Provvedimento delle Entrate sugli interessi di mora delle somme iscritte a ruolo

Un provvedimento dell’Agenzia delle Entrate ha determinato gli interessi di mora per ritardato pagamento delle somme iscritte a ruolo, nella misura del 5,14% in ragione annuale, a decorrere dal 1° maggio 2014.

Decorsi 60 giorni dalla notifica della cartella di pagamento, sulle somme iscritte a ruolo, escluse le sanzioni pecuniarie tributarie e gli interessi, si applicano, a partire dalla data della notifica della cartella e fino alla data del pagamento, gli interessi di mora al tasso determinato annualmente con decreto del Ministero delle finanze con riguardo alla media dei tassi bancari attivi.

In attuazione della richiamata disposizione, con provvedimento del 4 marzo 2013, la misura del tasso di interesse da applicare nelle ipotesi di ritardato pagamento delle somme iscritte a ruolo è stata fissata al 5,2233 per cento in ragione annuale.
Considerato che l’art. 30 prevede una determinazione annuale del tasso di interesse in questione, è stata interessata la Banca d’Italia che, con nota del 4 marzo 2014, ha stimato al 5,14% la media dei tassi bancari attivi con riferimento al periodo 1.1.2013-31.12.2013.

Il presente provvedimento fissa, dunque, con effetto dal 1° maggio 2014, al 5,14 per cento in ragione annuale, la misura del tasso di interesse da applicare nelle ipotesi di ritardato pagamento delle somme iscritte a ruolo, di cui all’articolo 30 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602.

Vera MORETTI

Le casistiche sull’Imu della casa coniugale

Sull’Imu c’è sempre da imparare qualcosa, e qualche nuovo dubbio da chiarire.
Per questo motivo, il Ministero delle Finanze ha pubblicato la Risoluzione n. 5/DF nella quale affronta alcune tematiche rimaste oscure.

A suscitare maggiori perplessità era la casistica legata alla casa coniugale e al suo assoggettamento ad Imu.
In realtà, le situazioni che possono verificarsi sono molteplici:

  • Casa coniugale assegnata ad un solo coniuge: E’ il caso di due coniugi che, tramite provvedimento giudiziale, ottengono la separazione legale, l’annullamento, lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del loro matrimonio. In questa ipotesi il legislatore ha previsto che ai soli fini dell’applicazione dell’Imu la casa coniugale assegnata dal giudice ad uno dei coniugi si intende assegnata a titolo di diritto di abitazione. Ciò significa che, ai soli fini dell’Imu, il coniuge che si vede assegnata la casa dal giudice abiterà questa casa a titolo di diritto di abitazione, cioè abiterà quella casa. Ai fini dell’Imu egli godrà del possesso dell’immobile e, di conseguenza, sarà egli tenuto al versamento dell’imposta municipale propria.
  • Casa coniugale abitata dal coniuge superstite: E’ il caso del coniuge che, a seguito della morte dell’altro coniuge, continua ad abitare la casa coniugale a titolo di diritto di abitazione. In questo caso il coniuge superstite gode del possesso dell’immobile e, quindi, egli è il soggetto passivo ai fini dell’applicazione dell’Imu, sarà egli tenuto, cioè, al versamento dell’imposta.
  • Nuda proprietà e diritto di abitazione: E’ il caso di un soggetto (es. figlio) che possiede un immobile in nuda proprietà, ma il diritto di abitazione è attribuito al coniuge superstite, cioè alla mamma del soggetto in questione. In questo caso, ai fini dell’Imu, il nudo proprietario è estraneo alla tassazione, perché il possesso dell’immobile ricade sulla madre vedova. L’abitazione sarà considerata abitazione principale solo per la madre vedova che sarà l’unica tenuta al versamento dell’imposta.
  • Casa in proprietà dei figli e diritti di abitazione della madre: E’ il caso in cui due o più fratelli ereditano la casa coniugale di proprietà, per esempio, del padre defunto. Anche la madre eredita una porzione di proprietà dell’immobile. I figli però hanno la residenza anagrafica e dimorano in altri immobili, mentre il genitore superstite gode del diritto di abitazione sulla casa coniugale. In questo caso, dato che la casa coniugale è adibita ad abitazione principale della madre in virtù del diritto di abitazione, sarà la madre tenuta al versamento dell’imposta, mentre i figli non dovranno pagare l’Imu su questa abitazione.
  • Fratelli proprietari della casa coniugale in cui abita solo un fratello: E’ il caso in cui due o più fratelli ereditano la casa coniugale, interamente, alla morte dei genitori. In questa casa, però, vi abita soltanto un fratello, mentre gli altri abitano altrove. In questo caso non si può parlare di diritto di abitazione del fratello che abita la casa coniugale, in quanto questo è un diritto che spetta al solo coniuge superstite. Se i genitori sono entrambi deceduti, il fratello che dimora nella casa coniugale pagherà l’Imu come abitazione principale, mentre i fratelli che vivono altrove pagheranno l’Imu sulle loro quote di proprietà considerando l’immobile non abitazione principale bensì abitazione secondaria.

Vera MORETTI

Il gran ballo dell’Imu

Se pian piano si dirada la nebbia su tempi e modi per il pagamento dell’Imu, ora ci si mettono i comuni a fare casino. L’Anci ha infatti lanciato l’allarme: il gettito Imu sarà inferiore rispetto alle stime del Mef “e questo sarà un problema” per i cittadini che “dovranno pagare molto di più“. Virgolettati del presidente dell’Anci, Graziano Delrio, che chiede al governo di correggere la rotta: “c’è urgenza di sedersi intorno a un tavolo e modificare l’attuale situazione o rischiamo una grande tensione sociale al pagamento della prima rata“.

Allarmismo? Ci pensa il governo a smorzare i toni, prima nella persona del sottosegretario al ministero dell’Economia, Vieri Ceriani, che assicura che Palazzo Chigi “è fiducioso” sull’incasso e che sarà possibile non alzare l’aliquota; prima di lanciare l’allarme, occorre attendere il pagamento della prima tranche dell’imposta. Secondo i calcoli del ministero, i comuni incasseranno dall’Imu tre miliardi in più nel 2012, rispetto all’Ici del 2011. Dei 21 miliardi di gettito previsto dall’Imu, 9 andranno allo stato e 12 ai Comuni, mentre nel 2011 questi ne avevano incassati 9. Dalla nuova imposta sulla casa, dunque, il guadagno è di circa 3 miliardi mentre, dice Ceriani, “la carenza di risorse” lamentata dai Comuni deriva dai trasferimenti dello Stato che hanno subito “un taglio forte“.

Infine, museruola definitiva all’Anci dal Governo, che in una nota conferma il gettito complessivo di circa 21 miliardi di euro e dice che la notizia di un ammanco di 2,5 miliardi di euro, diffusa attraverso le stime elaborate dall’Ifel, l’Istituto per la finanza e l’economia locale dell’Anci, sulla base delle previsioni di gettito formulate dai Comuni “non deve generare allarmismo“. Insomma, zitti e mosca, i soldi arriveranno. Come al solito… intanto pagate, poi si vedrà.

Rimborsi crediti Iva, arrivano davvero

Forse ci siamo davvero. Il Ministero dell’Economia e delle Finanze ha infatti messo a disposizione circa 2,2 miliardi di euro per pagare i rimborsi di crediti Iva. Una iniezione di liquidità della quale dovrebbero beneficiare circa 11mila soggetti, tra imprese, artigiani e professionisti.

Lo buona notizia è arrivata dall’Agenzia delle Entrate. Nello specifico, 400 milioni di euro saranno erogati già nei prossimi giorni, mentre i rimanenti 1,8 miliardi saranno pagati a partire dalla seconda metà del mese di maggio.

Con questa attesa ma non proprio sperata boccata di ossigeno, la somma complessiva rimborsata nel 2012 a imprese, artigiani e professionisti arriverà a 3,1 miliardi di euro. Nel 2011 furono 2,7 miliardi, il che porta a un aumento di circa il 14%.

ISE 2012: ecco le novità

L’Inps, attraverso il messaggio 1485/2012, fornisce alcuni chiarimenti in merito alla valutazione del patrimonio immobiliare ai fini della definizione degli indicatori ISE o ISEE per le richieste di accesso alle prestazioni sociali ed ai servizi di pubblica utilità. In base alle indicazioni contenute nel messaggio l’Inps conferma che restano applicabili anche per il 2012 la disciplina ICI. Infatti, le innovazioni apportate alla materia hanno sollevato diversi dubbi interpretativi da più parti tanto che il nostro maggiore istituto previdenziale ha deciso di chiedere alcuni chiarimenti. La conferma arriva da una apposita interrogazione parlamentare presentata dall’Inps stesso trovando il parere condiviso anche dal Ministero delle Finanze.

L’Inps aveva sollevato un problema del coordinamento tra la modifica normativa dell’ICI e quella prevista così come disciplinato dell’ISE/ISEE. In effetti, per le disposizioni inerenti i criteri unificati di valutazione della situazione reddituale (articolo 4 e tabella 1, parte II, lett. a), del decreto legislativo n. 109/98) ai fini dell’indicazione del patrimonio immobiliare per il calcolo dell’ISE/ISEE occorre prendere a riferimento il valore degli immobili definito ai fini ICI al 31 dicembre dell’anno precedente a quello di presentazione della dichiarazione sostitutiva unica (DSU).

Per il Ministero dell’Economia e delle Finanze ai fini della determinazione dell’indicatore del patrimonio immobiliare occorre fare riferimento al valore degli immobili determinato secondo i criteri di calcolo utilizzati ai fini ICI.

Non solo, dello stesso parere è anche il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali che, in particolare, ha evidenziato che la norma ISE/ISEE richiede che l’indicatore del patrimonio immobiliare sia determinato considerando il valore dell’immobile al 31 dicembre dell’anno precedente a quello di presentazione della domanda.

Per l’anno 2011 la disciplina ICI risulta sempre in vigore, essendo sostituita dall’IMU soltanto a partire dal 1° gennaio 2012 e per questa ragione non sussistono incongruenze tra, almeno per il 2012, tra la disciplina ISE/ISEE e la modifica normativa che previsto l’introduzione dell’IMU.

Infine, si è anche chiarito che verrà presentato un apposito decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri entro il prossimo 31 maggio 2012 volto a risolvere preventivamente alcune incongruenze che si potrebbero presentare nel corso del 2013 su questa delicata materia.

Fonte: gazzettadellavoro.com

Niente rimborso Irpef per gli affitti non percepiti

Il proprietario-locatore di un locale commerciale non ha diritto al rimborso Irpef relativo ai canoni di locazione non percepiti, anche se ha ottenuto lo sfratto per morosità del conduttore. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 651 del 18 gennaio.

La possibilità di non dichiarare i redditi da locazione non percepiti, in base all‘articolo 8 della legge 431/1998, o il diritto al rimborso Irpef, riguarda infatti i soli contratti di locazione a uso abitativo e non a fini commerciale, così come stabilito dalla sentenza 362/2000 della Corte costituzionale.

La regola generale fissata dal Tuir (articolo 23 del Dpr 917/1986, nel testo vigente ratione temporis) prevede infatti che i canoni di locazione devono essere dichiarati, a prescindere dal fatto se siano stati incassati o meno. Nonostante l’introduzione di un’eccezione al principio generale, con l’articolo 8, comma 5, della legge 431/1998, in base alla quale i canoni non percepiti non concorrono a formare il reddito complessivo del contribuente, a patto però che la morosità del locatario risulti dal provvedimento di convalida dello sfratto per morosità, il Ministero delle Finanze specifica però che tale provvedimento entra in vigore per il locatario soltanto dal periodo d’imposta in cui ottiene il provvedimento giurisdizionale, ovvero a partire dalla dichiarazione dello sfratto.

Sull’argomento si sono da sempre confrontati due opposti orientamenti giurisprudenziali:
• il primo, che fa capo alla sentenza 6911/2003, afferma che, in tema di determinazione del reddito dei fabbricati, l’articolo 35 del Dpr 597/1973, laddove stabilisce che il reddito lordo effettivo è costituito dai canoni di locazione risultanti dai relativi contratti, esso riguarda soltanto i criteri applicabili per la revisione della rendita catastale e non può essere invocato sulla tassazione del reddito effettivo di un immobile

• il secondo, propugnato dalla successiva pronuncia 12095/2007, sostiene invece che il solo fatto dell’intervenuta risoluzione consensuale del contratto di locazione, unito alla circostanza del mancato pagamento dei canoni relativi a mensilità anteriori alla risoluzione, non è idoneo, di per sé, a escludere che tali canoni concorrano a formare la base imponibile Irpef

Con la sentenza 651 del 18 gennaio 2012, la Corte di Cassazione ha stabilito invece, propugnando per il secondo orientamento, che i canoni di locazione commerciale dovranno essere dichiarati fino alla data in cui è intervenuta la risoluzione del contratto, anche se non incassati per morosità del conduttore.

Evasione fiscale: come comunicare le operazioni con Paesi black list

In merito alla lotta all’evasione fiscale, è stata resa nota la validità dell’articolo 1 comma 1, Decreto n. 40/2010 in ottemperanza anche alle nuove regole europee sulla fatturazione elettronica con Paesi black list.

In breve, i soggetti passivi di IVA sono tenuti a comunicare al sito dell’Agenzia delle Entrate le cessioni di beni e le prestazioni di servizi sia effettuate e ricevute; che registrate o soggette a registrazione nei confronti degli operatori economici residenti, domiciliati o aventi sede in Paesi black list.

A breve, il Ministero delle Finanze emanerà un decreto con la definizione delle modalità e i termini del nuovo adempimento, ma in generale si può già ritenere valido quanto stabilito sopra.

Paola Perfetti