Imprese italiane in tempo di crisi

È interessante notare come le imprese italiane negli anni della crisi si muovano in maniera prevedibile e, purtroppo, poco brillante, anche se con qualche sorpresa. Lo certifica anche l’Annuario statistico dell’Istat, che scatta una fotografia impietosa delle dinamiche di natalità e mortalità delle imprese italiane in uno degli anni più neri della crisi, il 2011.

Secondo l’Istat, le imprese italiane nate nel 2011 sono state circa 265mila, 389 in meno rispetto al 2010. Il tasso di natalità si attestava al 6,7%, il più basso registrato negli ultimi sei anni insieme a quello dell’anno precedente, mentre il tasso di mortalità era all’8%.

In questo conteggio, però, erano comprese tanto quelle individuali, quanto i lavoratori autonomi e i liberi professionisti, quanto le imprese italiane con dipendenti; queste ultime erano poco meno di 133.500, ma con la loro dinamica demografica era sorprendentemente positiva: il tasso di natalità era del 9,1%, mentre il tasso di mortalità si attestava all’8,4%.

Delle imprese italiane nate nel 2010, a fine 2011 l’83,1% era ancora attivo (ma nel 2010 erano l’85,8%). Erano di più nell’industria (88,4%), meno nel settore degli altri servizi (80,6%) e delle costruzioni (79,9%).

A tal proposito, l’Istat ricorda come quello delle costruzioni sia stato il settore produttivo con la dinamica demografica più negativa, con un alto tasso di natalità accompagnato a un altissimo tasso di mortalità. Tassi alti che, sottolinea l’Istat, si rilevano soprattutto tra le imprese italiane del Sud e delle Isole.

L’Istat si sofferma poi sulle cosiddette imprese “high-growth”, le imprese italiane con un alto tasso di crescita; imprese che nascono con almeno 10 dipendenti e, in tre anni consecutivi, fanno registrare una crescita media annua in termini di dipendenti e/o di fatturato superiore al 20%.

Ebbene, secondo l’Istat la percentuale delle imprese high-growth sul totale delle imprese italiane è calato, rispetto al 2010, dello 0,1%. Dato incoraggiante: la percentuale più alta di imprese high-growth è nel Sud e nelle Isole (rispettivamente 3,3% e 3).

Srl con 1 euro? Sì, ma…

Comincia questa settimana un viaggio di Infoiva all’interno della “Srls semplificata“, ovvero quella nuova forma societaria in vigore dal 29 agosto scorso che consente ai giovani imprenditori di creare la propria società con un capitale sociale minimo di 1 euro (leggi qui come funziona)

In un periodo difficile per l’economia come è quello attuale, ogni iniziativa che può stimolare la nascita di nuove attività imprenditoriali va sostenuta, migliorata (se necessario), adottata nel modo più utile possibile alla causa. L’importante, però, è che, una volta nate, le nuove imprese non siano lasciate sole in balia del mercato, dell’inesperienza, della globalizzazione. Sarebbe come per mamma aquila lanciare il pulcino fuori dal nido prima che questo abbia imparato a volare.

Fuor di metafora, va bene scavalcare lungaggini e burocrazia, va bene semplificare le procedure e adeguare gli investimenti iniziali alle tasche di chi, ora come ora, le ha poco meno che vuote, però un’idea intelligente non può non essere accompagnata da delle serie politiche di sostegno che vanno dalla riduzione del cuneo fiscale per le imprese, alla detassazione dei salari di produttività e molto altro ancora. Tutte cose che il governo sa bene ma che, nonostante la sua aura “tecnica”, non ha la voglia o il coraggio di mettere in pratica.

Insomma, chi resta solo nasce, vive poco e muore. Lo sanno anche alla Camera di commercio di Monza e Brianza, una delle camere di commercio che in questo momento riguardo alla Srls, è più “sul pezzo” e che mette in campo strumenti ulteriori a sostegno dell’imprenditoria giovanile, come ci conferma il suo segretario generale Renato Mattioni.

Leggi l’intervista al segretario generale della Camera di commercio di Monza e Brianza, Renato Mattioni

Srls: largo ai giovani, ma sosteniamoli

di Davide PASSONI

Negli ultimi giorni si è fatto un gran parlare della cosiddetta “Srl semplificata”, ribattezzata per comodità giornalistica “Srl con 1 euro”. Un nuovo modello societario del quale, su Infoiva, abbiamo già illustrato le caratteristiche (vi rimandiamo a questo post) e sul quale vogliamo puntare i riflettori per il nostro focus settimanale.

La peculiarità della Srl semplificata (o Srls) è proprio quella di poter essere aperta versando un capitale sociale minimo di 1 euro. Uno strumento pensato per saltare le pastoie della burocrazia e incentivare l’imprenditoria giovanile (può essere costituita solo da persone fisiche under 35), che sta trovando un’accoglienza tiepida, forse perché ancora poco conosciuto.

Andando sul territorio, si scopre che, a oggi, in tutta Italia si contano oltre 200 Srls, di cui 16 nella “capitale economica” Milano. Restando in Lombardia, abbiamo voluto capire come viene vista questa nuova forma societaria in un’area ad alta concentrazione di imprese come la Brianza. A Infoiva parla Renato Mattioni, Segretario generale della Camera di commercio di Monza e Brianza.

Srl semplificata: pensate sia una buona soluzione per incentivare l’imprenditoria in un momento così difficile?
Con la crisi, i giovani sono particolarmente colpiti al momento dell’ingresso sul mercato del lavoro. Ecco perché un’iniziativa a loro mirata come questa può rappresentare un’opportunità concreta di inserimento professionale. In questo particolare momento è necessario un impegno da parte delle istituzioni per dare risposte su questi temi e la Srl semplificata può incentivare lo sviluppo dell’autoimprenditorialità giovanile. Ma non basta far nascere le imprese, perché il rischio è che chiudano in breve tempo. Dobbiamo fare in modo, attraverso attività di accompagnamento, fino al sostegno economico, di far fronte a questo dinamismo incoraggiante dei giovani.

Come Camera di Commercio avete pensato a delle iniziative per favorire questo tipo di impresa?
In questi giorni siamo attenti attraverso un monitoraggio continuativo del fenomeno, per cogliere la risposta dei giovani imprenditori al provvedimento. Siamo impegnati attraverso un orientamento costante e seguendo i singoli neoimprenditori nelle loro richieste e attraverso il Punto Nuova Impresa presso la Camera di commercio, che rappresenta un riferimento per chi ha un’idea imprenditoriale  e cerchi di proporsi per la prima volta sul mercato.

Visto che queste imprese saranno aperte da giovani, come favorisce la vostra Camera di Commercio l’imprenditoria giovanile?
Punto Nuova Impresa e i corsi che proponiamo con continuità con l’azienda speciale Formaper rappresentano un orientamento per i neo imprenditori, un aiuto effettivo per creare su basi più solide la propria impresa.

Negli auspici di chi ha ideato la Srls c’è quello che le imprese ricomincino a nascere: ma come siamo messi in termini di natalità/mortalità delle imprese sul territorio lombardo?
Negli ultimi tre mesi abbiamo avuto 15mila iscrizioni in Lombardia contro circa 10mila cessazioni. Quasi un terzo delle iscrizioni sono imprese giovanili. Sono quasi 100mila le imprese registrate e gestite da persone con meno di 35 anni in Lombardia. Una presenza centrale come contributo all’economia, con circa un’impresa su dieci, e per il futuro del nostro territorio.

2012, la moria delle imprese. Fermiamo la strage

di Davide SCHIOPPA

Fermiamo la strage. I dati messi in fila dalla Cgia di Mestre sulla mortalità delle imprese italiane in questo momento difficile sono tutt’altro che incoraggianti. Secondo l’associazione mestrina, in Italia muoiono oltre 1.600 imprese ogni giorno. 66 e rotti ogni ora, più di una al minuto, diciamo noi. Nei primi tre mesi del 2012, infatti, sono cessate 146.368 imprese, a voler essere precisi 1.626 al giorno.

Se la differenza tra le nuove iscrizioni alla Camera di commercio e le cessazioni nel periodo gennaio-marzo 2012 è stato negativo (-26.090), quello che preoccupa la Cgia non è tanto questo segno meno (storicamente, infatti, il primo trimestre di ogni anno presenta quasi sempre un valore negativo) quanto il fatto che ad iscriversi sono aziende che hanno dimensioni occupazionali minori di quelle che abbassano la saracinesca.

Rispetto al primo trimestre 2011 la situazione della nati-mortalità delle imprese italiane è comunque peggiorata. Se le cessazioni erano state più contenute di quest’anno (134.909), il saldo presentava però un dato meno negativo di quello del 2012: -9.638. Una differenza che, secondo la Cgia, è riconducibile alla classe dimensionale riferita alle partita Iva senza dipendenti: se quest’anno, per questo comparto, la differenza tra la natalità e la mortalità è stata di +3.987, l’anno scorso aveva superato le 19mila unità (+19.369).

Se tra le aziende fino a un addetto c’è una evidente supremazia dei neoimprenditori – sottolinea Giuseppe Bortolussi, segretario della Cgia di Mestrequello che preoccupa è che nelle classi dimensionali superiori il saldo è sempre negativo. Insomma, se a chiudere sono le imprese più strutturate che solo in parte vengono rimpiazzate con altre aventi livelli dimensionali più contenuti, ciò comporta un evidente aumento dei senza lavoro“.

Come fare per fermare la mattanza? Inutile nasconderlo, molto spesso un’impresa cessa per la leggerezza imprenditoriale da parte di chi l’ha creata: business plan sbagliati, errata conoscenza del mercato, scarsa vena imprenditoriale, metteteci quello che volete… Il più delle volte, però, a decretare la morte dell’impresa è chi l’impresa la dovrebbe tutelare, a partire dalla Costituzione: lo Stato. Ditelo a tutti coloro che hanno dovuto chiudere e mandare a casa gente perché hanno lavorato più per pagare le tasse che per creare ricchezza per gli altri e per sé. Ditelo a tutti coloro che hanno ricevuto cartelle esattoriali a 4 zeri per sviste o mancati versamenti di poche decine di euro. Ditelo a tutti coloro che si sono trovati vincoli paradossali per assumere persone e veti e giudici che hanno loro impedito di privarsi dei dipendenti poco onesti.

Perché, non nascondiamoci: l’Italia non cresce da ben prima della crisi, lo spread e la Merkel sono solo i capri espiatori per chi ha mentito sapendo di mentire. Al Paese, alle imprese, ai cittadini. E anche se ora siamo qui a contare i “morti”, non smettiamo di invocare politiche fiscali e occupazionali capaci di dare agli imprenditori una ragione per continuare a credere che fare impresa sia una delle attività più belle, alte e gratificanti per l’uomo che si sente di dare qualcosa. Se uccidete le imprese, vi preghiamo, non uccidete anche la speranza.