Il regalo di Natale 2015 si compra online

Se Babbo Natale utilizza ancora slitta e renne per consegnare i regali, per questo Natale 2015 gli italiani scelgono sempre più spesso l’e-commerce. Una tendenza testimoniata anche dai numeri elaborati dall’Osservatorio Digital Innovation del Politecnico di Milano, secondo i quali tra novembre e dicembre saranno spesi online per i regali di Natale 2015 oltre 3,5 miliardi di euro – pari a più del 20% del transato online annuale -, +16% rispetto allo scorso anno, per un totale di 27 milioni di ordini.

Del resto, questa tendenza relativa al Natale 2015 è stata anticipata e confermata dai risultati che lo shopping online ha fatto registrare durante le giornate del Black Friday e del Cyber Monday, durante le quali alcuni operatori hanno totalizzato più del 5% del totale del proprio fatturato online.

Va da sé che in Italia, appassionati di tecnologia come siamo, sia in quei due giorni sia per quanto riguarda il totale dello shopping online per in Natale 2015, la parte del leone la fanno i prodotti tecnologici ma, sempre secondo le rilevazioni dell’Osservatorio Digital Innovation del Politecnico di Milano, si difendono bene abbigliamento e accessori, cosmetici, giocattoli, libri e l’enogastronomia.

Gli acquisti online per il Natale 2015 rappresentano comunque la chiusura con il botto per un anno che ha visto gli italiani prendere sempre maggior confidenza con l’e-commerce, come testimonia anche una ricerca sull’argomento condotta da Netcomm, il Consorzio del Commercio Elettronico Italiano, in collaborazione con Human Highway.

In questa ricerca, relativa ottobre, novembre e dicembre 2015 e molto focalizzata sugli acquisti online per il Natale 2015, è stata analizzata la propensione all’acquisto online di un campione di uomini e donne maggiorenni, rappresentativi della popolazione italiana e distribuiti su tutta la Penisola, che si connette a internet almeno una volta alla settimana.

I dati di Netcomm dicono che nel 2015 saranno 9 milioni le persone che decideranno di comprare online almeno un regalo per il Natale 2015 contro i 7,4 dello scorso anno: +22%. Un dato che si inserisce all’interno di un trend consolidato, che vede in crescita anche il numero di coloro i quali, quest’anno, sceglieranno l’online come canale esclusivo o principale per gli acquisti natalizi: dai 580mila del 2012 a 1,5 milioni del 2015.

Se poi, a questi dati, si uniscono quelli relativi a coloro i quali faranno più o meno acquisti online per il Natale 2015, si vede come nel complesso, anche se ancora per piccoli volumi, una certa cultura dell’acquisto digitale si è fatta strada anche in Italia. È infatti pari al 34% il numero di persone che pensa di fare più acquisti online rispetto al 2014, mentre scende del 15,9% la percentuale di chi pensa di farne di meno. Tanto che Netcomm stima in 3,1 miliardi di euro (di cui 1,8 relativi a prodotti fisici e non a servizi) il totale degli acquisti online effettuati dagli italiani nei 45 giorni prima del Natale 2015. Bianco Natal, cyber Natal…

Una carta per salvaguardare il Made in Italy

Anche se l’operazione Spiagge Sicure è partita e promette sanzioni sempre più rigide e punitive, non sembra essere sufficiente per contrastare la contraffazione, poiché c’è chi, complice la spensieratezza della vacanza e le bancarelle che offrono di tutto a prezzi stracciati, non rinuncia ad acquistare un oggetto di marca, pur sapendo che è falso.
Ma, in numerosi casi, c’è la consapevolezza che i capi griffati sono sempre più costosi e, quindi, assolutamente inaccessibili, e quindi ci si accontenta del tarocco.

Questo è il trend tuttora esistente, non solo sulle spiagge ma anche sul web, che sembra davvero inarrestabile e acerrimo nemico del Made in Italy.

Per difendere, quasi a spada tratta, l’originalità dei prodotti italiani e dei loro marchi, è stata presentata Carta Italia, frutto di un accordo firmato dagli operatori del commercio elettronico, Indicam e Netcomm, insieme con il ministero dello Sviluppo economico.
Obiettivo comune di questa importante intesa è quello di identificare i prodotti contraffatti prima delle messa online, mentre i siti che aderiranno al protocollo riceveranno un bollino di garanzia, ovvero il sigillo Netcomm.

Mauro Peserico, presidente di Indicam, che riunisce oltre 150 piattaforme e siti e-commerce, ha dichiarato: “Naturalmente non significa che chi non avrà il bollino vende prodotti contraffatti. Ma averlo sarà una garanzia in più per il consumatore, per questo l’obiettivo è divulgare questo protocollo a partire dai big dell’e-commerce come eBay”.

Ad essere tutelato non è solo il Made in Italy, ma anche i consumatori, che così avranno maggior certezza di aver acquistato un oggetto originale.
Si riuscirà, con questa operazione, ad abbattere la piaga della contraffazione? Sicuramente è un buon passo avanti, anche se, ad oggi, si tratta di un colosso ben saldo, anche perché ci sono intere attività che basano la loro fortuna proprio sulla riproduzione di falsi, che poi vengono venduti in tutto il mondo, minando la nostra reputazione, soprattutto in Cina.

Ma non tutto ciò che arriva dall’e-commerce è malsano, come ha confermato Roberto Liscia, numero uno di Netcomm: “Nell’ordine del 15% quest’anno per raggiungere 15 miliardi di euro di fatturato solo in Italia”.

Vera MORETTI

Imprese italiane sempre più verso l’e-commerce

Le imprese italiane stanno adottando sempre più frequentemente il canale dell’e-commerce per vendere i loro prodotti.
I dati, a questo proposito, testimoniano questo trend, poiché ogni anno si registra una crescita a due cifre., e un fatturato che si aggira attorno a 11,3 miliardi di euro.

Fanno da traino a questa tendenza anche la diffusione degli smartphone, attraverso i quali è possibile fare acquisti, senza necessariamente utilizzare il pc.
A questo proposito, sembra che le vendite online via smartphone registreranno a fine 2013 un incremento pari a +255% (per 500 milioni, ossia il 15% delle vendite online).

Questi risultati arrivano dal rapporto annuale dell’Osservatorio e-Commerce B2c della School of Management del Politecnico di Milano, in collaborazione con il consorzio Netcomm.

Alessandro Perego, responsabile scientifico dell’Osservatorio, ha dichiarato che sono molti i segnali che “dimostrano il crescente interesse del mondo Retail tradizionale e anche dei produttori per lo sviluppo del canale dell’e-Commerce ma ci sono ancora alcuni ostacoli, di tipo culturale oltre che logistico e organizzativo, che impediscono un decollo vero e proprio, con tassi di crescita a 3 cifre”.

In aumento è anche la percentuale degli stranieri che acquistano collegandosi a siti italiani, giunta ad oggi a +28% rispetto al 2012, superando la quota dei 2 miliardi di euro.

I settori che più interessano l’export sono il turismo (55%) e l’abbigliamento (32%).
L’Import è invece cresciuto del +13% raggiungendo quota 3,45 miliardi di euro, e a fare da traino sono soprattutto i servizi di biglietteria per i trasporti.
In generale gli Italiani, tra siti italiani ed esteri, oggi comprano più che nel 2012 (+15%), portando il fatturato dagli 11 miliardi di euro del 2012 agli oltre 12,6 miliardi.

Oltre a turismo ed abbigliamento, anche il settore dell’informatica ed elettronica va molto bene online, tanto da registrare una crescita del 20%, per un fatturato di 1,2 miliardi.

Non si può dire altrettanto invece i prodotti del settore Retail, la cui percentuale di vendite sul totale si assesta al 3%, che necessita ancora di una spinta: in questo senso può contribuire il moltiplicarsi di soluzioni ad hoc.

Vera MORETTI

Il Decreto Crescita 2.0 delude le pmi

Mancano poche settimane alla pubblicazione del Decreto Crescita 2.0, chiamato anche DL Sviluppo Bis, ma già sono emerse alcune perplessità.

Le maggiori riguardano la quasi totale assenza di provvedimenti che riguardino le pmi, se si escludono Confidi e reti d’impresa.
La delusione, per i diretti interessati, è cocente, considerando che le aspettative nei confronti del decreto erano molte. Crescita 2.0, infatti, avrebbe dovuto essere il motore per la realizzazione della metamorfosi digitale italiana e non solo delle famiglie e della pubblica amministrazione, ma anche delle imprese.

A questo proposito, Andrea Rangone, a capo degli a capo degli Osservatori ICT del Politecnico di Milano, ha dichiarato: “Il governo ha scelto di concentrarsi sulla dimensione della pubblica amministrazione. Che è importante. Ma ha dimenticato gli incentivi all’innovazione delle nostre aziende. In particolare le PMI ne avrebbero bisogno. Non ci sono contributi né incentivi fiscali per la loro innovazione digitale. Non ci sono riferimenti all’e-commerce, l’e-procurement, la fattura elettronica“.

Un cambiamento radicale sarebbe servito, per dare la scossa ad un mercato, quello digitale, ancora esiguo in Italia, specialmente per numero di pmi che vendono online, ancora ferme al 3,8% del totale, percentuale che non viene superata dalla sola Bulgaria.

L’e-commerce è stato fortemente penalizzato perché, a differenza della bozza iniziale, dal decreto sono scomparse le agevolazioni fiscali per i contratti di rete, e la detassazione ricavi da attività di commercio elettronico internazionale delle medie imprese.

Roberto Liscia, presidente di Netcomm, il consorzio del commercio elettronico, ha commentato: “E’ molto grave che il decreto abbia sottovalutato l’importanza dell’e-commerce. Servono incentivi per spingere le nostre aziende a vendere online. Il dato che più evidenzia il problema è forse questo: la nostra bilancia commerciale, nell’e-commerce, è negativa per 1,3 miliardi. Cioè importiamo online molto di più di quanto esportiamo, in contrasto con la vocazione del nostro manifatturiero, molto votato all’export“.

L’Osservatorio sull’Agenda Digitale del Politecnico di Milano ha a questo proposito fornito tre consigli chiave:

  • la PA sia esempio di e-commerce, attraverso la spinta all’e-procurement e alla Fatturazione Elettronica;
  • incentivi all’e-commerce B2b (es.: sgravi fiscali), inteso come digitalizzazione dei processi commerciali tra imprese, giustificati dai rilevanti ritorni su questi investimenti e potenzialmente finanziabili anche attraverso la lotta all’evasione fiscale, che potrebbe essere favorita proprio dalla diffusione di queste pratiche.
  • investire in formazione, affinché le aziende che si affacciano al mondo dell’e-commerce lo possano fare con la consapevolezza necessaria, comprendendo fino in fondo le implicazioni organizzative che riguardano l’implementazione e la gestione di una soluzione di e-commerce.

Ma dal Governo rispondono che nessuno si è dimenticato delle pmi.
Ad assicurarlo è stato Giuseppe Tripoli, garante delle pmi e responsabile e-commerce per i lavori sull’Agenda Digitale, presso il ministero allo Sviluppo Economico, il quale ricorda come nel Crescita 2.0 ci siano misure per facilitare l’accesso al credito bancario, e l’export di piccole aziende. Inoltre sono stati estesi i contratti di rete tra le imprese agricole, per favorirne l‘aggregazione.

Per quanto riguarda le start-up, il decreto prevede norme ed incentivi, mentre sono scomparse le liquidità che sembrava sarebbero state messe a disposizione.
Ma a questo proposito, dal ministero dello Sviluppo Economico, fanno sapere che verranno aumentate, tramite Cassa Depositi e Prestiti, le risorse a disposizione del Fondo italiano di investimento a favore del venture capital, per una somma compresa tra 50 e 100 milioni di euro.

In dirittura d’arrivo, invece, dovrebbe essere la fattura elettronica, che dovrà essere adottata da ministeri, agenzie fiscali ed enti nazionali di previdenza e assistenza sociale entro 12 mesi, mentre le altre amministrazioni, dalle quali sono escluse quelle locali, dovranno adeguarvisi entro 24 mesi.

Questa manovra dovrebbe portare ad un risparmio di un miliardo di euro per la PA e di un altro miliardo per le aziende fornitrici, secondo stime del Politecnico. Il tutto fungerà inoltre da sprone per le aziende a informatizzarsi.

Vera MORETTI

Piccole imprese, l’e-commerce per crescere

di Davide PASSONI

Crisi, crisi, crisi. C’è, è inutile negarlo, e per le piccole imprese italiane è ancora più dura. Ma piangersi addosso non serve, gli strumenti per combatterla ci sono, specialmente se si guarda alle potenzialità del digital e dell’e-commerce in particolare.

Se n’è parlato al recente E-commerce Forum di Milano dove tanti esperti del settore si sono trovati d’accordo su un punto base: è necessario che le piccole imprese siano attive nell’e-commerce, altrimenti l’economia non cresce.

Un’operazione non facile, visto che spesso mancano tempo e cultura, oltre alla possibilità di investire in una logistica nuova e in un nuovo modello di business. Siamo ancora indietro rispetto a Paesi europei come la Germania, dove la penetrazione dell’e-commerce sia verso il consumatore che da parte delle imprese è molto più alta della nostra. Eppure il passaggio alla digitalizzazione dell’esperienza di vendita può essere vincente, a costi relativamente contenuti e necessario. Nei prossimi 5 anni l’80% dei clienti del made in italy verrà da fuori Usa ed Europa: la necessità di aggredire i mercati con l’e-commerce c’è ed è forte. In Italia, Netcomm, il consorzio del commercio elettronico italiano, sta portando avanti questo messaggio da tempo, come testimonia il suo presidente, Roberto Liscia.

Che ruolo può giocare Netcomm in un periodo così difficile per aiutare le aziende italiane a spingere sull’acceleratore dell’e-commerce?
Netcomm oggi si muove su tre direzioni fondamantali. La prima: definire nuove regole legislative e iniziative con il governo per supportare a livello finanziario lo svliuppo dell’e-commerce per le piccole imprese e il finanziamento all’export. La seconda: abbiamo sviluppato un sigillo che consente alle imprese che entrano in Netcomm di avere una certificazione di qualità che dia fiducia al cliente. La terza: abbiamo creato una società, Netcomm Services, che ha lo scopo di mettere tutte le competenze presenti in Netcomm a disposizione delle piccole imprese per il loro processo di trasformazione digitale. Sono tre ambiti che riteniamo fondamentali per aiutare le piccole imprese a maturare nel campo dell’e-commerce.

Il governo ha orecchie e voglia di ascoltare queste istanze?
Sì, ma ha poche leve finanziarie per poter intervenire in modo rapido.

Ce la facciamo, come Italia, a uscire da questo momentaccio anche con l’e-commerce?
Dobbiamo, non ci sono alternative. L’economia italiana è fatta dalle piccole imprese, il mercato interno non drena, quello che drena è il mercato internazionale che non può essere accessibile alle piccole imprese con i canali di vecchia maniera. Devono per forza pensare di aggredire i potenziali 500 milioni di clienti nel mondo attraverso l’e-commerce. In questo senso, stiamo anche lavorando con la Cina e Union Pay per sviluppare dei flussi di commercio online con quel Paese, dove ci sono 153 milioni di potenziali consumatori per i prodotti del nostro made in Italy.

Un messaggio di ottimismo a chi opera in questo campo?
L’e-commerce a livello planetario cresce, in Italia cresce del 20%, i clienti a livello globale sono potenzialmente 1,5 miliardi, dei quali comprano in 500 milioni ma connessi alla rete sono appunto 1,5 miliardi: le piccole imprese devono sapere rischiare, organizzarsi per conquistare questo potenziale straordinario di clienti, innescando crescita per sé e per tutta l’economia.

Amazon Italia vende in conto terzi

Amazon offre visibilità, credibilità e logistica alle imprese italiane che  vogliano vendere i propri prodotti sulla sua piattaforma, in concorrenza con eBay, altro gigante mondiale dell’e-commerce.

Al nuovo servizio di Amazon si accede con unabbonamento mensile di 39 euro, e si può caricare il proprio inventario sia sul sito italiano, che su quello di altri Paesi europei.
Amazon trattiene il 15% del prezzo di vendita su cd, dvd e libri e il 7% sugli altri articoli.

Decine di milioni di persone consultano mensilmente Amazon per acquistare principalmente libri e molti altri generi di prodotti, usufruendo di una serie di servizi alcliente del più alto livello.
Tra questi, la modalità d’acquisto “1-Click” che rende l’esperienza di acquisto estremamente facile.

Amazon ha lanciato nel novembre scorso il sito con il suffisso .it e nei primi mesi di questo 2011 ha aperto una filiale in Italia, con una politica commerciale molto aggressiva.

Secondo gli ultimi dati di Netcomm, nel 2010 in Italia l’e-commerce ha fratturato 6,5 miliardi di euro, contro i 182 miliardi degli Usa.
Per la prima volta la Penisola ha superato l”1% del totale del retail, che si confronta con il 10% del Regno Unito, il 7% della Germania, il 5% della Francia. E’ pari al 12% il numero di italiani che ha fatto almeno un acquisto in rete, contro il 42% della media europea.