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Tag: mutui subprime
Savings and Loans, una crisi dimenticata
Durante l’amministrazione successiva di Reagan, alle S&L vennero concesse altre liberalizzazioni, con prerogative proprie delle banche, ma non si richiedevano le stesse garanzie alle S&L: pagare tassi d’interesse di mercato su depositi, prendere a prestito denaro della Federal Reserve, di contrarre mutui e prestiti commerciali, concedere credito al consumo, rilasciare carte di credito, possedere immobili.
Per riuscire a fornire ai loro depositanti tassi d’interesse di mercato e quindi uscire dal rischio di insolvenza, le S&L cercarono rendimenti elevati alternativi, investendo in fabbricati e terreni e contemporaneamente concedendo crediti commerciali facili.
Il patrimonio delle S&L Texane aumentò in media di oltre il 50%, alcune lo triplicarono. Anche le società Californiane ebbero un simile sviluppo.
Nel 1986, il Tax Reform Act stabilì di limitare numerose deduzioni fiscali sulle proprietà immobiliari e sugli affitti percepiti, causando la fine del boom degli immobili, poiché venivano acquistati proprio in funzione del vantaggio fiscale che ne derivava. Inoltre i possessori di proprietà furono spinti a svendere i loro immobili.
La costruzione di nuove case crollò da 1,8 milioni a 1 milione, il valore più basso dalla seconda guerra mondiale in poi.
Iniziarono i fallimenti delle S&L texane (14 delle maggiori S&L del paese erano in Texas), una recessione collegata anche alla diminuzione drastica del prezzo del petrolio (-50%) di cui il Texas è produttore. La – organo di supervisione- fu per la prima volta insolvente.
Nel 1988 viene eletto presidente Bush (padre) ma la crisi delle S&L non fa parte del suo programma elettorale. Vengono successivamente aboliti il FHLBB (che aveva compiti di vigilanza) e il FSLIC, creando un nuovo ufficio per la supervisione delle Saving and Loans Associations. Vengono inoltre stanziati 50 miliardi di dollari per far fronte alla crisi; questa sottovalutazione del problema sarà una costante e causerà l’allargamento della voragine. Solo nel 1995 sarà chiaro quanto era grande il buco, ma guardando al passato.
Dott. Marco Degiorgis – Life Planner / Consulente indipendente per la gestione dei patrimoni familiari, Studio Degiorgis
Savings and Loans, una crisi dimenticata
Circa 20 anni fa, sul finire degli Anni ’80 e l’inizio dei ’90, una profonda crisi finanziaria scosse l’America. Anche questa crisi fu considerata peggiore di quella del ’29. Oltre 1000 Savings and Loan Associations fallirono, nel corso di una crisi che vide l’intervento del Congresso e del Governo degli Stati Uniti, per salvare il salvabile. 50 miliardi di dollari vennero immessi nel sistema attraverso un fondo appositamente costituito e la crisi costò circa 153 miliardi di dollari agli americani (124 miliardi furono pagati dai contribuenti, prelevati direttamente dalle loro tasse o con imposte successive). Solo 29 miliardi di dollari vennero pagati dalle società insolventi.
Non è chiaro a tutti perché le banche non concedono più tanto allegramente nuovi mutui o nuovi prestiti, anche a fronte di garanzie. Ci sono ragioni di bilancio, di redditività e di rischio, controllate attraverso i parametri stabiliti con il trattato di Basilea 2. In sostanza, più la banca rischia a prestare denaro, più deve accantonare e quindi meno è invogliata a prestare.
C’è anche una ragione legata alle crisi sui mutui, che mettono a repentaglio la stessa struttura finanziaria della banca.
Fu così che la crisi dei mutui subprime nel 2008 portò ad un tracollo delle economie di tutto il mondo.
C’è tuttavia una crisi poco conosciuta dal pubblico italiano e forse dimenticata dagli stessi americani, la crisi delle Saving and Loans Association (si potrebbe tradurre con Cassa di Risparmio), progenitrice delle attuali crisi sui mutui e che quindi può aiutare a interpretare meglio il presente. Le Saving and Loans Associations sono banche specializzate nel promuovere l’acquisto di case a condizioni favorevoli, ed esistono negli States dal 1800. Ecco che cosa accadde a queste S&L. Si vedrà come anche i governi dimenticano in fretta e cadono più volte nello stesso tranello.
Lo stesso governo degli States aveva dato loro nuovo impulso alla fine della seconda guerra mondiale, per promuovere la costruzione di nuove case, e aveva assicurato i depositi sui conti di risparmio attraverso la Federal S&L Insurance Corporation. I tassi erano alti ma i mutui trentennali abbattevano la rata e milioni di americani si erano comprati la casa con questo sistema.
Dal 1966 al 1979 i tassi d’interesse di mercato si alzarono progressivamente, e questo causò problemi alle S&L che vedevano i loro clienti ritirare i risparmi per investirli in prodotti più remunerativi. Fino alla fine degli Anni ’70, infatti, le S&L erano sottoposte a regolamenti abbastanza rigidi, potevano concedere solo piccoli prestiti e il tasso sui depositi aveva un tetto massimo.
All’inizio degli Anni ’80, durante l’amministrazione Carter, iniziò la deregulation; fu alzato sia il tetto massimo sui tassi di deposito, sia il massimale assicurato (da parte della FSLIC) sui depositi da 40.000$ fino a 100.000$, e furono concesse maggiori libertà per i mutui di acquisto, sviluppo e costruzione. Inoltre venne approvata una legge finanziaria che forniva incentivi all’investimento in immobili per i privati; questo contribuì al boom immobiliare degli anni ’80.
Tuttavia i tassi sui depositi delle S&L non offrivano più tassi competitivi rispetto ai fondi monetari; le istituzioni avevano molto denaro impegnato in mutui a lungo termine e a tasso fisso, e con il tasso del denaro che saliva, erano costretti a far fronte alle richieste dei depositari.
Dott. Marco Degiorgis – Life Planner / Consulente indipendente per la gestione dei patrimoni familiari, Studio Degiorgis
Basilea 3: ecco le nuove regole per il sistema bancario. Come incideranno sulle imprese?
Qual è il rischio che corrono le banche? Che nei momenti critici chi ha ricevuto soldi in prestito non sia in grado di restituirli e la banca a sua volta non riesce a fare altrettanto con quanti le hanno affidato il proprio denaro. Una situazione del genere porterebbe al fallimento facendo perdere ai risparmiatori i soldi investiti. Oppure dovrebbe scendere in campo lo stato, iniettando denaro negli istituti di credito, nella speranza di riuscire a chiudere la falla. Ecco, Basilea 3 vuole essere un tentativo di evitare simili situazioni pericolose.
In realtà, esiste già l’obbligo per le banche di mantenere una quota di capitale come riserva. Evidentemente però questa riserva è risultata essere tesoretto troppo esiguo, visto che alla prova dell’ultima crisi, per più di un istituto si è rivelato insufficiente. Da qui l’esigenza dell’accordo, voluto dalle banche centrali, che imponga requisiti patrimoniali più severi per le banche, a cominciare da un rafforzamento della quota di capitale usata come riserva.
Il pacchetto dei nuovi provvedimenti approvati con l’accordo Basilea 3 fissa diverse regole che gli istituti bancari dovranno rispettare. la regola più importante è certamente quella del 7%. Vale a dire la nuova soglia sotto la quale è vietato andare. Le banche il cui capitale dovesse scendere nella zona cosiddetta di sicurezza andrebbero infatti incontro a restrizioni sui pagamenti dei dividendi e dei bonus discrezionali.
Tutto quanto Basilea 3 sarà in grado di fare per l’integrità delle banche, è certamente cosa buona e giusta. Ma quale potrebbe essere il pericolo nascosto dietro questo accordo? il rischio potrebbe essere che una tale rigidità del sistema bancario vada a limitare i flussi creditizi destinati all’economia reale, ostacolando quindi flussi di finanziamento dal sistema bancario a famiglie ma soprattutto alle imprese (specialmente le piccole).
Per scongiurare ciò, Rete Impresa Italia, auspica che banche, associazioni di impresa e consorzi fidi costruiscano un più stretto rapporto di collaborazione che consenta ai piccoli imprenditori di trovare in banca gli stessi criteri, semplici e rigorosi, applicati dai consorzi fidi che, grazie all’approfondita conoscenza della realtà produttiva, valutano la reale affidabilità degli imprenditori. Cosa che ha consentito loro di ottenere ottimi risultati sul piano della solvibilità delle imprese. Soprattutto adesso che serve sostenere la ripresa e gli imprenditori chiedono finanziamenti per investire e produrre, le imprese dovrebbero ritrovare negli istituti di credito la necessaria fiducia e non degli ostacoli per l’accesso al credito.
Allora, aspettando l’attuazione dei nuovi provvedimenti derivanti da Basilea 3 che verranno gradualmente introdotti dal 2013, speriamo che la crisi economica venga superata quanto prima, che le banche tornino ad essere solide, e speriamo che vi sia una reale collaborazione tra gli attori del credito al fine di favorire la liquidità necessaria alle imprese. Specialmente le piccole, il vero cuore produttivo del Paese.