Se la PA paga, il Pil sale

Sarà per il monito lanciato la scorsa settimana dal presidente della Repubblica Napolitano, sarà perché ormai imprese e cittadini sono stufi di un Paese a due velocità – dove il contribuente, persona fisica o azienda, deve pagare subito le tasse mentre lo Stato… hai voglia -, fatto sta che mai come in questi giorni si è sentito parlare di sblocco dei pagamenti della PA verso i suoi fornitori privati.

Vero, siamo ancora alla fase del parlare, fatti pochi, però è evidente che l’attenzione sul fenomeno si sta alzando. Ultimo in ordine di tempo è arrivato ieri colui che i creditori della PA ce li ha in casa: tanti, stufi e incazzati con la schiuma alla bocca. Parliamo del presidente di Confindustria Giorgio Squinzi che, dati alla mano, ha suonato la sveglia al Governo (quale??); secondo Squinzi, se si liquidassero i crediti delle imprese da parte della Pubblica Amministrazione, l’effetto domino potrebbe portare a un aumento in 5 anni di 250mila occupati e a una crescita del Pil dell’1% per i primi 3 anni, dell’1,5% nel 2018.

Secondo Squinzi,questi dati dimostrano che l’immissione di liquidità nel sistema delle imprese innescherebbe un circolo virtuoso portatore di posti di lavoro e, quindi, maggiori consumi. Confindustria auspica che il governo in carica provveda tempestivamente ad adottare, già dal prossimo Consiglio dei ministri, tutti i provvedimenti necessari per la liquidazione di quanto spetta alle imprese, così come indicato dalla Commissione europea e chiaramente emerso dalle dichiarazioni del presidente del Consiglio“.

Il gol di Squinzi è nato da un assist d’oro fornitogli dal ministro dell’Economia Vittorio Grilli proprio sul giornale di casa, Il Sole 24Ore. In una intervista al quotidiano, Grilli ha infatti dichiarato che “dopo il via libera della Commissione europea non vedo ragioni per non procedere con un provvedimento d’urgenza per sbloccare i pagamenti della pubblica amministrazione e il ministero è pronto al decreto. Penso sia giusto partire prima possibile. Ci stiamo lavorando con la massima urgenza, poi toccherà a Monti decidere quando spingere il bottone“.

Se poi Grilli mette le mani avanti ricordando come “servirà anche un consenso ampio del Parlamento, perché un eventuale decreto dovrà comunque essere convertito in legge dal Parlamento. Qui si tratta di cambiare, anche se solo una tantum, i saldi di bilancio. Non è un’operazione banale“, lascia comunque aperta una porta per i comuni, la parte della PA che si trova stretta tra l’incudine del patto di stabilità e il martello dei creditori privati: insomma, la situazione più scomoda e antipatica. Secondo il ministro, sarà possibile “l’allentamento una-tantum del patto di stabilità interno perché i Comuni che hanno fondi in cassa possano usarli“.

Staremo a vedere. In questo caso, il “purché se ne parli” non va bene: bisogna passare dalle parole ai fatti.

Campioni d’Europa! Nel ritardo…

L’allarme è uno di quelli da non prendere assolutamente sotto gamba: nelle transazioni commerciali tra Pubblica Amministrazione e imprese private, i tempi di pagamento medi presenti in Italia arrivano a 180 giorni mentre nella sanità, secondo quanto ricorda la Cgia di Mestre, si arriva a saldare i debiti anche dopo 4 se non 5 anni, soprattutto al Sud. Un dato ancora più sconfortante se si pensa che la media dei Paesi Ue è pari a 65 giorni.

Meglio, si fa per dire, la situazione dei pagamenti tra le imprese private, dove il saldo fattura avviene dopo 96 giorni, a fronte di una media europea di 52 giorni. Solo in Spagna stanno peggio di noi, mentre i tedeschi se la cavano con una media inferiore a quella europea e quasi un terzo di quella italiana: 35 giorni. I dati forniti dalla Cgia di Mestre, dunque, parlano chiaro: che tra i grandi d’Europa nessuno può vantare una simile zavorra.

Se a questa situazione aggiungiamo la stretta creditizia in atto e gli effetti della crisi economica che continuano a farsi sentire in misura sempre maggiore – commenta il segretario della Cgia, Giuseppe Bortolussi –, la tenuta finanziaria delle imprese, soprattutto quelle di piccola dimensione, è a rischio con ricadute occupazionali negative facilmente prevedibili“.

Nemmeno l’entrata in vigore del decreto di recepimento della Direttiva Europea contro il ritardo dei pagamenti, avvenuto a l’1° gennaio scorso, sembra aver sortito effetto. Lo conferma sempre Bortolussi: “Stando alle segnalazioni che ci sono giunte da molti piccoli imprenditori, la nostra Pubblica amministrazione non starebbe rispettando i tempi di pagamento previsti dalla legge. Per questo chiediamo un intervento dell’Unione europea teso a richiamare il nostro Paese affinché il saldo fattura non superi i 30/60 giorni“.

In questo senso è una buona notizia l’apertura giunta lunedì dai vicepresidenti della Commissione Ue, Olli Rehn e Antonio Tajani, per sbloccare il pagamento dei debiti della PA. I due, in una nota congiunta, hanno affermato che il saldo dei debiti commerciali da parte dello Stato a favore delle imprese “potrebbe rientrare tra i fattori attenuanti” quando sarà valutata la conformità del bilancio pubblico italiano con i criteri di deficit e debito del patto di stabilità europeo.

La Commissione europea si attende ora che l’Italia prepari un piano di smaltimento dei debiti a carico della Pubblica amministrazione verso le imprese su un arco temporale di due anni: “Sollecitiamo un piano in tempi brevi – ha detto Tajani, la forma poi è prerogativa del Paese. Ma ricordiamoci che parliamo della terza economia dell’area euro e intervenire rapidamente sarebbe importante per ridare fiato alle imprese, evitare fallimenti e far ripartire l’economia“.

Immediato il plauso di Rete Imprese Italia, che ha poi spronato, in una nota, la politica italiana: “Il Governo si affretti a preparare il piano di liquidazione che definisca chiaramente la dimensione del fenomeno sanzionando quelle amministrazioni che non collaboreranno fattivamente nella fornitura dei dati. Il pagamento dei debiti pregressi della pubblica amministrazione verso le imprese costituisce il tassello determinante per il ripristino di condizioni economiche normali per l’uscita dalla crisi“.

Bene, tutti contenti e tutti felici. Adesso vediamo se alle parole seguiranno i fatti. In tutti questi anni di chiacchiere, abbiamo un po’ perso la fiducia.