si tratterà di una campagna alla luce del sole, dal momento che i nomi di chi firmerà verranno resi noti, accompagnati dallo slogan “Io non pago”. E quelli che non firmeranno? Non saranno né ricandidati né rieletti.

Il codice etico prevede, all’articolo 8, che i soci si impegnino a “rifiutare qualsiasi forma di estorsione, usura o ad altre tipologie di reato mafioso e di collaborare con le forze dell’ordine e le istituzioni preposte, denunciando direttamente o con l’assistenza del sistema associativo, ogni episodio di attività illegale di cui sono vittime“.

Tutto questo è importante per dimostrare che i tempi sono diversi e che la società, in Sicilia, sta cambiando e vuole continuare su questa strada. Il tutto, comunque, non sta avvenendo in maniera indolore, dal momento che Pietro Agen ha ammesso di aver ricevuto minacce ma che, nonostante ciò, non si tirerà indietro.

Vero è che, come dichiara Luca Squeri, le nuove norme introdotte all’interno del codice erano già in atto da tempo e che, a questo punto, dovevano solo essere formalizzate.

Anche Rosanna Montalto, dirigente di Confcommercio Sicilia, ha voluto commentare questo passo avanti: “Per Confcommercio oggi è una giornata importante, anche se noi prevediamo l’espulsione dall’associazione già dal 2005 e già da anni ci costituiamo parte civile nei processi di mafia. Oggi dimostriamo ancora una volta che Confcommercio non indietreggia ma va avanti“.

Vera Moretti