Italian Style: una filiera lunga una vita

 

Moda, oreficeria e nautica. Si potrebbe riassumere in queste tre parole il segreto del successo del made in Italy all’estero. In aria di crisi, il comparto oro si conferma un mercato rifugio che acquista il suo valore nel tempo, mentre il settore tessile continua a tirare le file dell’industria più importante in Italia, quella della moda.

Condividendo la necessità distretti e industrie di filiera diventino parte integrante di un’unica strategia Unioncamere e Federazione dei distretti hanno siglato un accordo affinchè  il sistema camerale e quello dei distretti sperimentino forme di collaborazione sempre più incisive per l’industria di filiera italiana.

Il patto è stato sottoscritto dal presidente di Unioncamere, Ferruccio Dardanello, e dal presidente della Federazione dei distretti, Valter Taranzano. Con l’apertura dei distretti a nuove logiche di filiera – ha sottolineato il presidente di Unioncamere, Ferruccio Dardanello – il sistema camerale ha deciso, lo scorso anno, di adeguare le proprie strutture dando origine a Unionfiliere, nata dalla fusione di Assicor e Itf, strutture specializzate l’una nella valorizzazione dell’oreficeria, l’altra in quella del sistema moda. Unionfiliere  ha nel nome i suoi obiettivi: unire per qualificare, valorizzare, promuovere le filiere che hanno reso famoso il made in Italy nel mondo”.

E a proposito del progetto di fusione, Dardanello aggiunge: “il nostro obiettivo è quello di creare un luogo privilegiato per lo sviluppo di iniziative finalizzate a favorire la competitività delle filiere e dei distretti, attraverso un confronto costante tra sistema camerale e sistema associativo. Una della strategia ‘uno per tutti e tutti per uno’ sotto il cappello di Unioncamere”.

Una mossa strategica e molto promettente se si conta che i tre settori (orafo, nautico e tessile) sono equiparabili per fatturato al complesso delle imprese del Piemonte (Fiat inclusa) o di sette regioni a minor densità industriale messe insieme (Abruzzo, Sardegna, Umbria, Calabria, Basilicata, Molise e Valle D’Aosta). Un po’ di numeri: la moda, l’oreficeria e la nautica che, nel loro complesso, vedono impegnate 341mila imprese (il 5,4% del totale nazionale), l’8,2% degli addetti che operano al di fuori dell’agricoltura (per complessive 1.421.644 persone), e registrano un fatturato che sfiora i 200 miliardi di euro.

Il percorso di fusione tra Unioncamere e Federazione dei distretti la creazione di nuove filiere come quella del legno-arredo e della automazione-meccanica, individuando le Camere di commercio sede di distretti e favorendo la loro adesione a Unionfiliere. Alla fine del periodo di transizione, la cui durata non potrà essere superiore a 2 anni, la Federazione Distretti sarà sciolta a favore del marchio unico Unionfiliere.

La decisione di offrire maggior supporto alle filiere dell’industria simbolo della produzione made in Italy, è stata supportata anche da uno studio, realizzato dall‘Istituto Tagliacarne, che definisce i contorni economici delle tre filiere:  non soltanto produzione e trasformazione del prodotto di base,ma anche imprese che offrono beni e servizi intermedi alle attività produttive principali, e che rappresentano l’11,6% del totale occupazionale.

L’analisi si sofferma poi sull’indagine approfondita dei distretti della moda e della nautica, dove l’articolazione della filiera va ben oltre la realizzazione del singolo prodotto, ma coinvolge attività collegate alle imprese della meccanica (distretto tessile di Prato, dove le imprese operano in tutti i passaggi della lavorazione, dalla filatura al confezionamento dei capi), o estenda la sua articolazione ai servizi collegati (distretto nautico di Genova, che include sia cantieri navali veri e propri, che servizi per il trasporto marittimo di persone e merci).

Ma la crisi quanto ha influito sui singoli comparti dell’industria di filiera del made in Italy?

La filiera tessile, abbigliamento e calzature, con un fatturato stimato di 171 miliardi di euro, ha indubbiamente ricevuto un duro colpo dalla crisi degli ultimi anni. Le sue 303.788 imprese impegnate nelle attività principali (calate dello 0,6% tra dicembre 2010 e giugno 2012), hanno registrato forti riduzioni della produzione (-16,2% ), del fatturato (-4,5%), e dell’occupazione alle dipendenze (-16,4%).

La filiera orafa vanta un fatturato superiore ai 15miliardi di euro. Le province in cui la filiera riveste un ruolo di rilievo in termini di incidenza di addetti sul totale sono Arezzo (8,1%; Italia 0,5%), Alessandria (4,9%), Vicenza (2%), Caserta (0,8%) e Firenze (0,8%).

La filiera navale conta invece 133.409 addetti, di cui 92.300 nelle attività principali e 41.100 nelle attività che producono beni e servizi indiretti. Il fatturato realizzato nel 2010 per le sole attività principali è stimato in 11,5 miliardi di euro.

Alessia CASIRAGHI

FRANCHISING NEL SETTORE ACCESSORI MODA CON BAIXA

Uno dei settori in cui il franchising è più presente è senza dubbio quello della moda.

Un esempio è sicuramente Baixa, brand molto conosciuto per quanto riguarda accessori e bijoux, ma anche per i negozi in franchising.
Ciò che offre questo marchio è un franchising in conto vendita, unito alla possibilità di ricevere una formazione continua e non solo iniziale, per essere sempre aggiornati sulle novità.

Chi volesse dunque intraprendere questa strada deve possedere grande attenzione per le esigenze del mercato ed elevate prospettive imprenditoriali.
Basilare è la scelta della location, alla quale pensano gli addetti Baixa con consulenze di geomarketing, posizionando i punti vendita nei fulcri vitali e fiorenti delle città, perciò nelle vie principali dei centri abitati, ma anche nei centri commerciali e centri storici che abbiano un bacino di utenza minimo di 30.000 abitanti.

L’investimento iniziale è di 24.900 euro, con merce fornita in conto vendita, senza bisogno di ulteriori spese per il rifornimento del prodotto e garantendo alti margini di guadagno sulle vendite.

Per maggiori informazioni, collegarsi direttamente su Baixa.it.

Il Made in Verona è protagonista a Praga

Tre giorni fitti di appuntamenti e incontri d’affari per diciotto imprese veronesi del settore Moda e Agroalimentare, che sono partite ieri alla volta di Praga per una serie di incontri bilaterali con importatori e distributori del mercato ceco, oltre che visite ai più importanti stabilimenti della GDO e negozi specializzati, per le imprese del settore agroalimentare.

La serata di martedì 15 maggio è stata dedicata alla promozione del Sistema Verona: il programma includeva anche un concerto al pianoforte eseguito dagli artisti della Fondazione Arena e una sfilata di moda realizzata dalle imprese veronesi partecipanti alla missione. Per concludere l’evento, una delegazione di chef ha proposto, presso la prestigiosa location di Palazzo Zofin, una cena a base di specialità tipiche, realizzata con i prodotti offerti dalle imprese veronesi ed accompagnata dai 105 vini vincitori del concorso enologico Verona Wine Top.

La tre giorni, organizzata dalla Camera di Commercio di Verona, in collaborazione con la Camera di Commercio e dell’Industria Italo Ceca di Praga, ha lo scopo di consolidare l’immagine della produzione veronese in un mercato che nel 2011 ha registrato un incremento del Pil del 1,7%.

Francesca SCARABELLI

Fismo-Confesercenti: crisi per il 71% dei negozi

Il settore dell’abbigliamento continua a vivere in uno stato di crisi dopo il 2011, annus horribilis per 3 esercenti su 4. I saldi di gennaio non sono riusciti a migliorare la situazione che resta critica per il 66% dei negozi delle grandi città ed il 71% su scala nazionale. E le previsioni per il 2012 non sono rosee: solo il 3% ipotizza un miglioramento. Le imprese rivedono le strategie e mettono in campo tutti i sistemi per contrastare la riduzione del potere d’acquisto delle famiglie ed il conseguente calo dei consumi. Ma continuano a non farcela.

Così bocciano le liberalizzazioni ed al presidente del Consiglio Monti chiedono meno fisco, minor costo del lavoro, sostegno alle famiglie e credito più agevole. Sono questi, in estrema sintesi, i contenuti dell’indagine condotta dalla Fismo-Confesercenti tra le imprese della moda che saranno presentati dal presidente dell’organizzazione Roberto Manzoni, nel corso di una conferenza stampa alle ore 11.00 presso la Sala delle Colonne della sede nazionale di Confesercenti a Roma, in Via Nazionale 60.

Fonte: confesercenti.it

Capi di lusso dalle boutique al negozio sotto casa

Si sente sempre più spesso parlare di democratizzazione della moda e di lusso democratico. Concetti usati, e spesso abusati, per spiegare una tendenza molto diffusa nel fashion system che induce le più importanti maison di moda a stringere partnership con le cosiddette catene del fast fashion.

Il colosso svedese low cost H&M è stato tra i primi a stringere collaborazioni con i grandi marchi. Karl Lagerfeld, Stella McCartney, Jimmy Choo, Versace e, da ultimo, Marni hanno lanciato speciali capsule collection, in edizione limitata, al “nobile” scopo di avvicinare la moda al popolo. Sulla base del crescente successo delle partnership di H&M, il Gruppo Coin ha deciso di affrontare la sfida della moda democratica, prima con Elio Fiorucci che ha firmato una collezione per Ovs, poi con Ennio Capasa di Costume National che ha lanciato, sempre per Ovs, EEqual.

Oggi è il turno di Kristina Ti, maison di moda della stilista torinese Cristina Tardito, che, prima di approdare al prêt à porter delle passerelle milanesi, disegnava intimo e romantici costumi da bagno. Si chiama “Ti per Te by Kristina Ti” la label, approdata il 22 marzo 2012 nei grandi magazzini Ovs, che propone leziose sottovesti, reggiseni e slip su cui sono stampati romantici fiorellini, tratto distintivo dell’heritage della maison. A maggio sarà la volta dei costumi e del beachwear.

Una collezione, quella di Kristina Ti, vezzosa e bon ton, così come nell’animo del brand, rifinita e curata nei minimi dettagli (l’appendiabito, infatti, è realizzato in velluto perché la lingerie non scivoli via) ad un prezzo decisamente cheap: i costi sono a partire da 9,99 euro e raggiungono un tetto massimo di 39,99 euro.

Che il mondo della moda sia improvvisamente diventato buono e abbia smesso di avere quella puzza sotto al naso che da sempre lo contraddistingue? Ci chiediamo se, davvero, le grandi maison del lusso si siano inaspettatamente redente dallo snobismo e abbiano cominciato ad accettare l’idea di concedere al volgo di indossare i loro preziosissimi capi. Non sarà forse che il vento gelido della crisi si sta facendo sentire minaccioso anche sulle loro teste protette da cappelli Borsalino o avvolte in foulard di Hermès?

Sia come sia, il vero banco di prova per comprendere dove andrà questa tendenza sono i negozi sotto casa. Se queste maison cominceranno a realizzare collezioni da vendere anche nel negozietto all’angolo, allora la rivoluzione sarà davvero cominciata. Stiamo a vedere.

 

Moda, Milano veste l’Europa

Scatta oggi l’ennesima edizione di Milano Moda Donna e, ora più che mai, la Lombardia si conferma la regione che, nel vero senso della parola, veste l’Europa. È infatti prima con circa 28mila imprese nei settori abbigliamento, tessile e moda, il 6,2% del totale continentale; una cifra che la mette al pari di interi Paesi, tanto che in una classifica nazionale si posizionerebbe al sesto posto, dopo Italia, Francia, Polonia, Spagna, Portogallo. In Italia ha sede un’impresa su tre di quelle europee del settore: circa 140mila su 450mila. Sono numeri che emergono da un’elaborazione della Camera di commercio di Milano su dati Eurostat 2010 su oltre 200 regioni europee.

Per lo shopping al femminile, solo New York risulta più conveniente di Milano, mentre Parigi risulta sullo stesso livello (596 euro). Più costose le altre città: in Europa si passa ai 688 euro di Londra, ai 727 euro di Berlino e ai 788 euro di Madrid.

E vale un miliardo all’anno l’indotto dal turismo per shopping a Milano, grazie a una competitività sui prezzi e sulla qualità che paga.

L’intero comparto della moda e del design (che comprende l’industria del tessile, dell’abbigliamento, concerie, gioielleria e bigiotteria, commercio al dettaglio di abbigliamento, studi di architetti e attività di design legato alla moda) è costituito a Milano e provincia da quasi 15mila imprese, pari al 4,7% del totale nazionale. Il solo settore “industriale” della moda a Milano è costituito da 495 imprese di gioielleria, 270 di bigiotteria, 1.031 di industria tessile, 2.649 di articoli di abbigliamento, 971 di pelletteria.

Il settore del commercio al dettaglio arriva a 3.383 negozi di abbigliamento, 774 di calzature, 2.600 di ambulanti. Se si considerano gli studi di architetti (e ingegneri) e quelli di design, il peso di Milano sul dato nazionale cresce ancora di più: a Milano e provincia ci sono quasi 1.700 studi di architetti e tecnici (il 13,3% del totale italiano) e circa 550 attività di design, oltre una su 8 in Italia.

Laura LESEVRE

Per il tessile italiano un 2012 incoraggiante

Il settore tessile e moda italiano tiene e, anzi, guarda al 2012 con fiducia. Questo è quanto traspare dai risultati previsionali per il 2011 e per il 1° semestre 2012 comunicati, durante un incontro-stampa tenutosi la scorsa settimana nella sede della Stampa Estera di Milano, da Michele Tronconi, Presidente di Sistema Moda Italia (SMI), Cecilia Gilodi, Responsabile Area Centro Studi SMI e Massimilano Serati, Professore associato di Politiche economiche alla LIUC di Castellanza. I dati sono stati ricavati in base a un modello econometrico elaborato da SMI, in collaborazione con l’Università Carlo Cattaneo – LIUC di Castellanza.

Ora che il 2011 volge al termine – ha detto Tronconisi è ritenuto opportuno fare un ‘preconsuntivo’ e svolgere, nello stesso tempo, una proiezione sul primo semestre del 2012. Nel far questo si è voluto stimare l’influenza di quei fattori esogeni che condizionano la competitività del settore e, quindi, le performance di mercato. Materie prime, costo dell’energia, credit crunch e rincaro dell’IVA sono, evidentemente, fattori che zavorrano la filiera, comprimendone le potenzialità di sviluppo. Senza dimenticare che simili effetti negativi dal Tessile-Moda si trasferiscono sull’intera economia nazionale, come indicano le ripercussioni sul PIL e occupazione“.

Secondo Serati, il modello utilizzato, “che ha già dato prova di solidità e affidabilità nelle precedenti elaborazioni” ha indicato per il settore una tenuta del trend positivo, evidenziando però un rallentamento rispetto ai ritmi del 2010 e del primo semestre del 2011. Il giro d’affari complessivo cresce del +4,8% nel 2011, si riporta sopra i 50 miliardi di euro ma non consente di ritornare ancora ai livelli correnti pre-crisi. L’impulso alla crescità è dato soprattutto dall’export, stimato in crescita del 6,2% per un totale esportato pari a 26 miliardi di euro e un saldo commerciale con l’estero sopra i 6 miliardi.

Nonostante il quadro settoriale complessivamente favorevole – ha detto Cecilia Gilodi, la sovra-capacità produttiva che sta condizionando specialmente i settori maturi trova riflesso sul fronte occupazionale. Anche nel 2011, dunque, non si interromperà il ridimensionamento del settore in termini di aziende attive ed occupati. In particolare, con riferimento alla manodopera, si prospetta una contrazione di circa 9.050 posti di lavoro, pari al 2%“.

Tuttavia, il primo semestre 2012 indica un assorbimento delle turbolenze di mercato con un certo esito favorevole per il Tessile-Moda italiano. Si prevede una situazione di complessivo miglioramento rispetto al secondo semestre 2011, più contenuto però rispetto ai ritmi di crescita del primo semestre 2011. Il fatturato totale è previsto in aumento del 5,9%, l’attività produttiva (a volume) del 6,1%, mentre l’export sarebbe a +7,1%. Il tutto, però, con un’erosione ocupazionale del -1,9%.

Da Tronconi, infine, un appello al Governo: “Chiediamo più promozione internazionale, risolvendo il problema apertosi con la chiusura dell’ICE e prevedendo strumenti a sostegno all’internazionalizzazione dei produttori tessili” ha detto,  ricordando che “è quindi urgente e fondamentale che venga recepita correttamente la Direttiva 2003/96/CE che prevede la definizione di ‘impresa a forte consumo di energia’; di lasciare alle imprese i flussi di liquidità generati dalla gestione operativa: mantenendo in azienda il TFR maturando e inoptato (per le imprese sopra i 50 dipendenti); spostando l’esazione dell’IVA al momento dell’effettivo incasso; intervenendo sul carattere distorsivo dell’IRAP“.

Assomoda partner dei giovani stilisti emergenti

Una vetrina per far conoscere il talento e le creazioni dei giovani designer emergenti. Ci ha pensato Assomoda, l’associazione italiana degli agenti e distributori di moda e sport, creando un dipartimento ad hoc per raccogliere le proposte di stilisti al debutto.

Promotrice dell’iniziativa Maristella Colombo, designer poco più che trentenne che crea gioielli, bijoux e accessori con il marchio di Maiden Art, fondato nel 2006. La volontà è di dar vita a un’associazione in grado di mettere in relazione i giovani stilisti, ovvero le piccole imprese con un prodotto da commercializzare, e i canali di distribuzione del mercato della moda nazionale ma non solo.

Esiste la necessità – spiega Maristella di mettere in relazione queste piccole aziende con gli showroom. E’ questa la ragione per cui è stato creato, all’interno di Assomoda, un dipartimento di giovani designer, di nuovi brand che rappresentano il nuovo made in Italy: essi possono entrare in relazione con gli agenti. Non solo. Anche con le istituzioni e il mondo della moda in senso lato. Per questa ragione, stiamo creando una serie di eventi e cercando partner e fiere di riferimento. Ma la cosa più importante è mettere in relazione le nuove produzioni con la distribuzione‘.

L’obiettivo è riuscire a collocare i nuovi brand negli showroom, ‘ è chiaro che è difficile, perché nel momento economico in cui siamo si punta soltanto ad avere ‘il nome’. Se non ci sono soldi, non c’è voglia di investire. Ma il nuovo brand può portare qualcosa di nuovo e fresco‘, ci tiene a sottolineare la designer. Che di strada, per arrivare alla distribuzione della sua collezione, ne ha fatta.

Dal diploma all’International College of Arts and Sciences al master in Fashion Design alla scuola Marangoni di Londra, e poi ancora il diploma in Textile Design e in Fashion Business Management al London College of Fashion. Maristella ha da prima lavorato come cool hunter e fashion designer per la linea di abbigliamento per bambini Brums di Preca Brummel, arricchendo poi il suo curriculum con due esperienze all’estero: per la collezione donna Boudicca a Londra e per Susan Cianciolo a New York.

Il nuovo dipartimento ha già debuttato con un evento durante la Settimana della moda milanese: una sfilata di presentazione di nuovissimi brand per la prossima primavera-estate nella Design Library di via Savona a Milano.

Alessia Casiraghi