Contratti di sviluppo a valere sul PNRR: quali aziende possono avvalersene?

Il PNRR prevede lo stanziamento di 3,1 miliardi di euro volti a rafforzare il sistema produttivo. Al fine di dare attuazione a tale obiettivo dal giorno 11 aprile le imprese potranno proporre istanza per accedere a tali fondi attraverso i contratti di sviluppo.

Contratti di sviluppo a valere sul PNRR

Le misure previste dal PNRR sono state rese operative attraverso due decreti del MISE (Ministero per lo Sviluppo Economico) pubblicato il 25 marzo 2022. La prima cosa da sottolineare è che le risorse di 3,1 miliardi di euro saranno gestite attraverso la piattaforma di Invitalia www.invitalia.it . Le domande potranno essere presentate dalle ore 12:00 del giorno 11 aprile 2022. Il ministro Giorgetti al momento della presentazione del bando ha sottolineato che si tratta di strumenti che creano anche sviluppo e occupazione riducendo di fatto l’impatto economico e sociale della transizione digitale e green. Inoltre queste misure sono in grado di calmierare gli effetti della guerra in Ucraina.

Quali aziende possono accedere ai contratti di sviluppo?

I contratti di sviluppo sono destinati a particolari tipologie di aziende. Si tratta di:

  • imprese delle filiere produttive strategiche;
  • imprese che operano nei settori delle energie rinnovabili;
  • attività che operano nel comparto batterie.

Quali sono le imprese delle filiere produttive strategiche?

La prima cosa da fare a questo punto è definire quali sono le filiere produttive strategiche. Il primo decreto direttoriale è rivolto esclusivamente ad esse. In base al decreto direttoriale del 13 gennaio 2022 sono quelle che operano:

I contratti di sviluppo in favore delle imprese che lavorano nelle filiere produttive e strategiche prevedono che il 40% dei fondi vada in favore di imprese localizzate nelle Regioni del Sud Italia. Inoltre il sostegno segue la misura Misura M1C2 Investimento 5.2 del PNRR.

In fase di presentazione del progetto attraverso la piattaforma Invitalia le imprese devono garantire il rispetto del principio Principio DNSH ovvero di non arrecare un danno significativo. In merito a ciò, il decreto all’articolo 3 prevede anche che l’impresa debba impegnarsi, in caso di bisogno di aumento occupazionale, a provvedere, dove possibile, attraverso l’assunzione di:

  • percettori di forme di sostegno al reddito;
  • disoccupati a seguito di procedure di licenziamento collettivo;
  • lavoratori coinvolti in tavoli di crisi presso il MISE.

Successivamente, in fase istruttoria, al fine di distribuire i fondi, Invitalia valuterà:

  • competitività e resilienza delle filiere produttive;
  • modalità di tagging digitale ( modalità attraverso cui l’impresa intende contribuire all’obiettivo climatico e digitale, al superamento del gender gap e obbligo di protezione e valorizzazione dei giovani);
  • rispetto del divieto del doppio finanziamento;
  • coerenza tra i vincoli temporali previsti dal PNRR e lo sviluppo del progetto presentato;
  • l’applicazione degli orientamenti tecnici espressi dalla Commissione Europea 2021/C280/01.

I contributi riconosciuti potranno essere revocati in tutto o in parte nel caso in cui in seguito a verifiche dovesse emergere il mancato rispetto del principio di non arrecare danno significativo.

Con successive circolari saranno indicate le norme di dettaglio per i contratti di sviluppo.

Contratti di sviluppo per le imprese dei settori rinnovabili e batterie

Il secondo decreto si occupa dei finanziamenti per i contratti di sviluppo rivolti alle imprese impegnate nel settore delle energie rinnovabili e batterie a valere sulla misura Misura M1C2 Investimento 5.1.

In questo caso gli incentivi sono rivolti allo sviluppo di tecnologie per la produzione di energie rinnovabili con investimenti in :

  • moduli fotovoltaici;
  • industria eolica con aerogeneratori di nuova generazione di taglia medio-grande;
  • settore batterie con accumulo elettrochimico.

Anche in questo caso nella fase di presentazione deve essere garantito il principio di “non arrecare un danno significativo”. Sono previsti gli stessi limiti occupazionali che abbiamo visto in precedenza. Dove possibile, tenuto conto della formazione necessaria per le varie figure professionali da assumere, devono essere preferiti disoccupati, percettori di RdC e lavoratori coinvolti in crisi di aziende al tavolo del MISE.  A differenza dei contratti di sviluppo previsti al punto precedente, qui non solo è presente la data di apertura della piattaforma per l’invio delle domande, ma è prevista anche la data di chiusura della stessa. Sarà possibile inviare domande fino alle ore 17.00 del giorno 11 luglio 2022.

Per poter accedere ai finanziamenti è necessario che l’attività sia caratterizzata da un progetto di ricerca e sviluppo e che ci sia un aumento della capacità di generazione di energia prodotta per le filiere eolica e fotovoltaico. Per il settore delle batterie vi deve essere un aumento della capacità di accumulo. Al fine di valutare l’accessibilità all’agevolazione/finanziamento Invitalia dovrà effettuare controlli inerenti il divieto di doppio finanziamento, la coerenza tra il progetto presentato e il PNRR e la fattibilità dal punto di vista temporale avendo riguardo alle tempistiche del PNRR.

Cosa prevedono i contratti di sviluppo

I contratti di sviluppo sono una misura articolata e prevedono l’accesso a finanziamenti agevolati, contributi in conto impianti, contributi diretti alla spesa, contributi in conto interessi.

Dal MISE infine arriva la conferma che a breve saranno pubblicati i bandi per la costruzione di autobus elettrici a cui sono destinati ulteriori 300 milioni di euro.

Si possono scaricare i due bandi sul sito del Ministero per lo Sviluppo Economico alla pagina: https://www.mise.gov.it/index.php/it/per-i-media/notizie/it/198-notizie-stampa/2043275-pnrr-dall-11-aprile-le-domande-per-i-nuovi-contratti-di-sviluppo

Chiamate commerciali sui cellulari: evitarle con il registro delle opposizioni

Approvato dal Governo Draghi, su proposta del Ministro dello Sviluppo Economico Giorgetti, il nuovo regolamento sull’attività di telemarketing che mette fine, per chi lo desidera, ai messaggi e alle chiamate commerciali verso telefoni fissi e mobili.

Iscriversi al Registro Pubblico delle Opposizioni per evitare le chiamate commerciali

Capita di essere al lavoro o in famiglia, impegnati in cose importanti e ricevere telefonate. Non riconoscendo il numero si ha la tendenza a rispondere in quanto potrebbe essere una cosa importante. Si scopre dopo un po’ che in realtà si trattava semplicemente di un call center o di una pubblicità che magari ha fatto perdere la concentrazione o comunque la telefonata è stata piuttosto insistente e fastidiosa.

Per evitare questi disturbi la soluzione è iscriversi al Registro Pubblico delle Opposizioni. Si tratta di uno strumento attualmente già attivo (dal 2011) che però fino ad ora non è stato in grado di evitare effettivamente ai cittadini di essere disturbati da chiamate che spesso assumono anche toni molesti. Ciò che il Governo si è impegnato a fare con il nuovo regolamento sull’attività di telemarketing è semplificare la procedura per inserire i vari numeri del telefono nel Registro Pubblico delle Opposizioni e rendere le procedure per revocare eventuali consensi già espressi più semplici. Naturalmente una maggiore attenzione da parte dei cittadini ai consensi espressi, spesso tramite connessione internet, aiuterà ad avere un maggiore controllo sulle chiamate commerciali sui cellulari.

Il nuovo Regolamento approvato dal Governo

Il nuovo regolamento sulle attività di telemarketing è un aggiornamento del Registro Pubblico delle Opposizioni che in effetti è già in vigore. Il Ministro Giorgetti ha sottolineato che la nuova disciplina mira a tutelare maggiormente la privacy. Al fine di raggiungere questo obiettivo, prima di procedere all’approvazione da parte del Consiglio dei Ministri, è stato chiesto il parere del Presidente del Garante della Privacy, Pasquale Stanzione, che ha espresso parere favorevole sottolineando che sono stati accolti i rilievi formulati dal Garante volti soprattutto ad evitare le chiamate automatizzate, quelle che praticamente mettono in contatto con un centralino automatizzato.

La nuova disciplina prevede un’importante novità, infatti ora potranno essere inseriti anche i numeri dei cellulari. Sarà possibile per i consumatori limitare esclusivamente alcune tipologie di chiamate, ad esempio quelle automatizzate, oppure si potrà scegliere di limitare tutte le chiamate commerciali verso i cellulari e i telefoni fissi.

Il Nuovo Registro delle Opposizioni prevede inoltre che siano automaticamente inseriti tutti i numeri che non compaiono negli elenchi telefonici. L’iscrizione nel Registro Pubblico delle Opposizioni comporta l’automatica cancellazione di tutti gli eventuali consensi espressi antecedentemente all’inserimento del proprio numero nel registro stesso. L’iscrizione è sempre gratuita.

Quando entrerà in vigore il nuovo Regolamento sull’attività di telemarketing?

Occorre sottolineare che attualmente il nuovo regolamento sull’attività di telemarketing ancora non è attivo, infatti sarà necessario attendere il decreto del Presidente della Repubblica, che a sua volta dovrà essere pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana. Dopo questi primi passaggi, come già sottolineato dal Ministro Giorgetti, inizierà una campagna di informazione molto dettagliata e completa volta a rendere edotti tutti i cittadini sulla possibilità di iscrivere i propri recapiti telefonici sul Registro Pubblico delle Opposizioni. Lo stesso dovrebbe essere attivo entro 120 giorni dalla Pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale e comunque non oltre il termine del 31 luglio 2022.

Naturalmente importanti novità ci sono anche per le aziende, infatti prima di effettuare chiamate commerciali sui cellulari, dovranno verificare se il numero è inserito nel Registro Pubblico delle Opposizioni, le aziende che dovessero comunque inoltrare chiamate a numeri inseriti nel RPO rischiano pesanti sanzioni economiche in applicazione dell’articolo 83 del GDPR, cioè General Data Protection Regulation.

Come iscriversi al Registro Pubblico delle Opposizioni ed evitare le chiamate commerciali sui cellulari?

Ci saranno diverse modalità per iscriversi al RPO, infatti sarà possibile procedere via web, attraverso il sito Registro Pubblico delle Opposizioni, oppure sarà possibile iscriversi telefonicamente al numero verde 800 265 265. La chiamata deve essere effettuata dal numero che si vuole inserire nel registro e devono quindi essere forniti i dati relativi all’utenza.

Un altro modo per iscrivere un numero nel RPO è la Raccomandata con ricevuta di ritorno. Deve essere inviata all’indirizzo Gestore del Registro pubblico delle opposizioni – Abbonati, ufficio Roma Nomentano, casella postale 7211, 00162 Roma. In questo caso è necessario allegare una copia di un documento di riconoscimento e indicare il numero, o i numeri, di telefono che si vogliono inserire nel Registro. Infine è possibile procedere tramite e-mail all’indirizzo iscrizione@registrodelleopposizioni.it allegando il modulo scaricato dal sito www.registrodelleopposizioni.it

Deve, infine, essere sottolineato che la procedura può essere eseguita già ora, ma in questo momento è in vigore ancora il vecchio registro con le vecchie regole. In secondo luogo, se anche ci si iscrive al Registro Pubblico delle Opposizioni, se in seguito si dà il consenso alle chiamate commerciali sui cellulari a una singola azienda, quella potrà effettuare le chiamate senza incorrere in sanzioni. Di conseguenza nel momento in cui si esprime il consenso, soprattutto sui vari siti internet, a ricevere pubblicità occorre prestare attenzione. Ad esempio, si acquista sul sito X e si fornisce il proprio numero di cellulare al fine di essere reperibili per il corriere, allo stesso tempo l’e-commerce chiede il consenso a ricevere comunicazioni commerciali. Dando questo consenso, quella singola società a cui è stato dato il consenso potrebbe legittimamente effettuare chiamate commerciali, inviare sms o email.

Piano di Transizione 4.0 per Ricerca e Sviluppo: come accedere ai fondi

La legge di bilancio 2022 rinnova fino a dicembre 2025 i crediti di imposta riconosciuti per l’acquisto di beni materiali e immateriali. Gli investimenti devono essere finalizzati a introdurre innovazioni, nuove tecnologie e per favorire la transizione delle aziende verso modelli più virtuosi anche dal punto di vista ecologico. Si tratta di varie tipologie di aiuto sotto forma di agevolazioni per l’accesso al credito e il riconoscimento di credito di imposta e che rientrano in quello che viene denominato Piano di Transizione 4.0.

Il Piano di Transizione 4.0

Il Piano di Transizione messo a punto dal Ministero per lo Sviluppo Economico sostituisce i precedenti piano Impresa 4.0 e piano Industry 4.0, ma in realtà ci sono poche innovazioni rispetto alle misure concrete messe a punto. La prima considerazione da fare riguarda gli importi, infatti questi per il 2022 risultano ridotti.

Per il 2022 sarà possibile recuperare sotto forma di credito di imposta per investimenti in beni materiali:

  • il 40% degli investimenti fino a 2,5 milioni di euro;
  • 20% per la fascia di investimenti in beni materiali di valore compreso tra 2,5 milioni di euro e 10 milioni di euro;
  • 10% nella fascia tra 10 milioni di euro e 20 milioni di euro.

Diverse sono le percentuali riconosciute per l’acquisto di beni immateriali. Per il 2022 e il 2023 l’aliquota di credito di imposta che si può ottenere è fissata al 20%, mentre per il 2024 è prevista una riduzione al 15% e per il 2025 una riduzione ulteriore al 10%.

Deve essere ricordato che gli acquisti vanno effettuati entro il mese di dicembre 2025, ma le consegne possono avvenire entro il mese di giugno del 2026.

Tra le misure che rientrano nel Piano Transizione 4.0 c’è anche la legge “Nuova Sabatini”, ma anche in questo caso è prevista una riduzione degli importi, infatti i fondi previsti sono 900 milioni di euro fino al 2027. La Nuova Sabatini prevede incentivi per l’acquisto di macchinari di nuova generazione, gli stessi sono rivolti a PMI.

Piano di Transizione 4.0: ricerca e sviluppo

Tra le misure previste per il Piano di Transizione 4.0 vi è anche un’importante svolta, infatti si possono ottenere agevolazioni e incentivi anche per la ricerca e lo sviluppo. L’obiettivo è sostenere la competitività delle aziende attraverso la ricerca, l’innovazione tecnologica e il design.

Qui la legge di bilancio 2022 prevede un sostanzioso aiuto e soprattutto dilazionato nel tempo. In particolare il Credito d’imposta per ricerca & sviluppo, innovazione e design viene rinnovato per 10 anni, fino al 2031. Le aliquote per il 2022 restano invariate rispetto al 2021 e sono:

  • 20% per ricerca e sviluppo di valore fino a 4 milioni di euro;
  • 10% per innovazione o design e ideazione estetica con costi fino 2 milioni
  • 15% per interventi volti alla transizione ecologica e con importo massimo fino a 2 milioni di euro.

Per gli anni successivi rispetto al 2022 abbiamo una riduzione, in particolare l’aliquota approvata è del:

  • 10% per ricerca e sviluppo, ma in questo caso con massimale fino a 10 milioni di euro;
  • 5% per innovazione, design ed estetica con massimale di 2 milioni di euro;
  • 10% per investimenti in ricerca per la transizione ecologica con massimale di 4 milioni di euro.

Il Ministero per lo Sviluppo Economico subordina la fruizione di questo aiuto al rispetto delle normative in materia di sicurezza sul luogo di lavoro e al corretto adempimento di tutti gli obblighi inerenti i contributi previdenziali e assistenziali nei confronti dei lavoratori. Tale aiuto è inoltre rivolto a tutte le imprese, senza limiti inerenti le dimensioni delle stesse. Non si fa quindi la distinzione tra PMI e Grandi Imprese e indipendentemente dal regime fiscale attuato. Sul sito è possibile trovare un’ampia trattazione della materia sicurezza e sugli obblighi inerenti il datore di lavoro e il lavoratore. Ad esempio:

Imprese: datore di lavoro deve convocare la riunione sulla sicurezza

La Sorveglianza Sanitaria Obbligatoria per la sicurezza sul luogo di lavoro

Spese comprese nel Piano di Transizione 4.0 per ricerca e sviluppo

Le spese che possono essere considerate relative a Ricerca e Sviluppo sono diverse. Precisa il Ministero per lo Sviluppo Economico che si può godere del credito di imposta per:

  • spese per il personale, in particolare si tratta di ricercatori e tecnici con rapporto di lavoro subordinato o autonomo impiegati in lavoro di ricerca e sviluppo;
  • quote di ammortamento e spese di locazione, spese relative a materiali mobili e software utilizzati per condurre progetti di ricerca e sviluppo;
  • spese per contratti di ricerca extra muros (ad esempio nel caso in cui la ricerca venga commissionata a laboratori indipendenti);
  • quote di ammortamento per l’acquisto di licenze, privative industriali relative a invenzioni industriali o biotecnologiche, semiconduttori, nuove varietà vegetali;
  • spese relative a consulenze (sempre nell’ambito della ricerca e dello sviluppo);
  • spese per materiali utilizzati nella ricerca.

Piano di Transizione 4.0 per design ed estetica

Si è detto che il piano di Transizione 4.0 avente ad oggetto ricerca e sviluppo può trattare anche di design ed estetica. Per sviluppo di design ed estetica si intende l’attività di ricerca volta ad innovare i prodotti dal punto di vista della forma, dell’aspetto, ad esempio colori, struttura, ornamenti) . Non ha ad oggetto aspetti funzionali dei prodotti. Anche in questo caso il credito di imposta può essere usato per spese relative a personale, contratti di ricerca extra muros, acquisto di materiali per la ricerca, consulenze e canoni di locazione.

Ricordiamo che quando si parla di credito di imposta vuol dire che chi investe ottiene un credito da utilizzare per ridurre gli importi delle imposte dovute. Per poter utilizzare il credito di imposta, l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che è necessario utilizzare il modello F24 . Le aziende per poter accedere alle varie misure indicate devono naturalmente dimostrare le spese effettuate, inoltre devono fornire un relazione tecnica che indichi finalità, contenuti e risultati delle attività svolte.

Alcoa Sardegna: il Consiglio Regionale a sostegno dei lavoratori

La protesta dei lavoratori dell’Alcoa di Portovesme non accenna a diminuire. I dipendenti dello stabilimento sardo, del quale la multinazionale statunitense ha annunciato la chiusura, sono in mobilitazione da giorni e a nulla è valso l’incontro di qualche giorno fa a Roma con i vertici del Ministero per lo sviluppo economico.

Una nota positiva arriva però dalla Presidenza del Consiglio Regionale della Sardegna: i fondi delle spese di rappresentanza della Presidenza verranno infatti messi a disposizione dei lavoratori in sciopero, cui era stato chiesto di versare il corrispettivo di due giornate lavorative per poter sostenere le iniziative necessarie a portare avanti la vertenza.

E’ stata Claudia Lombardo, Presidente del Consiglio Regionale a rendere nota la disponibilità di fondi da parte della Regione a sostegno dei lavoratori in protesta: “L’onere economico della mobilitazione non può ricadere sui lavoratori già duramente colpiti dal dramma della perdita del posto di lavoro – ha annunciato la Lombardo. – Il Consiglio regionale è al fianco dei lavoratori e delle loro famiglie, ed è pronto alla mobilitazione, per salvare l’Alcoa”.

La Presidente ha anche sottolineato la volontà da parte del Consiglio Regionale a opporsi “ai comportamenti inaccettabili della multinazionale che, dopo aver sfruttato il territorio, pensa di disimpegnarsi e andarsene dal Sulcis chiudendo la fabbrica come se niente fosse. Dobbiamo assolutamente trovare una soluzione per non chiudere la fabbrica – ha continuato la Lombardo – l’effetto domino sarebbe devastante non solo per il Sulcis, ma per la Sardegna e per l’economia dell’Italia intera”.

Ministero per lo Sviluppo Economico e le professioni non regolamentate

Il primo giro del tavolo sulle professioni non regolamentate, convocato lo scorso 30 maggio dal Ministero per lo Sviluppo economico (Mse), ha fissato i paletti per lo sviluppo dei servizi professionali in Italia, raccogliendo le richieste e i suggerimenti delle sigle associative, degli enti di normazione e certificazione, utenti e consumatori. Coordinati da Giuseppe Tripoli, capo dipartimento Impresa e internazionalizzazione del ministero dello Sviluppo economico, si sono confrontati, tra gli altri, il presidente di Confprofessioni, Gaetano Stella; il consigliere del Cnel, Roberto Orlandi; i rappresentati di Cna, Confartigianato, Confcommercio, Confindustria Servizi innovativi e tecnologici; il presidente di Assoprofessioni, Giorgio Berloffa; il numero uno del Colap, Giuseppe Lupoi. Obiettivo primario è quello di definire i confini tra le professioni regolamentate e non regolamentate in un quadro di orientamento europeo, volto all’internazionalizzazione del settore.

L’obiettivo del tavolo, ha chiarito Tripoli, non è quello di sostituirsi al Parlamento o al Cnel, ma mettere a loro disposizione elementi utili di conoscenza e di riflessione per accompagnare lo sviluppo del settore. Sarà infatti il Parlamento a decidere se e cosa regolamentare, mentre al ministero dello Sviluppo economico spetta mettere sotto osservazione un settore “di profondo interesse per l’economia del Paese” per aiutarlo a evolversi. Diversi i temi sul tappeto che richiedono urgenti interventi da parte del legislatore, a cominciare da una riforma organica del settore “che abbracci tutte le professioni, regolamentate e non”, come ha detto Stella, sottolineando la “necessità di istituire un confronto con altri soggetti istituzionali, a partire dal ministero della Giustizia”. Secondo il presidente di Confprofessioni occorre, infatti, partire da una rigorosa definizione di professioni intellettuali, per arrivare a tracciare una linea di demarcazione tra professioni, così da garantire, anche a tutela dell’utenza, sovrapposizioni tra attività regolamentate e non regolamentate.

Alleggerimento burocratico e nuove facilitazioni per le Pmi

Il ministro dello Sviluppo economico, Paolo Romani, è sempre più convinto che la semplificazione normativa sia la strada giusta per agevolare le imprese, soprattutto quelle di piccole e medie dimensioni. Sarà in particolare la riforma degli incentivi, prevista per gennaio 2012, ad alleggerire il carico burocratico che attualmente grava  sulle spalle degli imprenditori. Per agevolare le Pmi si ricorrerà ad uno sfoltimento di 30 delle attuali 100 leggi nazionali che regolamentano l’attività imprenditoriale e  sarà previsto un nuovo raggruppamento degli incentivi in tre categorie: automatici (detrazioni e bonus fiscali); bandi di finanziamento per programmi organici e complessi e infine finanziamenti per grandi progetti oltre i 20 milioni di euro. Grazie al risparmio permesso dalla riforma si conta di istituire anche un Fondo Unico per la “flessibilità nell’uso dei finanziamenti necessaria all’attuazione della programmazione” e si auspica di riservare  il 50% delle risorse per favorire il sostentamento delle piccole e medie imprese.

Tra le agevolazioni più attese ci sono i cosiddetti “voucher” destinati a quanti vorranno aggregarsi in consorzi e cooperative o sfruttare il contratto di rete. Il ministro ha assicurato che il passaggio da vecchio a nuovo ordinamento sarà graduale per permettere una facile integrazione e un buon funzionamento del sistema. Il governo dal canto suo sta cercando di potenziare concretamente la crescita industriale, puntando sul “made in Italy” e sull’ innovazione tecnologica. A favore di quest’ultimo punto sono stati stanziati 770 milioni per 220 progetti, coinvolgendo oltre 1550 imprese e 600 enti di ricerca, con investimenti per 2 miliardi di euro con l’intento di raggiungere l’obiettivo annuale di crescita dell’1% del Pil.

Intervistato da Il Sole 24 Ore, il ministro Romani ha commentato: “Siamo stati i primi in Europa a recepire la direttiva Small business act e la maggioranza è ora impegnata a rispettare i tempi previsti per la legge annuale sulle Pmi. Le previsioni di crescita annunciate dal rapporto non saranno compromesse in quanto gli interventi previsti dalla legge possono essere attuati a prescindere dalla forma giuridica adottata e, in ogni caso, essa rappresenta solo una parte, anche se importante, di una strategia più complessiva che il ministero ha concepito a favore delle piccole e medie imprese“.

Mirko Zago

Basta chiacchiere e fumogeni: ripensiamo alla crescita del Paese

di Davide PASSONI

Strano Paese il nostro… In questa settimana abbiamo assistito al meglio e al peggio che l’Italia è in grado di esprimere quando si parla di lavoro, produzione e politiche a sostegno dello sviluppo e dell’occupazione.

Due attacchi a sedi della Cisl, a base di fumogeni, uova e volantini, da parte di gruppi che, in diversa misura, non si sono accorti che gli Anni ’70 sono finiti da un pezzo, senza capire che ancorarsi a una preistorica logica di servi contro padroni a tutto serve fuorché a far progredire e sviluppare un’economia per molti versi ancora zoppicante.

La tanto attesa nomina del titolare del ministero dello Sviluppo Economico, quel Paolo Romani la cui designazione è stata tanto sorprendente quanto può esserlo il freddo al Polo Nord; e qui via al solito teatrino con opposizioni, benpensanti e malpensanti che hanno tirato fuori di tutto dal passato di Romani (da Maurizia Paradiso in giù) e hanno invocato l’onnipresente conflitto di interessi. Vero, il neoministro è da sempre un fido scudiero del Cavaliere, da ancor prima della sua discesa in campo in politica, e come sottosegretario è inciampato in qualche grossa pietra, come gli 800 milioni per la banda larga (vitale per lo sviluppo del nostro tessuto produttivo) prima promessi e poi destinati alla copertura di altre spese. Ma noi siamo abituati a giudicare il lavoro delle persone, non solo e non tanto il loro passato (che non significa dimenticarlo): vediamo quello che Romani riuscirà a fare per l’economia italiana, magari senza rincorrere da subito il totem del nucleare, e poi esprimeremo un voto. Deligittimarlo prima ancora che sieda in poltrona è miope e controproducente.

Infine, ed ecco il meglio di cui parlavamo all’inizio, la presentazione da parte di Rete Imprese Italia del documento “Ripensare alla crescita del Paese: strategie e scelte di medio termine”; nove azioni urgenti e cinque azioni di sviluppo a medio termine per rilanciare il sistema Italia, a firma della realtà che vede alleate le più importanti associazioni di Pmi italiane: Confesercenti, Confartigianato, Confcommercio, Cna e Casartigiani.

Nel documento si va da proposte per la politica fiscale a quelle per la semplificazione amministrativa al nodo dei rapporti tra banche imprese e PA e imprese. Insomma, gli atavici punti dolenti di chi fa impresa nel nostro Paese. Noi vi consigliamo di leggerlo (eccolo qui), perché lo riteniamo un esempio di proposta seria, fatta da chi sul campo ci sta tutti i giorni e conosce i problemi reali della nostra economia, piccola o grande che sia. E, soprattutto, fatta da chi non ha la presunzione di insegnare alcunché a nessuno né di giudicare aprioristicamente scelte e posizioni, ma ha a cuore il bene dell’Italia sana, che produce e genera (o vorrebbe farlo ma non sempre ci riesce…) ricchezza e benessere.