Emergenza covid: le ultime restrizioni cadono il 30 aprile

Dopo oltre due anni sembra che l’Italia stia finalmente superando l’emergenza covid e il giorno 30 aprile 2023 cadranno le ultime restrizioni e gli ultimi obblighi. Ecco cosa sta per cambiare.

Emergenza Covid: le ultime restrizioni

L’emergenza Covid ha portato gli italiani a cambiare molte abitudini: distanziamenti, mascherine, uso di disinfettanti hanno radicalmente cambiato le abitudini degli italiani. Man mano negli ultimi mesi, allo scemare dei contagi, che è bene ricordare ancora vi sono anche se la forza del virus è molto diminuita, le restrizioni sono cadute.

Solo in alcune situazioni è ancora in vigore l’obbligo di mascherine fino al 30 aprile. In particolare, devono essere ancora indossate negli ospedali, nelle RSA, ambulatori e negli studi medici, questo perché si tratta di situazioni in cui è più facile che ci siano contagi e soprattutto perché qui sono spesso presenti persone fragili per le quali il contagio potrebbe essere molto pericoloso.

Cosa cambia dal 30 aprile 2023?

Dal 30 aprile 2023, tranne nel caso di un decreto all’ultimo minuto che però sembra poco giustificato visto che i contagi sono minimi, cade l’obbligo di indossare mascherine anche in ospedali, RSA, studi medici. Nonostante questo, sono in molti a raccomandare ancora prudenza soprattutto nelle situazioni particolarmente limite, cioè nel caso in cui si sia a contatto con persone fragili. Ad esempio, è raccomandata molta prudenza quando vi sono persone che hanno problemi respiratori, pneumologici.

Il virologo dell’Università Statale di Milano Fabrizio Pregliasco all’Adnkronos Salute consiglia di continuare ad avere molta prudenza anche nei reparti oncologici, in presenza di pazienti con patologie tumorali in quanto le cure generalmente abbassano le difese immunitarie e questo potrebbe rendere anche letale un eventuale contagio che per persone in salute ha invece l’effetto di una normale influenza.

Pregliasco non esclude che in futuro possa essere necessario rivedere nuovamente le norme e quindi rinforza nuovamente le misure preventive, molto dipenderà dall’andamento dei contagi nelle prossime settimane. In realtà l’Italia ha già adottato un atteggiamento molto prudente, ad esempio in Germania le ultime restrizioni sono cadute il giorno 8 aprile 2023, in Portogallo il 6 aprile.

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Banca Intesa: 50 milioni di euro per l’Emilia

Un plafond da 50 milioni di euro messo a disposizione da Intesa Sanpaolo per sostenere la ripresa economica nelle zone colpite dal terremoto in Emilia-Romagna. La somma stanziata avrà lo scopo di promuovere “progetti finalizzati alla messa in sicurezza o alla ricostruzione di beni o di strutture pubbliche (tra cui scuole e ospedali) in Emilia Romagna o nelle vicine province di Lombardia e Veneto, danneggiati dal sisma del maggio scorso“. I fondi sono il frutto di un accordo firmato nei giorni scorsi con la Banca europea per gli investimenti (Bei).

I finanziamenti, della durata massima di 15 anni, saranno erogati tramite Intesa Sanpaolo e le sue controllate Leasint, Centro Leasing e Mediocredito Italiano a piccole e medie imprese, aziende che rientrano nella categoria mid-cap ed enti locali. Rappresentano la prima tranche di una linea di credito di 200 milioni decisa dalla Bei per sostenere la ricostruzione nelle zone colpite la scorsa primavera.

Siamo orgogliosi di aver messo a disposizione di imprese ed enti locali, presenti nelle zone colpite dal sisma del maggio scorso, un significativo contributo finanziario grazie all’accordo concluso con la Bei” ha sottolineato Enrico Cucchiani, Ceo di Intesa Sanpaolo.

L’impegno di Intesa Sanpaolo sarà rivolto principalmente ai progetti dedicati alla ricostruzione del tessuto sociale ed economico di quei territori – prosegue Cucchiani. – A partire proprio da quei beni comuni in cui si identifica una comunità, come le scuole, gli ospedali, gli edifici pubblici in generale”.

Un risk manager in corsia

di Vera MORETTI

Contro la malasanità è arrivata una nuova figura professionale: l’hospital risk manager. Suo, infatti, è il compito di gestire, monitorare e prevenire i rischi in corsia, oltre al difficile ruolo di coordinatore nella costituzione di una squadra che evitare danni a pazienti, medici, infermieri e tecnici.

Le competenze che questa figura deve avere sono trasversali, perché deve sapere cosa fare in caso di una trasfusione sbagliata, ad esempio, ma anche in casi di tubature rotte. E in ogni eventualità deve poterci “mettere una pezza”.
I rischi da gestire, in ambito sanitario, sono infatti molteplici, come spiega Roberto Agosti, docente Cineas e risk manager presso l‘azienda ospedaliera di Desio e Vimercate: “s’intendono tanti aspetti, dai farmaci alla documentazione sanitaria, la cartella clinica, o settori specifici come la sicurezza della sala operatoria o particolarmente a rischio come ortopedia, ostetricia e ginecologia“.

Il lavoro dell’hospital risk manager agisce su due fronti: prima di tutto, molto importante è l’azione preventiva che si basa sulla formazione sia teorica sia pratica. Solo così, infatti, si può avere una conoscenza approfondita del settore, che possa permettere quali sono i punti critici e come fare per “rinforzarli” ed evitare che capiti qualcosa.

Un altro aspetto fondamentale è la parte reattiva. Ovvero come reagire quando capita un incidente. E in questi casi la filosofia è una sola: cercare di capire perché si è verificato. Contrariamente a ciò che si potrebbe pensare, il “perché” è molto più importante del “chi”. Non è detto, infatti, che una volta identificato il colpevole, l’episodio non si verifichi più, perciò compito del risk manager è andare a monte e affrontare il problema alla radice.

Quali studi deve avere alle spalle un aspirante risk manager? Non essendoci nessuna norma regolamentare, si tratta di un ruolo che può essere ricoperto da un medico legale, ma anche da un avvocato o da un ingegnere. Ma, se non in possesso di una laurea in medicina, questa figura professionale dovrebbe essere almeno munita di un approfondimento del settore post laurea.

In Italia, le regioni pioniere in questo campo sono state l’Emilia Romagna, la Toscana, la Lombardia e, più recentemente, il Veneto e il Piemonte. In queste zone, perciò, c‘è un risk manager per ogni azienda ospedaliera, mentre al centro-sud di strada da fare ce n‘è ancora molta.