L’Emilia Romagna favorisce l’export delle pmi regionali

L’export è al centro della ripresa economica, come ormai sanno tutti.
Purtroppo, però, anche a causa della difficoltà di accesso al credito, è difficile, da parte delle imprese, attuare concretamente una internazionalizzazione che potrebbe permettere di fare il grande passo.

Per questo motivo, la Regione Emilia Romagna ha recentemente dato il via a nuovi progetti volti a favorire l’internazionalizzazione delle imprese locali e la promozione nei mercati extra-europei.
Si tratta di iniziative regionali che rientrano nel programma Bricst plus 2013-2015 basato sulla concessione di contributi fino ad un 50% delle spese ammissibili ai progetti imprenditoriali rivolti ai paesi Bricst (Brasile, Russia India, Cina, Sudafrica, Turchia) ed ai Next 11 (Messico, Perù, Corea del Sud, Thailandia, Filippine, Malaysia, Indonesia, Pakistan, Vietnam, Bangladesh e Nigeria).

I contributi messi a disposizione da parte della Regione sono destinati alle associazioni imprenditoriali, Camere di Commercio, Università, Centri di ricerca della rete ad alta tecnologia ed enti locali, tuttavia ciascun progetto presentato deve basarsi sull’adesione di piccole e medie imprese aggregate.

Il programma “Bricst 2013-2015” è stato illustrato dall’assessore alle Attività produttive Gian Carlo Muzzarelli: “L’impegno forte per il 2013 è quello del rilancio. Per riuscire, a fronte di difficoltà della domanda interna, è fondamentale che l’economia regionale rafforzi l’impegno verso l’export. I programmi regionali per l’internazionalizzazione del sistema e la promozione sui mercati esteri hanno dato risultati molto positivi: con il nuovo programma Bricst 2013-2015 stiamo segnando un ulteriore passo in avanti, in particolare verso i paesi emergenti che sono molto interessati alla qualità dei nostri prodotti, che rappresentano un’eccellenza del Made in Italy“.

Le proposte di progetto possono essere presentate entro il 15 ottobre 2013.

Vera MORETTI

I gioielli made in Italy non luccicano più

Cina e India pronti a diventare i nuovi eldoradi. Il settore orafo italiano non brilla più come in passato. Complice la crisi globale, il mercato dei gioielli made in Italy rischia di essere bypassato anche da Vietnam e Malaysia.

E’ quanto emerge dalle stime rese note da Confindustria Federorafi: fino al 2010 il trend in negativo per l’Italia, anche se il recente report ‘Le dinamiche strategiche della Gold Industry’ del Polo Università Verona per Fiera di Vicenza, segnala invece una ripresa nell’export nei primi mesi del 2011. Nel 2010 Cina e India hanno raddoppiato la loro quota di export, mentre Vietnam e Malaysia sono entrati a tutti gli effetti tra i primi quindici Paesi al mondo.

Dal 2005 al 2010 l’Italia ha incrementato la propria quota di import mondiale di gioielleria del 49%, ma nello stesso quinquennio è stata superata sul mercato statunitense da Cina, India e Thailandia. Il settore della gioielleria italiano, da sempre simbolo del made in Italy nel mondo, conta circa 10.600 unità produttive distribuite su tutta la penisola e figura al sesto posto del saldo commerciale attivo con l’estero (il 70% dei prodotti sono destinati alla distribuzione internazionale), e al primo per il comparto moda ed accessorio.

Puntano all’oro Vicenza, Arezzo, Valenza Po e Napoli, mentre per l’argenteria occorre spostarsi a Padova, Firenze e Palermo. Ma quali sono gli strumenti per mettersi al riparo dal rischio dell’invasione asiatica dei mercati orafi e gioiellieri?

Cambiare le strategie e competere non più sul prezzo, ma sul design e sulla tecnologia‘ suggerisce la presidente di Confindustria Federorafi, Licia Mattioli. Il rilancio del made in Italy punta quindi al futuro, senza dimenticare però la grande tradizione orafa e artigiana che da sempre contraddistingue il nostro Paese.

Alessia Casiraghi