Global Minimum Tax: l’Unione Europea annienta i paradisi fiscali

È stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale Europea la direttiva Global Minimum Tax che stabilisce un’aliquota fissa minima al 15% per le multinazionali.

Cos’è la Global Minimum Tax contro i paradisi fiscali?

La direttiva sulla Global Minimum Tax (direttiva n. 2022/2523 del 14 dicembre 2022 ) si applica gruppi di imprese multinazionali e ai gruppi nazionali su larga scala nell’Ue, che abbiano maturato ricavi finanziari complessivi superiori a 750 milioni di euro l’anno. La normativa trova applicazione per tutti coloro che hanno una sede, controllata o società madre, in uno Stato membro dell’Unione Europea.

Se nel Paese in cui opera l’impresa l’imposizione fiscale prevede un’aliquota superiore alla Global Minimum Tax, si applica tale aliquota. Nel caso in cui abbia invece una tassazione con aliquota inferiore, si applica questa, la stessa è attualmente fissata al 15%.

L’obiettivo è quello di evitare che le imprese trasferiscano la sede in un paradiso fiscale andando così a comprimere/danneggiare l’economia del Paese da cui si trasferiscono. Ad esempio, volendo semplificare al massimo, l’azienda X ha sede in Italia dove la tassazione è elevata, per pagare meno tasse, decide di trasferirsi nel Paese X o di aprire una sede in tale Paese. In questo caso se l’aliquota di tale Paese è inferiore al 15%, comunque trova applicazione l’aliquota minima al 15% attraverso un’imposta complementare.

Una tassazione minima è prevista anche nel caso in cui la società madre di controllate con sede in Unione Europea, siano all’estero.

Quando entra in vigore la Global Minimum Tax?

La Global Minimum Tax attualmente non prevede una formula per la digital tax che in teoria dovrebbe applicarsi alle società della big tech, il motivo è il mancato accordo con gli Usa. Ma comunque si lavora su tale ipotesi.

L’entrata in vigore delle nuove norme è prevista per il 2023, in particolare è previsto che gli Stati Membri dell’Unione Europea diano applicazione alla direttiva 2022/2523 entro il 31 dicembre 2023.

Leggi anche: Global Minimum Tax: tassazione unica per le multinazionali dal 2023

Paradisi fiscali? Ecco come determinarli

Negli scorsi mesi la pubblicazione dei cosiddetti “Panama papers” aveva fatto tornare alla ribalta il tema dei paradisi fiscali, o dei Paesi a regime fiscale agevolato. Negli scorsi giorni, le Entrate hanno pubblicato una circolare per aiutare a individuare meglio i paradisi fiscali.

Una volta c’erano le black list nelle quali erano inseriti i paradisi fiscali, mentre a partire dall’1 gennaio 2016 a indicare se un Paese gode di un regime fiscale agevolato basta sapere che il suo livello nominale di tassazione non deve essere inferiore al 50% di quello applicabile in Italia.

In questo senso, la circolare sottolinea che ora tra i Paesi dello Spazio Economico Europeo trasparenti, oltre all’Islanda e alla Norvegia, potrà essere inserito anche il Liechtenstein.

Infatti, in tema di paradisi fiscali, la Legge di stabilità 2016 ha escluso dalla nozione di paesi con regimi fiscali privilegiati, gli Stati membri dell’Ue o dello Spazio Economico europeo che garantiscono un adeguato scambio di informazioni e non fanno muro.

Dal momento che un Paese non fa parte dei paradisi fiscali se il suo livello nominale di tassazione è inferiore al 50% dell’aliquota nominale italiana, il socio residente in Italia deve verificare in modo costante questa aliquota nel Paese di localizzazione della società controllata.

Le Entrate precisano che per individuare la tassazione nominale dal lato Italia, è necessario considerare l’aliquota Ires, vigente nel periodo d’imposta in cui si riscontra il requisito del controllo senza considerare eventuali addizionali, e l’aliquota ordinaria Irap. Allo stato attuale, la tassazione nominale italiana da prendere in considerazione è il 27,5% per l’Ires e 3,9% per l’Irap.

Dal lato estero, invece, è necessario rilevare le imposte sui redditi applicate nell’ordinamento fiscale locale, da individuare facendo riferimento, se esistente, alla Convenzione per evitare l’applicazione di doppie imposizioni vigente con lo Stato di volta in volta interessato.

Evasione fiscale, quale paradiso scegliere

 

Se è vero, com’è vero, che le società italiane hanno nascondono nei più svariati angoli del pianeta una cifra di denaro evaso all’anno molto vicina al centinaio di miliardi di euro, una domanda sorge spontanea (per mera curiosità, ovviamente…): quali sono i paradisi fiscali più gettonati? E se, di primo acchito, ci verrebbe da rispondere qualche lontana isola caraibica, magari storpiandole il nome, dando un’occhiata alla lista venuta a galla nell’ambito di un’inchiesta sull’evasione della malavita organizzata in Lombardia, la sfilza di destinazioni offshore sorprende non poco.

Circa un quarto delle società di facciata emerse nelle indagini su casi di corruzione si trovano negli Stati Uniti; il doppio rispetto a quelle registrare a Panama e sette volte quelle presenti sul territorio delle Isole Cayman, la patria dei conti offshore nell’immaginario collettivo. E, sorprendentemente, le imprese lombarde preferiscono nascondere il proprio denaro nel Delaware, piccolo Stato sulla East Coast statunitense.

Solo nel 2013 la Lombardia ha registrato bonifici da e verso paradisi fiscali per una somma superiore ai 69 miliardi di euro (34 in uscita e 35 in entrata). «Molti imprenditori che in passato si erano creati un gruzzolo all’estero, ora sono in crisi di liquidità e fanno rientrare i capitali, autodenunciandosi all’Agenzia delle Entrate, che fa loro pagare imposte e sanzioni – spiega Andrea Ballancin, docente di Diritto tributario all’Università del Piemonte Orientale -. I movimenti con bonifico, tuttavia, sono quelli meno sospetti perché le banche, per legge, devono comunicare alla stessa Agenzia qualsiasi trasferimento superiore ai 15 mila euro».

JM

Hai fatto affari con i Paesi della black list? Ecco chi è tenuto a comunicarlo

Come previsto dall’art. 1 del D.M. 30 marzo, il prossimo 2 novembre scade il termine del nuovo obbligo di comunicazione delle operazioni commerciali con imprese residenti in paesi black list. Secondo quanto chiarito dalla circolare n. 53/2010 dell’Agenzia delle Entrate, i contribuenti minimi e gli imprenditori/professionisti che hanno optato per il regime fiscale per le nuove iniziative produttive, non sono tenuti all’obbligo delle comunicazioni degli elenchi black list.

Per tutti gli altri soggetti, è necessario effettuare questa comunicazione e riepilogare negli elenchi tutte le operazioni rilevanti ai fini Iva, siano esse imponibili, non imponibili o esenti. 

Ecco alcuni dei principali Paesi inseriti nella blck list:

  • San Marino
  • Svizzera
  • Taiwan
  • Principato di Monaco
  • Uruguay
  • Hong Kong

Le “pillole fiscali” della settimana [12 – 16 Aprile 2010]

Caro Lettore, di seguito ti riproponiamo le “pillole fiscali“  pubblicate nella finestrella dedicata sulla destra durante questa settimana (12 – 16 Aprile 2010). Buona lettura e soprattutto week-end!

  • Costi ed oneri sono deducibili se si riferiscono ad un’attività da cui derivano ricavi o proventi che concorrono a formare il reddito di impresa o del professionista. L’inerenza quidni è sempre riferità all’attività e non è specifica, cioè riferita all’operazione.
  •  Dal 1° luglio i soggetti passivi che effettuano cessioni di beni e prestazioni di servizi nei confronti di operatori che hanno sede residenza o domicilio in uno dei paesi presenti nelle liste del Dm 4 Maggio 2009 e 21 Novembre 2001 dovranno comunicare all’Agenzia delle Entrate in via telematica tutti i riferimenti di queste operazioni. La nuova comunicazione sembra una specie di estensione del modello Intrastat alle operazioni con soggetti residenti nei paradisi fiscali.
  • Il 20 e il 26 Aprile prossimi scadrà il termine per presentare, per la prima volta, i modelli Intra1 e Intra2 quater per le prestazioni di servizi “generici”, resi e ricevuti da soggetti comunitari. La prima scadenza trimestrale concerne le prestazioni intracomunitarie di servizi che interessano le regole generali di tassazione e che sono assoggettate ad Iva nel paese del committente (articolo 7-ter del Decreto Iva), per le quali l’obbligo di invio degli elenchi Intrastat è emerso dall’anno 2010. Con riguardo a tali servizi, l’Agenzia delle Entrate ha precisato, con la circolare numero 14/E del 2010, che la soglia di periodicità, fissata in Euro 50mila, deve essere verificata includendo i servizi resi o ricevuti a partire dal primo Gennaio 2010.
  •  Gli immobili di categoria D non censiti, privi di rendita e interamente posseduti da imprese sono assoggettati ad imposta sulla base del valore contabile rivalutato con appositi indici ministeriali finché non avvenga l’attribuzione di rendita.
  • L’Agenzia delle Entrate dichiara (circolare n. 18/E del 14 aprile 2010) l’abbandono di qualsiasi contenzioso in essere in tema di reddito d’impresa e di Iva con riferimento alle compravendite immobiliari nei confronti delle quali sia stato contestato lo scostamento del corrispettivo dichiarato rispetto al valore normale del bene venduto, salvo che ci siano circostanze gravi, precise e concordanti che depongano nel senso della infedeltà del prezzo dichiarato.