I partiti: “Caro Monti, meno tasse e più crescita”. Da che pulpito

di Davide PASSONI

Cosa cosa cosa“? Questa è stata la nostra reazione nell’ascoltare prima e leggere poi la risoluzione di maggioranza sul Def, approvata dall’Aula di Montecitorio e accolta dal governo, firmata da Fabrizio Cicchitto (Pdl), Dario Franceschini (Pd), Gian Luca Galletti (Udc), Benedetto Della Vedova (Fli), Silvano Moffa (PT), Bruno Tabacci (ApI), Renato Cambursano (Gruppo Misto) e Roberto Commercio (Mpa). Insomma, da tutto quello che una volta si chiamava l’arco costituzionale, fuori gli estremisti dell’una e dell’altra ala del parlamento, Lega e Idv.

Leggete questi estratti e capirete il perché del nostro stupore. “La priorità dell’azione del Governo e del Parlamento non può essere da questo momento in avanti che la crescita dell’economia nazionale, attraverso il rafforzamento della produttività totale dei fattori di sistema“. E va be’, fin qui ci siamo. Il governo deve dunque “portare avanti con determinazione” gli obiettivi di finanza pubblica, “accompagnando all’azione di riequilibrio dei conti pubblici il perseguimento dell’equità e della crescita, così da evitare che eventuali effetti recessivi indotti dalle politiche di risanamento finanziario peggiorino il deficit e il debito pubblico, vanificando i potenziali miglioramenti legati a queste stesse politiche, in vista del raggiungimento, entro il 2013, dell’obiettivo del pareggio di bilancio in termini strutturali“. Ineccepibile.

Ma il bello viene ora: “Le risorse rinvenienti dalla spending review (quale???? ndr) e dall’azione di contrasto dell’evasione e dell’elusione fiscale, da proseguire senza esitazioni mettendo a punto un piano organico di interventi – prosegue il documento – devono essere prioritariamente destinate, fermo restando l’obiettivo del pareggio di bilancio, alla riduzione della pressione fiscale sui redditi da lavoro dipendente e da impresa, ridefinendo, nell’ambito della riforma fiscale, un nuovo patto fra fisco e contribuenti“. Che cosa? Le forze politiche che appoggiano il governo Monti si sono accorte solo ora che sta facendo easattamente quello che hanno fatto loro fino a 6 mesi fa? Ovvero fare avanzi primari senza tagliare le spese ma solo aumentando le tasse? E ora che se ne sono accorte gli dicono: “Caro Monti, mi raccomando, non ammazzare imprese e famiglie con le imposte, taglia la spesa e prendi soldi da lì, mi raccomando“.

Che faccia tosta. Per quanto sia vero che l’attuale governo usi la leva fiscale più e peggio dei suoi predecessori, con quale sfrontatezza questi si permettono di dare lezioni all’esecutivo. Vero, forse siamo noi che vediamo le cose come attraverso una lente distorta. Del resto, questa è solo una risoluzione non vincolante, emessa in un clima di collaborazione e stima e accolta dal governo. E non si esaurisce qui, ci sono altri aspetti significtivi toccati. Resta però il fatto che i signori che si lasciano andare a questi consigli sono gli stessi che la spending review non l’anno mai voluta attuare, che hanno contribuito a portare la spesa pubblica fin dove è arrivata, che non mollano di un centimetro quando sono loro a doversi mettere a dieta. E giù applausi e lodi bipartisan a questo clima di reciproca responsabilità istituzionale.

A noi, in realtà, pare la vecchia storia del bue che dà del cornuto all’asino.

Poveri partiti, diamo loro un po’ di soldi!

di Davide PASSONI

Abolire il finanziamento pubblico ai partiti sarebbe “un errore drammatico“. Di fronte a un’affermazione del genere, fatta dai leader delle tre principali forze politiche italiane, le reazioni possono essere due: una fragorosa risata oppure una altrettanto rumorosa pernacchia.

Drammatico? Drammatico per noi è continuare a mantenere con i nostri quattrini degli apparati che hanno sacrificato la loro missione politica a una missione aziendalista. Quanti impiegati servono per portare avanti le macchine di Pd, Pdl e Terzo Polo? Che cosa c’entrano gli investimenti in fondi, beni, persino gioielli e metalli preziosi che sono stati effettuati dai partiti per finanziare non tanto le campagne elettorali, quanto i propri organici e la propria grandeur, con la missione di rappresentanza popolare che dovrebbero avere? Noi pensiamo poco o nulla.

Cancellare del tutto i finanziamenti pubblici ai partiti – già drasticamente tagliati dalle manovre 2010-2011 – sarebbe un errore drammatico, che punirebbe tutti allo stesso modo (compreso chi ha rispettato le regole) e metterebbe la politica nelle mani delle lobby“, scrivono Alfano, Bersani e Casini. E allora? Chissenefrega. Non è vero che gli sbagli dei singoli li paga la collettività? Non è una delle prime cose che impariamo fin dalle scuole elementari che, per la bravata di uno o due scapestrati, ci va di mezzo l’intera classe? E poi, chi ha rispettato le regole? La Lega è stata l’ultima in ordine di tempo a perdere definitivamente la verginità; l’Idv, che con Di Pietro tuona contro il sistema partitico, ne è parte integrante, coi suoi vizi e le sue virtù; il Movimento 5 stelle, che si fa propugnatore della più spinta antipolitica, è ancora atteso alla prova dei fatti dopo fiumi di proclami; i cari, vecchi radicali non ci risulta abbiano mai rifiutato la fettina di torta che deriva loro dall’avere corso con il Pd alle ultime elezioni politiche.

La verità è un’altra. Non c’entrano i discorsi alati sul ruolo di garanzia democratica e di pluralità che svolgono i partiti e bla bla bla. La verità è che, oltre alla presa per i fondelli di chiamare “rimborso elettorale” il finanziamento pubblico, tradendo la volontà popolare espressa nel referendum del 1994, i partiti sono ormai delle aziende mal gestite e per essere salvate dal fallimento hanno bisogno dei nostri soldi. I soldi di noialtri, mentre a noi il governo dei tecnici, che ormai fa esattamente quello che facevano i governi politici a lui precedenti – e però dice di non avere il mandato politico per tagliare la spesa pubblica. Mah… – sfila ogni giorno, sempre di più soldi dalle tasche, risorse per le imprese, speranza per il futuro. L’ultima fregatura: la sparizione, nella delega fiscale, del fondo strutturale da utilizzare per il taglio delle tasse.

Ai cittadini e alle imprese chi dà i soldi per salvarsi dal fallimento, invece? La risposta è fin troppo scontata: nessuno. Questo sì è drammatico, caro Alfano, caro Bersani, caro Casini.