Masterchef: dov’è il made in Italy?

Ah, i bei tempi della prima edizione di Masterchef, quando tutto era preso alla leggera, bisognava capire se il format funzionava (tanto che era trasmesso in chiaro) e i giudici non erano ancora diventati dei divi da copertina da bravi ma oscuri (o quasi) cuochi quali erano.

Adesso, oltre alle liti e ai casi mediatici innescati con Striscia la Notizia, Masterchef deve anche difendersi da un’accusa gravissima: non tutelare il made in Italy. Proprio Masterchef, una trasmissione che, almeno nella sua versione italiana, si è sempre vantata di valorizzare e promuovere (o quasi…) la diversità e l’eccellenza agroalimentare italiana.

L’accusa arriva da Coldiretti, secondo la quale nelle ricette riportate sui siti delle diversi edizioni di Masterchef relativi ai diversi continenti, c’è un abuso fastidioso e dannoso per il made in Italy di utilizzo di Parmesan al posto del Parmigiano. Coldiretti, a solo titolo di esempio, nomina alcuni piatti presi dai siti delle varie edizioni mondiali di Masterchef: Pomodoro basilico e bruschetta al Parmesan, Pasta condita con olio di oliva e Parmesan, Pollo al Parmesan… 

Per l’associazione italiana dei coltivatori diretti, questo è davvero troppo. “La cucina ha un grande valore culturale – esprime Coldiretti in una nota – ed è chiamata a svolgere un ruolo determinante nel difendere far conoscere le tradizioni alimentari e con esse la vera identità dei prodotti impiegati. Invece nei siti ufficiali della trasmissione Masterchef dei diversi continenti, dalle Americhe all’Oceania si fa spesso riferimento a piatti che hanno come ingredienti il Parmesan anche quando fanno esplicito riferimento a ricette italiane“.

Secondo Coldiretti, per stigmatizzare questo scivolone di Masterchef sarebbe auspicabile un intervento anche del “pool di cuochi stellati chiamati giustamente a raccolta in vista di Expo 2015 dal ministro delle Politiche Agricole Maurizio Martina, con l’obiettivo di valorizzare il grande potenziale inespresso della cucina italiana dentro e fuori i confini nazionali”.

Il falso alimentare si mangia il Parmigiano

Il falso alimentare è una delle piaghe più dure che colpiscono il made in Italy e una delle vittime più illustri è il Parmigiano Reggiano. Come ha comunicato nei giorni scorsi Coldiretti, nel 2014 la produzione di falsi Parmigiano Reggiano e Grana Padano nel mondo ha superato per la prima volta quella degli originali.

Una sconsolante vittoria per il falso alimentare che ha provocato il calo del valore delle esportazioni, in controtendenza al record segnato all’estero dall’agroalimentare Made in Italy. Il “Dossier sul mercato del Parmigiano Reggiano, tra crisi ed opportunità” presentato da Coldiretti ha lanciato un chiaro segnale: è necessario combattere “la moltiplicazione selvaggia delle imitazioni in tutti i continenti” che è la prima arma del falso alimentare.

Nel 2014 la produzione delle imitazioni del Parmigiano e del Grana, re del falso alimentare, ha superato i 300 milioni di chili, contro i 295 della produzione. Primi produttori di Parmigiano taroccato sono gli Stati Uniti, ma non sono da meno Russia, Brasile, Argentina, Australia, oltre ai Paesi dell’Est europeo maestri nel produrre i cosiddetti “similgrana”: Estonia, Lettonia, Polonia, Repubblica Ceca e Ungheria.

Oltre ad azioni di contrasto da parte del governo nei confronti del falso alimentare made in Italy, in occasione della presentazione del dossier di Coldiretti, allevatori, casari, stagionatori, assaggiatori, cuochi, gourmet hanno lanciato una battaglia social su Twitter a difesa dei nostri formaggi con l’hashtag #ParmigiAmo. Segno che qualcosa davvero si muove.