Coltivatori diretti, come si calcolano i contributi Ivs?

Oltre all’iscrizione all’Inps per i contributi, i coltivatori diretti devono versare anche l’Ivs, l’assicurazione obbligatoria per l’invalidità, la vecchiaia e i superstiti. Il metodo di calcolo è differente rispetto a quello previsto dal legislatore per i contributi Inps. Questi ultimi sono dovuti in presenza di 104 giornate lavorative annue per ogni unità attiva nell’attività che sia chiamata a contribuire.

Contributi Ivs per i coltivatori diretti, i riferimenti normativi

La legge numero 1047 del 26 ottobre 1957 dispone che viene “istituita presso l’Istituto nazionale una Gestione speciale per i coltivatori mezzadri“. La gestione ha lo scopo di prevedere l’obbligo dell’assicurazione Ivs per i coltivatori diretti che siano i proprietari, gli affittuari, gli usufruttuari, gli enfiteuti e i pastori che si occupano, in maniera diretta e abituale, alla coltivazione manuale dei fondi o all’allevamento del bestiame.

Contribuzione Ivs, da chi è dovuta?

Pertanto, la contribuzione Ivs è dovuta sia dai coltivatori diretti che da ciascun altro membro della famiglia che vi sia iscritto. Il legislatore ha voluto estendere le tutele assicurative a tutti i familiari che siano addetti in maniera attiva nei lavori agricoli. L’assicurazione può essere fatta anche a favore di parenti e affini fino al quarto grado.

Contributi Ivs, come si calcolano per i coltivatori diretti e i familiari attivi nella coltivazione?

Sia i coltivatori diretti che i familiari iscritti all’assicurazione Ivs devono determinare i contributi dovuti applicando l’aliquota del 24%. Tale aliquota è rimasta invariata dal 2018 ad oggi. Il 24% si applica al reddito convenzionale che viene individuato seguendo una classificazione a 4 fasce di reddito. Per il calcolo del reddito convenzionale si fa riferimento alla legge numero 233 del 1990.

Coltivatori diretti, le quattro fasce di reddito previste dalla legge 233 del 1990

Secondo la legge numero 233 del 1990, “con decorrenza dal 1° luglio 1990 sono istituite, per gli assicurati iscritti alla gestione dei contributi e delle prestazioni previdenziali dei coltivatori diretti, mezzadri e coloni, di cui alla legge del 26 ottobre 1957, la numero 1047, e successive modificazioni ed integrazioni, quattro fasce di reddito convenzionale individuate in base alla tabella D allegata alla presente legge ai fini del calcolo dei contributi e della determinazione della misura delle pensioni”.

Come si calcola il reddito convenzionale dei coltivatori diretti per l’applicazione del 24%?

Il comma 5 della citata legge spiega come procedere con il calcolo del reddito medio convenzionale per ogni fascia di reddito agrario prevista dalla tabella D. La determinazione avviene annualmente su base nazionale mediante il decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, con riferimento alle retribuzioni medie giornaliere di cui al primo comma dell’articolo 28 del decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1968, numero 488. Il reddito medio convenzionale dei coltivatori diretti si determina, dunque, moltiplicando il reddito medio convenzionale giornaliero degli operai agricoli per il numero di giornate indicate nella tabella D allegata alla legge 233.

Contribuzione Ivs, come verificare a quale fascia di reddito si appartiene?

Il risultato che si ottiene dalla moltiplicazione rappresenta la soglia di reddito per verificare in quale fascia debba essere inserito il reddito agrario  denunciato dall’azienda nel momento in cui ha provveduto all’iscrizione. Se l’azienda risulta essere iscritta nella previdenza per l’attività di allevamento, il contribuente deve far riferimento al reddito agrario calcolato dall’articolo 32 del Testo unico delle imposte sui redditi (Tuir).

Coltivatori diretti: i versamenti dell’addizionale fissa giornaliera

Il contributi annuo ottenuto deve essere sommato all’addizionale fissa giornaliera. Tale addizionale è pari a 0,68 fino a un limite di 156 giorni. Il coltivatore diretto deve inoltre versare i contributi per l’indennità di gravidanza e puerperio. Infine sono da versare i contributi Inail che vengono riscossi dall’Inps grazie alla contribuzione unificata.

Contributi coltivatori diretti: quando scadono le quattro rate annuali?

I contributi, nel totale, si possono versare in quattro rate con le seguenti scadenze, sempre nel giorno 16 dei mesi di:

  • luglio;
  • settembre;
  • novembre;
  • gennaio (dell’anno successivo).

Infine, i coltivatori diretti e i loro familiari possono richiedere la riduzione dei contributi Ivs pari al 50% se hanno già superato i 65 anni.

Prelazione agraria: aspetti pratici per l’individuazione dei beneficiari

La prelazione agraria è un particolare privilegio che assiste gli affittuari di terreni agricoli, anche in qualità di coloni e mezzadri, e i confinanti. La stessa però prevede condizioni e limiti.

La prelazione agraria in favore dell’affittuario e del confinante

Per chi ha già un’azienda o meglio è coltivatore diretto un modo per acquistare terreni è approfittare della prelazione agraria:  si verifica quando un proprietario terriero decide di vendere dei terreni. In questo caso deve proporre l’acquisto prima a colui che ha un contratto di affitto, colonia, mezzadria o comunque coltiva il terreno e al soggetto confinante e in un secondo momento a terzi.

Se vuoi conoscere le caratteristiche del contratto di colonia, leggi l’articolo: Agricoltura: chi è il piccolo colono e come funziona il contratto

Le prelazioni in favore dell’affittuario e del confinante sono due istituti distinti, infatti il diritto di prelazione agraria dell’affittuario è disciplinato dall’art. 8 della legge 26 maggio 1965, n. 590, mentre il diritto di prelazione agraria per il confinante è contenuto nell’art. 7 della legge 14 agosto 1971, n. 817 comma 2 bis.

L’articolo 8 della legge 26 maggio 1965 n° 590 stabilisce che il diritto di prelazione agraria spetta sempre al coltivatore diretto sia nella qualità di confinante che nella qualità di affittuario. Ciò che però ha destato confusione è stata proprio la definizione di coltivatore diretto che è risalente nel tempo e proprio per questo è stata in un certo senso scardinata dalla prassi attraverso l’intervento dei giudici.

L’articolo 31 della stessa legge stabilisce che il coltivatore diretto è colui che direttamente e abitualmente si occupa della coltivazione del fondo o dell’allevamento di bestiame e il suo lavoro e quello dei familiari complessivamente non deve essere inferiore a 1/3 di quella complessivamente necessario per la gestione dell’attività stessa.

Chi è il coltivatore diretto

Uno dei problemi che viene a galla è dato dal fatto che in passato una singola famiglia poteva gestire nel rispetto di questa disciplina piccole porzioni di terreno ad oggi invece con la meccanizzazione, la manodopera è molto ridotta e un nucleo può gestire fondi di rilevanti dimensioni.

Ciò che però più di altri fattori va ad incidere sul tema che oggi ci occupa, cioè la prelazione agraria, sono le sentenze che nel tempo si sono susseguite in materia, infatti oggi può essere considerato coltivatore diretto anche un soggetto che non ha come lavoro principale la gestione e coltivazione dei fondi agricoli. Ciò in virtù di alcune sentenze e in particolare la sentenza della Corte di Cassazione 12374 del 2001 che individua il coltivatore diretto nel soggetto che coltiva terreni anche semplicemente per il consumo familiare senza ricavare un reddito vero e proprio dall’attività e con reddito proveniente da altre attività, cioè colui che ha ad esempio un lavoro dipendente, oppure un professionista che comunque si occupa della coltivazione dei terreni.

Per essere considerato coltivatore diretto quindi non è necessario essere iscritto nel registro della imprese, in albi o elenchi. Sempre dal punto di vista soggettivo la Corte di Cassazione con la sentenza 10626 del 1998 ha riconosciuto la qualifica di coltivatore diretto anche al soggetto che si avvale di conto-terzisti per la coltivazione del fondo, inoltre la sentenza 12249 del 25 maggio 2007 ha riconosciuto come coltivatore diretto al pensionato che pur non lavorando i terreni si occupa della direzione dei lavori.

Appare dei tutto evidente quindi che ogni affittuario può essere considerato come coltivatore diretto e di conseguenza ottenere il diritto di prelazione.

Diritto di prelazione dell’imprenditore agricolo professionale

Il decreto legislativo d.lgs. 29 marzo 2004, n. 99 ha riconosciuto il diritto di prelazione agraria riservato a confinanti e affittuari anche alle società, in questo caso però è necessario che almeno la metà dei soci sia in possesso della qualifica di coltivatore diretto.

Un altro limite dal punto di vista soggettivo riguarda l’Imprenditore Agricolo Professionale, infatti tale soggetto gode del diritto di prelazione agraria solo per il fondo confinante e non in qualità di affittuario.

Cosa prevede la prelazione agraria

Ora che abbiamo delimitato il campo soggettivo di applicazione della prelazione agraria, dobbiamo capire in cosa consiste.

Dal punto di vista oggettivo la prelazione agraria viene riconosciuta solo per il fondo rustico e il fondo agricolo, che può comprendere anche dei fabbricati definibili rurali e quindi asserviti alla coltivazione del fondo.

Il diritto di prelazione prevede che il proprietario che abbia intenzione di vendere il fondo debba fare prima una proposta all’affittuario/ confinante e solo se questo non sia interessato all’acquisto, potrà offrire il fondo a soggetti terzi.

Non solo infatti la vendita deve avvenire per lo stesso prezzo che è stato proposto a colui che ha il diritto alla prelazione agricola.

Procedura per esercitare il diritto di prelazione agraria

Affinché la procedura sia correttamente instaurata è necessario che il proprietario che intende mettere in vendita un terreno agricolo debba notificare attraverso una raccomandata con ricevuta di ritorno, oggi anche la PEC se è disponibile, un avviso contenente una proposta di vendita con allegato il preliminare del contratto di vendita, il prezzo e le condizioni della cessione. Colui che ha diritto di prelazione entro 30 giorni deve notificare le sue intenzioni, cioè deve dichiarare se intende acquistare a tali condizioni, se la proposta è accettata il contratto di compravendita si intende concluso. In caso di silenzio, prima di procedere alla effettiva vendita è necessario attendere 30 giorni. Non è necessaria tale attesa nel caso in cui l’affittuario o il confinante decidono di rinunciare formalmente al diritto di prelazione agraria.

Occorre però prestare attenzione a un dettaglio, infatti una volta effettuata la proposta di vendita a coloro che beneficiano del diritto di prelazione agraria, non possono essere modificate le condizioni di vendita, cioè a un terzo soggetto non si può vendere il terreno a un prezzo inferiore rispetto a quello proposto all’affittuario/confinante. Nel caso in cui ciò dovesse avvenire, il beneficiario della prelazione agraria può riscattare il terreno dal terzo acquirente.

Cosa succede in caso di più soggetti aventi la prelazione agraria sul fondo?

Nel caso in cui dovessero esserci più soggetti che hanno il diritto di prelazione agraria e vogliono esercitarla, è necessario dirimere la questione. La prima cosa da sottolineare è che chi coltiva il terreno ha un trattamento di favore, quindi l’affittuario, piccolo colono, mezzadro che coltiva prevale su eventuali confinanti.

Nel caso in cui non ci siano soggetti con un diritto di prelazione di maggior vantaggio, resta da dirimere la controversia tra eventuali confinanti. In questo caso deve essere data prevalenza a colui che ha la qualifica di coltivatore diretto, a patto che negli ultimi due anni non abbia venduto terreni di proprietà. Nel caso in cui non si possa dirimere la questione con questi criteri si applica il criterio della omogeneità delle coltivazioni dei terreni.