Partite Iva: le norme mettono a rischio posti di lavoro

Le nuove norme che disciplinano le partita Iva, contenute nella riforma del lavoro che si appresta a iniziare il suo iter parlamentare, mettono a rischio molti posti di lavoro. E’ quanto sottolinea la Fondazione Studi dei consulenti del lavoro, che analizza gli effetti e i profili di criticità del ddl sulla riforma del mercato del lavoro, con la circolare n.6 del 2012. Si tratta di primo un esame tecnico giuridico, disponibile integralmente sul sito consulentidellavoro.it, che interessa soprattutto il lavoro a progetto e il lavoro autonomo.

Nel mirino dei consulenti, i tre requisiti che, secondo le nuove regole, fanno scattare per le partite Iva, il presupposto di lavoro subordinato: monocommittenza, durata della prestazione superiore a 6 mesi in un anno e il fatto che il collaboratore disponga di una postazione di lavoro presso una delel sedi del committente. “Qualora ricorrano -spiega la circolare- anche soltanto due dei tre presupposti indicati, opera dunque la presunzione del regime di parasubordinazione del rapporto”.

La conversione avviene automaticamente, “salvo che sia fornita la prova contraria da parte del committente”. Per i consulenti “la scelta, evidentemente discutibile, conferma l’approccio alla materia che nell’ambito del condivisibile obiettivo di perseguire le violazioni delle tutele in materia di lavoro, ritiene in maniera aprioristica in senso negativo qualsiasi rapporto di lavoro diverso dal ‘tempo pieno e indeterminato'”.

“Il problema è che da un approccio sbagliato, la correzione possa riverlarsi dannosa perlomeno quanto il vizio che si vorrebbe correggere”, aggiungono gli esperti della Fondazione Studi dei consulenti del lavoro.

E questo potrebbe comportare (come “ipotesi non affatto remota”, spiegano ancora) “l’effetto perverso negativo per l’occupazione, con la perdita di centinaia di migliaia di posti di lavoro, scaturente dal timore di conversioni forzose e dei costi, ingiustificati quanto una conversione ex lege avulsa dalle modalità di attuazione effettiva del rapporto di lavoro, che ne conseguirebbero”.

Fonte: adnkronos.com

Compensazioni IVA orizzontale e verticale: le nuove norme

Dal 1° gennaio 2010 sono state modificate le regole sulle compensazioni IVA tramite l’utilizzo di crediti annuali e trimestrali così da osteggiarne gli abusi: riguardano soltanto la cosiddetta compensazione orizzontale o esterna, e non anche la compensazione verticale o interna (la compensazione dei crediti di cui sopra con l’IVA dovuta a titolo di acconto, di saldo o di versamento periodico).

Richiedere una compensazione significa rivolgersi al Fisco per un rimborso sul credito risultante dalla dichiarazione annuale dell’IVA ma essa può non comprendere tale dichiarazione in quella unificata e invece presentarla in forma autonoma dal 1° febbraio al 30 settembre di ogni anno.

Ciò non esclude che si continui a presentare la dichiarazione annuale IVA all’interno del modello UNICO, in tal caso, però, prima di poter utilizzare in compensazione crediti IVA superiori a 10.000 euro c’è l’obbligo di attendere la presentazione della stessa dichiarazione.

Per importi superiori a 15.000 euro annui, i contribuenti hanno l’obbligo di richiedere l’apposizione del visto di conformità da parte dei soggetti abilitati oppure far sottoscrivere la dichiarazione dai revisiori, relativamente ai contribuenti per i quali è esercitato il controllo contabile, mentre per i crediti IVA di importo pari o inferiore a 10.000 euro continua ad applicarsi la vecchia disciplina.

Le nuove normative riguardano proprio queste compensazioni: che siano annuali o di un periodo di tempo inferiore, rispetto agli importi superiori a 10.000 euro annui, possono essere effettuati a partire dal giorno sedici del mese successivo a quello di presentazione della dichiarazione o dell’istanza da cui il credito emerge.

Per la trasmissione bisogna utilizzare i modelli F24 edesclusivamente i servizi telematici dell’Agenzia delle entrate.

Paola Perfetti