Imprese: in aumento i consumi di energia elettrica

I primi sette mesi del 2017 mostrano un aumento dell’1,2% della richiesta dell’energia elettrica da parte delle imprese, e al contempo si è registrato un aumento del Pil dell’1,4% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.
In particolare, nel 2016 i consumi di energia elettrica delle imprese ammontano a 205.845 GWh e sono in aumento dello 0,4% rispetto all’anno precedente, consolidando la crescita dell’1,6% registrata nel 2015. In particolare i consumi aumentano dello 0,5% nel Manifatturiero, dello 0,4% nei Servizi Vendibili mentre si osserva una stazionarietà (-0,1%) nelle Costruzioni ed un calo dell’1,2% nell’Energia ed acqua.

Considerando, più nel dettaglio, i diversi settori, si osserva per il Manifatturiero di base (25,6% dei consumi delle imprese) un aumento dei consumi elettrici dell’1,0%, interamente sostenuto dalla Siderurgica (+4,7%). Nel Manifatturiero non di base (che addensa il 25,8% del consumo totale delle imprese) i consumi risultano stazionari (+0,1%); in quest’ultimo comparto registrano un aumento della domanda di energia elettrica le imprese nei settori dei Mezzi di Trasporto (+2,6%), Vestiario e abbigliamento (+1,9%), Meccanica (+0,9%), Alimentare e Pelli e cuoio (entrambi con +0,2%).

Dal punto di vista territoriale, nel 2016 i consumi di energia elettrica delle imprese sono aumentati maggiormente in Puglia (+3,8%), seguita da Valle d’Aosta (+2,8%), Molise (+2,6%), Veneto (+1,6%) e Trentino Alto Adige (+1,2%). Al contrario, i cali più accentuati si osservano in Calabria (-2,0%), Sicilia (-2,2%) e Lazio (-3,3%).

Relativamente alle province, la maggiore crescita dei consumi elettrici delle imprese si registra a Taranto (9,6%), seguita da Verona (5,4%), Massa Carrara (3,8%), Brindisi (3,7%), Isernia (3,1%) e Bolzano (3,0%). Seguono, con aumenti superiori od uguali ai due punti percentuali, Aosta e La Spezia (2,8%), Piacenza e Medio Campidano (2,6%), Campobasso (2,5%), Belluno e Viterbo (2,3%), Terni (2,2%), Sondrio e Modena (2,0%).

Considerando il comparto manifatturiero, escluso il siderurgico, il Molise è la regione in cui i consumi elettrici sono cresciuti maggiormente (+6,9%), seguita da Umbria (+2,3%), Trentino Alto Adige (+1,6%), Emilia Romagna (+1,3%), Puglia (+1,2%), Sardegna (+1,1%) e Piemonte (+1,0%); al contrario le regioni in cui sono diminuiti di più i consumi di energia elettrica sono Sicilia (-8,8%), Calabria (-3,2%), Valle d’Aosta (-2,2%) e Liguria (-2,1%).

Vera MORETTI

Imprese artigiane: bilancio 2016 quasi positivo

Ora che il 2016 è stato archiviato, ed è possibile fare un bilancio della salute di cui godono le imprese artigiane, si può dire che, ahimè, non si può ancora parlare di ripresa vera e propria.
Al 31 dicembre 2016, infatti, le imprese artigiane registrate sono 1.342.389 con una dinamica demografica nell’anno data da 82.995 iscritte, pari ad un tasso di iscrizione del 6,1% e 98.806 cessate non d’ufficio, pari ad un tasso di cessazione del 7,3%.
La nati-mortalità di impresa determina un saldo negativo di 15.811 unità, equivalente ad un tasso di variazione del -1,2%, in leggero miglioramento rispetto al -1,4% del 2015 e che rappresenta la dinamica migliore degli ultimi cinque anni.

Si spera che quest’anno in corso vada ancora meglio, ma intanto non si può negare che le nuove imprese del settore hanno portato nuova linfa e contribuito alla crescita dell’occupazione. Se, infatti, si tiene conto dei 260 giorni dell’anno in cui è possibile registrare un’impresa, nel 2016 sono nate 319 imprese al giorno.

Per quanto riguarda la sopravvivenza di quelle già nate, il 50% delle imprese fondate nel 2010 sono ancora attive, con un notevole contributo alla crescita dell’occupazione, poiché se nel 2010 contavano 193.541 addetti, dopo quattro anni ne contano 341.375, con un incremento di 147.834 unità, pari al 76,4%, con una accentuazione (+100,6%) proprio nel settore manifatturiero, maggiormente esposto alla concorrenza internazionale.

La percentuale negativa deriva in particolare dai settori delle Costruzioni (-1,8%) e quello Manifatturiero (-1,5%), mentre i Servizi sono riusciti a contenere al minimo le perdite (-0,3%).

Nel dettaglio regionale, tutti i territori presentano una dinamica negativa, ma in dieci regioni si registra un miglioramento rispetto al calo osservato nel 2015. Flessioni meno intense ed inferiori al punto percentuale si rilevano per Trentino-Alto Adige con un tasso di variazione del -0,2%, Lombardia con il -0,7%, Calabria con il -0,8% e Liguria con il -0,8%. All’opposto tassi di variazione superiori alla media si osservano per Abruzzo (-2,1%), Marche (-2,0%), Molise (-1,9%) e Umbria (-1,8%).
Anche a livello provinciale è diffusa la selezione dell’artigianato, ma nel 56,2% delle province (59) si osserva una attenuazione della flessione registrata nel 2015 (era 52,4% un anno prima).

In controtendenza, con un tasso di variazione positivo, Milano che registra una crescita dell’artigianato del +0,4% e Bolzano con il +0,2% mentre a Imperia l’artigianato è stabile.
Le diminuzioni meno accentuate a Grosseto con il -0,1%, Trieste con il -0,2%, Matera, Reggio Calabria e Vibo Valentia tutte con il -0,3%, Caltanissetta e Prato entrambe con il -0,5%.
Di contro le diminuzioni più ampie si osservano a Chieti con il -2,9%, Ascoli Piceno con il -2,8%, Rieti, Isernia e Caserta tutte con il -2,6% e Rovigo con il -2,5%.

Vera MORETTI

Manifatturiero: nella zona Euro crescita pari allo zero

Il manifatturiero nella zona Euro è prossimo alla stagnazione. L’indice finale Markit Eurozone Manufacturing PMI è diminuito al valore più basso dall’inizio della ripresa nell’ottobre del 2009, attestandosi a 50,4. Il valore segna così una discesa dal 52 di giugno, risultando in linea con la precedente stima flash e con le attese degli analisti.

Germania, Francia, Paesi Bassi e Austria hanno registrato tassi di espansione più deboli, mentre diventano più prominenti le flessioni in Grecia e Spagna. L’Italia ha fatto registrare un tasso leggermente maggiore ma non per questo positivo. Il PMI manifatturiero scende in Germania a 52 da 54,6, segnando il minimo in ventuno mesi. In Francia il dato passa dai 52,5 di giugno agli attuali 50,5, toccando il minimo in due anni mesi. In risalita il dato in Italia, che passa da 49,8 a 50,1, mentre in Spagna, con il PMI a 45,6 dai 47,3 di giugno, si toccano i minimi da diciotto mesi. Sempre peggio la Grecia, il cui indicatore peggiora a 45,2 da 45,5 segnando il livello più basso in due mesi.

L’indice finale PMI conferma che il settore manifatturiero del’Eurozona si dirige sempre più verso la stagnazione, un’enorme inversione di tendenza dopo la crescita osservata ad inizio anno. La produzione manifatturiera è a malapena aumentata a luglio a causa del secondo declino consecutivo su base mensile dei nuovi ordini ricevuti. L’entità del declino dei nuovi ordini ricevuti è preoccupante, con contrazioni registrate non solo nella zona periferica ma anche in quelle nazioni centrali che stanno rapidamente cambiando direzione come la Francia e la Germania. Notizie positive sul fronte occupazionale, che tiene bene nonostante la scarsa crescita della produzione, e dei prezzi, dove l’inflazione ha continuato a ridursi dando ai manifatturieri una boccata di ossigeno” – ha dichiarato Rob Dobson, Markit Senior Economist.

Cala il fatturato per il manifatturiero

Mario Bertoli, presidente Assomet, relativamente al mercato manifatturiero osserva che “per l’industria manifatturiera fra il 2007 e il 2009 c’è stato un netto ridimensionamento della rilevanza dei comparti conciari-calzaturiero, mobile-arredamento-abbigliamento e, convenzionalmente, considerati a piu’ elevato contenuto tecnologico. Mentre i settori trainanti sono stati quello chimico-farmaceutico, alimentare e della meccanica“. Il fatturato annuo del comparto nel 2010 è stato di 167 miliardi di euro, in calo rispetto al periodo pre-crisi.

La colpa sarebbe da imputare all’eccessiva fiscalità che limitano le procedure per l’innovazione e internazionalizzazione. Si arrivano a casi di tassazione anche sui macchinari, come accade in alcuni comuni del bresciano. Secondo Franco Manfredini, presidente federazione Confindustria ceramica e laterizi, “è necessario avere competizione vera e non la distorsione delle regole. La liberalizzazione di tutti i mercati è una grande opportunita’ ma non bisogna permettere che questo corrisponda ad una distorsione del mercato. Occorre prendere le adeguate misure contro la concorrenza sleale“.

Anche le normative ambientali tendono a limitare la crescita delle imprese manifatturiere. E’ necessario preservare l’ambiente con normative “giuste” che però non usino due pesi e due misure.