Olio italiano alla prova della qualità

I Paesi arabi hanno il petrolio, noi abbiamo l’ olio italiano. Un’eccellenza del nostro agroalimentare, l’ olio italiano extravergine d’oliva, che nel 40% dei casi è qualitativamente superiore rispetto al resto della produzione nazionale.

Il dato è stato elaborato dal primo PIQ, Prodotto interno qualità sulla filiera oleicola, realizzato da Fondazione Symbola e CREA in collaborazione con Coldiretti e Unaprol e presentato nel padiglione Coldiretti a Expo 2015 nei giorni scorsi.

Il rapporto è stato presentato nel corso del convegno “L’ olio italiano e la sfida della qualità – Il PIQ della filiera oleica: per identificare, misurare, difendere” e ha mostrato come, per misurare la qualità della filiera dell’ olio italiano, Symbola e CREA hanno messo insieme 102 indicatori a formare il più completo set informativo sulle diverse fasi produttive dell’olio.

Secondo il rapporto, al momento il mercato dell’ olio italiano è polarizzato: da una parte le imprese che scelgono la qualità, dall’altra quelle che tagliano sulla qualità puntando alla quantità. La produzione di qualità si ferma dunque al 39,2%, quella di basso livello tocca il 60,5% di quella nazionale.

Inoltre, nonostante l’ olio italiano copra da solo il 20% della produzione comunitaria, nel 2014 l’olio importato è aumentato del 38% in quantità e sono aumentati i sequestri di olii e grassi da parte dei Carabinieri dei Nas: +483% dal 2007 al 2014.

Di qualità – dicono Symbola e CREA – non significa solo qualità organolettica, ma soprattutto frutto di una filiera che, in tutti i suoi passaggi, dalla terra, alla molitura, alla distribuzione, riserva le giuste attenzioni verso l’ambiente, il capitale umano, la gestione delle risorse e dei rifiuti, che riduce i fitofarmaci, adotta certificazioni, rispetta i parametri di qualità salutistica”.

A Expo una bottiglia per l’ olio di oliva italiano

Una delle eccellenze dell’agroalimentare italiano, l’ olio di oliva, sarà al centro dell’attenzione a Expo 2015. Un cammino di avvicinamento all’imminente Esposizione Universale che ha visto, il 20 aprile, un evento d’eccezione dedicato proprio all’ olio di oliva e al design con la premiazione dei partecipanti al concorso “Solo olive italiane, una bottiglia per Expo”, i quali hanno ideato e progettato una bottiglia che comunica i valori dell’olio extravergine di oliva 100% made in Italy.

Al concorso hanno partecipato gli studenti dei master in Brand management e comunicazione (scuola Ied Comunicazione) e Product design (scuola Ied Design). Alla fine l’ha spuntata il progetto Flow, presentato da un gruppo di lavoro composto dalla designer Damla Teoman – master in Product Design (scuola Ied Design) e da Duangporn Saenghiranwathana e Ivy Aning – master in Brand management e comunicazione (scuola Ied Comunicazione).

Il progetto vincitore sarà presentato nell’ambito di Expo 2015, durante il quale sarà al centro di un convegno Istituzionale sull’ olio di oliva. Del resto, il concorso dal quale è nato Flow si inserisce nel contesto della campagna “Solo olive italiane”, promossa nel 2013 da Symbola–Fondazione per le qualità italiane e Unaprol, l’Associazione dei produttori d’olio Italiano, nata per promuovere l’eccellenza dell’ olio di oliva made in Italy.

Anche per il 2015 la campagna sottolineerà i valori di tradizione, territorio, gusto e salute che porta con sé l’olio extravergine di oliva, della cui produzione l’Italia è tra i principali attori a livello mondiale. Simbolo della campagna 2015 è proprio la bottiglia in vetro, che rende “visibile” l’impegno del mondo italiano dell’ olio di oliva in tema di qualità e tracciabilità del prodotto.

Caratteristiche riscontrabili nel progetto vincitore del concorso che, a detta della giuria, “comunica in modo completo tutti i valori dell’ olio di oliva, presentando una forma assolutamente originale, nuova, mai vista. Le caratteristiche che hanno convinto la giuria sono la sua estrema adattabilità alla linea produttiva e la sua scalabilità in caso dovessero essere realizzati altri formati”.

L’ olio di oliva italiano tiene ma soffre

L’ olio di oliva italiano è l’oro verde del nostro agroalimentare, in tutti i sensi. Il 2014 si è infatti chiuso con un export di olio di oliva superiore alla 400mila tonnellate, cifra che ha confermato la leadership del nostro settore oleario.

Per la precisione, secondo i calcoli di Assitol, l’Associazione italiana dell’industria olearia, si tratta di 410mila tonnellate di olio di oliva esportate, che hanno fatto lievitare del 6,6% la quota degli scambi con l’estero, che hanno generato un controvalore di quasi 1 miliardo e 400milioni di euro.

Numeri che tengono alto la bandiera dell’ olio di oliva made in Italy in un’annata difficile, nella quale la produzione ha risentito pesantemente della scarsità di materia prima e degli attacchi della mosca olearia, che hanno costretto le aziende del settore oleario a ricorrere alle importazioni. Nel 2014, infatti, l’import ha superato le 660mila tonnellate, necessarie per sopperire alla scarsità della produzione italiana.

I numeri di Assitol riferiti all’import-export dell’ olio di oliva confermano quindi un andamento consolidato: se, da una parte, la leadership dell’export ha fatto registrare un importante valore aggiunto, dall’altra i problemi riscontrati durante il raccolto, insieme alla crisi dei consumi interni ed esterni hanno consentito di chiudere il 2014 in pareggio nella bilancia commerciale del settore.

Secondo Assitol, quindi, “la riconferma della leadership italiana sui mercati esteri si deve alle competenze delle nostre imprese, che in media esportano il 60% dei loro. Sul primato commerciale italiano pesa soprattutto la capacità industriale nel selezionare con cura la materia prima, che deve garantire al consumatore prodotti di qualità costante. Grazie a questo know how, sviluppato a partire dall’800, l’industria olearia oggi vale più di un miliardo di euro della bilancia commerciale, con un fatturato di oltre 2 miliardi“.

Agroalimentare italiano, un 2014 difficile

Che il 2014 sia stato un anno particolarmente disgraziato per l’ agroalimentare italiano era cosa nota. Adesso che siamo entrati nel 2015, ne vedremo le conseguenze anche facendo la spesa. Secondo Coldiretti, infatti, di alcuni prodotti tipici dell’ agroalimentare italiano ci sarà scarsa disponibilità e, di conseguenza, prezzi più cari.

Coldiretti rende infatti noto che la disponibilità di olio di oliva italiano nella grande distribuzione sarà del 35% in meno, ma anche gli agrumi saranno in calo del 25%, del 15% il vino e fino al 50% in meno per il miele. Tutte eccellenze dell’ agroalimentare italiano alle quali fanno compagnia le castagne, il cui raccolto è stato da minimo storico nel 2014.

Secondo Coldiretti, l’ agroalimentare italiano ha avuto un crollo nei raccolti che ha concorso a determinare un calo del Pil agricolo in termini congiunturali per il terzo trimestre consecutivo, sulla base dei dati Istat.

La causa è da ricercare soprattutto nelle bizzarrie del clima che hanno caratterizzato il 2014. Entrando nel dettaglio dei numeri del tracollo per l’ agroalimentare italiano, la produzione di miele di acacia, castagno, millefiori e agrumi è calata del 50%, la vendemmia è stata la più scarsa dal 1950 (41 milioni di ettolitri di vino prodotto) e la produzione di olio di oliva è scesa intorno alle 300mila tonnellate.

Continuando in questa via crucis dell’ agroalimentare italiano, detto degli agrumi, il pomodoro da conserva per polpe, passate e pelati ha segnato un calo delle rese per ettaro mentre la produzione è rimasta in linea con la media degli ultimi cinque anni solo perché è cresciuta l’estensione delle superfici coltivate. Chiudono le castagne, il cui raccolto è rimato abbondantemente sotto i 18 milioni di chili del 2013 ed è stato pari a un terzo di quello del 2004.

Food Made in Italy alla conquista del web: Olio Carli e l’e-commerce

di Davide PASSONI

In un momento difficile come questo ci piace raccontare storie di imprese italiane piccole e grandi, giovani e storiche, che da realtà familiari sono partite alla conquista dell’Italia e del mondo. Una di queste è la Fratelli Carli, icona del food e pezzo di storia italiana, con i suoi camioncini dai colori e dalla scritta retrò che da cento anni fanno su e giù per lo Stivale a consegnare il loro olio d’oliva, oro verde dell’economia agroalimentare italiana. Chi meglio di Lucio Carli, consigliere di amministrazione di Fratelli Carli Spa, può raccontare come vincere sul mercato, non solo grazie alla propria storia?

Fratelli Carli è un’icona del food e dell’impresa italiani. Come sposate oggi tradizione e modernità?
Nella continuità della relazione con il cliente; è sempre stata il nostro nucleo centrale, per poter proporre al mercato un prodotto di qualità e per fidelizzare il cliente stesso dall’arrivo dell’ordine fino alla consegna a casa della merce. Oggi questa relazione è ancora più fondamentale in tutte le nostre attività; la centralità del cliente ci ha fatti crescere sia come portafoglio prodotti sia come novità che proponiamo al mercato.

Tipo?
Tipo una novità che sembra andare un po’ in contraddizione con la nostra storia e il nostro marchio: l’apertura dei nostri punti vendita. Abbiamo aperto prima un flagship store a Padova, poi un emporio a Imperia, poi un punto vendita in centro a Torino, un negozio che esplora la multicanalità in cui si declinano ormai i nostri prodotti.

Ma siete anche molto forti sull’e-commerce…
Cetto. Siamo sì molto legati al passato – pensi che il mio bisnonno era tipografo e abbiamo ancora una tipografia all’interno dell’azienda – ma nonostante questo legame, la nostra volontà è quella di cercare l’innovazione. A ottobre 1996 abbiamo ricevuto il primo ordine online e possiamo considerarci tra i primi in Italia a vantare questo canale di acquisizione di ordini. Ci abbiamo creduto 100 anni fa, ci crediamo oggi, non abbiamo mai tradito la nostra vocazione.

Il commercio elettronico vi dà anche soddisfazioni “numeriche”?
Il transato online dell’azienda è intorno al 14% del fatturato, una cifra molto importante specialmente in Italia. Dall’estero, invece, facciamo circa il 30% di ordini tramite l’online, in Paesi come Germania, Francia, Svizzera, Inghilterra. Lo vediamo anche nella cosmetica, dove abbiamo realizzato una “brand extension” con il marchio Mediterranea.

E in generale, come va il fatturato della Fratelli Carli?
In crescita, particolarmente sull’online. L’esperienza nei negozi, poi, non vuole essere un sostitutivo dell’acquisto a distanza ma un modo per dare al cliente di provare un’esperienza in più.

E all’estero?
Sull’alimentare siamo forti in Francia, Germania, Svizzera, Austria, Inghilterra e abbiamo creato una Fratelli Carli Usa per avere un presidio laggiù: un mercato che va molto bene, con tassi di redemption incredibili. Di fatto, negli Usa – e non solo – vendiamo ciò che siamo: 100 anni di esperienza su un prodotto molto importante come l’olio d’oliva, che negli Stati Uniti ha un ottimo mercato.

Cina?
La guardiamo, ma vogliamo capire prima quel mercato e poi trovare il modo giusto per presidiarlo.

Quanto è vincente abbinare Carli, olio d’oliva e made in Italy?
Di sicuro la nostra penisola sull’olio ha una forza importante e il nostro brand ha una grande tradizione. Oggi il sistema Paese dovrebbe fare di più per salvaguardare il made in Italy, perché non c’è una politica commerciale così forte che possa guidare la crescita e la penetrazione all’estero. Ci vorrebbe una visione comune più forte.

E anche fare squadra tra imprese…
Il dialogo tra imprenditori c’è, ma è più difficile concretizzare una visione unica. Per il futuro è l’unico modo per fare fronte comune nell’area food in Italia. Si tratta di una sfida importante; se andiamo all’estero e guardiamo gli scaffali dell’olio d’oliva nei supermercati, c’è maggiore scelta che da noi e il consumatore è ancora più confuso tra prodotti greci, turchi, spagnoli… C’è tanto bisogno di fare cultura e l’online potrebbe aiutare anche in questo.