Pa: Italia ancora fanalino di coda dell’Europa

Nonostante gli sforzi profusi negli ultimi anni, ancora la nostra pubblica amministrazione lascia a desiderare, soprattutto quando si tratta di pagamenti alle imprese.
In Europa, infatti, i tempi di pagamento registrati in Italia sono tra i peggiori, poiché solo la Grecia viene dopo di noi, anche a causa di una crisi economica e finanziaria molto pesanti.

Per fare esempi concreti, se in Francia una fattura mediamente viene pagata in 57 giorni e in Spagna in 78, in Italia bisogna attenderne 95. Un abisso rispetto ai più virtuosi, che sono Germania 23 giorni, Regno unito 22, Finlandia 22.

L’Italia è sorvegliata speciale già dal 2014, a quando risale la prima lettera ricevuta dalla Commissione Ue. In quel periodo, la Pa italiana pagava a 170 giorni beni e servizi e a 210 i lavori pubblici.
Ovviamente nel frattempo la situazione è migliorata, anche grazie alla riforma sulla pubblica amministrazione, ma ancora non basta, perché occorre arrivare a pagare entro 30 giorni per essere definiti a norma.

Per questo motivo, il Belpaese è stato deferito alla Corte di giustizia europea, poiché ci sono alcune pubbliche amministrazioni locali che pagano a 100 giorni, e questo non è più ammissibile.

Ad aggravare la situazione ci sono i Comuni di Scicli, nel ragusano, che a pagare una fattura ci mette mediamente poco meno di due anni, 658 giorni. E questo non vale solo coi fornitori, ma persino con le famiglie, seguito da Poggio Nativo (Rieti), con 508 giorni, Torrebruna (Chieti) con 445, Cerreto Sannita (Benevento) con 432. Sono 75 gli enti che dichiarano di pagare le fatture a oltre 200 giorni.

Secondo il Ministero del Tesoro si tratta di un deferimento che penalizza in toto le pubbliche amministrazioni, anche e soprattutto quelle che, invece, hanno saputo rimettersi in carreggiata e arrivare a risultati eccellenti anche confrontate con le virtuose a livello europeo.

Da una nota del Mef: “Nell’anno 2016 sono state registrate oltre 27 milioni di fatture per un importo totale pari a circa 138 miliardi di euro. In base alle informazioni fornite dagli enti, la piattaforma ha rilevato pagamenti relativi a circa 18,6 milioni di fatture, per un importo pari a 118,1 miliardi di euro, che corrisponde all’85% del totale ricevuto. I tempi medi di pagamento sono pari a 60 giorni, a 13 quelli di ritardo. Ritardo in diminuzione del 50% rispetto al 2015. Il tempo medio di pagamento effettivo del totale delle fatture è con ogni probabilità più lungo di quello registrato tra gli enti che comunicano i dati”.

Il problema che porta la Pa a pagare il ritardo è quasi sempre la mancanza di liquidità, anche se a volte dipende anche da inefficienze delle amministrazioni o da ritardi, ma anche i ricorsi ovviamente dilatano i tempi della giustizia civile.

Vera MORETTI

Debiti della Pubblica Amministrazione ancora troppo alti

I tempi che la Pubblica amministrazione impiega per pagare le imprese fornitrici di beni e servizi si stanno restringendo, ma ancora non hanno raggiunto una soglia che possa essere considerata accettabile.
Nel 2016, infatti, è stata registrata una media di 58 giorni, che, sebbene sia calata sensibilmente rispetto agli anni precedenti, è ben lontana dalla normalità.

Considerando che 58 giorni rappresentano la media nazionale, è ben facile capire che ci siano ancora molte zone del Paese dove i ritardi con cui gli enti pubblici pagano gli imprenditori sono molto più profondi e critici. Infatti, due terzi delle amministrazioni non salda le fatture entro i termini fissati dalla legge, che sono di 30 giorni, con l’eccezione di 60 giorni per gli enti del sistema sanitario nazionale.

Tra le regioni più ritardatarie, spicca il Molise, dove gli enti pubblici pagano in 107 giorni. Un abisso rispetto alle aziende della Provincia autonoma di Bolzano dove l’attesa è di 36 giorni.

Per quanto riguarda le province, primato negativo spetta a Catanzaro, dove la pubblica amministrazione salda le fatture in 111 giorni. Virtuose sono invece Mantova e Sondrio, dove gli imprenditori vengono pagati in 25 giorni.

Ma non bastano gli esempi positivi per togliere l’Italia dalla vetta della classifica europea per il maggiore debito commerciale della pubblica amministrazione verso le imprese, una somma che tocca i 3 punti di Pil, vale a dire il doppio della media europea.

La situazione è intricata, ma urge trovare una soluzione, poiché non possiamo essere sempre i fanalini di coda. A questo proposito, Giorgio Merletti, presidente di Confartigianato, sostiene che si potrebbe trovare un accordo applicando la compensazione diretta ed universale tra i debiti e i crediti degli imprenditori nei confronti dello Stato.

Vera MORETTI

Cgia dice no alle assunzioni nella PA

In vista delle nuove assunzioni previste dalla Pubblica amministrazione, c’è chi storce il naso e vorrebbe che, prima di assumere nuove risorse, la PA provvedesse ad azzerare i debiti nei confronti delle aziende fornitrici, che attualmente ammontano a 64 miliardi di euro, di cui 34 esistenti a causa di ritardi nei pagamenti.

A questo proposito si è espresso Paolo Zabeo, coordinatore dell’Ufficio Studi della Cgia, che ha voluto replicare duramente alle dichiarazioni di Angelo Rughetti, Sottosegretario alla Pubblica amministrazione, il quale ha ipotizzato quasi 500.000 nuovi assunzioni nel pubblico impiego in sostituzione di altrettanti statali che nei prossimi 4 anni andranno in pensione.

Queste le parole di Zabeo: “A causa dei mancati pagamenti della Pa negli ultimi anni sono state migliaia e migliaia le imprese private che lavorano per lo Stato ad essere state costrette a licenziare una parte dei dipendenti perché non in grado di sostenerne i costi. Quindi, prima di lanciare promesse dal vago sapore elettorale, sarebbe bene conoscere e risolvere i danni che causa la Pa al sistema privato che, in termini economici, non ha eguali nel resto d’Europa”.

E questo quanto aggiungo da Renato Mason, segretario della Cgia: “La nostra Pa non solo paga con un ritardo inaccettabile, ma quando lo fa non versa più l’Iva al proprio fornitore. Insomma, oltre al danno anche la beffa. Pertanto, le imprese che lavorano per lo Stato, oltre a subire tempi di pagamento spesso irragionevoli, scontano anche il mancato incasso dell’Iva che, pur rappresentando una partita di giro, consentiva alle imprese di avere maggiore liquidità per fronteggiare i pagamenti di ogni giorno. Questa situazione, associandosi alla contrazione degli impieghi bancari nei confronti delle imprese in atto dal 2011, ha peggiorato la tenuta finanziaria di moltissime aziende, soprattutto quelle di piccola dimensione”.

Vera MORETTI

Italia ancora in ritardo per i pagamenti delle PA

L’Italia è ancora in affanno per quanto riguarda i debiti della Pubblica Amministrazione nei confronti di imprese per beni e servizi.
Rispetto agli altri paesi europei, infatti, il debito commerciale è pari al 3% del PIL, il più elevato di tutti i paesi dell’Unione Europea, tanto da essere il doppio rispetto alla media dell’Eurozona, che raggiunge l’1,5%, e più del doppio rispetto all’1,3% del PIL della Spagna e all’1,2% di Francia e Germania.
Il primato dell’Italia si conferma nonostante il peso dei debiti commerciali sia in diminuzione negli ultimi tre anni, scendendo di 1 punto rispetto al 4,0% del PIL registrato nel 2012.

Ciò emerge dal Documento di Economia e Finanza 2017, dove, nel volume dedicato al Piano Nazionale delle Riforme, si evidenzia che a fronte di 27,3 milioni di fatture ricevute e non respinte dalle oltre 22.000 pubbliche amministrazioni registrate sulla Piattaforma per i crediti commerciali, sono stati acquisiti i dati dei pagamenti per solo 15,4 milioni di fatture: a distanza di cinque anni dall’avvio delle politiche di accelerazione dei pagamenti della PA mancano i dati sui pagamenti per 11,9 milioni di fatture, pari al 43,6% del totale.

Per quanto riguarda i tempi medi di pagamento per saldare, in tutto o in parte, il 56,4% delle fatture per le quali sono stati acquisiti i dati dei pagamenti, sono stati pari a 50 giorni, tempo medio ponderato con gli importi, anche se ci potrebbero essere tempi più critici, considerando che sono state prese in esame le PA più virtuose.

Questo ritardo si verifica nonostante tutte le imprese fornitrici emettano fatture elettroniche nei confronti della Amministrazioni pubbliche.
In Italia, la quota di imprese che emette fatture elettroniche è del 30,3%, percentuale superiore alla media di ben 12,5 punti, che infatti si attesta a 17,8%. La quota dell’Italia sopravanza il 25% della Spagna ed è doppia rispetto al 15,6% della Germania e del 14,9% della Francia.

Vera MORETTI

Pagamenti alla Pubblica Amministrazione, il caso Veneto

Quello dei pagamenti alla Pubblica Amministrazione è uno dei capitoli fonti di maggiore stress per impese e cittadini. Lentezza e burocrazia sono gli ostacoli peggiori da superare, specialmente per le aziende alle prese anche con le incombenze fiscale.

In Veneto UniCredit, tramite UniCredit Management Bank, (UCCMB) ha effettuato dei test incoraggianti sui pagamenti telematici per velocizzare i pagamenti alla Pubblica Amministrazione per ciò che riguarda tributi, oneri e altre prestazioni verso la Regione e gli Enti territoriali.

Grazie alla collaborazione fra la Regione e UCCMB, banca che partecipa al Sistema nazionale dei pagamenti alla Pubblica Amministrazione fin dalle prime sperimentazioni, in tutti quei Comuni che stanno attivando tale servizio si rende possibile procedere ai pagamenti tramite il Portale della Regione e con un bonifico bancario.

Nel Comune di Padova, per esempio, le imposte di soggiorno potranno essere pagate anche telematicamente e nel Comune di Feltre (BL) sarà possibile saldare in remoto varie prestazioni, tra cui le rette per gli asili nido, le violazioni al codice della strada, gli oneri di urbanizzazione e i verbali amministrativi.

UCCMB è fra le prime ad aver partecipato alle attività connesse alla sperimentazione e alla produzione di pagamenti on line con la Regione Veneto e agisce, in tal senso, anche in molti altri territori regionali per i pagamenti alla Pubblica Amministrazione.

Debiti PA: gli italiani rimangono i maggiori pagatori

Il problema dei ritardi nei pagamenti da parte della Pubblica Amministrazione sta diventando sempre più drammatico, tanto che, secondo un’elaborazione dell’Ufficio Studi della Cgia su dati Intrum Justitia relativi a un’indagine effettuata nei primi tre mesi di quest’anno, un’impresa italiana su cinque è stata costretta a licenziare a causa degli effetti negativi dovuti ai ritardi nei pagamenti.

Ha commentato Giuseppe Bortolussi: “Nonostante il dato sia inferiore a quello registrato nei principali paesi Ue è drammatico che in l’Italia, con un tasso di disoccupazione che ormai galoppa verso il 13 per cento, molte aziende siano costrette ad espellere una parte del personale perché non vengono pagate con regolarità”.

Questi dati confermano che gli italiani sono i peggiori pagatori d’Europa.
Qualche esempio? Mediamente la nostra Pubblica amministrazione paga le imprese a 165 giorni (+ 107 giorni rispetto la media europea), nei rapporti commerciali tra imprese ci vogliono 94 giorni affinché il committente saldi il proprio fornitore (+ 47 giorni rispetto la media Ue).
Anche nei rapporti tra privati (cioè cittadini/famiglie) e imprese, la situazione rimane difficile: sono necessari mediamente 75 giorni per essere definitivamente pagati (41 in più della media Ue). In tutti e tre i casi appena descritti, nessun altro Paese d’Europa fa peggio di noi.

Si pensi che nel rapporto tra Pubblica amministrazione e imprese in Bosnia i pagamenti avvengono in 41 giorni, in Serbia in 46 e in Grecia in 155.

Nel confronto tra l’Italia, la Francia, la Germania e la Gran Bretagna, solo da noi si sono allungati i giorni necessari affinché il committente saldi il pagamento al proprio fornitore.
Se tra privati (vale a dire cittadini/famiglie) e le imprese l’aumento è stato di 5 giorni, nelle transazioni commerciali tra imprese è salito di 6.
Drammatica, invece, la situazione nei rapporti tra Pubblica amministrazione e i propri fornitori: i pagamenti si sono allungati di ben 37 giorni, sebbene dal 2011 la nostra Pa ha cominciato a migliorare la sua performance.

Ha aggiunto il segretario della Cgia: “Le lungaggini burocratiche, il cattivo funzionamento degli uffici pubblici, i vincoli economici legati al Patto di stabilità interno, l’abuso di posizione dominante del committente e la mancanza di liquidità sono alcune delle motivazioni che consegnano al nostro Paese la maglia nera nella correttezza dei pagamenti. Nonostante dal 1° gennaio 2013 la legge stabilisca che il Pubblico deve pagare entro 30/60 giorni, mentre i privati tra i 60/90 giorni, queste disposizioni continuano a essere palesemente inapplicate, con ricadute molto pesanti soprattutto per le piccole imprese che dispongono di un potere contrattuale molto limitato”.

Nel biennio 2013-2014 sono stati stanziati 47 miliardi di euro. Ad oggi sono stati pagati circa 23,5 miliardi di euro, mentre il Ministero dell’Economa ha annunciato nei gironi scorsi l’avvio di una procedura di erogazione di un’altra tranche per gli Enti locali pari a 1,8 miliardi.

La Legge di Stabilità 2014 prevede che il Governo Renzi abbia, per l’anno in corso, un intervento da 13 miliardi.

Vera MORETTI

Se la PA non paga, l’impresa crolla (e anche il Paese)

 

Il rischio è quello di un cedimento strutturale: dell’impresa prima, del Paese poi.  Sono 19 i miliardi di euro che la PA deve ancora alle imprese impegnate nell’edilizia e nelle opere pubbliche in Italia; pagamenti non ancora onorati che se procrastinati, potrebbero costare alle imprese un conto salatissimo, la chiusura dell’azienda.

Mentre ieri si è svolta a Roma la Manifestazione promossa dall’ANCI, l’Associazione Nazionale dei Comuni Italiani, per gridare il loro no al Patto di Stabilità che strangola le imprese, Infoiva ha incontrato Paolo Buzzetti, Presidente di ANCE, l’associazione che riunisce i costruttori edili.

Quante sono le imprese vostre associate colpite dalla piaga del ritardo dei pagamenti da parte delle PA?
Quasi tutte le pubbliche amministrazioni pagano in ritardo. In media le imprese attendono 8 mesi in più per vedersi onorare il corrispettivo dovuto ma spesso si arriva anche a due anni. Per questo tutte le nostre aziende che lavorano con la PA , su tutto il territorio nazionale, subiscono l’odioso fenomeno. Un malcostume che per le imprese di costruzione si traduce in 19 miliardi di crediti non pagati.

Quanto è pericolosa per la piccola e media impresa oggi la combinazione fra crisi economica e ritardo nei pagamenti delle PA?
Stretta del credito da parte delle banche e ritardati pagamenti sono un cocktail micidiale per le imprese che di fronte alla mancanza di liquidità non hanno soluzioni se non quella di chiudere. Un meccanismo che ha toccato anche le imprese sane, quelle con lavori in portafoglio, che si sono trovate nell’impossibilità di proseguire i lavori, di pagare i propri dipendenti e i fornitori. Un intero settore industriale, quello delle costruzioni, che rischia di scomparire. Gli sforzi seppur apprezzabili del ministro Passera e del Viceministro Ciaccia hanno però solo scalfito un macigno fatto di politiche depressive e reiterate nel tempo. E’ necessario, quindi, intervenire subito e con maggiore coraggio.

Come commenta la presa di posizione da parte dell’ANCI di affrontare il problema sforando il patto di stabilità per pagare le imprese?
Insieme ai Comuni siamo stati i primi a denunciare l’effetto perverso che un’applicazione così restrittiva del patto di stabilità stava producendo sul tessuto economico e sulle imprese e per questo abbiamo promosso in collaborazione con l’Anci l’iniziativa pubblica del 21 marzo. Una platea di sindaci e imprenditori compatta nel chiedere al Governo un piano immediato di sblocco dei fondi degli enti locali già disponibili. Già nel 2010 tutta la filiera dell’edilizia raccolta negli Stati generali scese in piazza per manifestare una situazione che ormai era divenuta insopportabile. Oggi, a distanza di tre anni, il debito della Pa nei confronti delle imprese di costruzione è cresciuto a dismisura e quasi nullo è stato l’effetto della certificazione dei crediti che il governo Monti ha introdotto nella speranza di smuovere qualcosa. Come sempre il problema va risolto all’origine e cioè è necessario un allentamento del patto di stabilità altrimenti tutti gli sforzi risultano vani e per pagare le imprese non rimane alle amministrazioni che sforare il patto.

Il ritardo nei pagamenti della PA è un male tutto italiano. Perchè?
Il livello del debito pubblico italiano e la necessità di raggiungere il pareggio di bilancio nel 2013 hanno imposto all’Italia sacrifici ingenti. Gli enti locali sono stati costretti a tagliare e questo ha generato un meccanismo a cascata che ha finito per sacrificare l’anello più debole ossia le imprese. La cosa più grave è che per tutto questo tempo si è nascosto il problema sotto il tappeto, utilizzando un artificio contabile che fa emergere il debito nel bilancio della Pa solo quando viene pagato. Paradossalmente in questo modo non pagare le imprese significa non avere debiti e quindi essere virtuosi, cosa che in realtà non è. Così facendo non si è fatto altro che scaricare sulle aziende le inefficienze dello Stato.

Quali sono le prime misure che chiedete di mettere in campo al nuovo Governo per fronteggiare questa emergenza?
Sono necessarie poche azioni concrete. Innanzitutto occorre definire un piano effettivo di smaltimento dei debiti pregressi della PA per lavori eseguiti, da concordare con le istituzioni europee come misura una tantum. Proprio su questo punto negli scorsi giorni i Vicepresidenti della Commissione europea Rehn e Tajani hanno aperto a un’ipotesi di superamento dei vincoli del patto di stabilità per il pagamento delle imprese. Con l’Anci abbiamo proposto un Piano in tal senso che prevede lo sblocco di 9 miliardi di euro di fondi disponibili solo nel 2013, una boccata d’ossigeno per le aziende. Ma per modificare davvero questo malcostume occorre inoltre rivedere il Patto di stabilità interno, introducendo una golden rule che salvaguardi la componente di investimento nei bilanci delle amministrazioni pubbliche e applicare pienamente la direttiva europea sui ritardati pagamenti per i nuovi contratti anche nel settore dei lavori pubblici.

Alessia CASIRAGHI