In aumento le imprese condotte da immigrati

Coloro che, arrivati in Italia in cerca di fortuna, sono riusciti ad integrarsi e, addirittura, a creare una propria attività, sono in aumento, tanto da contribuire ampiamente alla nostra economia.

Nel secondo trimestre del 2014, infatti, per quanto riguarda esclusivamente le imprese di immigrati, è tornato a salire il saldo tra iscrizioni e cessazioni, superando le 7mila unità, pari al 44% del saldo complessivo delle imprese individuali nel periodo aprile-giugno (+16.103 unità).

Tra i paesi di provenienza degli imprenditori immigrati extra Ue, il Marocco è in assoluta pole position, con 62.676 titolari, pari al 19,3% di tutti gli imprenditori individuali immigrati operanti alla fine di giugno.
Seguono la Cina (46.136, il 14,2% del totale), l’Albania (30.564, il 9,4%) e il Bangladesh (23.004, il 7,1%).

Gli imprenditori marocchini si occupano soprattutto di commercio e trasporti, tanto da rappresentare, in questi due contesti 31,9 e il 15,8% delle imprese con titolare immigrato.
I cinesi, dal canto loro, sono i primi in classifica in attività manifatturiere (57,9%), alloggio e ristorazione (31,3%) e altre attività di servizi (27,1%), mentre gli albanesi dominano nel settore delle costruzioni (31,6%).
I nati in Bangladesh sono gli imprenditori immigrati più presenti nelle attività di noleggio, agenzie di viaggio e servizi alle imprese (il 24,1% delle imprese di immigrati nel settore) e nei servizi di informazione e comunicazione (16,6%).

La leadership dei marocchini è da ricercarsi anche nella loro lunga presenza sul nostro territorio, tanto da essere i più numerosi tra gli imprenditori extra Ue in 11 regioni su 20, tra le quali spiccano la Calabria (dove sono il 55% di tutte le imprese di immigrati con sede nella regione) e la Valle d’Aosta (dove rappresentano il 35,3% dell’imprenditoria individuale extra Ue).

La Sardegna si segnala per la prevalente presenza di imprenditori originari del Senegal (il 32,6%), il Lazio per quelli del Bangladesh (29,6%), la Toscana per i cinesi, (29,1%) la Liguria per gli albanesi (22,9%), il Friuli Venezia-Giulia per i vicini della Serbia-Montenegro (17,8%), la Lombardia per quelli originari dell’Egitto (15,3%).
Unica regione a registrare la prevalenza di cittadini figli dell’emigrazione nostrana è l’Abruzzo, dove il primo paese di provenienza di imprenditori immigrati è la Svizzera (15,7%).

Vera MORETTI

Le famiglie tagliano le spese, anche quando si tratta di cibo e sanità

Non era mai successo, nella storia recente del Paese, che i consumi privati si riducessero.
Ma il 2012 ha segnato una riduzione delle spese, da parte delle famiglie, del 4%, segnale di una crisi che sta obbligando i cittadini a tagliare su tutto ciò che viene considerato superfluo.

A rendere nota questa triste tendenza è Enrico Giovannini, presidente Istat, il quale ha anche ricordato come, nell’anno passato, il potere d’acquisto sia diminuito del 4,8%.
Conseguenza di ciò è, dunque, un taglio netto e una rinuncia a tutto quello che viene definito non utile: dagli svaghi per il tempo libero alla cultura, dall’arredamento di casa a una cena al ristorante, tutto viene accantonato, in attesa di tempi migliori.
Ma, purtroppo, ad essere “ritoccate” per difetto sono anche le spese dedicate a cibo e sanità: nel primo caso, si sceglie il punto vendita più economico, che spesso non è garante di prodotti di qualità, e nel secondo caso si rimandano visite e controlli medici, a cominciare dalle visite dentistiche, spesso colpevoli di alleggerire il portafoglio degli italiani.

Tutto ciò avviene a causa di una concreta riduzione del reddito derivante dall’attività imprenditoriale e un aumento del prelievo fiscale: le tasse, sempre più moleste ed invasive, certo non aiutano chi si trova in affanno.
Nonostante ciò, risparmiare è sempre più difficile, anche se un lieve miglioramento è stato rilevato nei primi tre mesi del 2013.

Giovannini ha dichiarato: “Le famiglie acquistano nei posti più economici riducendo qualità e quantità dei prodotti acquistati. E lo fa il 62,3% delle famiglie, con un aumento del 9% negli ultimi 9 mesi. Al Sud si è passati dal 65% al 73%. Ma ci sono state variazioni anche al Nord e al Centro. In generale sono diminuite le spese non necessarie per la casa (arredamento), il tempo libero e la cultura”.

Segnali positivi arrivano solo dalla domanda estera e infatti sono molte le imprese, anche medie e piccole, che si stanno rivolgendo ai mercati internazionali, in attesa che qualcosa si smuova anche in Italia.

A soffrire di questa congiuntura negativa è anche il tasso di occupazione, arrivato a febbraio 2013 al 56,4% e una diminuzione dei lavoratori pari a 219 mila unità.
La disoccupazione, di conseguenza, è arrivata all’11,6%, in aumento dell’1,6% rispetto a 12 mesi prima, con punte del 37,8% tra i giovani, in crescita del 3,9% rispetto al 2012.
Il tasso di posti vacanti è diminuito ed è stato pari a circa la metà di quello rilevato un anno prima. Nel 2012 c’è stata una diminuzione sia nell’occupazione industriale che nei servizi.

Vera MORETTI

Bene l’export made in Italy nei Paesi extra Ue

Ormai lo sappiamo: l’export gode di buona salute, tanto da essere un vero e proprio traino per un’economia, quella italiana, davvero in grave crisi.

A determinare la crescita delle esportazioni è l’aumento di interesse nei confronti dei prodotti Made in Italy da parte dei Paesi extra Ue (+3,9%), che hanno contribuito all’incremento di esportazione di beni di consumo durevoli (+5,2%), prodotti intermedi (+3,8%) e beni strumentali (+3,2%).

A gennaio, in particolare, l’export verso i mercati fuori dalla Comunità Europea è incrementato 17,6%, ovvero molto più della media, ferma all’8,7%.
La diminuzione delle importazioni (-1,8%) è imputabile al calo degli acquisti dai paesi extra Ue (-5,6%), mentre gli acquisti dai mercati Ue sono in crescita (+2,4%).

I settori di maggior interesse si sono dimostrati i mobili, cresciuti del 34,8%, seguiti da altri prodotti della lavorazione di minerali non metalliferi (24,2%), gli articoli in pelle e simili (23,9%), e gli articoli in gomma (23,2%).
Bene anche i prodotti tessili e i metalli di base e prodotti in metallo, esclusi macchine e impianti (entrambi +15,4%) e gli articoli di abbigliamento (anche in pelle e in pelliccia) (+13,7%).

Non così eclatanti, invece, le esportazioni verso i paesi europei, dove a registrare segno positivo sono stati gli articoli in pelle e simili (+6,9%), gli articoli di abbigliamento (anche in pelle e in pelliccia) (+2,2%), i prodotti tessili (+0,9%) e gli articoli in gomma (+0,7%).
Nessuna crescita per i mobili, mentre negative sono risultate le esportazioni di metalli di base e prodotti in metallo, esclusi macchine e impianti (-4,0%), e altri prodotti della lavorazione di minerali non metalliferi (-0,7%).

Per quanto riguarda le importazioni, i settori ad aver fatto registrare segno positivo sono i prodotti tessili (+4,0% paesi UE, + 1,6% extra-UE) , gli articoli in gomma (+3,6% paesi UE, +5,5% extra-UE), i metalli di base e prodotti in metallo, esclusi macchine e impianti (+0,3% paesi-UE, +14% paesi extra UE) e gli articoli in pelle e simili (-1,8% paesi UE, +13,4% paesi extra-UE).

In negativo gli articoli di abbigliamento (anche in pelle e in pelliccia) (-6,9% paesi UE, -9,5% paesi extra-UE), i mobili (-0,7% paesi UE, -10,6% paesi extra-UE) e gli altri prodotti della lavorazione di minerali non metalliferi (-4,6% paesi UE, -0,7% paesi extra-UE).

Vera MORETTI

Il 2013 si apre con l’export in aumento

Le esportazioni continuano ad essere il traino per la nostra economia: anche nel gennaio 2013 l’export verso i Paesi fuori dall’Unione europea ha segnato un aumento del 17,7% su base annua e del 3,9% rispetto a dicembre.
In controtendenza, invece, l’import, ancora in sofferenza con una contrazione del 5,6%, ma riesce a crescere in termini congiunturali, con un +3,0%.

Sempre a gennaio la bilancia commerciale con i Paesi extra Ue presenta un deficit di 2,3 miliardi di euro, più che dimezzato a confronto con l’anno precedente (-5,2 miliardi).
Era dal 2011 che l’export non registrava un aumento annuo così ampio vero i Paesi fuori dai confini dell’Unione.

I dati, resi noti dall’Istat, evidenziano, sempre relativamente al mese di gennaio, come la crescita tendenziale delle vendite sia diffusa e soltanto l’energia risulti in calo (-26,2%).

La flessione degli acquisti, invece, riguarda i beni di consumo durevoli (-18,5%) e l’energia (-16,3%).
I mercati a noi più favorevoli si sono rivelati quelli del Sud Est asiatico, (+32,2%), l’area Opec (+26,1%), il Giappone (+25,6%), la Cina (+24,6%), i Paesi Eda, (+22,9%) e gli Stati Uniti (+20,2%).

Per le importazioni, forte discesa da parte di Giappone (-32,1%), area Opec (-19,6%) e Usa (-16,9%), mentre è in aumento l’import dalla Turchia (+25,9%), dalla Russia (+23,6%) e dalla Svizzera (+23,5%).

Vera MORETTI

A giugno l’avanzo con i Paesi extra Ue è di 1,519 miliardi

A giugno la bilancia commerciale con i paesi extra Ue registra un avanzo di 1,519 miliardi di euro, in netto miglioramento rispetto a giugno 2011 (-1.389 milioni). L’avanzo nell’interscambio di prodotti non energetici è quasi raddoppiato (da 3.307 a 6.164 milioni di euro). Lo rende noto l’Istat in un comunicato.

Nel primo semestre dell’anno, sottolinea l’Istat, il deficit commerciale con i paesi extra Ue, che ammonta a 5,216 miliardi di euro, si è ridotto a un terzo di quello del 2011 che era pari a 16,767 miliardi. L’avanzo nell’interscambio di prodotti non energetici raggiunge i 26.963 milioni ed è in larga parte determinato dall’ampio surplus nel commercio di beni strumentali (20.728 milioni).

Legno e arredo in difficoltà tra le mura di casa

di Vera MORETTI

E’ tempo di bilanci anche per il settore del legno e dell’arredo, che, per quanto riguarda i mercati esteri, e in particolare quelli extra Ue, chiude in positivo, ma lo stesso non si può affermare per il mercato interno.
La crescita bassa non può che portare ad una bassa capacità di spesa e questo ha influito molto sull’andamento delle vendite per il 2011.

A conferma di ciò arrivano i dati resi noti dal Centro Studi Cosmit/FederlegnoArredo, che presentano un fatturato sceso a 32,4 miliardi di euro, con un calo del 3,3% rispetto al 2010, anno in cui il settore era riuscito a contenere, e in parte rimediare, alle perdite del biennio 2008-09.
Ma il 2011 si prospetta critico, con livelli al di sotto di quelli del 2009, che finora erano stati i più bassi dall’inizio della crisi. Ma se all’epoca si trattava di uno stallo generale, che comprendeva molti dei mercati internazionali, ora il problema più grave si focalizza tra le mura domestiche, dove il settore non è riuscito a riconquistare dinamicità.

Per questo, il calo del consumo interno del 5% rende vani gli sforzi fatti verso il mercato estero, che aveva portato un soddisfacente +5,1% ma che, da solo, non riesce a risollevare le sorti di un settore in forte difficoltà.

Roberto Snaidero, presidente di FederlegnoArredo, a questo proposito ha dichiarato: “Non possiamo più aspettare di ritornare alla normalita’ per cominciare a fare politica. Fiscalità, internazionalizzazione e sviluppo dell’edilizia possono e devono diventare il segnale di una politica industriale nuova e il primo elemento di discontinuità con il passato”.

E Carlo Guglielmi, presidente di Cosmit, propone: “Sarebbe anche opportuno chiedere ai cittadini di sottoscrivere dei bond destinati alla ristrutturazione di luoghi pubblici e privati, bar, alberghi, uffici, ma anche il municipio di Milano e i ristoranti, per rimettere a posto l’immagine delle nostre città Questa operazione, andrebbe non solo a beneficio del nostro comparto industriale, ma anche del turismo”.

Deficit dimezzato sul commercio estero

Le stime dell’Istat riguardanti il deficit fanno emergere un risultato (quasi) positivo per quanto riguarda i commerci dell’Italia con i paesi extra Ue, poiché, ad ottobre, il deficit, appunto, registrava 808 milioni rispetto ai 1.647 dell’ottobre 2010.

Esaminando i dati in maniera più capillare, si nota una diminuzione del 5,1% delle esportazioni e, al contrario, un incremento dello 0,2% delle importazioni, mentre la crescita tendenziale registra un +8,4% delle esportazioni contro il +1,9% delle importazioni.
Il comparto energetico si muove in controtendenza poiché, con un -5,3 miliardi, è molto più ampio rispetto ai 4,6 dell’anno precedente.

La riduzione del deficit commerciale, spiega l’Istat, e’ quindi determinata dalla rilevante espansione dell’avanzo nell’interscambio di prodotti non energetici, che cresce da 3 (ottobre 2010) a 4,5 miliardi (ottobre 2011).

Per quanto riguarda le esportazioni, tutti i comparti hanno fatto registrare un segnale positivo, tranne i beni di consumo durevoli che spiccano in negativo con un -2,3%.
I beni di consumo non durevoli, invece, rilevano un +14,6%, e anche prodotti intermedi, +12,4% ed energia, +9,1%, presentano tassi di crescita superiori alla media.

Per quanto riguarda le importazioni, incrementi sostanziali per energia, +14,8% e beni di consumo non durevoli, +7,8% e gli acquisti all’estero degli altri settori sono in controtendenza netta, in particolare i beni strumentali, -21,8%.

In questo panorama, i mercati più “vivaci” sono Svizzera (+36,3%), ASEAN (+17,7%), Cina (+16,7%), Giappone (+16,6%), EDA (+14,1%) e Mercosur (+10%). India (+8,1%) e Stati Uniti (+7,4%) presentano tassi tendenziali positivi, ma inferiori a quello medio.

La crescita delle importazioni risulta ampiamente superiore alla media per i flussi commerciali provenienti da Russia (46,1%), Mercosur (+36,3%), ASEAN (+24,6%), India (+15,7%) e Turchia (+7,4%). In marcata flessione risultano gli acquisti di beni da Cina (-27,4%), paesi EDA (-17,7%), Giappone (-8,5%) e OPEC (-2,9%).

Vera Moretti