Milano e la moda, un mondo di 13mila imprese

È partito oggi il circo di Milano Moda Uomo e il capoluogo lombardo, insieme all’intera regione, scoprono un’altra volta la loro grande vocazione imprenditoriale per la moda. I conti, in questo senso, li ha fatti la Camera di commercio di Milano.

L’ente camerale, elaborando dati del registro delle imprese al terzo trimestre 2015, ha calcolato che sono 34mila le imprese attive nel settore della moda in Lombardia, di cui oltre una su tre si concentra a Milano (13mila). In regione sono oltre 14mila imprese nella produzione e 20mila nel commercio della moda.

Dopo Milano ci sono Brescia, con 4 mila imprese, Varese e Bergamo con oltre 3mila, Como, Monza e Brianza e Mantova con circa 2mila. 189mila gli addetti del settore, di cui quasi 83mila a Milano. Sono a conduzione maschile due imprese di produzione su tre in Lombardia, pari al 64%, 9mila su 4mila.

E anche sul fronte dell’export, il settore si conferma trainante nella regione. L’export di moda ha infatti sfiorato nei primi nove mesi del 2015 i 9 miliardi di euro, stabile in un anno. La Lombardia esporta soprattutto articoli di abbigliamento, per un valore di 4 miliardi di euro. Seguono i prodotti tessili (quasi 3 miliardi) e gli articoli in pelle (2,1 miliardi).

Milano pesa quasi la metà del totale regionale (4,2 miliardi); seguono Como (1,1 miliardi), Varese e Bergamo con oltre 680 milioni. La regione esporta moda principalmente verso Europa, Asia orientale e America settentrionale. Quasi un miliardo di euro l’export verso la Francia, 650 milioni di euro verso la Germania e tra i Paesi non Ue, primi gli Stati Uniti con 800 milioni di euro e Hong Kong con oltre 700 milioni.

Inoltre, mezzo miliardo di export di moda è andato in Cina, 400 milioni in Giappone, 300 milioni in Corea del Sud. E se in un anno la Russia ha rallentato, tra chi è cresciuto ci sono Arabia Saudita e Qatar. Questa volta l’elaborazione della Camera di commercio di Milano è avvenuta su dati Istat al terzo trimestre 2015 e 2014. Insomma, se Milano è la capitale della moda, non è solo per fashion…

Moda maschile italiana tra luci e ombre

Con l’apertura ufficiale dei battenti di Pitti Uomo 89, avvenuta a Firenze il 12 gennaio, la moda maschile italiana ha cominciato la sua autocelebrazione anche per questo 2016. Un anno che arriva dopo un 2015 caratterizzato da segnali contrastanti per questo comparto importantissimo della moda italiana.

Lo scorso anno, infatti, il fatturato dell’industria italiana della moda maschile ha fatto registrare un incremento mediocre, +1,5% rispetto al 2014, per un giro d’affari totale di poco inferiore ai 9 miliardi (8,9 miliardi, per la precisione). Un incremento pari quasi alla metà rispetto all’anno precedente.

Se, da un lato, la moda maschile italiana ha confermato anche per lo scorso anno la propria vocazione all’export incrementando dello 0,3% rispetto al 2014 il totale delle esportazioni sul fatturato (63,4%), dall’altro è calato del 3,2% il valore della produzione in Italia: un calo che, in termini assoluti, si traduce in 4,7 miliardi in meno. Conforta che il 63,4% di cui sopra è figlio di un +9% della quota export registrato negli ultimi 5 anni. Export che, nonostante tutto, è cresciuto lo scorso anno di circa la metà, in termini percentuali, rispetto a quanto fatto nel 2014: +2,4% a quasi 5,7 miliardi, contro il +5,1% pari a 5,5 miliardi di un anno prima.

A fare il punto su questi numeri della moda maschile italiana ci ha pensato Sistema moda Italia che ha elaborato dati Istat. Elaborazioni dalle quali emerge che le importazioni sono cresciute del 7,6% a 4 miliardi, dato che ha portato a un calo del surplus della bilancia commerciale per la moda maschile italiana a 1,6 miliardi.

Il mercato interno della moda maschile italiana, infine, nel 2015 ha seguito quello generale, confermando il calo dei consumi anche se in misura meno drammatica di quanto avvenuto negli anni più bui della crisi: -2,1% a 7,3 miliardi.

Un calo più contenuto, che se non sa ancora di luce in fondo al tunnel, manda comunque un segnale incoraggiante all’intera filiera della moda per continuare a credere nella ripresa.

Tessile italiano da Milano al mondo

Il recente successo di Milano Moda Uomo è stato l’occasione per fare il punto sulla capacità del capoluogo lombardo e della regione di creare eccellenza e ricchezza nel settore del tessile e della moda.

Ci ha pensato l’ufficio studi della Camera di commercio di Milano, su dati Infocamere 2013 e 2012 e su dati Istat al III trimestre 2013 e 2012, e ha certificato come sia di oltre 14 miliardi l’interscambio lombardo nel settore della moda nei primi 9 mesi del 2013 (+1,6% rispetto al 2012). Milano è la capitale indiscussa, con circa 7 miliardi di interscambio (quasi 4 miliardi di esportazioni e 3,2 miliardi di importazioni).

In crescita l’export milanese (+6,4%), soprattutto verso i Paesi del Medio Oriente (17,9%), dell’Asia Orientale (11,8%), dell’America centro-meridionale e dell’Asia Centrale (6,7%). Oltre la metà delle esportazioni è diretta in Europa (il 31,4% nei Paesi dell’Unione Europea e il 20,6% verso gli altri Paesi europei) e oltre un quarto in Asia orientale. Tra i Paesi dell’Ue si esporta soprattutto verso Francia (37,4%), Germania (15,3%) e Regno Unito (11,5%). Tra gli altri Paesi europei si esporta soprattutto verso la Svizzera (48,4%) ed è di oltre 200 milioni di euro il valore delle esportazioni in Russia (25,6%).

In Asia orientale le principali mete di esportazione sono il Giappone (25%) e Hong Kong (23,1%). Forte la richiesta USA, il 10% dell’export milanese va in America settentrionale.

In Lombardia sono quasi 15mila le imprese attive nel settore della moda, di cui quasi una su tre a Milano (4.482): oltre 2.600 si occupano di abbigliamento e quasi mille sono industrie tessili e altrettante imprese del settore della pelletteria. Il capoluogo è anche al primo posto in Italia per numero di addetti (80.030), seguito da Napoli (42.304) e Firenze (37.605).

Secondo Pier Andrea Chevallard, segretario generale della Camera di commercio di Milano,“il settore della moda con tutta la sua filiera rappresenta un elemento di punta per rilanciare l’economia di Milano e dell’Italia. Per questo, come Camera di commercio collaboriamo attivamente con la Camera Nazionale della Moda Italiana per sostenere in modo particolare le iniziative rivolte ai giovani stilisti, così da offrire alle nuove generazioni di creativi occasioni di visibilità e la possibilità di sviluppare i propri progetti”.

L’Italia tesse il proprio futuro. O almeno ci prova…

di Davide PASSONI

L’inizio di gennaio ha visto, come da tradizione, i primi appuntamenti di prestigio per il tessile italiano, con i saloni fiorentini di Pitti e le sfilate di Milano Moda Uomo. Si tratta di due delle vetrine più prestigiose per una delle eccellenze della manifattura italiana, quella tessile appunto.

In un mercato mondiale nel quale i Paesi dell’estremo Oriente, Cina in testa, hanno ormai raggiunto una egemonia fatta di grandi volumi, prezzi bassi, costo della manodopera irrisoria ma qualità comunque in crescita, l’Italia è riuscita ancora a ritagliarsi un ruolo da leader. Questo nonostante la difficoltà tutta italiana nel fare impresa, la burocrazia, la fiscalità impazzita.

Nel disgraziato 2013 che ci siamo lasciati alle spalle, si è registrato comunque un export da record per la nostra industria. Il surplus ha toccato quota 110 miliardi di euro e, tra i comparti produttivi, l’Italia si è confermata prima al mondo nel tessile, nell’abbigliamento, nei prodotti in cuoio e nell’occhialeria. Un primato ottenuto a dispetto di tutto e di tutti che deve essere mantenuto e, se possibile, migliorato.

Ma ci sono le condizioni perché questo accada? Come si presenta il 2014 per la filiera tessile italiana. INFOIVA cercherà di scoprirlo questa settimana, attraverso dati, studi, testimonianze dirette. Perché se l’Italia vuole continuare a… filare, non può abbassare la guardia.