Filiera moda, finché c’è export c’è speranza

È iniziato ieri a Milano il rito mondano della Settimana della Moda Donna. In tutto 67 sfilate, 69 presentazioni e 36 eventi per mostrare ai compratori e alla stampa il meglio della moda femminile made in Italy delle collezioni Primavera Estate 2015. Ai compratori, soprattutto, stranieri. Perché se è vero che l’industria italiana del tessile, dell’abbigliamento, della pelletteria e delle calzature archivierà il 2014 con un fatturato vicino ai 62 miliardi di euro, in rialzo del 4,2% sull’anno precedente, lo deve soprattutto all’export con una crescita stimata per fine anno al +4,8%, cioè a quasi 47,4 miliardi secondo le stime elaborate da Hermes Lab per la Camera nazionale della moda italiana.

A proposito di made in Italy, come ogni anno grande successo ha fatto registrare Milano Unica, la più importante manifestazione tessile internazionale organizzata in Italia giunta quest’anno alla sua diciannovesima edizione, nata dall’enorme esperienza, dalla qualità e dalla tradizione di quattro marchi della rappresentanza fieristica tessile italiana, Ideabiella, Ideacomo, Shirt Avenue. Al Salone hanno partecipato 410 espositori, di cui 74 europei, tra le presenze straniere numericamente più significative sono da segnalare in crescita quelle di: India (+38%), Giappone (+44%), Turchia (+28%), Paesi Bassi (+7,5%), USA (+6,5%) e Spagna (+6%). Stabili quelle del Regno Unito, Germania e Francia, mentre in leggero calo le presenze della Cina  (-4%). In flessione: Corea del Sud (-41%),  Russa (-21%) e Hong Kong (-18%). Dati che ricalcano a grosso modo l’andamento delle esportazioni italiane nella prima parte del 2014.

“L’andamento delle presenze – ha spiegato Silvio Albini presidente di Milano Unica – conferma due convinzioni su cui Milano Unica si sente fortemente impegnata. La prima è che il futuro è nella capacità della tessitura italiana ed europea di stare ancor di più nel mondo. La seconda è che l’Europa deve diventare il nostro mercato domestico. La strada è ancora lunga e accidentata, ma confido che le nuove Istituzioni, in primo luogo il Parlamento europeo e la Commissione Europea, formatesi a seguito del voto della scorsa primavera, sappiano farci fare dei passi avanti a difesa e sostegno della manifattura continentale”.

“A livello internazionale, comunque, si assiste a una crescente attenzione nei confronti della qualità intrinseca dei tessuti italiani – ha concluso il presidente Albini -. Lo dimostrano recenti importanti acquisizioni e anche nuovi modelli di business che si stanno affermando a livello internazionale nell’abbigliamento e che hanno il tessuto Made in Italy come elemento caratterizzante e distintivo”.

JM

Macchine tessili, tutto nasce da qui

di Alessia CASIRAGHI

Aziende di dimensioni contenute, caratterizzate da una continua ricerca innovativa e da un alto tasso di creatività. E’ questa la ricetta della fortuna del settore della produzione di macchinari tessili in Italia? Dopo aver studiato da vicino i numeri del tessile in Italia, a conclusione di Milano Unica, e aver sondato l’andamento dell’industria tessile in un territorio più che significativo della penisola italiana, come il distretto della seta comasco, quest’oggi Infoiva ha deciso di andare ancora più a ritroso per porre l’accento su chi davvero rende possibile ‘la magia di un tessuto’: i produttori di macchinari tessili in Italia. Vera eccellenza del made in Italy? Ça va sans dire. La parola a Sandro Salmoiraghi, Presidente di Acimit, l’Associazione dei Costruttori Italiani di Macchinario per l’Industria Tessile.

Qual è la situazione attuale delle industrie italiane che producono macchinari tessili? Stanno soffrendo la crisi?
Come avviene per altri settori anche il meccanotessile italiano nel 2012 sta conoscendo un periodo congiunturale difficile. Si è riscontrato nella prima parte dell’anno un rallentamento della domanda di macchine tessili in molti mercati del settore. Le indicazioni provenienti dai dati dell’export e dall’indice degli ordini elaborato da Acimit trimestralmente confermano una contrazione dell’attività produttiva rispetto all’anno passato. I dati in nostro possesso di fonte Istat si fermano a maggio ed indicano una contrazione dell’11% rispetto al periodo gennaio-maggio 2011.

I macchinari tessili italiani sono conosciuti e apprezzati in tutto il mondo. Qual è il segreto del loro successo?
Creatività, qualità e affidabilità sono le caratteristiche che distinguono il macchinario italiano. Le dimensioni medio-piccole dei nostri costruttori, poi, agevolano il continuo confronto con il cliente, permettendo la realizzazione di macchine ad hoc secondo le specifiche esigenze dell’utilizzatore finale. Tutto ciò richiede un grosso sforzo innovativo: per competere con i concorrenti internazionali il nostro macchinario è caratterizzato da un elevato contenuto di innovazione applicata.

Quali sono i principali distretti italiani che producono macchinari tessili?
Nel dopoguerra l’industria meccanotessile si è sviluppata nei distretti tessili, dove la vicinanza con le aziende clienti ha permesso un continuo scambio di idee ed ha attivato le sinergie tipiche della filiera. Così le nostre aziende si sono insediate prevalentemente nei principali distretti tessili italiani. l’Alto Milanese e la Lombardia contano il maggior numero di aziende costruttrici di macchine tessili (48% del totale italiano). Seguono poi il distretto di Biella e quello di Prato, entrambi a forte vocazione tessile. E’ significativa anche la presenza di aziende costruttrici nell’area vicentina, dove invece emerge la tradizione legata alla meccanica.

Quali sono i maggiori Paesi esteri che acquistano macchinari italiani?
I principali mercati esteri del mercato italiano sono quelli asiatici, dove ormai è presente la maggior parte delle produzioni di tessile e abbigliamento mondiali. Ugualmente importanti sono alcuni mercati/Paese maggiormente sviluppati; qui la richiesta è indirizzata verso macchinari destinati alla realizzazione di produzioni di nicchia, soprattutto legate al tessile tecnico ed innovativo. La Cina è il Paese dove esportiamo la maggior parte dei macchinari destinati all’estero (nel 2011 il valore dell’export italiano verso il mercato cinese è stato di 450 milioni di euro con un incremento del 6%). Seguono poi Turchia, India e Brasile.

Come si combatte la concorrenza che viene da Oriente, Cina in particolare?
La Cina è ormai il primo costruttore di macchinario tessile. Ha sopravanzato Germania, Italia e Giappone. Le macchine cinesi però non mostrano ancora la qualità e l’affidabilità di quelle occidentali. Tuttavia, in molti mercati emergenti il prezzo è fattore determinante per la scelta del macchinario ed in questo caso prevale la proposta cinese. La nostra strategia è quella di offrire macchine sempre più innovative, spostando verso l’alto l’asticella dell’innovazione tecnologica.

Macchinari e continua evoluzione tecnologica. Come vedete il futuro delle aziende produttrici di macchinari tessili da qui a 10 anni? Quali sfide dovrà affrontare?
Il settore del tessile-abbigliamento è alla continua ricerca di processi produttivi sempre più cost-saving, dovendo affrontare la continua contrazione dei margini imposti da chi gestisce il mercato finale, vale a dire le grandi catene distributive. Ritengo che nei prossimi anni ci sarà spazio per i costruttori che studieranno soluzioni tecnologiche mirate a ridurre i costi del processo produttivo. A ciò si coniugherà l’attenzione verso la sostenibilità delle produzioni. Acimit ha già avviato ormai da due anni il progetto Sustainable Technologies (Acimit/ecosostenibilità), inteso a fare emergere l’impegno dei costruttori italiani di macchine tessili nella ricerca di soluzioni che rispondano ai canoni della sostenibilità. Impegno che si traduce in risposte tecnologiche ecologicamente efficienti ed efficaci, con notevoli benefici per chi utilizza queste tecnologie anche in termini di riduzione dei costi di produzione.

Almeno in questo settore, noi italiani siamo capaci di fare sistema o si va in ordine sparso?
Il difficile periodo congiunturale ha indotto a modificare alcuni comportamenti aziendali abbastanza diffusi. Anche se spesso si continua a camminare da soli, c’è maggiore consapevolezza in merito alla necessità di unire le forze per competere con i concorrenti internazionali. Secondo una recente indagine Acimit negli ultimi tre anni i costruttori italiani hanno fatto ricorso con più frequenza ad accordi commerciali, allo scopo di approcciare un mercato o proporre un’offerta più completa. Le operazioni di M&A, invece, restano ancora poche, come pure l’utilizzo delle nuove forme di aggregazione messe a disposizione dal legislatore, quali le reti d’impresa. Qualcosa insomma si muove, ma lentamente.

Milano Unica, il valore aggiunto dalle piccole imprese

Tessile e moda, lo abbiamo detto, sono due pilastri della nostra piccola e media industria; due facce della stessa medaglia chiamata tradizione ed eccellenza. I numeri usciti da Milano Unica, lo abbiamo visto ieri, lasciano filtrare qualche spiraglio, se non di ottimismo, almeno di “buona volontà” da parte del mercato.

Tendenze e cifre che abbiamo scelto di commentare proprio con il presidente di Milano Unica, Silvio Albini, il quale, oltre a presiedere il Salone Italiano del Tessile, è anche presidente di Albini Group, una delle maggiori realtà italiane del tessile.

E le parole di Albini sono risultate incoraggianti quanto i numeri usciti dalla fiera. Perché, secondo il presidente, se Milano Unica non detta le regole del settore gli dà sicuramente valore aggiunto proprio perché è fatta dagli imprenditori che hanno il reale polso della situazione e del mercato. E se il +75% fatto registrare dalle presenze cinesi in fiera è un viatico più che incoraggiante, anche l’Europa tiene bene con la Germania, la Francia e i Paesi scandinavi. E finché si vende all’estero, il settore resta a galla.

Leggi l’intervista al presidente di Milano Unica Silvio Albini

Il tessile italiano punta all’export, ma non rinuncia all’Europa

 

Ricerca di materie prime di pregio, differenziazione dell’offerta e continua innovazione stilistica. Lo si potrebbe riassumere in queste tre semplici regole il segreto del successo del tessile made in Italy nel mondo. Che, stando alle performance registrate nel corso dell’edizione 2012 di Milano Unica, continua ad attirare compratori da tutto il mondo, dall’Asia, Cina in testa, alla Russia, senza dimenticare i cugini europei di Francia e Germania. A carpire per primo il segreto di questo successo e a trasformarlo in una professione, Silvio Albini, Presidente di Milano Unica nonchè di Albini Group, azienda storica del tessile italiano (è nata nel 1876). Infoiva lo ha intervistato per tracciare un bilancio dell’oggi e aprire le prospettive del domani.

Se dovessimo tracciare un bilancio a caldo di Milano Unica 2012?
Sono soddisfatto. Non dobbiamo dimenticare il mondo complesso in cui viviamo e la situazione difficile dell’economia in Italia. Le aspettative iniziali non erano troppo generose, e invece la Fiera ha registrato ottime performance: il numero di visitatori è stato in linea con quello delle edizioni scorse e l’internazionalizzazione della Fiera non solo si è mantenuta, ma si è anche accentuata, grazie alle presenza di compratori stranieri. Ottime le performance di buyers provenienti da alcuni Paesi chiave e strategici come la Cina, che ha segnato un +75% rispetto al 2011, il Giappone con un +12% e la Russia con un +4% di visitatori. Le presenze di compratori provenienti da Stati Uniti e Europa si sono invece mantenute stabili.

I buyers si sono indirizzati per lo più verso produzioni di altissimo livello o ad attirare l’attenzione è stata anche la produzione di medio livello?
I numeri sono importanti ma la qualità è ancora più importante. I clienti hanno puntato l’attenzione quasi esclusivamente su prodotti di alta qualità, a riprova che Milano Unica pur essendo una fiera di nicchia è sinonimo soprattutto di qualità, sia per quanto riguarda i prodotti e gli espositori, che per quanto riguarda i visitatori. Non è possibile tuttavia in questo caso offrire un bilancio tranchant, è chiaro che soprattutto da alcuni Paesi, la Cina in primis, la ricerca sia mirata a prodotti più qualificati, sia dal punto di vista qualitativo che di innovazione e di ricerca stilistica. In generale, c’è un innalzamento del valore richiesto. Vorrei sottolineare però come in Italia accanto alla produzione di altissimo livello, esiste anche la richiesta da parte di moltissimi clienti di un buon prodotto che rispecchi i veri valori del made in Italy e che copre anche fasce di medio livello. E’ in atto una tendenza a valorizzare maggiormente il tessuto che conferisce esso stesso valore al prodotto, non omologandosi ai prodotti di massa.

Come la crisi del commercio ha influito sul settore del tessile in Italia dall’inizio del 2012?
Il clima di incertezza ha frenato il settore, che sta soffrendo. Con la conseguenza, per l’industria del tessile, che la domanda si è ridimensionata: gli acquirenti posticipano l’acquisto, che avviene molto spesso all’ultimo momento.

A soffrire maggiormente sono attualmente le grandi aziende o le piccole realtà legate alla tradizione tessile? 
E’ difficile generalizzare, ma avendo l’opportunità di osservare la situazione da un punto di vista più distante e privilegiato, come Presidente di Milano Unica, potrei dire che in questo momento sono più le piccole aziende a soffrire, poichè le grandi aziende hanno il vantaggio di una maggiore esposizione e proiezione internazionale, che permette loro di salvaguardare il proprio giro d’affari. L’ancora di salvezza oggi è rappresentata senza dubbio dall’internazionalizzazione dell’azienda, occorre essere nel mondo, avere una presenza il più globale possibile. Molte delle aziende che hanno esposto a Milano Unica esportano infatti più del 50% della loro produzione all’estero, e in alcuni casi si arriva anche al 70% di prodotto destinato all’export.

Quante aziende hanno scelto di delocalizzare la produzione, o riconvertirsi?
Il fenomeno delocalizzazione sta a mio avviso subendo una battuta d’arresto: si delocalizza, e si è delocalizzato in passato, non solo per una questione di contenimento dei costi, ma soprattutto per seguire da vicino mercati domestici importanti.  La delocalizzazione viaggia a pari passo con l’internazionalizzazione dell’impresa: la tendenza è verso una maggiore attenzione ai costi di trasporto, ai dazi, alla quick response (QRM) che si può fare nei mercati di sbocco finale del prodotto.

Verso quali direzioni punterete come Cotonificio Albini e Albini Group per il futuro?
Attualmente il nostro fatturato si aggira attorno ai 123 milioni di euro, con oltre 1300 persone impiegate nei nostri stabilimenti. Siamo molto proiettati all’estero: la strada verso l’internazionalizzazione è per noi oggi più che mai fondamentale, non l’abbiamo certo improvvisata, ma perseguita nel tempo. Guardiamo anche con molta attenzione ai clienti italiani che poi esportano i capi finiti. A ciò si aggiunge una continua ricerca nella realizzazione del prodotto, che deve tendere a un livello sempre più alto e diversificato in base alla richiesta. Il valore aggiunto è per noi l’innovazione stilistica, la ricerca di materie prime pregiate per cercare di spostare la concorrenza su elementi diversi dal prezzo.

La crisi ha cambiato i mercati dell’export della vostra azienda?
Senza dubbio ha aperto ancora più la nostra azienda al mondo, dalla Cina alla Russia, senza però dimenticare i mercati più vicini e tradizionali che alla crisi hanno retto, come Germania, Francia e i Paesi scandinavi e dell’Est Europa.

La presenza di Fiere in Italia legate al tessile quanto aiuta la crescita del settore in un momento di crisi? Milano Unica continua a dettare le regole del tessile?
La forza di Milano Unica sta nella sua natura stessa: è una Fiera organizzata e voluta dagli imprenditori. Questo significa essere più vicino agli addetti ai lavori, a chi conosce davvero le esigenze delle aziende e dei loro clienti. E’ una fiera diretta, semplice, ma ben focalizzata. Il suo valore aggiunto è senza dubbio l’aver acquisito nel tempo una massa critica, un livello di specializzazione e qualità tali da attirare clienti qualificati da tutto il mondo.  L’operazione svolta in Cina,  Milano Unica China che si è tenuta a Pechino a marzo del 2012, ha rappresentato un segnale forte, mostrando come unendo le forze e facendo squadra si aprano nuovi scenari e ottime opportunità per l’industria italiana. Il prossimo appuntamento è con Milano Unica Shanghai, fra meno di un mese, e le premesse sono più che positive: se a Pechino abbiamo portato 95 aziende italiane, l’edizione di Shanghai ne vedrà in campo 123, secondo i dati attuali. Un ottimo risultato, che, va sottolineato, non influenza nè compromette l’afflusso di clienti e buyers cinesi in occasione della Fiera milanese: l’ultima edizione, con un +75% di presenze dall’Oriente, lo ha confermato.

Alessia CASIRAGHI

Il tessile? Barcolla ma non molla

La settimana che parte oggi è quella che vedrà l’appuntamento con la Milano Fashion Week, settimana della moda nella quale tutti gli occhi del mondo che veste saranno puntati sul capoluogo lombardo. Un settore, quello della moda e del tessile, nel quale non abbiamo rivali, da sempre. Eppure anch’esso, in un periodo complesso come quello che stiamo vivendo, patisce alcuni colpi.

Ecco perché Infoiva ha deciso di dedicare il proprio focus settimanale a questo settore chiave per l’economia italiana nel quale, tanto per cambiare, l’eccellenza viene da poche, grandi maison ma da tantissimi piccoli imprenditori, artigiani e, oseremmo dire, artisti. Un settore nel quale proveremo a entrare andando al di là delle passerelle e dei lustrini, per capire quali sono le cifre che girano, come se la passa chi crea moda e tessuti e cercare di ricavare qualche segnale di ottimismo da chi, ogni giorno, produce eccellenza. A partire dai numeri di Milano Unica, il Salone Italiano del Tessile che ha appena chiuso i battenti.

Leggi le cifre e le tendenze emerse da Milano Unica, il Salone Italiano del Tessile

La tessitura italiana è ancora Unica. Anche se soffre

Un’occasione “Unica” per parlare di un settore della nostra economia che, a dispetto di tutto, subisce meno di altri i colpi della crisi. Parliamo del tessile, un comparto che, da sempre, è un vanto del saper fare italiano e che, nonostante il periodo non felice, perde meno di altri.

Occasione Unica, si diceva, perché la scorsa settimana, antipasto business alla Fashion Week meneghina, si è tenuto a Milano Milano Unica, il Salone Italiano del Tessile, giunto alla XV edizione.

In occasione dell’inaugurazione, avvenuta lo scorso 11 settembre, hanno presenziato il presidente di Confindustria Giorgio Squinzi e il presidente del consiglio Mario Monti, che ha tenuto a ribadire l’importanza del settore tessile nel circuito dell’economia italiana: “Ha una valenza non solo economica, ma anche simbolica e identitaria. Ha radici profonde nella rivoluzione industriale ed è il cuore della manifattura e dell’innovazione tecnologica“.

Nonostante il primo semestre del 2012 abbia subito una flessione in termini di quantità prodotta del 15,3% e abbia visto in diminuzione anche le esportazioni di tessuti sia in valore (-5%) e in volumi (-10,4%), Squinzi ha tenuto a ribadire: “Il mondo del tessile italiano è uno dei fiori all’occhiello del Made in Italy riconosciuto nel mondo ma è anche un settore strategico per la sua natura di industria a monte della filiera, anticipatore dei trend, non solo economici, dell’intero mondo della moda. E’ uno dei punti di forza della produzione industriale italiana che rappresenta l’immagine di stile, qualità e valore italiano che tutto il mondo ci ammira e desidera possedere“.

A dimostrazione di quanto sostenuto dal presidente di Confindustria il miglioramento del saldo commerciale positivo, assicurato dal comparto tra gennaio-maggio 2012, che è passato da 793 milioni di euro dello scorso anno a 929 milioni di euro, in conseguenza del crollo delle importazioni.

Ma non solo. I dati registrati alla chiusura della manifestazione il 13 settembre hanno dato segnali incoraggianti: ben 21mila visitatori di cui una significativa parte proveniente da nazioni di tutto il mondo, in particolare dalla Cina (+75%), Giappone (+12%) e Federazione Russa (+4%), mentre stabili le presenze Usa ed europee, con un forte calo però di quelle inglesi.

Nata 7 anni or sono dalla convergenza dei più importanti saloni espositivi del tessile Italiano – Ideabiella, Ideacomo, Moda in e Shirt Avenue – a cui, nel tempo si è annesso un numero sempre più elevato di aziende, tra le maggiori della ripartizione tessile di Prato, Milano Unica parte dalla volontà e dalla voglia di tutelare e promuovere uno dei più fiorenti settori del Made in Italy.

Pinella PETRONIO