Pane quotidiano: sì o no?

di Vera MORETTI

Pane fresco in tavola tutti i giorni, domenica e festivi compresi?

Il decreto semplifica-Italia potrebbe avere anche questa, come conseguenza. Ma cosa ne pensa l’associazione di categoria Assopanificatori?

Alla luce di quanto emerso in questi giorni, infatti, per i forni non ci sarebbe più l’obbligo di chiusura perciò: quali conseguenze comporterebbe questa novità?

In realtà, ci sono già molti esercizi, soprattutto nelle località turistiche, che offrono pane fresco anche la domenica, come ha riscontrato Mario Partigiani, presidente di Assopanificatori, il quale ha anche aggiunto: “Per i laboratori, l’apertura domenicale comporterebbe, e questo è solo il presupposto, un aumento del costo della manodopera dal 30 al 50%. Si tratta, innanzitutto, di un problema economico. Perché, di conseguenza, aumenterebbero i prezzi per la clientela: qualcuno, è ovvio, dovrà pur pagare gli aumenti“.

Pane sì, ma più caro, dunque? Questa sembra essere l’eventualità più concreta che, alla luce del calo di consumo del prodotto, non appare allettante per nessuno, né per i consumatori, che hanno dimostrato di poterne fare a meno, né per i fornai.
Se la liberalizzazione fosse avvenuta cinquant’anni fa, forse sarebbe stata accolta con animi diversi, perché, allora, il pane era ancora uno dei beni irrinunciabili, simbolo di benessere e vita. Ma oggi, ha davvero senso tutto ciò? Considerando, poi, tutti i cibi “alternativi” che hanno sostituito michette e sfilatini nei cuori, e anche sulla tavola degli italiani, sembra proprio di no. E se proprio è impossibile rinunciare al pane quotidiano, ci sono tanti centri commerciali che, grazie alle aperture festive, garantiscono pane a volontà senza aumento di prezzo.

Alla luce di ciò, quindi, sembra difficile che qualcosa cambi, anche se Partigiani avverte quanti sono pensano di fare il “grande salto”: “Abbiamo lottato per avere la festività, una giornata di riposo per recuperare, e oggi mi sembra che stiamo tornando indietro. Ci si ricrederà, però, perché lavorare 7 giorni su 7 è pesante, e solo in pochi possono permettersi personale per fare i turni“.

Partigiani, Assopanificatori, fa luce sulle aperture dei forni

Odore di pane appena sfornato anche la domenica. E’ una delle ipotesi allo studio nel nuovo pacchetto di misure per la semplificazione, che prevede la fine dell’obbligo di chiusura domenicale e nei giorni festivi dei forni. L’Associazione di categoria Assopanificatori fa luce su quello che potrebbe significare l’eventuale apertura no-stop nel già ‘variegato’ mondo dei panificatori.

Come dichiara infatti a LABITALIA Mario Partigiani, presidente di Assopanificatori (Confesercenti), “la situazione nel nostro settore è un po’ varia, perché nei posti di villeggiatura, per esempio, è già prevista l’apertura 7 giorni su 7, così come è sempre aperto nei litorali d’estate o in montagna d’inverno”.

“Per i laboratori, l’apertura domenicale -spiega Partigiani- comporterebbe, e questo è solo il presupposto, un aumento del costo della manodopera dal 30 al 50%. Si tratta, innanzitutto, di un problema economico. Perché, di conseguenza, aumenterebbero i prezzi per la clientela: qualcuno, è ovvio, dovrà pur pagare gli aumenti”.

“Lei andrebbe a comprare il pane la domenica che costa 50 cent in più?”. Domanda retorica, quella che pone Partigiani, convinto del fatto che nessuno sarebbe disposto a spendere più soldi, specie in questo periodo, per un bene che “si può comprare il sabato e che può aspettare fino al lunedì”. Anche perché il pane non rappresenta più un alimento indispensabile nella dieta quotidiana, come spiega il presidente di Assopanificatori: “C’è un calo dei consumi di circa il 30%; la popolazione non mangia più pane come lo mangiava prima, spilucca e, più che per il pane, opta per altri prodotti più ‘sfiziosi’.

“Io penso che la liberalizzazione -continua Partigiani- non ci toccherà più di tanto. Questo perché solo alcune zone turistiche e i centri di passaggio, oppure la grande distribuzione, le gallerie e i centri commerciali potranno tentare l’apertura domenicale. Ma non ci sarà -dice- una forte concorrenza: chi andava nei centri commerciali prima -spiega- continuerà a farlo, mentre chi è abituato ad andare nei negozi ‘sotto casa’, dal fornaio al macellaio, non cambierà le proprie abitudini”.

Non è indifferenza quella che trapela dalle dichiarazioni di Partigiani, ma “abbiamo lottato -dice- per avere la festività, una giornata di riposo per recuperare, e oggi mi sembra che stiamo tornando indietro. Ci si ricrederà, però, perché lavorare 7 giorni su 7 è pesante, e solo in pochi possono permettersi personale per fare i turni”.

Fonte: adnkronos.com